2. Ci vedo doppio.
«L'hai uccisa»
«No, tu l'hai uccisa»
«Sei stata tu ad urlare!»
«Anche tu hai urlato!», corrugo la fronte e sbatto le palpebre, cercando di mettere a fuoco tutto ciò che mi circonda.
La mia schiena è indolenzita, il mio braccio si trova sulla gamba di una statua e due bambine dai capelli neri sono sedute proprio sopra il mio stomaco.
Entrambe mi fissano con i loro occhi azzurri e schiudono le labbra quando poso il mio sguardo sulle loro facce.
«Oddio», mormoro, «Ci vedo doppio».
Il mio cuore comincia a battere più veloce e il panico sta per prendere totalmente possesso del mio corpo.
Le due bimbe hanno la stessa identica faccia e continuano a studiare la mia espressione terrorizzata.
«Ci vedo doppio!», ripeto.
«Ci vede doppio perché sono due gemelle, signorina Brown», la voce forte di Nathan si fa sentire immediatamente e sobbalzo, girando la testa di scatto verso la sua direzione.
Il moro è appoggiato ad un mobile in legno, le braccia incrociate al petto e un sopracciglio inarcato.
Accanto a lui, Amelia sorride in imbarazzo e scrolla le spalle.
Torno a guardare le due bambine e mi schiarisco la voce.
Che vergogna.
Per un istante ho immaginato di essere finita in un film horror con delle bambine assassine.
«Charlotte, Emily», il signor Moore fulmina con lo sguardo le piccole e loro si alzano di scatto, smettendo finalmente di schiacciare il mio esile corpo, «Tornate nella vostra stanza. Di questo ne parleremo dopo»
«Ma-», una delle due cerca di protestare, però chiude immediatamente la sua piccola bocca quando Nathan le rivolge un'occhiata talmente minacciosa che fa venire anche a me voglia di chiedergli scusa, qualsiasi cosa io abbia fatto.
Le bambine si dileguano in fretta e mi metto seduta sul pavimento mentre le seguo con lo sguardo fino a quando non riesco più a vederle.
Cala il silenzio e fisso i pezzi della statua sotto di me, poi anche il graffio sul mio gomito.
Mi sto autodistruggendo, praticamente.
«In mia difesa posso dire che è stata la statua a venirmi addosso», cerco di rialzarmi e Nathan sospira rumorosamente prima di afferrare il mio braccio per aiutarmi a mettermi in piedi.
Guardo oltre le spalle del signor Moore e corrugo la fronte nel vedere un buco sul vetro della finestra, «Che è successo lì? Era intera quando siamo arrivate».
Amelia ride nervosamente e il moro si stampa sulle labbra un sorriso raccapricciante, «Oh, la sua amica ha ben pensato di sfondarla con un calcio per sfuggire da due terribili e spaventose bambine di sei anni, nonostante la presenza della porta d'ingresso ad un metro di distanza».
Ah.
Direi che ha fatto peggio di me.
«Pagherò tutto», Amelia sorride e smette di farlo quando Nathan la fulmina con lo sguardo.
«Andatevene», sbotta lui, «Non voglio più vedervi. Dite all'agenzia di mandare altre governanti, ma che siano sane di mente e con più esperienza».
Corrugo la fronte e sposto una gamba della statua con il piede per avvicinarmi più a lui, «Ma di quale agenzia sta parlando? Noi siamo venute qui per vendere le nostre marmellate».
Le mie parole sembrano farlo imbestialire e sul suo viso passano diverse espressioni.
Una più spaventosa dell'altra, oserei dire.
«Mi state dicendo che non siete venute qui per sostenere un colloquio?», incrocia le braccia al petto e serra le labbra, la sua mascella squadrata si irrigidisce ed io mi ritrovo a deglutire rumorosamente.
«Ehm, sì?», indietreggio e inciampo su un pezzo di statua, quindi il signor Moore afferra le mia braccia per evitarmi l'ennesima caduta.
Continua a fissarmi in modo spaventoso ed inquietante.
Si concede un respiro profondo, poi chiude gli occhi e deglutisce, «Sparite», sussurra.
«Come?», Amelia inarca un sopracciglio e avanza di un passo per sentire meglio.
«Sparite!», ripete a voce più alta e sussulto.
Amelia torna a correre verso la finestra e si ferma di colpo, ricordandosi della porta.
Anch'io la raggiungo in fretta e mi giro a guardare il padrone di casa, «Mi dispiace per la statua. È stato un piacere. Addio», apro la porta e sorrido nervosamente, pronta per scappare a gambe levate.
Questo incontro è stato già abbastanza traumatico.
Una volta fuori, scendo in fretta i gradini e sono costretta a rallentare per non schiantarmi contro due anziane signore che si trovano in giardino.
«Fuggite, sciocche!», Amelia urla mentre cammina a passo svelto e le due donne corrugano la fronte, visibilmente confuse.
Capiranno, mi dico.
Si troveranno davanti agli occhi glaciali di quell'uomo e capiranno.
Una volta fuori dal cancello, rallentiamo la velocità dei nostri passi e cerco di regolarizzare il mio respiro.
Amelia sembra sul punto di svenire.
Ha avuto più paura di me.
Ce l'ha scritto in faccia.
«Mio Dio», ha il fiatone mentre parla, «Stavo per farmela addosso dalla paura. Hai visto che faccia? E quando si è messo ad urlare?»
«Ero lì con te, Amelia. Ho visto. E vogliamo parlare delle bambine? Cosa diavolo avevano da strillare tanto?».
La mia amica scoppia a ridere e scuote la testa, «Gli ho sfondato la finestra»
«Hai esagerato»
«Gli manderò una busta con dei soldi», borbotta, «Mi sono fatta prendere dal panico, okay? C'era quel vaso che rotolava da solo e poi quelle gemelline diaboliche e non sono riuscita a mantenere la calma»
«Comprensibile», annuisco con convinzione, «Quella casa fa davvero paura. Anche se ad essere sincera mi aspettavo di trovare un vecchio scorbutico e non un... Uomo così»
«Così gnocco?», Amelia si lascia sfuggire un sorrisetto malizioso ed io alzo gli occhi al cielo mentre continuo a camminare.
«Beh, sì. È oggettivamente bello. Ed è giovane. Quanti anni avrà?»
«Trenta?»
«Forse meno. È quell'aria corrucciata che lo fa apparire più maturo di quel che è».
Amelia annuisce, «Ad ogni modo, non importa. Non torneremo mai più in quella casa. Quell'uomo è davvero strano»
«Credo che lui stia pensando la stessa cosa di noi», mi lascio sfuggire una risata e ripenso alla finestra distrutta, «Ci siamo messe ad urlare come delle squilibrate»
«Gli hai buttato giù la statua», si piega in due per ridere ed io scuoto la testa.
«Ci vedo doppio! Mio Dio, ci vedo doppio!», mi prende in giro e si asciuga una lacrima che è sfuggita dal suo occhio a causa delle risate.
«Ci vede doppio perché sono due gemelle», continua imitando la voce del signor Moore e non riesco a non unirmi alla sua risata.
«Che figura di merda», lo dico tra una risata e l'altra e cerco di cancellare dalla mia mente il modo in cui quell'uomo mi guardava.
Forse quelle squilibrate siamo noi.
Il resto del tragitto prosegue tranquillamente e Amelia mi saluta quando arriva davanti alla porta di casa sua, quindi io cammino da sola fino ad arrivare alla mia umile dimora.
E con umile intendo una piccola casetta con tre stanze e un sottoscala.
Percorro il piccolo giardino e corrugo la fronte nel notare la porta socchiusa, quindi entro in casa e attraverso lo stretto corridoio per raggiungere la cucina.
Mio padre è sul divano, sta guardando una partita di calcio sul piccolo schermo del nostro vecchio televisore.
Una birra si trova sul pavimento e deglutisco nel vederne altre cinque sul bancone della cucina.
La puzza di fumo mi fa arricciare il naso e stringo i pugni, «Papà», ringhio e lui sussulta, girandosi di scatto verso di me.
I suoi occhi color nocciola, uguali ai miei, sono socchiusi e privi di luce.
È ubriaco.
E questa cosa non mi stupisce.
«Sei qui», borbotta e mi segue con lo sguardo mentre butto le bottiglie vuote in un sacchetto della spazzatura, «Hai finito di andare in giro a fare la zoccola?»
«Tu hai finito di bere fino a pisciarti addosso?», rispondo con una rabbia che non mi appartiene e mi pento subito di averlo detto.
È tuo padre, mi dico.
Ed è ubriaco.
Non pensa realmente ciò che dice.
Lui ti ama.
Ti ha sempre amata.
«Mi fai schifo», sbraita, «E anche tua madre! Anche lei mi fa schifo».
Le sue parole mi fanno venire le lacrime agli occhi e sospiro rumorosamente, poi afferro una spugna e la bagno con un po' di acqua per pulire il tavolo sporco di ketchup.
«Non ti faccio schifo», dico con calma, «E nemmeno la mamma ti faceva schifo. Lo sai che la amavi. È per questo che sei ridotto così»
«Ci ha lasciati, quella-», smette di parlare e si lascia sfuggire un singhiozzo che mi strazia il cuore.
Abbandono la spugna sul tavolo e mi fiondo ad abbracciarlo, «Papà, va tutto bene», passo le dita tra i suoi capelli neri e lui mi stringe di più.
Il mio cuore batte velocemente e sto combattendo contro me stessa per evitare di scoppiare in lacrime.
«Mi manca», mormora, «Mi manca così tanto»
«Lo so», sospiro, «Manca anche a me»
«Scusa», aggiunge poi, «Scusa»
«Non devi scusarti»
«E invece sì», mugugna, «Perché ho perso il lavoro».
E il mio cuore si ferma.
«Non preoccuparti», è tutto quello che riesco a dire, «Troveremo una soluzione».
🍰🍰🍰
«HARPER!»
«Mh»
«BUSSANO ALLA PORTA!», mio padre urla dal piano di sopra e sospiro rumorosamente mentre sbatto le palpebre per riuscire a mettere a fuoco tutto ciò che mi circonda.
Osservo i miei collant ancora rotti e sospiro rumorosamente: mi sono addormentata.
Il suono del campanello mi fa ricordare il perché del mio risveglio e mio padre torna ad urlare, «HARPER!»
«HO CAPITO!», strillo anch'io ed esco dalla mia camera, quindi attraverso il corridoio e sbadiglio mentre apro la porta.
Gesù, Giuseppe e Maria.
Sgrano gli occhi e chiudo la porta di scatto, quindi il campanello torna a suonare e apro ancora.
Niente.
Nathan Moore è ancora qui, proprio davanti a me.
I suoi occhi blu sono puntati sul mio viso, il suo profumo dolce arriva immediatamente alle mie narici e il venticello scompiglia i suoi capelli scuri.
Il mio cuore batte così veloce che temo di avere un infarto in corso.
Mi ha trovata.
È qui per uccidermi.
Vuole vendicare la sua statua.
«Buonasera, signorina Brown», il suo sguardo indugia sulle mie calze rotte e arriccia le labbra rosse per lasciarsi sfuggire una strana smorfia.
Io credo di essere sotto shock.
«Bu-buonasera», lancio un'occhiata alla mia destra e mi assicuro della presenza di un vecchio telefono fisso su un mobiletto rosa.
Posso usarlo per difendermi.
Un colpo ben assestato con quello in testa e tutto andrà bene.
«Co-come ha fatto a trovarmi?», la mia voce trema e il moro sembra esserne divertito.
Sorride diabolico e scuote la testa, quindi solleva una mano fasciata da una garza bianca e mi mostra una carta di identità, «I documenti sono un vero dono dal cielo per gli stalker. Ci sono tutte queste informazioni e indirizzi...», si appoggia allo stipite della porta, «Non avevo notato il suo piccolo neo vicino all'occhio destro, prima», fa riferimento ai segni particolari e deglutisco ancora.
Come diavolo ha fatto a prendere la mia carta d'identità?
«Cosa vuole da me?», poggio la mano sul telefono e sono pronta a spaccarglielo sulla testa, ma cambio idea quando noto la mia borsa poggiata accanto ai suoi piedi.
Nathan sembra intercettare il mio sguardo e me la porge, «Le ho riportato questa», mi dice e le mie guance vanno a fuoco.
Mi sento così sollevata che mi scappa una risata.
Lui continua a fissarmi come se io fossi una totale squilibrata ed in realtà ha ragione.
Anch'io mi guarderei così.
«Oddio», rido ancora, «Pensavo che... Pensavo che lei fosse venuto qui per-»
«Vendicare la statua? Sì, l'idea mi è passata per la testa».
Ci scambiamo degli sguardi silenziosi e sono costretta a guardare da un'altra parte, intimorita dall'intensità dei suoi occhi.
Si schiarisce la voce e sospira, «Buonanotte, signorina Brown», mi fa un cenno col capo e si allontana lentamente.
Fisso le sue spalle larghe e mordo l'interno della mia guancia.
Gli ho distrutto la statua, Amelia gli ha rotto la finestra e mi ha anche riportato la borsa.
Forse dovrei...
«Signor Moore!», agisco senza pensarci troppo e il moro si gira a guardarmi.
«Sì?»
«Posso offrirle un tè? Il nostro primo incontro è stato piuttosto...»
«Turbolento», finisce lui la mia frase ed io annuisco con convinzione.
«Mi dispiace», farfuglio e mi sposto per fare un po' di spazio per lasciarlo entrare, «Spero accetti il mio invito», dico.
Anche se in realtà spero il contrario.
I suoi occhi blu e la sua faccia seria mi fanno paura.
Dimmi di no.
Dimmi di no.
Dimmi di no.
«Volentieri», risponde invece e sento un brutto formicolio allo stomaco.
Forse era meglio lasciare la buona educazione da parte.
Dannazione.
Chiudo gli occhi e sussulto nel momento in cui il moro chiude la porta alle sue spalle.
Spero solo di non fare altre figuracce.
E che non sia venuto qui per vendicare sul serio la sua statua.
Buongiorno!
Ecco a voi il secondo capitolo.
Siamo solo all'inizio e spero di non annoiarvi 🙈 ma sapete che ci vuole un po' prima di entrare nel vivo della storia.
Spero abbiate pazienza.
Sappiate, inoltre, che conosceremo presto la famiglia Moore al completo.
Sapete che mi piacciono le grandi famiglie, vero? 😈🤣
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e di Harper fino ad ora.
Un bacio e buona giornata 🌺
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