Capitolo 9 - ti sbagli, Hermione

7.11.2007
Ore 07,40

Il solito strattone all'ombelico e l'ormai nota voglia di vomitare, mi abbandonano non appena poggio i piedi a ridosso dei cancelli di Hogwarts.
Ho passato una nuova notte tormentata.
Piena di sogni assurdi.
In cui lui mi parlava a pochi centimetri dalle labbra.
In cui ogni nervo del mio corpo tremava.
Sentendo l'odore del suo respiro che mi colpiva la faccia.
Mi sono svegliata sudata.
Incazzata.
E terrorizzata.
Perché ha ragione lui.
Non so se preferirei ucciderlo, scoparlo.
O farmi scopare.
Fino a dimenticare queste morti assurde.
E la mia vita schifosa.
Senza la maledetta reverenza che ormai mi riserva qualsiasi uomo con cui io sia costretta ad avere a che fare.
Senza la dannatissima sensazione che chiunque mi giri intorno, lo stia facendo solamente perché gli è stato imposto.
O perché ha paura.
Forse Ron ha ragione, anche lui.
Che cazzo sono diventata?
Un mostro gelido che tutti temono.
Come lui.
Severus Piton.
L'apatico bastardo che mi ha fatta sognare per tutta la notte.
Con i suoi modi bruschi.
Le sue occhiate taglienti.
E la sua totale noncuranza del mio ruolo.
Maledizione!
Devo riacquistare un minimo di dignità.
E smetterla di permettergli di trattarmi come se fossi ancora la sua studentessa, piena di panico e fantasmi da sconfiggere.
Adesso ci sono io sulla cima del mondo.
Non lui.
E questo deve ricordarlo bene!
Raggiungo i sotterranei quasi correndo.
Mi sono smaterializzata qui, in preda all'ennesimo attacco di ira.
Con la necessità di rimetterlo al suo posto.
Di fargli passare la voglia di prendermi per il culo.
Ma come si permette?
Nessuno può rivolgersi così a me!
Nessuno!
Spalanco la porta del suo laboratorio senza chiedere il permesso.
Come fa lui.
Come ha sempre fatto lui.
Invadendo il mio ufficio a suo piacimento.
Irrompo nella stanza come farebbe un tornado.
Lui è seduto alla sua scrivania.
Sapevo che sarebbe stato qui.
Lui è sempre seduto qui.
Non dorme.
Mangia a stento.
E passa la vita ad ingrassare la sua cultura sconfinata.
Lo guardo dritto in quei suoi occhi neri.
Ha una pergamena stretta in una mano.
Un libro aperto nell'altra.
Mi rivolge una sguardo pieno di fiamme.
E non mi lascio intimorire.
È tempo che io gli impedisca di credere di godere di una supremazia assoluta.

-    "Adesso mi ascolti bene, Professore!
Io ho chiesto il suo aiuto perché pensavo che lei fosse la persona più competente per risolvere questa storia.
Ma siccome anche lei sembra brancolare nel buio, allora sappia che non ho alcuna intenzione di continuare a farmi trattare come una qualsiasi scolaretta imbecille.
Se vorrà aiutarmi ne sarò felice.
Ma si farà alle mie condizioni.
Sono stata chiara?"

Lui allenta la presa sul libro.
Lo lascia cadere sul tavolo.
Abbandona anche la pergamena ingiallita che sembrava rapire la sua attenzione fino a pochi istanti fa.
Appoggia pesantemente la schiena alla poltrona.
Mi guarda immobile per un istante.
Poi si alza di scatto.
Senza degnarmi di una sola parola.
Io resto ferma.
Le mani strette i due pugni che sembrano farmi esplodere le nocche, appoggiati sul piano di legno intarsiato che adorna il suo tavolo.
Lo avverto fare alcuni passi veloci.
Raggiungermi alle spalle.
Sento una sua mano afferrare la mia.
Il suo corpo a lambirmi i vestiti, ancora.
Mi fa scivolare il braccio lungo il fianco.
Lo tiene saldamente adeso al mio corpo.
Stringendo le dita sul mio polso.
Mi fa quasi male.
Poi allenta la presa.
Mi fa scivolare il braccio dietro alla schiena.
Me lo blocca tra il suo corpo e il mio.
Avvicina le labbra al mio collo.
Respira per un istante.
Riuscendo a far vibrare ogni centimetro della mia pelle.

-    "Hai deciso se vuoi uccidermi o scoparmi?"

Me lo sussurra sul lobo dell'orecchio.
Sento la sua voce insinuarsi nel cervello.
Far vacillare ogni mia intenzione.
Ogni mia certezza.
Sentirmi in balia delle sue mani mi riempie di una sensazione sconosciuta.
Di un brivido nuovo.
Odio quest'uomo fino a farmi mancare il fiato.
Eppure lo desidero.
Desidero essere posseduta da lui.
Desidero farmi condurre in un gioco che non conosco.
E che non so dove potrà portarmi.
Desidero l'ignoto.
Per la prima volta in vita mia.
Mi volto.
Lo guardo.
Ha gli occhi immobili.
Le labbra arricciate in un sorriso ambiguo.
Beffardo.
Ed eccitante.
Provo a liberare il braccio.
Lui mi trattiene.
Avvicina il suo corpo al mio, ancora.
Mi schiaccia contro lo spigolo del tavolo.
Poi resta fermo.
Non muove un muscolo.
Come non lo faccio io.
Mi costringo a dischiudere le labbra.
Provo a parlare.
A dire una qualsiasi cosa che possa farmi eludere questo contatto.
Che detesto e bramo allo stesso tempo.
Lui inarca un sopracciglio.
Aspetta una mia risposta.
Chiudo le palpebre.
Mi lascio schiaffeggiare il viso dal suo respiro.

-    "Scoparti..."

Lo sussurro piano.
Con paura.
Abbandonandomi a questa sensazione di impotenza che mi fa sentire libera.
Con lui non devo fingermi un condottiero senza paura.
Con lui non devo fingermi la donna di vetro.
Perché lui legge oltre.
Scava nei miei occhi.
E trova le mie paure.
I miei desideri inespressi.
E una passione assurda.
Nata senza che la sentissi salire.
Esplosa quasi per caso.
Nel momento in cui ha fracassato la mia maschera da donna tutta d'un pezzo, con il suo solito disprezzo nella voce.
Lo sento voltarmi lentamente.
Lo lascio fare.
Voglio che sia lui a condurre il gioco.
Voglio concedermi il lusso di non decidere.
Di lasciarmi trasportare dai suoi modi bruschi.
Dalla sua voce tagliente.
Voglio essere la preda.
Per una volta soltanto.
Prima di tornare ad essere il cacciatore.
Mi guarda negli occhi.
Avvicina le mani.
Mi afferra il risvolto della giacca.
La apre di scatto.
Intuisco uno dei bottoni rovinare a terra.
Slaccia la camicia.
Senza spostare gli occhi dai miei.
Sento le sue mani farmi scivolare i vestiti sulle spalle.
Li sento cadere sul tavolo.
Mentre resto immobile.
Con un reggiseno di pizzo pagato una cifra insensata, e una gonna che ancora fascia il mio corpo.
Dandomi fastidio.
Lui intuisce la mia attesa.
Sorride.
Io lascio correre le mani a slacciare la sua casacca.
Lui me le blocca.
Mi guarda negli occhi.

-    "Vuoi scoparmi, o farti scopare, Hermione?"

Smetto di respirare.
Quest'uomo sa leggermi dentro come non ha mai fatto nessuno.
Sa farmi sentire piccola, impotente e libera.
Come nessuno ci è riuscito mai.
Punto le iridi nelle sue.

-    "E tu vorresti farmi credere di non saper capire anche questo, Severus?"

Inarca un sopracciglio.
Non sa se concedermi questa confidenza non richiesta.
Non sa se permettermi di rispondere con una domanda ad una sua domanda.
Poi sorride gelido.
Ancora.
Un sorriso obliquo.
Che temo possa farmi perdere quel poco di ragione che ancora mi resta.
Mi porta le mani sui fianchi.
Solleva la gonna.
Poi solleva anche me.
Mi siede sulla scrivania.
I suoi occhi sempre nei miei.
Immobili.
Mi stringe le guance con due dita.
Mi bacia.
Poi lascia scivolare le mani sul mio corpo.
Raggiunge le mutandine di pizzo.
Le scosta velocemente con le dita.
Si abbassa la cerniera dei pantaloni.
Sento le sue iridi nere bruciare le mie, umide e inerti.
Mi prende con decisione.
Una sola spinta.
Che mi fa vibrare in luoghi che pensavo sconosciuti.
Mi possiede su un tavolo.
Con le mani a tenermi le natiche.
E gli occhi ad incatenarmi il cuore.
Continua a guardarmi.
Mentre sento un orgasmo prorompente salirmi dalle viscere.
Come se avessi aspettato che qualcuno mi scopasse così da tutta la vita.
Lascio il mio piacere ad echeggiare sulle arcate di pietra.
Mi mordo il labbro.
Mentre lui continua a non distogliere lo sguardo.
Facendomi arrossire anche nei punti in cui l'orgasmo non ci è riuscito.
Continua a farmi sua.
In quel modo privo di parole e carico di un'eccitazione gelata.
Gli afferro le natiche.
Sento i suoi muscoli contrarsi al ritmo delle spinte che si fanno più profonde.
Lo bacio.
Lui risponde.
Mi insinua la lingua nella bocca per un attimo.
Poi mi allontana.
Mi guarda ancora.
La sua schiena si irrigidisce un istante.
Affonda il viso nel mio collo.
Lo sento vibrare.
Mentre un sospiro sordo gli sfugge dalla labbra, affogando sulla mia pelle.
Sento il suo piacere invadermi.
Scaldarmi anche il respiro.
Resta fermo per un attimo.
Poi si allontana.
Mi guarda.
Scivola fuori dal mio corpo.
Si aggiusta velocemente la chiusura dei pantaloni.
Torna a proteggersi dietro alla sua immobilità impeccabile.
Alla sua aura di ghiaccio.
Mi tende la mano.
Io la afferro.
Mi fa scivolare giù dal tavolo con grazia.
Poi fa due passi veloci.
Gira intorno alla scrivania.
Torna ad occupare il posto in cui sono abituata a vederlo.
Protetto dai suoi vestiti neri dal taglio perfetto e da un ruolo che me lo ha fatto temere per tutta l'adolescenza.
Io mi aggiusto la gonna.
Raccolgo dal tavolo la camicia di seta.
Infilo la giacca rovinata dalla sua foga.
Lui mi rivolge un altro sorriso obliquo.

-    "Posso considerarmi perdonato per la tua 'A' in pozioni all'esame dei M.A.G.O., o devo pensare che tu abbia uno strano modo di dimostrarmi il tuo odio?"

Lo sibila con un ghigno di scherno a disegnargli il viso.
E io mi sento un'imbecille.
Per essermi lasciata trasportare da una passione sconveniente.
E pericolosa.
Per avergli permesso di farmi vedere vulnerabile.
Per avergli lasciato scorgere quella parte di me che a nessuno concedo di vedere.

-    "Vai a farti fottere, Severus!"

Glielo sputo in faccia.
Mi incammino verso la porta.

-    "Ti sbagli, Hermione.
Sono io che ho appena fottuto te!"

Nota dell'autrice: scusate, oggi ho dovuto pubblicare prima perché tra poco parto e non so dove riuscirò a connettermi di nuovo al
wi-fi.
Però non volevo farvi aspettare.
Non so come ringraziarvi per l'affetto che mi state dimostrando! I vostri messaggi, le vostre stelline, la partecipazione che mi fate sentire, sono veramente unici!
Grazie di cuore!

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