Capitolo 21 - di cosa hai bisogno?

12.11.2007
Ore 23,20

La pioggia martella incessantemente l'asfalto bagnato, su cui pozzanghere increspate riflettono la luce tremolante delle poche stelle che il cielo mi concede questa notte.
Gli schizzi d'acqua mi colpiscono come proiettili, mi infradiciano i capelli, il mantello, i vestiti.
Sono fermo qui fuori da ore.
Ad osservare il chiarore artificiale del tuo salotto vibrare al ritmo dei tuoi passi recidivi.
Ti muovi intorno al divano, disegnando un cerchio eterno che sembra aver rapito i tuoi movimenti meccanici.
Hai i capelli sciolti.
La camicia sbottonata.
I tuoi piedi nudi aggrediscono stancamente un pavimento ormai esausto.
E io mi ritrovo immobile in mezzo al diluvio.
Ad osservarti senza sapere cosa fare.
Ieri ho inforcato la porta del tuo studio, sono sparito di fretta, chiudendomi dietro tutta questa storia assurda.
Andando via, come mi avevi chiesto.
Per sempre.
Cercando invano di chiudermi dietro anche i tuoi occhi.
Che non vogliono lasciarmi in pace.
Ero stato così bravo a nascondermi nel mio laboratorio umido.
Così fedele al personaggio che ho sempre indossato.
Il gufo di quello stupido ragazzino non doveva arrivare.
La sua lettera patetica, nella quale mi implorava di salvarti da quello che sei diventata.
Proprio io, che non sono mai stato in grado di salvare nessuno.
Tanto meno me stesso.
Parlandomi di un amore assurdo dal quale avresti dovuto lasciarti travolgere.
L'amore per me.
A cui stento a credere, malgrado i tuoi occhi mi parlino più di tutte le parole che sarai mai in grado di dirmi.
Parlandomi della necessità di farti abbandonare per sempre la donna priva di sentimenti che ti sei costretta ad essere.
E adesso sono qui.
Bagnato fradicio.
E osservo il tuo dolore nascosto nell'ombra.
Cercando il coraggio di raggiungere la tua porta.
Di bussare.
E di farmi travolgere da qualcosa che non avrei mai creduto possibile.
Hai distrutto la mia armatura sedimentata negli anni.
E lo hai fatto con una rapidità che mi ha mozzato il respiro.
Non so se sono innamorato di te.
Infondo non posso saperlo.
Io non so niente dell'amore.
So del tormento.
Dei sensi di colpa.
Della vergogna.
Forse so anche qualcosa della giustizia.
Ma dell'amore...
Di quello no, io non so nulla.
Sono stato vittima di un sentimento malato per tutta la vita.
E questo invece è così reale da farmi stentare a riconoscerlo.
E avrei solo voluto mandare affanculo Potter.
Rispondergli con due righe sgarbate di continuare a pensare agli affari suoi.
E di non importunarmi mai più.
Ma evidentemente quello sciocco ragazzino ha capito molto più di quello che sono riuscito a fare io.
Ha guardato i miei occhi, diventati incapaci di fingere, e ci ha visto dentro questa maledetta pulsione da cui non riesco a difendermi.
Quella per te.
Ministro Granger.
La donna di ghiaccio.
Quella per te, Hermione.
La ragazzina che mi ha accarezzato l'anima con sguardi imploranti e con parole mai dette.
Chiudo gli occhi un istante.
Lascio che le gocce mi si intrufolino nel colletto della casacca.
Che lavino quel poco che resta di una maschera scomoda.
No, io non ho mai salvato nessuno.
Ma adesso vorrei davvero poter salvare te.
Perché io riconosco il tuo dolore.
E la tua solitudine.
Nessuno potrebbe riconoscerli meglio di me.
Faccio un passo incerto verso il vialetto addobbato di fiori.
In un novembre gelido che non dovrebbe concedere neppure un filo d'erba.
Mi avvicino alla porta laccata di verde.
All'ultima barriera che può difendermi dai tuoi occhi.
E da me stesso.
Sollevo la mano.
Afferro il pomello d'ottone.
Due colpi secchi si liberano nell'aria gelata della notte.
I tuoi passi leggeri nell'ingresso mozzano quel poco che mi resta del respiro.
Spalanchi la porta.
Poi anche gli occhi.
Mi osservi senza parlare.
Ti nascondi immediatamente dietro al gelo che ti difende.

-    "Che cosa vuoi?"

Lo sibili sgarbata.
Lasciando scivolare gli occhi ad osservare i miei vestiti fradici.
E io non rispondo.
Perché non lo so, cosa voglio.
So solo che devo impedirti di diventare quello in cui mi sono trasformato, nei miei anni di solitudine, di distacco dal mondo.

-    "Tu non hai bisogno di me!"

Lo sussurro piano.
Perché non so che altro dire.
Tu mi guardi.
Incroci le braccia al petto.

-    "Esatto! Non ho bisogno di te!"

Me lo ringhi con cattiveria.
Portandoti i capelli dietro alle orecchie.

-    "È di cosa hai bisogno, Hermione?"

Te lo chiedo di getto.
Forse non dovrei farlo.
Forse non conosco il modo giusto per farlo.
Ma te lo chiedo.
A te, e ai tuoi occhi che, malgrado ogni tuo sforzo, si stanno facendo lucidi.

-    "Di niente! Io non ho bisogno di nien..."

-  "Stronzate! Tutti hanno bisogno di qualcosa, persino io...
Quindi te lo domando di nuovo.
Di cosa hai bisogno, Hermione?"

Ti irrigidisci.
Martori il parquet del tuo ingresso con i piedi nudi.
Ti torci le mani.
Cercando di ricacciare indietro le lacrime.

-    "Davvero pensi di poter venire qui, ad insegnarmi a vivere, Severus?"

Me lo chiedi con rabbia.
Nascondendoti dietro ad una maschera che non ti rendi nemmeno più conto di avere.
Se non fossi innamorato di te, ti prenderei a schiaffi.
Sì, perché io sono innamorato di te.
Forse in un modo assurdo di esserlo.
Forse lontano dal sentimento canonico su cui hanno perso le notti milioni di poeti.
Ma lo sono.
Perché lo squarcio che mi si apre nel petto vedendoti vittima della mia stessa freddezza, non lascia alcun dubbio.
Neppure in me.
Che dell'amore non conosco nulla.
Faccio un passo verso di te.
Finalmente la pioggia smette di rotolarmi addosso senza pietà.
Conquisto il centro del tuo ingresso.
Mentre tu arretri piano, scappando da una pozza di acqua gelida che si fa strada verso il tuo corpo.
Cercando di mantenere una distanza che ti permetta di continuare a difenderti.
Da me.
E dalla storia che sono venuto a raccontarti.
Senza saperlo fare del tutto.
Ti guardo per un istante.

-    "Io non posso insegnarti a vivere, Hermione.
Perché non so niente di come si vive..."

Vedo i tuoi occhi indugiare sul mio viso.
Un'espressione di vittoria ti si palesa agli angoli delle palpebre.
Poi sparisce, con la stessa rapidità con cui l'hai lasciata emergere.
Forse la mia voce ti risulta diversa.
Così come risulta a me.
Frugo nel mio petto cercando il coraggio di continuare a parlare.
A farlo a te.
A farlo senza il costume da uomo di ghiaccio a proteggermi.

-    "No, io non so niente di come si vive.
Ma so tutto di come non si vive, Hermione.
E ritrovarsi soli ogni notte, non è vivere!
Stringere il potere in una mano e il nulla nell'altra, non è vivere.
Chiudere fuori il mondo, e nascondersi dentro una vita intrappolata in una finzione sterile, non è vivere.
Avere mille storie da raccontare e nessuno a cui raccontarle, non è vivere.
Passare la vita a nascondersi, non è vivere.
Chiudersi in una casa da un milione di sterline e non avere nessuno con cui condividerla, non è vivere.
E tutto questo, io posso dirtelo..."

La mia voce è solo un sussurro.
Ma mi è scappato dalle labbra guardandoti negli occhi.
Perché ti meriti di più.
Hai troppo dentro perché nessuno possa vederlo.
Tu resti in silenzio.
Hai smesso di parlare.
Forse vorresti piangere.
Ma non sei pronta.
Non puoi farlo.
E nessuno sa capirti meglio di me.
Perché piangere è un lusso che noi non sappiamo concederci.
Rivelare ogni nostra fragilità, ogni nostra paura, è un lusso che noi non sappiamo concederci.

-    "Devi andare via Severus..."

Hai la voce incrinata.
Mentre sento la tua corazza crollare.
Mentre te la senti scappare dalle mani.
E hai paura.
Così come ho paura io.

-    "Tu non hai bisogno di me.
Perché io non ho da darti nient'altro che una vita infangata dai tormenti.
Nient'altro che un paio di occhi che hanno visto troppo male.
Nient'altro che un cuore distrutto, con un battito sbagliato.
Nient'altro che parole che non sono capace di dire.
Ma se non hai bisogno di me, allora trova quello di cui hai bisogno.
Trova qualcuno di cui avere bisogno.
E inseguilo.
Perché la vita può essere molto di più dello schifo che ho vissuto io.
Deve essere molto di più!
Altrimenti che diavolo ci affanniamo a sconfiggere i mostri, Hermione?
Se vivere deve essere solo questo, cosa abbiamo paura di farci portare via?"

Te lo dico.
E tremo.
Perché stento a riconoscermi.
Perché mi sento nudo senza la maschera da uomo senz'anima.
Mi sento inadatto, impacciato e stupido.
Ma mi sento anche libero.
Perché ad una persona, almeno ad una, ho permesso di guardarmi.
E sei tu quella persona, Hermione.
L'unica che abbia scalfito questa maledetta corazza.
L'unica che abbia aperto uno spiraglio di luce nella mia vita asettica.
E non posso lasciarti autodistruggere in silenzio.
Senza provare a salvarti.

-    "Severus..."

Lo sussurri piano.
Poi ti avvicini.
Forse guardarmi negli occhi per la prima volta ti fa paura.
Forse vedermi uomo per la prima volta ti fa paura.
Forse vedere il mio dolore per la prima volta ti fa paura.
Eppure cammini.
Verso di me.
Mi raggiungi.
Poi resti immobile.
Io ti guardo negli occhi, ancora.

-    "Io sono tutto qui, Hermione.
Quello che vedi.
Te l'ho già detto una volta, nei miei sotterranei.
Non c'è niente di più, ragazzina.
Ho da offrirti solo un'anima marcia.
Poche parole gelate.
E un sentimento che non so chiamare per nome.
Ma se è questo quello di cui hai bisogno, allora chiedimelo..."

Il tuo sguardo mi prende a pugni la faccia.
E io ringrazio la pioggia da cui sono appena riuscito a difendermi, per saper mascherare le mie lacrime.
Quelle che finalmente mi scendono sulla pelle, senza lasciarsi riconoscere.
Resti immobile, ancora.
Poi fai un passo verso il salotto.
Provi a nasconderti.
A fuggire dalla ragazzina che senti salirti nella gola, inondarti la bocca, intorpidirti i pensieri.

-    "Domani mattina alle 7 sarò nel tuo ufficio, Hermione.
Se quello che ho da offrirti ti basta, mi troverai lì.
Se non ti vedrò arrivare sparirò per sempre.
Tornerò ad essere il mostro nero da cui tutti provano a scappare.
E ti lascerò libera..."

Abbasso lo sguardo sul pavimento.
Tu arresti i tuoi passi.
Ti volti.
Mi guardi.

-    "Ma qualsiasi cosa tu scelga, qualsiasi cosa tu faccia, ricordati di vivere, di non ridurti come me..."

Lo sussurro appena.
Poi mi volto.
Mi allontano.
La pioggia torna a martellarmi i pensieri.
Ed io sparisco nell'oscurità della notte.
Quella che questa sera, per la prima volta nella mia vita, si è diradata per un attimo, e ha lasciato scorgere l'uomo che ho quasi dimenticato.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top