Capitolo 17 - ero venuto a dirti questo

10.11.2007
Ore 9,30

Neville si è presentato nel mio ufficio con una lunga barba ed un'aria da marinaio in licenza.
I vestiti troppo larghi trasudano una cura costretta in qualche angolo, tra le ricerche in giro per il mondo e una passione scoppiata per caso.
Si infila le mani nelle tasche.
Tentando di resistere con qualche parvenza di spavalderia al tuo interrogatorio appena sibilato.
Sei entrato come un uragano, avvolto dall'ondeggiare minaccioso del tuo mantello nero.
Lo hai salutato a stento, gli hai rivolto uno dei tuoi sguardi gelati.
E lui adesso resta in piedi, a ridosso della sedia sulla quale Harry ha abbandonato i suoi pensieri.
Tu lo sfidi con la tua eleganza scura.
Con i tuoi vestiti impeccabili, in tutta la ridondanza del loro taglio perfetto.
E io me ne sto seduta ad una scrivania che non mi è mai sembrata tanto inutile.
Mentre le teorie più impaurite escono dalla bocca dell'ex ragazzo impacciato che ho salutato il giorno dei M.A.G.O.
Lo osservo balbettare nella tua direzione qualche ipotesi che deve sembrarti sensata.
Perché non ti lasci scappare i soliti ruggiti di fastidio che riservi a chiunque osi importunare la tua intelligenza.

- "Penso che potrebbe andare bene un mix di Levitisco e alga dulse.
Se lasci macerare il primo ottieni una patina melmosa, quasi impossibile da sciogliere.
Lo potete usare come schermo esterno.
Come seconda barriera, potreste utilizzare uno strato di alga dulse.
Si trova facilmente sulle nostre coste.
Resiste benissimo all'acqua e agli agenti atmosferici.
Entrambe chiaramente si sciolgono, ma ci mettono molto tempo.
Se mi dite che deve impiegare circa nove anni, potrebbe essere la soluzione che state cercando."

Lo osservo mentre lascia uscire il professore nascosto sotto l'incuria.
Mentre gli occhi gli brillano travolti dalla passione che è riuscito a trasformare in lavoro.
Tu resti fermo.
Le braccia incrociate sul petto.
Il mantello a farti da armatura.
Vedo i tuoi occhi catalogare le informazioni ad un ritmo che non riesco a sostenere.
Prima di annuire impercettibilmente.
Di farmi un cenno del capo.
Ti sorrido.
Sposto lo sguardo in quello di Neville, che intuisco fremere per poter uscire il più velocemente possibile da questa stanza.
Dove la presenza statuaria di un vecchio insegnate che non ha mai smesso di farlo tremare di paura, lo aggredisce con un mutismo pericoloso.

- "Grazie Neville! Ti terrò aggiornato se ci saranno degli sviluppi sulla ricerca..."

Lui sorride calorosamente.
Stringe la mano ad Harry.
Si azzarda ad alzare gli occhi nei tuoi, che lo gelano senza pietà.
Come fanno con tutti.
Si dirige verso la porta.
La supera.
La chiude alle sue spalle.
Un silenzio irreale invade il mio studio per qualche istante.

- "Che diavolo gli hai detto?"

Me lo sputi in faccia senza troppo garbo.

- "Che dovevamo creare una protezione naturale per delle cortecce a rischio, in alcuni parchi sotto la protezione del ministero."

Sgrani gli occhi.
Mi rivolgi un sorriso gelato.

- "È pensi che lui ci abbia creduto? È una stronzata talmente inverosimile che potevi fare che raccontargli direttamente tutto.
Malgrado il suo aspetto tenda a smentirmi, Paciock non è un cretino, Hermione!"

Lo sibili con rabbia.
E io mi innervosisco.
Sbatto una mano sul tavolo.
Mi alzo di scatto dalla sedia.
Scaravento quello che resta di un caffè nel cestino dell'immondizia sotto alla scrivania.

- "Potevi inventarti qualcosa di meglio tu, invece di arrivare come un'ombra quando ti pare e piace. Senza degnarti di avvisarmi su quello che hai o non hai intenzione di fare, Severus!"

Sbotto con stizza.
Ho le mani che tremano.
Questa linea che riesci a valicare di continuo tra il farti detestare e il farti desiderare fino alla pazzia, mi sta logorando fin troppo velocemente.
I tuoi occhi lampeggiano per un istante.
Intuisco Harry alzarsi dalla sedia.
Lo vedo inforcare la giacca.
Dirigersi verso l'uscita.

- "Vi lascio soli. Immagino che abbiate qualche battuta da scambiarvi senza il terzo incomodo tra i piedi..."

Sento la sua voce rimbombare nella stanza.
Chiudo gli occhi un istante.
Mi lascio scappare dalle labbra un ringhio sordo.
Detesto essere smascherata.
Essere scoperta.
E tu sai costringermi a farlo, con una facilità che mi fa incazzare.
La porta sbatte sonoramente.
Restiamo soli.

- "Sei uno stronzo..."

Lo dico piano.
Cercando di ricacciare indietro la rabbia.

- "Sì... Uno stronzo che sta cercando di mettere ordine in questo dannato casino!"

Alzi la voce.
Mi pugnali con lo sguardo.

- "Adesso, se vuoi smetterla di dispensare stronzate a chi potrebbe farsi venire dei dubbi e cominciare ad indagare seminando il panico, ti chiederei di cercare di stare zitta e di farmi riflettere su come diavolo trovare queste fottute capsule.
Non so se te ne sei resa conto, Hermione, ma abbiamo il tempo che ci soffia sul collo.
Se il veleno si sprigiona nelle ultime due città puoi salutare la tua bella poltrona e ricominciare a giocare all'eroina senza macchia e senza paura insieme al tuo amico Potter..."

La tua voce è gelida.
Come di te lo è tutto il resto.
Sei sprezzante.
Quasi spregevole.
Dannatamente elegante.
E io, come una cretina, vorrei solo strapparti quei maledetti vestiti di dosso.
E mi detesto.
Sento il nervoso ribollire nello stomaco.
Per il modo in cui ti ostini a trattarmi.
Come se fossi una ragazzina imbecille.
Per il modo in cui mi guardi.
Facendomi sentire impotente.
Di fronte alla voglia di sentirmici, una ragazzina.
E di farmi portare per mano.
Da te.
E dal tuo carattere di merda.
Ti odio.
E ti desidero.
Fino a perdere la lucidità.

- "Devo ricordarti che siamo in questo casino per causa tua?
Sei tu ad esserti divertito a fare il mangiamorte!
Hai creato tu quel fortuito veleno, Severus.
E adesso vieni ad aggredire me, perché cerco invano di rimediare ancora una volta ad un tuo casino?"

Lo dico di fretta.
Senza pensare.
Vedo i tuoi occhi chiudersi per un attimo.
Poi li apri.
Mi scagli addosso uno sguardo privo di vita.
Uno sguardo che mi fa tremare dentro più dei mille da cui mi ostino invano a tentare di sopravvivere.
Lo distogli.
Forse un'ombra di tristezza attraversa le tue iridi nere.
O forse è solo l'ennesima scheggia di ghiaccio da cui ti lasci impossessare.
Ti osservi le mani per un istante.
Poi sollevi il viso.
Fai per parlare.
Ci ripensi.
Ti stringi il mantello sulle spalle.
Ti volti.
Ti avvii verso la porta.

- "Severus..."

La mia voce è poco più di un sussurro.
Sono una cretina.
Faccio un passo verso di te.
Tu afferri la maniglia della porta.
Fai per aprirla.
Ti corro incontro.
Tu avverti i miei movimenti frettolosi.
Ti fermi.
Io ti raggiungo alle spalle.
Allungo una mano.
Faccio per sfiorarti il braccio.
Poi ci ripenso.
Sospiro.
Vorrei essere ancora capace di chiedere scusa.
Abbasso lo sguardo.
Lo punto sul pavimento.
Il tuo mantello ondeggia impercettibilmente, sento i tuoi occhi pesarmi sulla fronte.
Scaldarmi la pelle.

- "Adesso so come sono fatte.
Vado a cercarle..."

Lo sibili senza calore.
E io tremo.
Perché sento il tuo fiato spettinarmi i capelli.
Chiudo gli occhi.
E vorrei solo essere diversa.
Vorrei solo che fossi diverso tu.
Che non mi strappassi il cuore con ogni respiro.
Che non mi possedessi l'anima con ogni sguardo.
Resti immobile.
Senza parlare.
Siamo polvere da sparo e scintilla, fatti per trovarsi, per inseguirsi, e per esplodere.
Ci attraiamo e ci respingiamo, in un gioco infinito e pericoloso.
E tutto questo mi fa paura.
Vattene Severus!
Allontananti dal mio corpo.
Permettimi di tornare a nascondermi.
Resta con me, Severus!
Fracassa la mia maschera.
Perché io non ho il coraggio di farlo.
Strappami questa freddezza dagli occhi.
Liberami l'anima...
Passa un tempo infinito.
In cui costringo gli occhi sui tuoi stivali neri, incapace di trovare la forza di puntarli nei tuoi.
Tu temporeggi un istante.
Mi guardi.
Poi abbassi la maniglia.

- "Ho trovato un antidoto.
Ero venuto a dirti questo..."

Lo sussurri.
E apri la porta.
Il tuo mantello si muove.
Trovo il coraggio per osservarti sparire.
Con quella tua camminata sicura, intrisa di un'eleganza quasi statica.
Ed immutabile.
Ricomincio a respirare.
Tentando invano di affogarmi in una caffeina scadente.
E a tornare il ministro senz'anima.
Quello che temono tutti.
Quello che comincio a temere persino io stessa.
A detestare perfino io stessa.
Mentre sento Hermione che mi si dibatte nel petto, tentando di risalirmi la gola.

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