17. Il buio che viene a galla
<<Parto>> esordì Raphael sedendosi a tavola per fare colazione.
<<Come?!>> esclamò Nova allarmata, lasciando cadere sul piatto la fetta di pane che stava condendo con la marmellata.
<<Tranquilla, tranquilla! Sarà solo per una settimana, lunedì prossimo sarò già di ritorno>>
<<E dove vai?>>chiese la ragazza.
<<Area 4, settore 238>>
<<In termini normali?>>
<<Londra>>
A quella risposta Nova si calmò; a scuola le avevano sempre insegnato a dividere il globo in aree e settori, ma tutto ciò che sapeva l'aveva sempre imparato da sola, con l'ausilio di tutti i libri che era riuscita a racimolare col tempo. Ricordava ancora quando da bambina, tornata da scuola, si chiudeva nella sua camera e fantasticava su quel mondo che non aveva potuto conoscere.
<<Perché devi andare?>> domandò di getto, sperando in una risposta chiara, che ovviamente non arrivò.
<<Affari del partito>> le rispose infatti Raphael, prima di alzarsi e andare a preparare le valigie.
Era sempre così, quando Nova provava a farsi raccontare qualcosa sul suo lavoro lui si chiudeva del tutto e non proferiva più parola per un po'.
Asa sbucò da una porticina laterale, iniziando a sparecchiare. Era la domestica che Nova trovava familiare ed era piuttosto sicura di averla già vista, tuttavia appena prendeva il discorso la ragazza trovava sempre un modo per sviarlo o semplicemente scomparire; già ottenere semplicemente il suo nome era stata un'impresa.
La ragazza, probabilmente poco più grande di lei, portava i suoi riccioli scuri raccolti nella crocchia di regolamento, anche se una ciocca ribelle le ricadeva
Morbidamente sulla pelle mulatta. Probabilmente non se n'era neanche accorta, sennò avrebbe sistemato l'acconciatura con la stessa cura con cui teneva la divisa grigio scuro tipica delle domestiche.
Il colore era molto simile a quello che tutta la gente comune doveva indossare, ma chiaramente distinguibile poiché molto più scuro.
Nova credeva d'essersi sbagliata, eppure quando la guardava la trovava ugualmente familiare.
Tornò in camera e poco dopo Raphael passò a salutarla, per poi allontanarsi nell'auto scura.
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Nova passeggiava per le vie del Centro, esattamente come le dame dell'alta società di cui anche lei adesso faceva parte.
Indossava un completo particolarmente audace per una donna d'alta estrazione sociale come lo era lei adesso: dei pantaloni rossi a gamba larga e una camicetta a pois bianchi e neri con uno scollo un po' troppo profondo; il problema però non era lo scollo,
bensì i pantaloni, poiché era risaputo che solo le donne delle classi più basse li indossavano.
In molti lanciavano brutte occhiate ai suoi pantaloni e al suo chignon, ma a lei non importava granché.
Reggeva due buste contenenti stoffe, bottoni, pizzi e merletti per i suoi nuovi lavori. Aveva scoperto la piccola bottega quasi per caso e da allora si era innamorata delle pareti scure e dell'odore di zucchero del negozietto, ma soprattutto dell'anziana commessa sempre pronta a sgridarla quando tentava d'abbinare colori troppo diversi fra loro.
Quando nella sua vita passata confezionava dei vestiti, appena qualche settimana prima, lo faceva con gli scarti dell'attività di famiglia, mentre adesso poteva permettersi di scegliere le stoffe, i colori e tutte le guarnizioni necessarie per rendere i suoi lavori sempre più belli.
Certo, si guardava bene dal diventare come la maggior parte delle ragazze viziate che facevano parte della classe più ricca. Lei conosceva la fame, il freddo e la frustrazione degli inverni più freddi, non avrebbe mai rinnegato le sue origini. Si godeva la nuova condizione, sì, ma dentro di sé urlava a squarciagola.
Nonostante le settimane passate immersa in quell'ambiente, infatti, quando alzava lo sguardo e vedeva le strade sempre illuminate, i banchetti con le pietanze più prelibate, le dame coi gioielli più preziosi, mentre intere famiglie morivano di fame e freddo, le veniva voglia di inghiottire tutto con le sue tenebre.
Ad un tratto un gran frastuono squarciò il lieve brusio della strada soleggiata: due guardie armate stavano immobilizzando un ragazzino dai capelli biondi e gli occhi azzuro tempesta.
Lui si dimenava e lottava con tutte le sue forze, lanciando piccole scariche elettriche verso i suoi aggressori. Riuscì a stordire una delle guardie e, proprio mentre aggrediva la seconda, un terzo soldato si avvicinò e gli diede un forte colpo alla testa con un bastone.
Il ragazzo cadde a terra, gli occhi lucidi di chi sa che l'unica sua colpa è l'essere nato.
Fu allora che Nova fece qualcosa che reprimeva da anni e che per anni a seguire avrebbe rivisto nella mente: liberò le tenebre.
All'inizio ebbe l'impressione di esplodere poi, ricordandosi che se l'avessero vista l'avrebbero arrestata e uccisa, le contenne, lasciando andare solo un minuscolo guizzo di fumo mortale.
Quando quella piccola ombra raggiunse le guardie queste svenirono, dando il tempo al ragazzo per alzarsi e ricominciare a correre.
Nova si guardò intorno, sconvolta da quell'improvvissa liberazione; si sentiva meglio ora, ma sentiva anche il suo potere spingere sempre di più per venire di nuovo a galla. Aveva assaporatoogni istante di quel piccolo attimo, per quanto avesse lasciato andare solo una parte infinitesimale di ciò che in realtà premeva per esplodere.
Si guardò intorno per qualche istante, sperando che nessuno l'avesse vista, poi si avviò verso casa.
Salutò il portiere e prese l'ascensore per l'ultimo piano, proiettandosi già a quando si sarebbe sdraiata per smaltire l'adrenalina.
Tuttavia, quando l'ascensore si aprì sul portone, il sangue le si gelò nelle vene.
Un cartoncino color crema, attaccato alla porta con un pezzo di nastro adesivo, recitava in caratteri cubitali:
Conosco il tuo segreto
A Nova mancò il respiro e si accasciò contro la porta priva di forze, staccando il nefasto biglietto e rigirandoselo nelle mani.
Dietro, in caratteri più piccoli, c'erano un indirizzo con una data e un orario:
Via Liberazione 17,
piano 78,
Centro b,
Ufficio 13.
Ore 12.00
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