Una donna che si rispetti (parte uno)
Pamela parla a raffica, proprio com'è successo a me ieri, è esplosa la diga e non riesce più a contenersi. Le parole fuoriescono dalla sua bocca a velocità sostenuta, fatico a seguirla e ci impiego un po' per poter comprendere il significato di un'intera frase, per connettere i vari punti e avere una visione del quadro completo. Mi parla di questa mail mai inviata, e di questo strano ricordo di Andrew col sorriso pochi minuti prima che morisse, e di un foglio che ha trovato nella sua vecchia stanza nascosto in uno dei loro nascondigli segreti di quando erano bambini, dove c'era un progetto per il suicidio che poi è stato cancellato con la scritta CE LA POSSO FARE in stampatello. E non capisco, non capisco proprio, e non capisce proprio neanche lei. E parla e piange un sacco, mi chiede cosa dovrebbe fare, ma non so che risponderle, e io le chiedo se pensa che suo fratello non si sia voluto ammazzare e lei mi risponde: <<No!>> e si prende di nuovo la testa fra le mani.
<<Pam, calmati, frena un attimo>> la blocco <<se non si è buttato di sua spontanea volontà, pensi che lo abbia buttato qualcun altro?>>
<<Non lo so, Sasha, è questo il punto!>> strilla. <<E non conoscere la verità mi sta uccidendo!>>
<<Parlamene di nuovo, così che capisca meglio.>>
<<Okay. Qualche settimana fa sono tornata in camera sua. Lo faccio, ogni tanto, perché mi piace pensare a lui disteso sul letto che mi prende in giro o a quando stava nottate intere a studiare sulla scrivania. E mi sono ricordata di quando eravamo bambini, che ci nascondevamo messaggi segreti sotto una mattonella rotta del pavimento, l'ho aperta e ci ho trovato questo foglietto col progetto del suicidio che era stato cancellato. E lui progettava di suicidarsi prendendo le pillole, c'era scritto che non voleva morire facendoci vedere il suo cadavere come se fosse uno schifo. E poi c'era una X gigante che cancellava il tutto e quella scritta di incoraggiamento. Mi sono spaventata, ho pensato "che cazzo sta succedendo?" e ho preso il suo computer, ci ho impiegato ore per ricordarmi la password, e ho trovato questa bozza sulla sua vecchia mail che non usava da anni, indirizzata a Sophia, dove diceva che avrebbe sistemato tutto e che dopo non avrebbero più avuto problemi a stare insieme e che avrebbero potuto tenersi per mano anche di fronte a tutti, ma non l'ha inviata. Faceva sempre così, scriveva senza far leggere a nessuno, ma l'ha scritta il giorno che si è suicidato e io non capisco, non capisco che cazzo sta succendendo, Sasha.>>
<<Okay, frena, frena, frena>> cerco di calmarla, dandole una pacca sulla testa, lo so, molto poco affettuoso, ma abbiate pietà di me, ho due ore di sonno alle spalle e una scarsa capacità di socializzazione e le due cose influiscono fra di loro in maniera devastante. <<Quindi stai indagando sul suicidio-forse-non-suicidio di tuo fratello?>>
<<Sto indagando sul suicidio-forse-non-suicidio-forse-omidicidio di mio fratello>> mi corregge lei, e ora è il mio turno di trattenere il respiro. E finalmente capisco cosa significhi tutto questo.
Non è una bomba, è un cancro, e ti divora. Non ti devasta all'improvviso, è qualcosa che si attacca a te e cresce piano piano senza darti il tempo di accorgertene, si nutre delle tue speranze e dei tuoi sogni, fino a quando non c'è più niente da mangiare, e non puoi fare nulla se non pregare che smetta di divorarti o combatterlo andando a cercare la verità che non sai se esiste o sia mai esistita.
Pamela aggiunge piano, piangente, a bassa voce: <<Non lo dire a Sophia, Sasha, non lo dire ai fratelli King. Non lo devono sapere. Non voglio dare false speranze a nessuno. Chi lo sa, magari ha pensato di non buttarsi e basta e poi ha cambiato idea così, all'improvviso. Non ne posso essere sicura. E non ho trovato altri indizi.>>
<<Come ti sei comportata fino ad ora?>>
<<Ho provato...>> si asciuga il volto bagnato con la mano e trema piano, come una foglia che viene scostata dal vento e fa di tutto per rimanere aggrappata al ramo che l'ha creata <<ho provato a ricostruire i suoi ultimi spostamenti, ho chiamato pure la polizia, ma non mi hanno ascoltata. E ho pensato... non lo so che ho pensato. Si è svegliato alle sei, alle sette è uscito, e alle otto è andato a fare colazione da Starbucks e poi è andato a scuola, e so che ha seguito le prime tre ore di lezione. Ma dalle dodici in poi fino all'ora in cui è morto c'è un vuoto totale che prima pensavo non fosse poi così importante, ma che ora potrebbe significare tutto.>>
Annuisco piano. <<Promettimi che non lo dirai ai King, Sasha>> sussurra a denti stretti, gli occhi pieni di disperazione. <<Promettimi che non ne farai parola con nessuno, men che meno Sophia.>>
E io ho promesso.
<<Posso darti una mano?>>
Pamela ha scosso la testa, poi ha annuito, poi ha scosso di nuovo la testa. <<Non lo so. Sì, forse. Ho bisogno... ho bisogno di tempo.>>
<<Okay.>>
È stata l'unica cosa che sono stata in grado di dire, ed era l'unica cosa che aveva bisogno di sentirsi dire. Prendo un grosso respiro. <<Okay>> ripeto di nuovo. <<Okay, okay, okay. Quindi, riassumendo, tu hai trovato questa bozza di mail, e questo piano suicida cancellato, e hai pensato che il suicidio-di-tuo-fratello non fosse poi così tanto un suicidio-di-tuo-fratello.>> Quando annuisce, mi copro la mano con la bocca. <<Cristoforo colombo, mi sembra di essere finita in uno di quei mediocri romanzi gialli scolastici dove c'è il mistero da risolvere... hai capito, no? Qualcosa alla 13 reasons why.>>
Mi lancia un'occhiata omicida. <<Hai ragione, non è il momento di fare paragoni né di scherzarci. Ma siamo sinceri, Pamela, non è che da quella finestra puoi cadere per errore. Quindi a meno che tuo fratello non avesse un'equilibrio da schifo e abbia rotolato per tutto il corridoio come in un cartone animato e sia finito oltre la finestra sempre come in un cartone animato escludo la possibilità di un incidente. Perciò rimangono solo due opzioni.>>
<<Suicidio o omicidio>> conclude lei al mio posto.
<<E tu non escludi nessuna delle due>> la mia è più un'affermazione che una domanda. Pamela si guarda intorno, preoccupata dall'idea che qualcuno possa sentirci, e mi trascina lontano dall'ala est, verso uno dei bagni più inutilizzati di tutta la Star High School Academy. Richiude la porta d'ingresso a chiave e io sollevo un sopracciglio. <<Non posso correre il rischio che qualcuno ci senta>> mi spiega. <<Ascolta, Sasha, mio fratello soffriva di depressione, questo è un dato di fatto. E quindi quando mi avevano detto che si era suicidato ho pensato...>>
<<Hai pensato che non fosse poi così sorprendente?>> domando, e lei di nuovo fa un cenno di assenso col capo.
<<E ancora adesso non... non so dirti cosa...>> si strofina il viso con le mani e piange ancora in silenzio. <<Cristo, è tutto così confuso.>> Quando torna a guardarmi, i suoi occhi sono così pieni di lacrime da sembrare due budini trasparenti. <<Come ci sei arrivata?>> mi domanda. <<Come hai capito che forse lui non...>>
<<Ah>> mi gratto la testa. <<E' che ho pensato che se io mi fossi voluta buttare da una finestra lo avrei fatto guardando il paesaggio che avrei lasciato, e lo so che magari non tutti quelli che si suicidano lo fanno, ma mi è sembrato strano. Che sia quel poco che mi rimane di istinto femminile?>> La mia battuta la fa leggermente sorridere, il che è già un grosso passo avanti. <<Ora arriva la domanda pesante: mettiamo il caso che non si è ammazzato, che qualcuno lo abbia spinto di proposito, hai dei sospetti? Mi hai detto che praticamente tutta la scuola lo odiava.>>
<<Esatto>> conferma. <<Quindi, ad eccezione di te, di me, di Luke e dei fratelli King, stiamo parlando di più di centocinquanta studenti, escludendo anche quelli che si sono già diplomati e ora fanno il college.>>
Fantastico, una lista infinita di sospettati, forse il mio motto "più nemici hai più forte diventi" non è così educativo come invece ho sempre ritenuto, o magari non si adatta a tutti. E mi sento una brutta persona ora, a fare battute su un tizio che si-è-ammazzato-o-forse-è-stato-ammazzato, immagino che sia solo una delle tante prove che dimostra il mio pessimo carattere. <<Chi ce l'aveva con tuo fratello in particolar modo?>>
<<Se lo sapessi te lo direi, no?>> esclama con voce stridula. <<Ma non lo so ! E non è che posso andare in giro per i corridoi a chiedere alla gente "ehi tu, per caso ce l'avevi così tanto con mio fratello da volerlo morto?"!>>
<<Be', è sempre un'opzione.>>
Mi colpisce allo stinco con un calcio. E fa bene, lo ammetto, lo avrei fatto da sola se non ci avesse pensato lei. <<Io potrei farlo>> insisto <<la gente mi crede pazza, quindi penserà che le mie domande sono il frutto di uno dei miei tanti deliri.>>
<<Sasha, ti ho letteralmente vista usare un tampax per chiudere una bottiglia di vino quando non trovavi il suo tappo di sugero>> mi ricorda lei. <<Tu non sembri pazza, sei pazza!>>
<<Non uso quasi mai quei dannati affari e zia Teresa continua a comprarmeli, dovrò pur dar loro un'utilità!>> mi difendo.
<<Perché siamo passate dal discorso mio fratello-suicida-forse-non-suicida-forse-ammazzato all'utilità degli assorbenti interni?>> esclama disperata.
<<Perché volevo farti stare meglio.>>
Lei scoppia a piangere di nuovo, la mia malinconia sembra essere contagiosa, poggia la testa contro la mia spalla e trema. <<Non so cosa fare, Sasha>> sussurra disperata <<vorrei così tanto poter parlarne con Sophia, lei avrebbe potuto aiutarmi, ma non posso, se le dicessi tutto quanto starebbe così male... Dio, la verità la ammazzerebbe. Cosa devo fare, Sasha? Qual è la cosa giusta da fare?>>
Ho una fitta al petto, e la stringo a me dandole delle pacche sulla spalla, come sempre il mio modo di consolare continua a fare schifo, ma sembra rincuorarla in parte. E se questo fosse un sogno, vorrei che si potesse svegliare, proprio come vorrei svegliarmi io dal mio incubo. <<Mi manca così tanto>> singhiozza. <<E mi sento una sorella tremenda. Ti rendi conto? Preferisco che si sia fatto ammazzare piuttosto che si sia ammazzato. Così potrei dare la colpa a qualcuno, così darebbe un senso a tutto questo dolore, e magari passerebbe dopo un po'.>> Le sue lacrime bagnano la mia camicia.
Fatico a trovare le parole, e fatico ad accettare questa realtà. Eccola, la sua casa. La casa che a me manca e che è stata incrinata. Anche quella di Pamela è distrutta, proprio come la mia, e sta cercando di tappare i buchi, le spaccature, di dare un senso alle sue cicatrici per poter far reggere la struttura. <<Penso che tu debba credere alla tua verità>> sussurro a bassa voce, così che le mie parole non la feriscono più di quanto non si stia ferendo già lei. <<E che tu la debba inseguire. Se pensi che Andrew si sia ammazzato, allora è quella la verità, e ce l'hai già in mano. Se pensi che sia stato ucciso, allora indaga, e cerca di rendere questa possibilità la realtà esatta e imprescindibile.>>
Si allontana da me, lentamente, le sue gambe tremano e a fatica riesce a reggersi in piedi, ma i miei incoraggiamenti sembrano averla resa più forte, o comunque averla convinta di qualcosa. Dio, spero di non essermi sbagliata. Dio, ti prego, ti prego, ti prego, fa' che nel tentativo di custodirla non l'abbia indirizzata verso la mia stessa strada, quella dell'autodistruzione, fa' che quel colpevole lo trovi, e fa' che io non sia la causa di altro dolore per nessuno, se non per me stessa. <<Che cosa pensi, Pamela?>> le domando alla fine.
<<Io...>> il suo corpo vacilla, ma i suoi occhi restano fermi, puntati su di me, e parlano da soli, dicono tutto quanto da soli, e dentro di me, so che ha preso la sua decisione, so che ha scelto quale cammino intraprendere. Staicalmastaicalmastaicalmastaicalma. <<Penso che mio fratello sia stato ucciso, Sasha. E penso che cercherò chi l'ha ammazzato, ad ogni costo.>>
Annuisco piano, lentamente. Ora non c'è più ritorno, ora non si può fare marcia indietro. Il tragitto è stato imboccato, e non importa gli ostacoli, dovrà affrontarlo tutto quanto, sempre, continuamente. <<Promettimelo, Sasha>> mi supplica dopo <<promettimi che non ne farai parola con i fratelli King. Con nessuno. Nemmeno con Luke.>>
Fatico a rispondere, fatico a pensare. La speranza nei suoi occhi è spaventosa. Forse ho sbagliato. Ah, forse ho sbagliato davvero. Forse dovevo dirle di credere che si fosse ammazzato. Conosco quella speranza, è della razza di quelle che non muore, e che quando muore ti trascina nella tomba insieme a sé. Mi sfrego le mani, respiro lenta, piano. E mi ritrovo a pensare "fanculo" come ho sempre fatto. <<Lo prometto>> sussurro, mentre un brivido percorre la mia schiena.
E mi sento sporca, peccatrice.
Mi sento come se avessi appena firmato la sua condanna a morte.
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