Spettro del passato


<<Come si chiama?>>

La voce di Aaron mi interrompe, chiudo la piccola lampada della scrivania e mi volto così da controllare in che condizioni si trova il mio paziente. Devo dire che queste due ore di riposo hanno migliorato decisamente il suo aspetto prima molto macabro e inquietante, se prima somigliava a uno zombie deperito, ora è più vicino a un vampiro che non beve sangue da un paio di giorni. Insomma, meglio di prima. Aaron si guarda attorno, le sue mani scivolano lungo il petto, alla camicia di flanella a quadretti e ai pantaloni coordinati che gli ho infilato mentre dormiva. Le sue sopracciglia si sollevano fino a raggiungere l'attaccatura dei capelli, ma continua a non parlare.

<<Come ti senti?>> gli domando. <<Perché non ne posso più di ascoltare i tuoi gemiti di sofferenza, non hai fatto altro che rantolarti nel tuo dolore per tutto il tempo, non sono riuscita a studiare.>>

<<Tu sì che sai come far star meglio un malato>> tossisce lui. <<Per quanto tempo ho dormito?>>

<<Più o meno due ore, il che mi porta a chiedere come sia possibile che in questo breve lasso di tempo tu sia riuscito a riacquisire il dono della parola, avrei davvero voluto continuare ad approfittare della tua mancanza di salivazione per poterti sfottere senza che mi insultassi a tua volta.>> Mi alzo dalla scrivania, e una volta averlo raggiunto tasto la sua fronte con la mia mano. <<La febbre sembra esser scesa, ma fra due ore dovrai prendere di nuovo le medicine, e le prenderai, te le farò ingoiare con un imbuto, se necessario.>>

<<Sei stata tu a vestirmi?>>

<<Certo che sono stata io. Ho pure dovuto asciugare tutto il sudore che ricopriva il tuo corpo, e non hai la minima idea di quanto ho faticato per metterti i pantaloni.>> A ogni mossa temevo di poterlo svegliare, e di non riuscire a smettere di guardare il suo corpo allenato. Non sono mai stata interessata al sesso maschile, che sia per romanticismo o per semplice desiderio carnale, ma anche io ho due occhi, la cui vista funziona a meraviglia. Mai avuto bisogno di occhiali, per fortuna del nostro portafogli vuoto. <<Sono settanta dollari, ma dato che in parte sono responsabile del tuo stato malaticcio, ti farò uno sconto e scenderò a cinquanta.>>

<<In parte?>> ripete lui con un'evidente espressione di ironia.

<<Ehi, se mi fossi ammalata io tu neanche saresti venuto a controllarmi, perciò non ti lamentare. Sono stata una buona infermiera, ho rinunciato alle mie ore di autocommiserazione per badare a un ingrato come te che non sa neanche dove sia di casa il riconoscimento.>> Ah, forse mi sto ammalando anche io, i miei occhi faticano a tenersi aperti, tentare di studiare qualcosa di chimica è stata una pessima scelta, non ha fatto altro che aumentare il mio desiderio di poltrire.

<<Non hai risposto alla domanda.>>

<<Quale domanda?>>

<<La canzone che canticchiavi, come si chiama?>>

Oh, ora mi spiego il perché non avessi compreso all'inizio a cosa si stesse riferendo, mi avrà sentita mentre studiavo. <<Non la conosci? Per davvero? E' Unchained Melody, la cover dei Righteous Brother. E' famosissima. Non hai mai visto Ghost?>>

<<Quel film del tizio fantasma?>>

<<Proprio quello.>>

<<No, non l'ho mai visto. Sophia ci ha provato un paio di volte, ma fallendo sempre miseramente.>>

Mi stringo nelle spalle, prendo l'asciugamano umido che si è scostato dal viso e lo risciacquo nella scodella. <<Sei brava.>>

<<A cantare? Una dote innata.>> Strizzo l'acqua con tutta la forza possibile, ma continuo a percepire il suo sguardo mentre mi brucia la schiena.

<<A fare la mia infermiera personale.>>

<<Io non sono l'infermiera personale di nessuno, se non quella di Luke. Considera questo mio gesto come uno dei miei tanti attimi di follia, e cerca di dimenticartelo il prima possibile.>> Con un sospiro, lascio che l'asciugamano sgoccioli ancora un poco prima di riarrotolarlo. Mi siedo sul bordo del letto lentamente, sfiorando le sue guance ancora leggermente accalorate. <<Non sei uno che si ammala molto spesso, eh?>> lo prendo in giro. I suoi occhi si chiudono per il sollievo quando il panno bagnato torna a raffreddare la pelle del volto. Trattengo una risatina.

<<Come fai a saperlo?>>

<<Nessun essere umano sano di mente avrebbe mai affrontato una febbre simile quasi del tutto nudo, quindi o finora hai nascosto la tua pazzia senza farti scoprire, o sei solo una persona che non è abituato a beccarsi un malanno.>>

<<E tu?>> le sue palpebre si sollevano lentamente, e gli occhi verdi mi incatenano a sé, impedendomi di pensare. <<A quale categoria appartieni?>>

<<Anche io mi ammalo raramente, ma Luke non ha mai avuto la mia stessa fortuna.>>

<<Si ammala spesso?>>

<<Come credi abbia imparato tutto quello che ho fatto per te oggi? Non certo dalle serie tv. Oddio, forse anche da quelle, ma non solo. La mamma era un'infermiera, di solito era in grado di badare a entrambi, ma quando ha iniziato a fare due lavori la sua presenza in casa è diminuita, e io ho dovuto prendere in mano le redini della situazione. Mi ha dato qualche dritta, mi ha spiegato come fare le punture, bendare le ferite e quali medicinali usare.>> Mi sfugge un sorriso. <<Non che tu abbia bisogno di tutte queste cose. La tua è solo una semplice febbre.>>

<<Quindi hai vissuto la malattia di Luke sulla tua pelle?>>

<<Diciamo che molti effetti collaterali si sono ripercossi su me e la mamma>> non nego. <<Ehi, hai abbastanza forze per farti una doccia? Non per offenderti, Stoccafisso, ma puzzi davvero tanto. Nel senso che sai proprio di pesce marcio. Di stoccafisso.>> Per enfatizzare le mie parole, mi tappo il naso e sventolo l'aria con una mano. <<Credo sia il caso che tu impari la bellissima arte del lavarsi.>>

<<Lo stai facendo di nuovo.>>

<<Cosa?>>

<<Insultarmi o prendermi in giro per evitare un argomento che consideri spinoso. Tua madre. Il tuo passato. Tuo fratello. I tuoi sentimenti.>>

<<Anche tu lo fai, o devo forse tirare in ballo Andrew per farti stare zitto?>>

Lo so, una mossa infame da parte mia, questa, ma d'altro canto ho sempre saputo di essere una stronza.

Il suo sguardo si fa più severo, ma non critico, il che è giù un grosso passo avanti. <<Sei... impossibile>> sussurra alla fine, chiudendo gli occhi per potersi riposare. Poggio la pezza ora di nuovo bagnata sulla sua fronte e gliela lascio. <<Ma sei molto brava a fare l'infermiera>> è costretto ad ammettere. Ah-ah!

<<Ricorda, non lo farò mai più gratis. Se devo assisterti un'altra volta, voglio almeno cinquanta dollari in contanti e senza fattura.>>

Le sue labbra si piegano in un piccolo sorriso. <<Mi gira la testa...>> mormora alla fine, dopo essersi massaggiato le tempie. <<Ehi, Sasha...>>

<<Sì?>>

<<La canzone... cantala di nuovo.>>

<<Unchained melody?>>

Annuisce piano, lentamente. Sono sorpresa per questa richiesta inattesa, Aaron scuote il capo e lo affossa ancor di più dentro il cuscino. <<Lonely rivers flows to the sea, to the sea...>> inizio, canticchiando a bassa voce così da non peggiorare l'evidente emicranea che lo tormenta. <<To open arms of the sea, yeah...>> Il suo volto sta riprendendo a sudare, lo tampono con un altro asciugamano. <<Lonely rivers sigh wait for me, wait for me... I'll be coming home, wait for me...>>

<<Hai una bella voce>> commenta lui alla fine, strappandomi una risatina. <<E se ogni volta che ti faccio un complimento reagisci così, giuro che smetto.>>

<<Scusa, scusa, è solo che è molto emozionante venire adulata da uno stoccafisso come te.>>

<<E' già tanto che tu non mi abbia ucciso nel sonno, c'è un che di consolante nel sapere che anche tu sei dotata di una coscienza, per quanto piccola possa essere.>>

<<Vedo che la febbre si è abbassata quel tanto che basta per tornare a insultarmi. Molto bene>> sghignazzo. <<Questa canzone era la preferita della mamma, la canticchiava spesso quando aveva la testa fra le nuvole.>>

<<Anche la collana era di tua madre?>> domanda all'improvviso, mi raddirizzo sul posto, sconvolta. Lui inarca un sopracciglio, e continua a scrutarmi come se potesse leggermi dentro, scoprirmi fino in fondo. <<Ti manca, non è così?>>

Trattengo il respiro. <<Mi manca da morire>> ammetto alla fine. <<Darei qualcosiasi cosa per poterla riavere indietro.>>

Gli occhi di Aaron si aprono lentamente per scrutarmi con attenzione, cerco di nascondere il dolore che mi sta sopraffando, ma è praticamente impossibile. Stoccafisso sembra esser più compassionevole del solito, oggi, e lascia cadere l'argomento. <<Perché non sei a scuola? Le lezioni non sono finite.>>

<<Ho il ciclo e non mi sentivo bene.>>

<<Non mi sembri affatto malata. Mi sembri solo stanca. Hai delle occhiaie spaventose, più del solito.>> Aggiunge, perché adora buttare sale sulle ferite. <<Non dormi molto, non è così?>>

<<Nemmeno tu, se è per questo.>>

<<E' perché non riesco a smettere di pensare. A volte è difficile staccare la spina del cervello, tu invece non ce l'hai mai avuta attaccata, quindi qual è la tua motivazione?>>

<<La motivazione è "non sono affari tuoi" e ora torna a dormire.>>

<<Di nuovo restia a conversare? Ti ricordo che è colpa tua se sono in queste condizioni, il minimo che puoi fare è parlarmi di te.>>

<<E darti così la possibilità di sfottermi e umiliarmi per il resto dei tuoi giorni? La tua febbre è passeggera, una reputazione spezzata è per sempre. Ora torna a dormire>> ripeto.

<<Sarebbe terribile, vero, se le persone scoprissero che anche tu hai un cuore?>>

<<Esattamente. Ho una reputazione da dinfendere, quella di pazza sociopatica assassina, e non me la farò rovinare da un biondino con 39 di febbre per nessuna ragione al mondo.>>

<<Devi smetterla.>>

<<Di sfotterti?>>

<<Di prenderti cura degli altri in questo modo>> ribatte, e la sorpresa per quest'affermazione improvvisa è troppo grande perché riesca a nasconderla. <<Guardati, ti stai comportando come un'infermiera, e scommetto che lo fai da tutta la vita con tuo fratello. Non puoi basare la tua intera esistenza su qualcun altro.>>

<<Non capisco da dove arrivi questa ramanzina, sto badando a te solo perché è colpa mia se sei in stato catatonico, non perché ti amo o altre stronzate simili. E per di più, dovresti essermi solo grato per tutto quello che sto facendo, ho rinunciato al mio sonno di bellezza per te.>>

<<Sonno di bellezza? Dormirai due ore al giorno, con quelle occhiaie che ti ritrovi.>> Sembra che sfottermi sia diventato un incredibile piacere per lui. <<Più che al tuo sonno di bellezza sembra che abbia impedito uno dei tuoi tanti gesti di masochismo.>>

<<Credi di conoscermi così bene, eh, Stoccafisso? Be', ti sbagli. Nessuno mi conosce bene come Luke, nemmeno tu che sei un pesce.>>

<<Perché Luke è l'unico a cui permetti di entrare nella tua vita, tutti gli altri sono dei nemici, giusto? E non puoi correre il lusso di apprezzarli quando li devi allontanare a tutti i costi dalla tua famiglia.>>

<<Okay, basta con la psicoanalisi, se continui avvelenerò per davvero qualunque cosa tu debba mangiare o bere.>> Arriccio il naso e faccio scivolare giù per la gola il fiotto di saliva che si era creato per l'ansia di questa conversazione. <<E ora è il mio turno di immedesimarmi in un terapista della psiche, e di constatare che hai un evidente problema infantile con le persone che non sbavano di fronte al tuo corpo possente.>>

<<Guarda che ero in fase dormiveglia, ricordo come mi hai palpato mentre ero in coma.>>

<<Stavo solo asciugando il sudore.>>

<<Asciugare il sudore non implica il palparmi il sedere.>>

Scoppio a ridere, potrei effettivamente averlo fatto. <<Volevo solo controllare che non ti fossero venute le emorroidi>> lo sfotto. <<Sono molto dolorose, sai?>>

<<Pessima scusa.>>

<<Sentine una peggiore: ho il ciclo e devo andare a cambiarmi l'assorbente, vado a casa ora.>>

<<Resta qui, ragazza che picchia la gente, è colpa tua se sono malato a letto.>> Un colpo di tosse profondo e raccapricciante scuote il suo corpo già sudato. Poi, senza alcun avvertimento, scoppia a ridere. <<Credo che la febbre mi stia facendo delirare. Pensa, trovo piacevole la tua presenza. Devo essere in punto di morte.>>

<<Concordo.>> L'onestà prima di tutto. Bagno di nuovo l'asciugamano sulla sua fronte e cerco di rinfrescarlo.

<<Cosa stavi facendo sulla mia scrivania?>>

<<Fingevo di capire qualcosa di chimica>> ammetto. <<Mrs Stantman scoppierà a ridere quando vedrà i miei compiti. Verrò sicuramente bocciata al corso.>>

<<Fammeli vedere, forse ti posso dare una mano.>>

<<E darti l'opportunità di rovinarli più di quanto già non siano? No, grazie, e poi nello stato in cui ti ritrovo dubito tu possa capirci qualcosa. Sta' zitto e buono mentre io mi affliggo per la mia mancanza di intelligenza.>>

<<A volte mi stupisco del modo ironico con cui ti insulti da sola>> mormora lui. <<La tua autostima sembra molto più bassa di quello che lasci a vedere.>>

<<La mia autostima non ti riguarda.>> Giusto per fargli entrare bene in testa questo concetto, gli spruzzo un po' d'acqua fredda in faccia. Aaron se la asciuga con una mano, per nulla intimorito. <<Tu pensa ad abbassare la tua, uomo con i preservativi nei cassetti.>>

<<Hai frugato nei miei cassetti?>>

<<Stavo cercando una penna. Taglia extralarge, per davvero? Sei un megalomane.>> O un superdotato. Ma preferisco non rifletterci su troppo. <<E quando ti capita di usarli? Con chi? Con Emily Puzza Sotto Il Naso? E com'è? Scommetto che è brava. Conosce un sacco di giochini, non è così? E il tuo preferito qual è? Quello dove ti trasformi in Christian Grey e lei geme "Christian! Christian!">> camuffo il mio tono di voce per creare l'atmosfera di un rapporto sessuale. <<"Oh, Christian, è così grosso e duro! Ohhhh!">>

Le spalle di lui stanno tremando. <<Smettila, ti prego.>>

<<"Ovvio che venire appesa a un crocifisso mi ecciti! E venire frustata a sangue mi fa bagnare tutte le mutande! Non vedi il nuovo Nilo che ho creato! Vieni a prenderlo, dolcezza, vieni a vedere le mie cascate del Niagara!">>

Sta ridendo così tanto che è sul punto di piangere. Il suo corpo trema per lo sforzo di trattenersi, nasconde il volto dentro il cuscino, mentre io continuo con la mia immedisimazione in Anastasia Steele, protagonista di quel libro. <<Dio, tu mi stai uccidendo>> impreca fra le risate profonde. <<Averti come infermiera personale è stata una pessima idea, non ho le forze per ridere in questo modo, mi fanno male le costole.>>

Rido anche io, e per un po' la stanza silenziosa si riempe per i nostri sghignazzamenti, fino a quando anche la più piccola nota di ilarità scompare dall'atmosfera, e io ritorno ad asciugare il sudore sul suo volto. Le sue palpebre tremolano leggermente mentre sospira per il sollievo. <<Quando eravamo piccoli, nostro nonno ci curava sempre in questo modo ogni volta che ci veniva la febbre>> mormora alla fine, a voce bassa. <<Una volta mi beccai una brutta influenza, ero molto piccolo, nonno mi stette accanto tutto il tempo, proprio come stai facendo tu. Quando stavo meglio, al risveglio, lui non era più lì.>>

<<Perché mi stai dicendo tutto questo?>>

<<Perché non voglio che tu scompaia come tutti quelli che hanno avuto a che fare con noi.>>

È un'affermazione potente, sono parole speciali, credo che nessuno, prima d'ora, mi avesse riservato una simile premura. Un groppo di saliva si forma nella mia gola, e gli occhi iniziano a bruciarmi. <<La collana è della mamma>> ammetto alla fine, con un sussurro. <<Me l'ha data il proprietario dello strip club in cui lavorava. Lei la indossava sempre. Diceva che gliel'aveva regalata una persona molto importante, non ha mai voluto dirmi chi. Pensavo si riferisse a mio padre, ma ha negato fermamente. Quando è morta, mi è sembrato come se fossi stata l'unica ad accorgermene, il mondo ha continuato a girare, le persone a vivere la loro vita come se niente fosse, come se lei non fosse mai esistita. La collana mi serve per ricordare che c'è stata, che ha vissuto in questo posto. Ho paura che se non la portassi con me, mi dimenticherei di lei come tutti gli altri. Non voglio che mia madre si trasformi in un fantasma, in una di quelle leggende che non saprai mai se sono successe per davvero o meno>> la mia voce è fiebile e a malapena udibile, ma Aaron sembra aver compreso le mie parole.

La sua mano, ancora accaldata, si solleva con difficoltà dal materasso del letto, trattengo il respiro quando la sento accarezzarmi il volto con una delicatezza che mai mi sarei aspettata da un energumeno come lui. <<Tua madre non potrà mai diventare un fantasma. Tu sei la prova vivente che è esistita veramente, non hai bisogno di una collana per ricordartelo.>>

<<E se la dimenticassi?>>

<<Tu, Aleksandra Porter, sei la ragazza più impossibile, testarda e violenta che abbia mai conosciuto, e hai un sacco di altri difetti che dovrebbero essere aggiustati, ma ami la tua famiglia più di qualsiasi altra cosa al mondo>> mi pizzica leggermente la guancia, in un gesto così carino e sincero che, non lo nego, mi lascia spiazziata, un sorriso infantile, bambinesco, si dipinge sulle sue labbra disidratate <<non potresti mai dimenticarla.>>

Stavolta, quando sorrido, mi sembra di galleggiare nell'aria. Non c'è più quel peso addosso, quell'odioso senso di soffocamento. Uno di quei momenti. È finito, se n'è andato. Cos'è successo? Non lo so, ma è incredibilmente piacevole. Chiudo gli occhi per qualche istante, la sua mano si apre sulla mia guancia in una carezza delicata che mi fa sospirare dentro. Avrà capito? Ha capito? Non lo so, ma Dio, come vorrei che fosse così. Non mi ero accorta di quanto facesse male, di quanto fosse doloroso doversi trattenere tutto, non poterne parlare con nessuno. Di quanta sofferenza mi stessi trascinando dietro per il timore che, parlando, nessuno avrebbe ascoltato. Ma negli occhi di Aaron, in questo momento, non c'è giudizio, non c'è disgusto, e nemmeno comprensione. Ha solo ascoltato. E io ho solo parlato.

<<Così anche le pazze come te possono piangere>> sussurra alla fine.

<<Sto piangendo?>> spalanco gli occhi, stupefatta, la sorpresa è così improvvisa da farmi perdere l'equilibrio. <<Non sto piangendo!>>

Aaron scoppia a ridere. <<Sì, invece? Ho asciugato la tua lacrima col pollice, vedi?>> mi indica il suddetto pollice leggermente bagnato, e il panico mi assale.

<<Non stavo piangendo, quello si chiama sudore, idiota!>>

Sono in preda all'agitazione. Piangere non era contemplato nei miei piani. Rilassarmi non era contemplato nei miei piani. Diavolo, nemmeno confidarmi con lui lo era. Cosa mi è saltato per la testa? Dov'è finita la mia vena ironica per sfuggire ai miei sentimenti? <<Sasha, fermati, stai facendo tremare tutto il letto>> Aaron tossisce ancora, cerca di calmarmi afferrandomi per le spalle, ma è tutto invano.

<<Devo andarmene di qui>> esclamo, perché ora come ora l'unica alternativa che mi resta è la fuga.

<<Sasha, per l'amor del cielo, devi... porca!>>

Non avevo preso in considerazione il fatto che mi trovassi sul bordo del materasso, e che questo sia più che elevato rispetto al pavimento, il panico mi ha impedito di calcolare le distanze, e ora mi ritrovo con il corpo a terra, dolorante, e un energumeno di un metro e novanta dal peso improponibile che mi schiaccia per terra. <<Sei...>> Aaron impreca, cercando di staccarsi da me. Mi volto con la schiena, pessima idea, ora la sua faccia è praticamente sopra la mia.

<<Aaron, ti abbiamo portato... oh, santo guacamole!>>

<<Sasha?>>

<<Aaron?!>>

Chiudo gli occhi. Non posso crederci, questa deve essere una maledetta telenovelas argentina, non è possibile che proprio adesso, in questo esatto momento, i restanti fratelli King e Luke siano entrati nella stanza per trovarci in una delle posizioni più equivoche possibili. Non posso biasimare il volto stupefatto di Sophia e Ridarella, Stoccafisso è sdraiato sopra di me con le mani ai lati della mia testa, e le mie gambe sono aperte per dar spazio alle sue.

Luke, da bravo bambino innocente qual è, sembra non comprendere nulla di quello che sta succedendo. La sua castità e purezza gli impediscono di fare pensieri sporchi sulla nostra posizione. Stessa cosa, ahimè, non si può dire di Sophia, e men che meno di Ridarella, famoso per essere il coglione più pervertito dell'intera Star High School Academy.

<<Okay...>> mormora Sophia, gli occhi sbarrati <<questa proprio non me l'aspettavo. Ti avevo detto di aiutare mio fratello, non di cavalcartelo quando è in stato di incoscienza.>>

<<Posso partecipare?>> aggiunge Bill, che, naturalmente, non può tenere a freno la sua stupida lingua.

<<State giocando a wrestling?>> è la domanda casta di Luke.

Aaron, come al solito, sembra tutt'altro che preoccupato dei possibili fraintendimenti che possono essere appena nati, la sua faccia è tornata quella dello stoccafisso di sempre, perciò tocca a me assumere la responsabilità dell'imbarazzo e la vergogna. Perché, andiamo, sarò pure ignorante e menefreghista, ma esser beccati in questa posizione quando non si stava nemmeno facendo nulla è più che umiliante e ridicolo. <<Siamo caduti>> spiego loro.

<<Sasha è caduta, e mi ha trascinato con sé>> specifica Aaron, protettore e beneamino della santà Verità.

<<E' così che inizia, poi si passa alla fase dello spogliarsi, una delle più belle. Mi piacerebbe dare una mano.>>

Sophia gli calpesta il piede, vorrei farle degli applausi, ma rischierei di colpire Stoccafisso, e per quanto la tentazione sia grande, nemmeno io ho così poco onore da colpire un malato terminale come lui. Si avvicina a noi, e aiuta il fratello a rimettersi in piedi. Sollevata letteralmente dal peso ingombrante che avevo addosso, mi tasto il sedere dolorante. <<Sasha!>> esclama Luke. <<Stai bene, Sasha? Sophia e Bill hanno detto che potevo venire con loro a trovarti.>>

<<Già, l'ho notato>> a fatica riesco a rimettermi in piedi. <<Sto bene, Campione.>>

Bill sghignazza come al solito, per ricordarci che la sua perversione non avrà mai una fine. <<Tua sorella ha preso il treno, amico mio>> gli spiega. Luke lo guarda perplesso. <<Il treno delle meraviglie. Destinazione: estasi eterna.>>

<<Bill...>> tossisce Aaron, ora di nuovo sdraiato sul letto. <<Smettila di fare il cretino.>>

<<Bill è cretino?>> domanda mio fratello.

<<Molto>> confermo.

<<Be', io sarò un cretino, ma tu sei una stupratrice>> ha il coraggio di ribattere il tizio che fino a un secondo prima si era proposto per un menage a trois. <<Hai assalito mio fratello incosciente.>>

<<Tuo fratello è tutto fuorché incosciente, fidati, lo avrei di gran lunga preferito in stato comatoso.>>

Sophia scuote la testa, incredula. <<Non mi sembrava proprio il caso di assalirlo mentre facevi la sua infermiera personale.>>

<<Ehi, pasticcino, io non assalgo nessuno. Mai. Men che meno il morto vivente che ora sta infestando il letto del tuo gemello>> specifico.

<<Sasha è caduta e mi ha trascinato con sé. Fine della questione>> Aaron sospira, il volto è tornato pallido, ma non saprei dire se è per via della febbre o di quello che è appena successo. Per lo meno ha riacquisito la sua solita faccia di pietra, evidentemente la malattia non basta per togliergli quella stupida maschera che gli permette di comportarsi come l'uomo serio che è.

<<Siamo tornati di corsa per la paura che tu lo avessi avvelenato col cibo>> Ridarella sembra più che deluso dalla situazione <<e mi vuoi dire che non ne hai approfittato neanche un po'?>>

<<Uccidere il tuo nemico quando sta male è mossa una troppo sleale, persino per una stronza come me. Anche io ho un minimo di senso dell'onore, sapete?>>

<<Sasha non colpisce i malati. A meno che non siano stati molto cattivi>> spiega loro Luke. <<Ad esempio quando il fidanzato della mamma si è messo a frugare fra il cassetto della biancheria intima di mamma.>>

Faccio una smorfia al ricordo. <<Che razza di gente frequentava tua madre?>> domanda sconvolta Sophia.

<<Malata>> ammetterlo mi costa più del dovuto.

<<Cielo, non mi sorprende che tu sia single. Con certe esperienze i tuoi ragazzi non devono aver avuto una vita facile>>

La bocca di Luke si apre, so già cosa sta per dire, e so già quale reazione provocherà in tutti, specie Ridarella, perciò chiudo gli occhi, pronta per la fucilazione. <<Sasha non ha mai avuto ragazzi. Dice che sono stupidi e che le farebbero perdere troppo tempo prezioso.>>

BANG.

<<Sasha che cosa?>> esclama con voce stridula Ridarella.

<<Non hai mai avuto un ragazzo?>> strilla Sophia.

<<Potete starvi zitti tutti quanti?>> supplica Aaron, che sembra il meno interessato alla mia vita amorosa, o meglio, alla mancanza di essa. Forse non tanto disinteressato, quanto poco sorpreso. Come sospettavo, è bravo a leggere le altre persone, e per questo è pericoloso. Molto pericoloso. <<Di cosa vi stupite? Probabilmente tutti i ragazzi che le si sono avvicinati hanno fatto una fine orribile.>>

<<Ehi!>> esclamo oltraggiata. <<Non è assolutamente vero. Non tutti sono morti.>>

Luke ridacchia. <<Sasha è brava a tenersi alla larga dai ragazzi.>>

<<Non così brava, evidentemente>> mormoro, più che altro a me stessa.

<<Frena un attimo... principessa, mi stai dicendo che sei vergine? Tu? Vergine?>> Il volto di Ridarella è rosso come un pomodoro maturo, credo si stia emozionando, il che mi fa porre parecchie domande sulla sua discutibile sanità mentale. Non gli capiterà molto spesso di avere a che fare con persone che non hanno avuto molte esperienze sessuali, considerando il tipo è molto più probabile che abbia molte più conoscenze nell'ambito della pornografia. <<Non ci credo, non ci crederò mai. E' impossibile.>>

<<Da quando in qua la mia ipotetica verginità esalta così tanto le persone?>> domando acidamente.

Sophia scoppia a ridere, una risatina nervosa e incredula che si addice proprio a questa situazione di merda. <<Sasha Porter vergine...>> mormora fra sé e sé <<di cosa mi sorprendo? Avrei dovuto arrivarci prima.>>

<<Potete smetterla di parlare di sesso quando qua c'è una persona che vuole dormire? Grazie mille>> Aaron King sembra esser diventato la nostra voce della coscienza. Per la prima volta da quando lo conosco, mi ritrovo completamente d'accordo con lui, e questo mi spaventa non poco. Perché, diciamocelo, uno dei piaceri della mia vita è proprio confutare ogni sua affermazione.

<<Principessa, possiamo rimediare subito al problema>> interviene prontamente Ridarella, che, come al solito, non manca di ricordarci quanto sia coglione <<ci vuole una terapia immediata, la mia camera è qua accanto, che ne dici di andarci insieme e vedere dove ci porta la passione?>>

Luke è perplesso, il concetto di "sesso" gli è molto sconosciuto. Ho provato a spiegarglielo, varie volte, ma la sua fantasia infantile gli impedisce di recepire il messaggio. Nella sua testa i bambini vengono ancora portati dalle cicogne, e nascono non appena la mamma e il papà si baciano. "Verginità" è sinonimo di assenza di relazioni. <<Sai dove ci porterebbe la passione, Ridarella? Al tuo omicidio.>>

<<Non riesci proprio a trattenere le tue minacce di morte, non è così?>> sghignazza Sophia, che, proprio come il fratello serio, ha imparato a conoscermi. <<Vi accompagno all'uscita, Bill, occupati di Aaron, in tanto.>>

Ormai troppo stanca per continuare a discutere, annuisco, e Luke lo fa con me. <<Ciao, moribondo, ricordati che mi devi cinquanta dollari>> saluto Aaron, per poi uscire dalla sua stanza prima che lui o il gemello pervertito possano insultarmi ancora.

<<Hai assunto qualche droga mentre tornavi da scuola?>> domando alla fine a Sophia, che si ferma in mezzo al corridoio per guardarmi perplessa. <<No, perché il tuo cinguettare e saltellare entusiasta è alquanto fastidioso, lede il mio pessimismo cronico.>>

<<Sasha è molto pessima>> concorda Luke.

<<Pessimista, tesoro>> lo correggo. <<E non hai risposto alla mia domanda.>>

<<Sono solo felice che tu abbia accudito mio fratello, è un problema?>>

<<Sì, lo è, a furia di sorridere in quel modo ti verrà una paralisi facciale.>> Riprendo a camminare spedita, andarmene via da questo posto è la soluzione più efficace per il tormento che provo nell'animo. <<E sarebbe la punizione giusta per le persone tutta fiori e cuori come te.>>

<<Vedila così, il mio ottimismo compensa il tuo frequente malumore.>>

Finalmente arriviamo alla porta d'ingresso. Grazie al cielo, altro tempo passato in casa King mi farebbe impazzire. <<Bene, ci vediamo, Sophia. Salutala anche tu, Luke.>>

<<Ciao ciao, Sophy.>>

Mi sforzo di non sorridere quando lo vedo stringere la sorella King in un abbraccio stritolatore che rischia di comprometterle definitivamente il suo apparato respiratorio. E un pezzo di ghiaccio si stacca dal mio cuore quando la vedo ricambiare la stretta, trattengo il respiro. È... bello. È così bello. Dio, finalmente posso vederlo sorridere per davvero. Non il suo sorriso forzato. Sembra felice, sembra entusiasta. Proprio come una volta. Qualcosa qua è cambiato, fuori di me, dentro me. <<Grazie, Sasha>> mi saluta Sophia, con un sorriso. <<Per esserti presa cura di Aaron.>>

<<Mi hai costretta tu, ricordi?>>

<<Se non avessi voluto farlo, non lo avresti fatto, costrizione o no.>>

<<Tu mi sopravvaluti.>>

<<Davvero?>> inclina leggermente la testa. <<Forse quella che si sottovaluta sei tu, Sasha Porter.>>

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