Oggi non sei una custode di cuori

Pamela è seduta sul letto con aria contemplativa, è da più di mezz'ora che sta guardando lo stesso foglio come se fosse una mappa per un tesoro. Come se contenesse la verità assoluta sul mondo e sulla nostra esistenza. Sono passata da lei prima del mio appuntamento con Aaron per assicurarmi che si fosse riprese, ma a giudicare dal suo sguardo, dalle occhiaie e dal volto emaciato sembra abbia passato l'intera settimana senza chiudere occhio. Ha fatto stampare le mail che Andrew ha ricevuto e mandato prima di morire, e ora sono accatastate sull'angolo del letto, tutte insieme. <<Pam, non puoi continuare così>> la fermo io, strappandole il foglio di mano. <<Hai già fatto tutto il possibile, hai provato ad avvertire la polizia, hai...>>

<<Non mi hanno dato retta>> sussurra lei, gli occhi rossi per la deprivazione da sonno e per la mancanza di fiducia in se stessa e nel mondo. Le sue labbra tremano come foglie smosse dal vento. <<Pensano sia stata tu a dar fuoco alla biblioteca, pensano che...>>

<<A parte l'accendino, non hanno nessun'altra prova. Non possono incriminarmi, lo sai. Abbiamo fatto il possibile, Pam>> aggiungo, notando lo sconforto nel suo sguardo. <<Non hai nulla da biasimarti.>>

Lei scuote la testa e si passa una mano fra i capelli sporchi e spettinati. Sembra stanca, sembra distrutta, sembra assente. Vorrei poterla aiutare, ma non ho la più pallida idea di cosa dirle per farla sentire meglio. Non esistono parole confortanti per una persona che ha perso ciò che più amava, lo so bene. Non c'è modo per riempire quel vuoto dentro, quel buco nero che ti risucchia nella disperazione. Ma se va avanti così, questa ragazza rischierà di crollare a terra, di distruggersi permanentemente. <<Pam>> la richiamo. <<Non è stata colpa tua. Dico davvero.>>

Lei scuote la testa ancora e ancora. Si gratta il braccio con la mano, ancora in pigiama, mentre dei lacrimoni riempono i suoi occhi per quella che deve essere l'ennesima volta. <<Mi dispiace...>> sussurra alla fine. <<Non avrei mai dovuto coinvolgerti in tutta questa storia, adesso il colpevole sa che ce l'ho con lui, sa che...>>

<<Pamela>> la blocco, sedendomi al suo fianco. Lei tira in su col naso in maniera poco elegante. Non ha il coraggio di guardarmi in faccia, di incontrare i miei occhi. Ha paura. La capisco. Ha paura che possa biasimarla, ha paura di scontrarsi con la verità di fatti, di guardare il mio volto e pensare che ha quasi rischiato di non vederlo mai più. Proprio come Andrew, suo fratello. <<Parlami di Andrew.>>

Le sue labbra si socchiudono, le lacrime rigano le sue guance come gocce di rugiada. Sbatte le palpebre più volte, trema e piange, piange e trema. Non fa altro. Non dice nulla per molto tempo. Resta solo in silenzio, a pensare, a biasimarsi, a colpevolizzarsi, ad odiarsi. E io ripeto, persevero, perché è quello che devo fare, perché è l'unica cosa che so fare. <<Parlami di Andrew>> le richiedo ancora. Di nuovo. Sempre. <<Parlami di lui. Di com'era. Dei suoi pregi. Dei suoi difetti. Di cosa più ti manca di lui.>>

Lei piange e basta. E l'atmosfera pesante della sua stanza viene riempita dai suoi singhiozzi e dalle sue preghiere e dalle sue bestemmie. E poi parla, lo fa piano, lo fa tremante, lo fa lentamente. Mi parla di quando ancora c'era qualcosa per cui valesse la pena lottare. Mi parla di un tempo passato in cui io non esistevo. Mi parla di tanti anni fa, della felicità e dei dolori di quell'epoca che non potrà mai più ritornare. <<Andrew era... era un ragazzo molto buono. E molto silenzioso. Gli piaceva leggere e scrivere. Era bravissimo con le poesie. Ne scriveva centinaia. A volte non faceva altro per tutto il giorno. Mamma lo sgridava sempre per questo, gli diceva che doveva uscire, che doveva ambientarsi, ma lui era molto timido, si vergognava, e la gente lo prendeva in giro, e lui...>> si ferma, deglutisce rumorosamente. Rimanda giù per la gola l'acredine passata che non ha mai smesso di tormentarla. <<Il suo piatto preferito era l'omelette coi funghi. Odiava i pomodori. E mi manca... mi manca così tanto!>>

<<Lo so, Pam, lo so>> sospiro. <<Perciò, se ti manca, non ha senso restare qui a darti colpe che non hai, lo comprendi? Non sei onnipotente e neanche preveggente, non puoi sapere cosa accadrà in futuro. Sapevo a cosa sarei andata incontro quando ho scelto di darti una mano. Smettila di biasimarti.>>

Lei si soffia il naso con un fazzoletto trovato in mezzo ai fogli, il suo volto è veramente terribile ora come ora. E a giudicare dallo stato discutibile dei capelli, dalla puzza che emana e dagli occhi vitrei direi che è passata almeno una settimana dall'ultima volta che ha avuto a che fare con una doccia. <<Se ad aggredirti è stato il tizio con cui Andrew parlava...>>

<<E' stato sicuramente lui>> incrocio le braccia al petto. <<Ha preso tutto il materiale con cui avremmo potuto scoprire la sua identità. Evidentemente aveva delle informazioni che non voleva venissero a galla. Ma cosa, esattamente? Non possiamo nemmeno controllare gli alibi degli studenti, adesso, i registri sono andati a fuoco insieme a tutta la biblioteca.>> Sospiro.

<<L'unica cosa che ci rimane sono queste stupide email.>> Sospira mentre afferra la pila di fogli come se pesassero quanto il cemento. Ne prendo uno, contiene una delle mail che Andrew aveva ricevuto dal suo fan. 

Vorrei poter metter fine a tutto, a volte, sai?  Mettere un punto netto alla mia vita. Ho letto su internet che c'è questa campagna contro il suicidio simbolizzata dal punto è virgola. Una stronzata alla "non mettere un punto alla tua vita, metti un punto e virgola e vai a capo". Ma io non trovo più una ragione valida per ricominciare da zero. Ieri mi hanno buttato la spazzatura addosso, mi hanno umiliato fino a farmi pentire di esser venuto al mondo. Cosa dovrei fare? Ormai non vedo più alcuna alternativa, se non la morte. E forse finirò all'inferno, per questo, ma non m'importa, qualunque inferno sarebbe decisamente migliore di quello che sto vivendo ora.

Ho la pelle d'oca. Queste sono le parole di una persona disperata. Di una persona che non vede più alcuna luce in fondo al tunnel. <<Lo odio>> singhiozza Pamela <<odio tutto questo. Odio il fatto di non riuscire ad odiare questa persona. Anche se ha ucciso Andrew. Anche se gli ha fatto del male. Anche se mi ha portato via mio fratello. Stava male. Guarda, leggi qua "un punto e virgola non basterebbe per regolare i conti con le persone che mi hanno ucciso">> legge ad alta voce lei, prendendo il foglio che tengo in mano. <<Anche Andrew scriveva cose simili, anche lui progettava il suicidio o sognava di ammazzare chi gli ha fatto questo. Non riesco a credere che...>>

<<Pamela>> la interrompo di nuovo. <<Penso che ci sia dell'altro.>>

Lei sbarra gli occhi, e io annuisco per confermare ancor di più le mie parole. Cerco fra i vari fogli. <<Credo che questo Theghost volesse molto di più da Andrew. Non sono una campionessa in empatia, ma leggi questo scambio di mail.>>

Da: andrewpolish.hotcom.it

A: theghost3.hotcom.it

Oggetto: amore.

Credo che Sophia sia l'unica che posso dire mi abbia mai fatto veramente sentire vivo. Lei è così dolce, è così buona, è così carina. A volte non riesco a credere che stia insieme a me solo perché lo desidera veramente. Ho paura che provi compassione, che abbia pietà della persona che sono. Non ho il coraggio di chiederglielo, ho troppo paura della risposta. Sono terrorizzato dall'idea che in realtà starmi affianco sia una scocciatura, per lei. Tremo al solo pensiero che un giorno si stufi di me e possa decidere di metter fine a tutto quanto. La amo così tanto... non so cosa fare.


Da: theghost3.hotmcom.it

A: andrewpolish.hotcom.it

Oggetto: falsità

So che ami molto Sophia King, Andrew. E' palese dal modo in cui la guardi, da come sorridi quando sei al suo fianco. Ma non penso che questo attaccamento a lei ti faccia bene. Temo che possa solo deteriorarti. Lei non può comprendere la tua sofferenza, non può capire il tuo dolore. E' una persona diversa da noi, non ha mai conosciuto l'inferno in cui viviamo. Forse allontanarti da lei ti farebbe stare solo meglio. Non avresti più quelle pressioni, quel terrore.

Pamela sbatte le palpebre, e io stringo il foglio con più forza. <<E' palesemente un tentativo di dividere i due>> le faccio notare. <<Non senti il disprezzo che prova nei confronti di Sophia.>>

<<Stai... stai dicendo che odiava Sophia?>>

<<Sto dicendo che era innamorato di Andrew, Pam.>>

Le sue labbra si spalancano per lo stupore, sospiro. <<Non sono una campionessa in empatia, come sai bene, ma anche una deficiente come me sa arrivare a una conclusione simile dopo aver letto le mail che gli ha inviato. Lo venere, lo ama. Ecco perché gli ha proposto di suicidarsi insieme. Uniti nella morte, ricordi?>> Batto il dito sul foglio e lo lascio cadere a terra. <<E forse credo di aver anche capito perché si è incazzato così tanto.>>

<<Perché... perché Andrew non voleva più suicidarsi?>> balbetta lei.

Scuoto la testa. <<Probabilmente anche per quello. Ma più per il suo rifiuto di farla finita, penso si sia incazzato quando gli ha spiegato il motivo per cui voleva continuare a vivere.>>

<<Ovvero?>>

<<Sophia.>> 

Pamela trattiene il respiro, i suoi occhi vitrei si stanno improvvisamente riempendo di un'angoscia che non riesce a celare. <<Sophia mi ha raccontato del giorno prima che Andrew morisse. Le aveva regalato questo elastico per capelli>> sussurro. <<E lei era così felice per quello che non riusciva a contenersi. Se Andrew era il ragazzo dolce e buono che mi hai descritto, dubito abbia trovato il coraggio per farla finita. Amava troppo Sophia, vederla sorridere in quel modo deve avergli fatto mettere in dubbio la sua discutibile decisione di ammazzarsi. E così, quando lo ha detto a Theghost, lui si è incazzato...>>

<<Hanno litigato...>> continua Pamela con voce fievole e spezzata.

<<Magari si sono alzati le mani...>>

<<E lui ha buttato Andrew dalla finestra.>>

Annuisco piano, lentamente, lei trema accanto a me. <<Andrew amava Sophia, Pam>> sussurro.

<<Non sarebbe mai stato in grado di ferirla in quel modo ammazzandosi>> conclude lei alla fine, con un sospiro che vale più di mille parole.

<<Ed è per questo che Theghost l'ha ucciso. Ed è anche il motivo per cui ce l'ha così tanto con Sophia. "E' colpa tua". Si riferiva a Andrew. Sta attribuendo la colpa della sua morte alla gemella King perché nella sua mente deviata se Andrew non l'avesse mai amata ora sarebbero insieme nell'aldilà. E' una persona folle, malata e priva di razionalità. Dobbiamo stare attente. Dobbiamo difenderci.>>

<<E dobbiamo scoprire chi sia>> termina lei, gli occhi pieni di fuoco.

A fatica, annuisco ancora.

***

Quando esco dalla mia camera e raggiungo l'ingresso, pronta per incontrare Stoccafisso, noto con mia grande sorpresa che la porta è socchiusa. Percepisco delle voci in sottofondo che parlano fra di loro, e le riconosco subito. Sono voci che ho ascoltato centinaia di volte, che ho apprezzato e che ho amato. Appartengono a due persone che voglio rimangano accanto a me, e che ho il terrore di perdere.

<<Ehi, Campione>> Aaron saluta Luke a bassa voce, sento un colpo, forse una pacca che deve aver dato sulla pacca di mio fratello.

<<Ciao, Aaron>> ricambia Luke, il mio ometto. <<Oggi tu e Sasha andate a un appuntamento, me lo ha detto Sasha. E' molto felice, anche se non lo vuole ammettere.>>

Percepisco una risata, Stoccafisso sa che è vero. Mi sfugge un sorriso. La sua megalomania non smetterà mai di stupirmi.

Poi c'è silenzio, un lungo e profondo silenzio che mi inquieta. Poggio la mano sulla maniglia, pronta a intervenire, quando la voce spezzata di Luke mi immobilizza sul posto. <<Non far del male a Sasha, okay, Aaron? Sasha è molto buona. Non voglio che soffra. Sasha è mia sorella, voglio che sia felice. Mi prometti che non le farai del male?>>

La mia gola, all'improvviso, si secca. Copro la bocca per trattenere un singhiozzo. L'emozione mi travolge. Avrei dovuto immaginarlo, avrei dovuto capire la sua preoccupazione. Come custodisco il suo cuore, così Luke custodisce il mio. Ed è importante, è forte, è un legame che non si può spiegare a parole, lo si può solo accettare. <<Non le farò del male, Campione>> lo rassicura Aaron. <<Te lo prometto.>>

Luke non parla, rimane solo in silenzio. E' il suo silenzio malinconico, quello che lo attraversa quando ha paura, è spaventato, e non sa come comportarsi. <<Hai paura che te la porti via, Luke?>>

<<No... sì...>> balbetta il mio ometto alla fine, dopo altri secondi di tentennamento. <<Voglio che Sasha sia felice. Ma non voglio che se ne vada come la mamma. La mamma mi voleva bene, ma ora non c'è più e non può più volermi bene. E ho paura che Sasha non voglia più volermi bene come la mamma.>>

E' difficile da spiegare, è difficile da esprimere a parole, ma questa sofferenza che prova, questa paura che sente, mi rende più felice che mai. So che ciò fa di me una vigliacca, so che dimostra quanto poco onore possegga, ma Luke mi ama, e sentirmelo dire, sapere che il suo bisogno di me è pari al bisogno che io ho di lui, basta per compensare tutti i dolori, tutti i problemi che abbiamo dovuto affrontare insieme. <<Io voglio che Sasha non pensi più a me come se fossi un peso. Voglio che mi voglia bene come Sasha e basta. Ma ho paura che se lo fa poi si dimentica di me e se ne va per sempre.>>

<<Non lo farà, Luke. Tua sorella ti vuole molto bene, e stare con me non le impedirà di amarti come sempre, questo lo sai, vero?>>

Luke non risponde. Di nuovo il silenzio, e poi Aaron parla ancora, le sue parole sono magiche, e fanno scivolare lacrime sul mio volto già emaciato di suo. <<Ti prometto che non mi porterò via tua sorella, Luke. Ma posso avere Sasha, in cambio?>>

<<Solo se mi prometti che non le farai mai del male.>>

<<Lo prometto.>>

Tiro su col naso, le mie mani stanno tremando, tutto in me sta tremando. E quando la porta si apre di nuovo, Luke è di fronte a me, anche lui col volto bagnato dalle lacrime e gli occhi lucidi. Non parla, non respira, si avvicina a me e mi abbraccia. Mi abbraccia e basta. <<Ti voglio tanto bene, Sasha>> sussurra a bassa voce.

<<Anche io, piccolo mio. Tanto tanto>> mormoro, e, quando ricambio la stretta, mi rendo conto di star piangendo di nuovo.

***

Aaron è in piedi di fronte a me, poggiato sulla portiera della macchina, in jeans e felpa, i suoi occhi sono fissi sul mio corpo, intenti ad analizzare ogni mio minimo movimento. Le sue labbra si piegano in un leggero sorriso quando si rende conto che ho obbedito ai suoi ordini di indossare una mise comoda e pratica.

<<Se continui a fissarmi in quel modo ti verrà la congiuntivite>> gli faccio notare, avvicinandomi a lui. Aaron inarca leggermente un sopracciglio, mentre osserva la mise che indosso. Pantaloni slavati, maglia dei Metallica e scarpe da ginnastica usurate. E' felice che abbia obbedito ai suoi ordini, maledetto bastardo.

<<Ah ah>> risponde lui. Mi apre la portiera, da bravo gentleman qual è, e aspetta che salga sul sedile del passeggero prima di richiuderla. 

<<Sai>> gli dico, una volta che ha avviato il motore <<non so se potrò tollerare una cenetta romantica a lume di candele. Come ben sai, non sono molto femminile, e non ti offendere per questo, ma temo proprio che tu sia uno di quelli che quando ha un appuntamento si presenta in smoking con un mazzo di fiori e un anello.>>

La sua risata risuona nell'abitacolo come musica cadente e sensuale, ci inoltriamo nella strada per raggiungere la statale. <<Allora>> domando alla fine <<dove vorresti portarmi?>>

<<Segreto.>>

<<Giuro che se mi porti a uno di quei ristoranti ultrafighi ti castro.>>

<<Per una volta buona puoi evitare le solite minacce e lasciarmi in pace?>> ride divertito. Gran bello stronzo. <<E' il nostro primo appuntamento, ti sarei grato se non lo rendessi macabro.>>

<<E che divertimento ci sarebbe?>>

<<Conosco un sacco di altri modi con cui potrei farti divertire.>>

Benché tutto vorrei fuorché dargli man forte, no posso mantenere una faccia indifferente. La BMW sorpassa un maggiolino e si muove a velocità sostenuta, a guardare i cartelli direi che ci stiamo spostando verso la città vicina a Williamstone: Nicewood. Non ho la più pallida idea del perché mi debba portare in un luogo simile, ma, per lo meno adesso, è meglio se tengo la bocca chiusa su questo argomento. <<E' arrivato il momento dove tu ti vanti delle tue abilità sotto le lenzuola e io fingo di eccitarmi tutta?>>

Le sue labbra si sollevano, sulla sua guancia compare la solita fossetta a mezzaluna che sembra gli si sia stata disegnata con un pennello. Tamburella le dita sul volante a ritmo di una musica che solo noi due possiamo percepire. <<Renderebbe tutto più facile, ma meno divertente. Sei un osso duro, Porter. E il romanticismo ti si addice più di quanto tu non creda.>>

Mi lascio sfuggire una smorfia e reclino il capo contro il sedile. Il lato rasato dei capelli viene rinfrescato dalla brezza che entra dal finestrino aperto. <<Considerala una gita>> aggiunge Aaron <<una specie di minivacanza.>>

<<Non sono mai andata in vacanza>> ammetto alla fine.

<<Lo sospettavo.>>

<<Aspetta, no>> mi correggo, dopo averci riflettuto su per qualche minuto. <<Una volta ci sono andata. Con Veronica e i suoi genitori, siamo andati in campagna e abbiamo fatto un picnic all'aperto, c'erano tramezzini, caffè caldo e pasticcini andati a male. Perfetto.>>

<<Veronica è una tua amica del tuo vecchio paese?>>

<<Lei era...>> mi fermo per qualche secondo di troppo, scandendo un silenzio che gli fa rizzare le orecchie. Con un sospiro, mi ritrovo ad osservare il paesaggio che stiamo attraversando. <<Era una mia amica. E poi io mi sono comportata come al solito da stronza. Abbiamo smesso di parlarci.>>

<<Non sai che fine ha fatto?>>

<<So che ha preso una borsa di studio per un liceo facoltoso dalle parti di New Orleans e che ora studia lì. E' stata brava, ma non dovrei sorprendermene, lei era un vero e proprio genio.>> Mi sforzo di sorridere, ma l'amaro resta in bocca, lo sconforto per i miei gesti, per la mia rabbia, sembra non volermi abbandonare. Col senno di adesso, mi rendo conto di quanto sbagliate fossero state le mie azioni. Di quanto sbagliata fossi stata io. Tutta quella voglia di controllare, tutto quel pessimismo, tutto quel desiderio di tenermi attaccata a chi amavo. Non andavano bene. Non sono mai andati bene. E i risultati si sono visti. Io ora sono distrutta e Veronica se n'è andata per sempre. 

Stoccafisso, come al solito, ha intuito la delicatezza dell'argomento, e prende la saggia decisione di non approfondirlo troppo. Tamburella ancora le dita sul volante, e poi sposta la mano per accendere la radio. Mi sfugge un risolino quando Rolling in the deep di Adele risuona nell'abitacolo. <<Sembra una specie di avvertimento>> gli faccio notare. <<Una premonizione che ti vuole avvisare di quello che potrei farti se mi spezzassi il cuore.>>

Il suo volto è fisso sulla strada di fronte a noi, ma un bagliore che non so - o forse che non voglio - interpretare illumina i suoi occhi per qualche secondo, e poi, con un sorriso rammaricato, sussurra: <<Temo che quella che ne uscirà col cuore spezzato, da tutta questa storia, non sarai tu, Sasha, ma io.>>

***

I lunghi viaggi in macchina mi hanno sempre fatta addormentare. Anche quando ero bambina bastava che passassi più di venti minuti seduta dentro un veicolo e in men che non si dica ero già persa nel mondo dei sogni. E il sedile comodo di questa BMW più la presenza calda e confortante di Aaron non hanno fatto altro che indurmi ancor più al sonno. Perciò quando sollevo le palpebre, non sono sorpresa di notare un paesaggio completamente diverso da quello di poco fa. Stiamo fermi dentro un parcheggio dalle dimensioni stratosferiche, pieno come un uovo, e circondato da edifici che non conosco e non ho mai visto prima d'ora. 

Mi schiarisco la gola secca e tento di riprendermi dalla stanchezza che questo pisolino mi ha provocato. Strofino le mani sul mio volto nel disperato tentativo di scacciare Morfeo dalla mia mente, e la voce di Aaron risuona ovattata e filtrata nelle mie orecchie. <<Sai, dormi come un militare.>>

<<Ah...>> sussurro io, sospirando. Mi gratto il lato rasato della testa. <<Quando abitavamo dentro la roulotte avevo sempre il terrore che qualche ladro o mascalzone potesse forzare la serratura. Non dormivo mai tranquilla. E ancora adesso non sono riuscita a togliermi di dosso questa brutta abitudine>> ammetto alla fine, con una risata forzata.

Aaron mi osserva e basta. So già quello che sta facendo. Mi sta analizzando, vuole ricordarsi ogni dettaglio del mio volto, ogni sfumatura nella mia voce, per poi poterli sfruttare a suo vantaggio in un secondo momento, quando sarò più debole e sentimentale. D'altronde anche lui, proprio come me, è un guerriero, una persona disposta a tutto pur di ottenere ciò che desidera e proteggere ciò che ama. Ciò che di differenzia, immagino, è l'etica, che lui possiede e che io, invece, non ho mai avuto. I principi, i valori morali che non mi sono mai stati impartiti o che ho dimenticato molti anni fa.

Quando avvicina la mano al mio volto, non mi smuovo, non mi allontano. Sono stanca di fingere che non mi importi, e, soprattutto, non sono in grado di mascherare ciò che provo di fronte a lui. Lo sa già, nonostante i miei orribili tentativi di nasconderlo. E se fossi una ragazza qualunque, adesso, immagino arrossirei, immagino mi vergognerei. E glielo dico, glielo dico che non sono capace con queste cose, gli dico che non sono brava, che non sono una di quelle che quando il cuore gli batte all'impazzata (perché sì, batte all'impazzata) si mettono a sudare e a dire frasi contorte e a fare le dolciotte con il loro piccionciotto. Ma lui ride, ride e basta, e poi mi bacia, e sembra tutto perfetto.

Solo che la vera perfezione non è solo questa.

La vera perfezione è scendere dalla macchina, è lasciare che ti stringa la mano e intrecci le sue dita con le tue. La vera perfezione è quando ti guarda e sembra che stia guardando tutto di te, non solo i difetti, non solo i pregi. Ogni cosa, ogni minimo dettaglio.

E, soprattutto, la vera perfezione è alzare lo sguardo sull'enorme edificio di fronte a noi e scoprire che ti ha portata all'acquario per la grande mostra di meduse che ci sarà proprio questo giorno, proprio a quest'ora.

<<Non ci posso credere>> mormoro a fatica, mentre il sorriso si forma sulle mie labbra prima che possa contenere la gioia.

<<Lo so, nemmeno io ci ho creduto quando ho cercato su internet>> ammette con una risata, trascinandomi verso la fila di fronte alla biglietteria. 

<<Hai cercato su internet?>> gli domando sconvolta.

Lui annuisce con un'altra risatina. <<Non avevo altre scelte. Le possibilità erano quella di portarti a un'acquario o quella di avere una cena romantica. Ma sapevo che se avessi scelto quest'ultima tu mi avresti sbranato vivo, e io ci tengo alla mia vita.>>

La sua stretta è serrata, guardo questo intreccio di dita e mi rendo conto per la prima volta di quanto esile e minuta possa apparire la mia mano quando è legata alla sua. Mi sento veramente una donna, ora come ora, e mi sento amata, ora come ora, e mi sento coccolata, ora come ora. Ma va bene, posso accettarlo. Va bene. E' tutto okay. La paura non mi sta impedendo di respirare come al solito, posso farcela, questo nervosismo non è dovuto all'imbarazzo, ma al terrore che possa tutto finire improvvisamente, che mi svegli e scopri di star vivendo dentro un sogno. 

In fondo, sotto sotto, aveva ragione. 

Sono una donna in tutto e per tutto.

<<Se dovevamo andare all'acquario>> gli domando, una volta aver completato l'acquisto dei biglietti <<perché la strana richiesta di vestirmi con gli scarponi e la tuta?>>

<<Ah>> un sorriso maligno affiora sulle sue labbra mentre porge i biglietti al controllore, di fronte alle vetrate di ingresso <<è un segreto, non te lo posso ancora dire.>>

Quando entriamo nell'edificio, il vociare di centinaia di persone risuona nelle nostre teste, uno dei controllori ci porge la mappa per aiutarci a muoverci in questo posto immenso. <<La mostra di meduse si trova al quarto piano>> mormora Aaron, le sopracciglia aggrottate. <<Pensi ci sarà molta gente?>>

<<Non saprei, sono in pochi ad amare le meduse come le amo io.>>

<<Perché non sei mai stata punta da una di loro>> ribatte lui, mentre ci incamminiamo verso le scale. 

<<Non è colpa mia se non so nuotare.>>

La sua mano è ancora incollata alla mia, mi guardo attorno, e noto con sorpresa che nessuno ci sta guardando, nessuno ci sta calcolando. E' strano, è imbarazzante, è quasi avvilente. Perché sembra tutto così normale, sembra tutto così tranquillo, come se una coppia come noi due fosse okay, come se uno come Aaron potesse davvero essere interessato a una come me. E so che è folle, ma questo mi destabilizza. E credo che sia proprio questo il problema. Ho sempre visto il mio mondo e il suo come due entità separate, come due pianeti che non potranno mai coincidere o incontrarsi. Non è così, eh? Mi sono sbagliata. Per tutto questo tempo. Per tutti questi anni. <<Cosa c'è?>> mi domanda lui, notando il mio atteggiamento alquanto sospetto.

Mi stringo nelle spalle e mi sforzo di tornare a guardare ciò che ho di fronte. <<E' che... sembra tutto così normale>> ammetto alla fine, con un sospiro.

Aaron mi guarda e basta, non parla per un bel po', si limita a fissarmi per quelli che devono essere secoli e si ferma a metà strada fra il secondo e il terzo piano. <<Certo che è normale>> risponde alla fine. <<Siamo un ragazzo e una ragazza che stanno uscendo per un appuntamento. E' normalissimo.>>

I suoi tentativi di rassicurarmi non mi fanno sentire affatto meglio. Sposto il peso del mio corpo da un piede all'altro. <<Ma io non sono normale>> ammetto alla fine. <<E nemmeno tu. Voglio dire... io sono una pazza e tu sei uno Stoccafisso e...>> sigillo le labbra in un mite silenzio che so resta la mia unica garanzia per poter salvare la mia faccia tosta. Ma Stoccafisso è scaltro, è paziente e, soprattutto, è capace di capire quello penso prima ancora che me ne renda conto da sola. Quando mi bacia, le sue labbra sono calde e il suo respiro mi conforta. Chiudo gli occhi, la sua bocca timbra la mia in un sigillo di purezza e onestà. Sento le sue dita dure e callose accarezzarmi il volto con delicatezza e dolcezza. 

<<Allora possiamo provare a essere normali. Solo in questa occasione. Tu sarai una ragazza timida e innamorata, e io sarò un ragazzo timido e innamorato. Ti va?>>

Quando mi porge la mano, non ci penso due volte per stringergliela.

<<E' tutto okay>> mi rassicura lui. <<Oggi non sei una custode di cuori. Oggi sei solo Sasha Porter.>>

***

E' bellissimo.

E' bellissimo, è straordinario.

E' bellissimo, è straordinario, è magico.

Di fronte a me, sopra di me, dietro di me, c'è un tunnel in vetro che ci permette di vedere un'immenso mondo acquatico che, prima d'ora, non mi era mai capitato di vedere. Centinaia di meduse si muovono davanti ai miei occhi completamente noncuranti di ciò che le sta circondando. Alcune sono piccole e appena visibili, altri sono grandi e maestose. E sono colorate, sono un arcobaleno di meraviglie e miracoli che scaturiscono centinaia di emozioni nel mio piccolo e traumatizzato cuore. 

La mamma le avrebbe adorate. Si sarebbe messa a piangere come me con un simile spettacolo. La mia preferita è quella che galleggia di fronte a noi, piccola e lunga, ha dei tentacoli che sembrano piccoli fili argentati e una cupola bianca quasi trasparente che mi ricorda un abito da sposa. Se la perfezione esistesse, allora sarebbe questa, sarebbe questo mondo acquatico che si districa con centinaia di colori e sfumature, che si incanala in piccole e grandi meduse. Meduse che non sanno, che non vedono e che non provano.

Guardo Aaron, e lui guarda me. E poi mi bacia. E va bene, è meraviglioso.

E' questa la perfezione.

N.A.

Salve a tutti ragazzi! Mi dispiace se il capitolo è uscito più tardi del solito, ma sono in piena sessione esami e ho poco tempo a disposizione, perciò fino a febbraio non avrò molto tempo libero per scrivere, e i capitoli usciranno più lentamente del solito. Mi scuso in anticipo per questo.

Seconda cosa: la campagna che tenta di sensibilizzare le persone ai problemi come depressioni, istinti suicidi e malattie mentali esiste veramente, ed è veramente simboleggiata dal punto e virgola (io stessa ho questo simbolo tatuato sul polso). Se cercate su internet, troverete tutte le informazioni disponibili in questo sito:

https://www.wired.it/scienza/medicina/2015/07/09/tatuaggio-punto-virgola/

Con questo libro volevo tentare nel mio piccolo di aiutare o come minimo sensibilizzare i miei lettori su temi così delicati e difficili, spero di esserci riuscita. Sarei molto felice di sapere che ne pensate a proposito di questo argomento che sembra esser considerato un tabù o una vergogna nella maggior parte dei casi.

Concludo qui la mia piccola nota autrice allegando questa piccola immagine che spero possa farvi emozionare quanto ha emozionato la sottoscritta:

TRADUZIONE

LA MIA STORIA NON E' ANCORA FINITA.


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