Marshmallow bruciati (parte due)

Alla mia vecchia scuola feci amicizia con una sola persona. Veronica Pipers, californiana e scura di pelle. Aveva il difetto di mangiarsi le unghie e odiare chiunque a priori, per questo ci eravamo ritrovate. Lei era stata una piacevole compagnia, e i suoi genitori spesso mi permettevano di restare a dormire nel loro minuscolo appartamento quando la mamma e Luke erano all'ospedale. Veronica amava leggere le carte e apprezzava il senso dell'umorismo, ma allo stesso tempo temeva in continuazione l'ira funesta di coloro che avrebbero potuto farle del male. E nella nostra scuola erano in molti. Il mio vecchio liceo non era certo noto per esser stato frequentato da studenti modelli finiti a Princeton, era una scuola per i disperati, per quelli che volevano solo il foglio del diploma, o che non volevano neanche quello, ma solo fingere di avere una possibilità lavorativa in futuro. Io appartenevo a quest'ultima categoria.

Veronica, invece, era diversa. Benché fosse squattrinata quasi quanto la mia famiglia, prevedeva un futuro roseo di fronte a sé. Sognava di diventare un medico e di poter salvare le persone che non potevano permettersi un'assicurazione sanitaria. Da questo punto di vista, eravamo molto diverse. Lei, con i suoi ideali e i suoi sogni, e io, con la mia merda e il mio realismo pessimistico. Glielo ripetevo sempre, perché sono stronza e perché non volevo rimanesse delusa da se stessa. Questo è solo un inganno, non potrai farcela, la vita non va mai come speri. Col senno di adesso, riesco a comprendere pienamente il motivo per cui alla fine decise di tagliare i rapporti con me. Una brava amica non dovrebbe metterti i bastoni fra le ruote, dovrebbe incoraggiarti, supportarti. Nel mio stupido cervello, invece, buttare in faccia la realtà dei fatti sembrava la terapia migliore per guarire un animo sognatore e speranzoso.

Ma ricordo il giorno in cui lei troncò la nostra amicizia, fu pochi mesi prima della morte di mamma. Inganno. La parola chiave. Me lo disse, mi disse chiaramente quella verità che avevo sempre cercato di ignorare, ma che sin da bambina conoscevo alla perfezione. E' stato l'avvertimento più saggio che abbia mai ricevuto, lo stesso che ho dato ai fratelli King, lo stesso che io non ho seguito. Ingannare se stessi non serve, finirai solo per perdere ciò che più ti è caro.

E' quello che è successo a me. Ho ingannato me stessa. Lo sto facendo ancora adesso. Nonostante le conseguenze passate, nonostante gli errori commessi. Ingannarmi è facile, è la via più semplice da seguire. Ho sempre saputo quale fosse il mio posto nel mondo, ma l'ho rifiutato fino alla fine. Questo è ciò che mi merito. Merito dolori e sofferenze, e merito che qualcuno mi fermi, mi blocchi, prima che possa distruggere quel poco che mi è rimasto. Ma trovare questa persona è difficile, è difficile fidarsi di un altro essere umano, lasciare che ti entri nella pelle, che scopra tutto quanto di te stessa. Non credo di averlo mai permesso a nessuno, forse nemmeno a Luke, forse nemmeno a mia madre. E, ora come ora, credo di capire perché fosse più preoccupata per me che per mio fratello. Ho sempre nascosto tutto quanto, a me stessa, agli altri, al mondo. Il mio unico obiettivo è e sarà sempre solo uno: poter proteggere ciò che più mi è caro, a qualunque costo, non importa come, non importa a che prezzo.

Non so come tutto questo sia iniziato. Non so nemmeno se esista un vero e proprio principio, o se si tratti di una questione di carattere, o se, ancora, sia dovuto a una combinazione genetica errata. Tutta la mia vita, tutta la mia esistenza, passata a proteggere qualcun altro. Mi piacerebbe poter dire che non me ne rendo conto, mi piacerebbe poter dire che è altruismo, ma sarebbe una menzogna. Non è altruismo, non è amore, è egoismo, è desiderio di controllo. E' sapere di poter difendere e custodire ciò che ti appartiene e ami. Ciò che non vuoi perdere in nessun modo.

Perciò, lo ammetto, ritrovarmi a questa festa senza la presenza di Luke mi destabilizza un po'. Ultimamente ho iniziato a passare molto più tempo del solito senza affiancarlo, il mio istinto di sopravvivenza e autoconservazione non approva minimamente queste mie scelte, e mi sprona a tornarmene indietro, lontano da questi ragazzi che si stanno ubriacando, via da questo bosco e da questo falò attorno cui la gente balla, pomicia o scherza. Non sono il tipo da feste. Non sono il tipo in grado di stare in mezzo a tante persone per un lungo periodo di tempo senza combinare disastri. C'è da chiedersi come abbia fatto sopravvivere al party di casa King, forse l'aver messo a tappeto Jensen mi ha permesso di non riflettere troppo sulla situazione in cui mi trovavo.

Ho deciso di non partecipare attivamente a questa festa. Sarebbe una pessima idea, e rovinerei l'umore a parecchie persone. Ma per quanto quest'ultima constatazione possa sembrare invitante, non credo sia il caso di inimicarmi altri studenti della scuola, conoscendo la situazione è più probabile che se la prendano con Luke che con me, e questo mi farebbe di nuovo impazzire.

Il falò sembra esser stato realizzato sul momento, alcuni ragazzi stanno abbrustolendo dei marshmallow, quelli bianchi, grossi e così pieni di zucchero da farti venire il diabete dopo un solo sguardo.

Ricordo questi marshmallow, il loro odore, la prima volta che li avevo visti era stato a un'altra festa, una delle poche a cui avevo partecipato, quando Luke era appena nato, la mamma aveva perso la bambina e il donatore di seme se n'era scappato. Era una di quelle feste di quartiere che danno i vicini, all'epoca non avevamo ancora dovuto vendere il nostro appartamento per pagare le spese mediche di Luke. La mamma ci aveva costretti a partecipare, sebbene io fossi più che restia a fingermi amica con gli altri bambini. Ricordo lo sguardo degli altri genitori, i sussurri, i gossip, e gli insulti velati che ci lanciavano alle spalle. E quell'odioso odore di zucchero che aleggiava nell'aria. Ero rimasta attaccata a Luke tutto il tempo, e avevo sentito un genitore fare un commento spiacevole sul suo aspetto, con quel fottuto marshmallow in mano.

<<Luke non è brutto, sei tu quella brutta e grassa.>>

Al ricordo, mi viene da sorridere, perché all'epoca pensavo che quell'insulto avrebbe scalfito l'orgoglio di quella mamma incinta. Non funzionò, e i suoi figli se la presero molto con me. Uno di loro chiamò Luke mongoloide, e io mi ci avventai per zittirlo, fermata in tempo solo da mia madre. Fu l'ultima festa di quartiere a cui partecipammo prima di trasferirci in quello schifo di roulotte e anche l'ultima a cui fummo invitati. Non che la cosa mi dispiacque molto.

<<Ascoltami bene, Sasha, devi imparare che nella vita non puoi risolvere tutto con le mani. A volte le persone, anche quelle che ci sembrano più crudeli, possono aprirti gli occhi su molte cose. Ricordatelo, bambina mia.>>

Immagino che l'avvertimento di mamma possa essere avvalorato alla mia relazione con i fratelli King. Se ora fosse qui, sarebbe felice di constatare che sto cercando di comportarmi come un essere umano qualsiasi senza scagliarmi addosso a qualcuno alla vista di un potenziale pericolo. Forse in questi ultimi tempi mi sono addolcita, o forse è l'idea di andare in riformatorio a frenarmi. Qualunque sia la risposta giusta, sta funzionando, e alla grande.

<<Sai, arrivare a una festa per poi andarsene in questo modo non solo è da maleducati, ma anche inutile. Che diavolo ci vieni a fare se ogni volta cerchi di scappare via?>> Aaron mi raggiunge in mezzo alla radura selvatica, affiancandomi nella mia passeggiata notturna. Gli alberi che ci circondano hanno iniziato a perdere le foglie che ora sto calpestando con i miei piedi. Infilo le mani nella tasca anteriore della felpa grigia che ho rubato a zio Brooke e continuo a camminare piano, seguita prontamente da Stoccafisso.

<<Le tue abilità di stalking non smetteranno mai di sorprendermi>> confesso con non poca resistenza. Apprezzare tale doti è alquanto difficile, soprattutto quando tu sei la vittima di queste abilità al limite della legalità. <<E questo mi ricorda il nostro primo incontro, dove mi hai dato della gran maleducata pur non avendo mai parlato con me prima d'ora.>>

Non lo guardo in volto, sarebbe completamente inutile considerato che è il ritratto dello stoicismo, ma la tentazione è troppa, così gli lancio qualche occhiata con la coda dell'occhio. Scarpe sportive, jeans cuciti addosso e una camicia bianca talmente stirata alla perfezione da renderlo ancor più serio di quanto già non sia. E' proprio il suo stile. <<Sapevo chi eri, e tu sapevi chi ero io.>>

<<Sapevo solo che eri un grandissimo stoccafisso, e avevo ragione.>> E' strano parlare di questi avvenimenti. Sembra passata una vita, e invece si tratta solo di un paio di mesi. Da quando il tempo ha iniziato a scorrere così velocemente? Prima era perfettamente lineare e monotono, e ora mi sembra di ritrovarmi all'interno di un campo minato, senza sapere come muovermi e con l'ansia di calpestare una bomba. <<Mi hai detto anche altre cose, quel giorno, e anche i giorni dopo. Tipo che sono una stronza e che sono disgustosa.>>

<<Non ho mai detto di considerarti disgustosa.>>

<<Ehi, guarda il cielo! Lo vedi anche tu? Quello è Santa Claus, con il suo carro delle menzogne che ti sta per investire da un momento all'altro!>>

Anche se non lo vedo in faccia, riesco comunque a sentire il suo sguardo irritato su di me. Sembra che innervosirlo sia diventata una specie di missione per la sottoscritta, c'è un che di particolarmente eccitante nella consapevolezza di poter smuovere l'uomo di roccia. <<Perché te ne stai andando?>>

<<Non me ne sto andando da nessuna parte, Stoccafisso, sto solo facendo una passeggiata. Ho sentito odore di marshmallow bruciati, e ho preferito dileguarmi.>>

<<Non ti piacciono i marshmallow?>>

<<Non i marshmallow.>> Non aggiungo altro, non vedo perché farlo, e mi sorprendo di quanto debba faticare per zittire la mia bocca. Non sono una persona che ama particolarmente confidarsi con qualcuno, credo di non averlo mai fatto in vita mia, se non forse con mia madre, un paio di volte. Ma Aaron è una presenza così stabile e confortante da inibire ogni senso di allerta, i suoi principi e la sua saldezza morale ti portano a credere che potresti lasciarti andare, dargli un po' del tuo peso con la consapevolezza che saprà reggerlo.

Un grosso rischio. Un ragazzo pericoloso.

<<Sei una di quelle puriste che mangiano solo i cibi biologici?>>

<<Dico, mi hai vista? Pensi davvero che abbia mai avuto la possibilità di concedermi il lusso di essere una purista a favore dei prodotti biologici?>> Sono delusa, lo immaginavo molto più scaltro.

<<Ho chiesto per scaramanzia, anche se hai ragione, fatico a immaginartici.>>

<<E tu? Perché mi stai pedinando?>>

<<Neanche io impazzisco per i marshmallow.>>

<<Sei un bugiardo.>>

<<No, dico davvero. Non mi piacciono granché. Troppo zuccherati.>>

<<Ora si spiega il motivo della tua scontrosità permanente.>>

<<Quello è un difetto genetico, non c'entra nulla con i marshmallow.>>

<<Come i marshmallow non c'entrano nulla col tuo desiderio di seguirmi>> faccio presente, perché non sono così scema.

<<Sophia era preoccupata>> cede alla fine. Ah! Lo sapevo!

<<E così ha mandato il suo fratellone ad assicurarsi che non mi fossi già data all'alcolismo?>>

Mi fulmina con un'occhiataccia. <<Ha paura dei boschi.>>

<<Che diavolo c'è venuta a fare a questa festa, allora?>>

<<Si chiama terapia d'impatto. Spera che a furia di starci riuscirà ad abituarcisi.>>

<<Un po' come te e la mia presenza.>>

<<Da quando in qua avere a che fare con te è una terapia d'impatto?>>

<<Non lo so, ma tu ti comporti come se lo fosse.>> Sfoggio uno dei miei sorrisi più amabili, potrei giurare di sentirlo imprecare nella sua testa.

<<A volte mi chiedo come tu abbia fatto a sopravvivere in tutti questi anni. Non riesco a credere che non ti sia fatta ancora uccidere.>>

<<Oh, avevo la mia buona dose di nemici, ma di solito sapevo come ricattarli o come controllarli. Nelle occasioni in cui non ci riuscivo finivamo in una rissa da cui ne uscivo vincitrice.>>

<<Vincitrice, eh?>> mi sfotte.

<<Guarda che lo sento il tuo tono ironico, sai? Cos'è, credi che non sia abbastanza forte?>>

<<Credo che tu tendi a enfatizzare molto certe esperienze>>

Potrei anche mentire, ma sarebbe una fatica inutile. <<Quindi? Ora che hai controllato che sono ancora viva e vegeta, puoi anche tornare da tua sorella e dirle che sarò di ritorno fra poco. Io l'avevo avvertita: non sono il tipo da feste.>>

Aaron mi ignora, ovvio che lo faccia. Come potevo pretendere che anche in minima parte desse ascolto ai miei pensieri? Sono già pronta a rinfacciarglielo, ma lui sembra essere illuminato da un'idea geniale. I suoi piedi si girano e scavalcano la strada di ciottoli che delinea il sentiero da seguire per tornare alla festa. <<Dove... ehi!>> esclamo, non appena afferra il mio braccio e mi trascina con sé. Le sue gambe si muovono veloci, attorno ci sono solo alberi e cespugli. <<Se vuoi portarmi in un posto buio e spaventoso per lo meno avvertimi.>>

Sempre che non voglia menarmi. O uccidermi. O entrambe le cose. <<Giusto perché tu lo sappia, ho uno spray al peperoncino nella tasca della mia felpa e non ho alcun problema ad usarlo se serve.>> Mento spudoratamente. Nessuno spray. Solo un piccolo coltellino svizzero. Non che lui debba per forza venirne a conoscenza.

<<Voglio farti vedere una cosa.>>

<<Cosa? Un cadavere?>>

Continua a darmi le spalle e a ignorare la mia voce. Tipico. <<Ehi, bellimbusto, io non ti seguo se non mi dici dove mi stai portando. Per quel che ne so potresti avere un'arma sotto la camicia che hai cucita addosso.>>

<<Niente armi. Vuoi controllare?>>

Ammetto che toccare quel fisico scolpito è una bella tentazione. O meglio, lo sarebbe per qualsiasi ragazza normale che può concedersi il lusso di prendere una cotta per il solito ragazzo figo. Non io. Amore? Non scherziamo. Ci sono problemi molto più seri nella vita. Non ho il tempo di preoccuparmi della mia situazione sentimentale. E sarebbe ancor più stupido farlo sapendo benissimo che l'affetto emotivo sarebbe un sentimento a senso unico. Unilaterale. <<Così che ti palpi un po' le tette per scoprire se le hai più grosse delle mie? No, grazie.>>

Si ferma. Ah! La battuta l'ha infastidito. Ci tiene molto alla sua virilità, a quanto pare. Devo ricordarmene. <<Io non ho le tette>> specifica, i suoi occhi lampeggiano come dei semafori.

<<Sicuro? Perché la tua camicia è parecchio tesa nella zona pettorale, forse hai messo su un po' di chili e non te ne sei accorto. Tranquillo, ci siamo passati tutti.>>

<<Non sono tette. Si chiamano pettorali.>>

La conversazione sta assumendo una piega troppo divertente perché possa assumere il mio solito volto indifferente. <<Ne sei sicuro? Perché avrei potuto giurare che avessi come minimo una terza.>> Faccio scivolare lo sguardo sulle cosiddette "tette", d'altronde anche l'occhio vuole la sua parte, e non sono certo così asessuata da non potermi godere cinque secondi di visione maschile. <<Sicuramente ne hai più di tua sorella.>> Sophia non può essere certo considerata una superdotata per quanto riguarda il fattore seno.

Le sue sopracciglia si sollevano. <<Stai flirtando con me?>>

<<Ti piacerebbe, eh?>>

Scuote la testa, in un gesto di esasperazione che molti, ne sono sicura, comprenderebbero alla perfezione. <<Tu sei...>>

<<Cosa? Perfetta? Magnetica? Affascinante?>>

<<Per favore, queste battute sono più degne di mio fratello.>> Ritorna a marciare. <<E comunque, sei la ragazza più impossibile che abbia mai conosciuto.>>

<<Mi stai facendo arrossire.>>

Lo sento grugnire. Come un maiale. Aaron King che grugnisce. Una vera e propria visione. Continuiamo a camminare per un bel po', il silenzio nel bosco viene attutito dal rompersi delle foglie al nostro arrivo e i versi inquietanti di alcuni animali. Mi guardo attorno, ma tutto ciò che riesco a scorgere sono alberi e ramoscelli, e quello sembra un vero e proprio scoiattolo. Non ne avevo mai visto uno così da vicino. Sembra... ehi, è così carino. Devo ricordarmi di dirlo a Luke, lui ama gli scoiattoli quasi quanto ama i pinguini.

<<Siamo arrivati.>>

La mia bocca è già aperta per poterlo prendere in giro e chiedergli se abbia già estratto la pistola, ma le parole rimangono sospese nella gola mentre lo stupore mi pervade. <<Cristo, se avessi saputo che sarebbe bastato questo per farti zittire ti ci avrei portato molto tempo prima.>>

Sbatto le palpebre, troppo incredula per poter rispondere. <<Cosa... cos'è questo posto?>>

<<Dream Lake. Il lago più grande della città. Credo che tu possa capire il motivo di tale nome.>>

Ha ragione, lo capisco appieno. Questo posto sembra essere uscito fuori da un sogno infantile. Non riesco a capacitarmi di ciò che i miei occhi hanno davanti. Questo piccolo lago è a sua volta un piccolo sogno. Una piccola magia. Mi avvicino lentamente al bordo, per scrutare meglio l'acqua celeste che ci illumina. Riesco a intravedere le figure di alcuni pesci che ci sguazzano dentro entusiasti. E' come uno specchio magico, che attraverso il suo colore fosforescente riesce a ricordarti che al mondo esistono piccole meraviglie come lui in grado di farti tornare ad essere felice. <<E' una reazione chimica, una volta ce lo hanno spiegato, ma non ricordo bene come funziona>> mi spiega Aaron. <<E non hai ancora visto la parte migliore.>>

<<Ovvero?>>

<<Resta in silenzio per un po'.>>

Odio farlo, ma non mi resta che obbedirgli. La curiosità prevale sull'amor proprio, perciò mi avvicino ancora, in attesa, e il silenzio che si crea non fa altro che aumentare le aspettative e la meraviglia, per poi essere interrotto dal rumore di un leggero ronzio. Scoppio in una fragorosa risata quando una dozzina di lucciole si solleva da terra e inizia a vagare nell'aria. <<Ora sono io a dovertelo chiedere: stai flirtando con me?>>

<<Ti piacerebbe, eh? No, è solo che avevo voglia di visitare questo posto, e tu sai essere una buona compagnia quando non fai la stronza. Sia chiaro: continuerò a negare di averlo detto fino alla morte.>>

Mi sfugge una risatina nasale. <<Avresti dovuto portare una ragazza con cui provarci in questo posto, non me. A meno che tu non ci stia provando con me, cosa che ritengo alquanto impossibile, ma nel caso fosse davvero così mi dispiace, Stoccafisso, non sono interessata.>>

<<Ti deve piacer molto ascoltare la tua voce.>>

<<E' uno dei miei hobby preferiti.>>

<<Oltre a picchiare la gente e fare la stronza?>>

<<Cavolo, non pensavo di esser così facile da leggere. Sono un libro così aperto?>>

<<Abbastanza, ma continuo a non comprendere come lavori il tuo cervello. Prima ci odiavi, ora sei venuta a questa festa con mia sorella e stai addirittura facendo l'amica con lei.>> Una lucciola svolazza sopra il suo naso, è un momento talmente magico che vorrei scattare una foto. Odio ammetterlo, ma questo posto è fantastico. Devo portarci Luke, lo adorerebbe.

<<Io non vi ho mai odiato, mi stavate solo antipatici.>> Storco il naso. <<Okay, in parte mi state antipatici ancora adesso, vi tollero solo perché avete soldi da darmi.>>

Lui sbuffa, ha un'espressione così offesa che è quasi comica. <<Non riesco a credere che Sophia ti abbia dato davvero centocinquanta dollari per portarti a questa festa. Una festa a cui non stai nemmeno partecipando.>>

<<Io l'avevo avvertita, lei non mi ha dato ascolto. E se vogliamo mettere i puntini sulle i, ti faccio presente, caro il mio brontolone, che nemmeno tu sei esattamente un partecipante attivo di quella festa, visto che sei qui con me a fingere che ti interessi qualcosa di quello che faccio.>>

Non nega. Ah, è un piacere scoprire che a volte si può avere ragione con personaggi pesanti come lui. Aaron dà tutta l'impressione di agire solo razionalmente, ogni sua mossa è dovuta a un ragionamento lucido e cospicuo che gli ha permesso di arrivare fino ad ora con il lusso di potersi permettere quella faccia di bronzo. L'invidia è cocente, non lo nego. Se anche io fossi abbastanza lucida come lui, probabilmente ora avrei lasciato il liceo, starei lavorando e al tempo stesso vivrei con Luke. Noi due da soli, senza zii e cugini bastardi. <<E comunque, ho smesso di detestarvi da quando avete preso a pugni Kyle Jensen.>>

<<Lo avevo immaginato. Credo di aver capito come fare una buona figura ai tuoi occhi: chiunque tocchi tuo fratello è morto, chiunque lo tratti bene un santo.>>

<<Non solo stoccafisso, ora anche psicologo.>>

<<Non bisogna avere una laurea per capire che tuo fratello è il tuo mondo. Sei abbastanza esplicita nel dimostrarlo.>>

<<Di cosa mi stai accusando, esattamente?>> Ridere e scherzare è bello sono fino a un certo punto. Alzo lo sguardo dalla lucciola che si è posata sulla mia mano per sfidarlo con gli occhi.

Aaron scrolla le spalle, le sue braccia sono ancora incrociate al petto. Deve essere la sua posizione preferita quando è in piedi, forse gli sembra di apparire ancor più minaccioso, ed effettivamente se avessi un minimo di buon senso mi sentirei abbastanza spaventata. Ma il buon senso non esiste nel mio codice genetico, o è andato a farsi fottere alla mia prima rissa. <<Di nulla, è solo una constatazione. Faresti di tutto per tuo fratello, non è così? E' per lui se sei finita qui.>>

<<Non è per lui. E' perché una testa di cazzo lo ha picchiato.>> E per la morte di mia madre. Ma preferisco non condividere questo dettaglio. <<E forse perché anche io sono una testa di cazzo>> mi costringo ad ammettere, per amore della verità. Non sono così egocentrica da negare la realtà dei fatti quando mi fa più comodo, il mio livello di autostima è sufficientemente basso da permettermi di essere onesta con chiunque, persino con il mio acerrimo nemico.

<<Felice di constatare che la pazzia non ti ha resa così cieca da negare la realtà dei fatti.>>

<<Ehi, hai smesso di psicanalizzarmi? C'è già il mio psicologo che ci prova invano.>>

Un sorriso maligno accarezza le sue labbra. <<Non negarmi questo piacere.>>

Osservo il lago, e un'idea pazza e malsana attraversa la mia mente. Mi avvicino a lui, a sua volta vicino al bordo e osservo le lucciole sospese in aria che ci girovagano attorno, ne seguo un paio fino a ritrovarmi alle sue spalle. <<Ehi.>>

<<Ehi.>>

<<Sai nuotare?>>

<<Non ci provare neanch...>>

Splash!

N.A.

Salve a tutti! Grazie di aver seguito la storia di Sasha fino a qui! Il prossimo capitolo parlerà un po' del passato di questa protagonista, in particolar modo di un episodio che l'ha resa quel che è ora! Spero vi piaccia, lasciate un commento per farmi sapere che ne pensate! Alla prossima!:*

#Simo

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