Dopo gli ultimi esami, la porta della stanza si apre di nuovo per far entrare un gruppo piuttosto assortito di persone. Zio Brooke, zia Tess, Luke, i fratelli King e Pamela. Giuro che mai nella vita avrei mai pensato di poter esser così famosa, ma la loro presenza, stranamente, non mi dà fastidio, nemmeno quella di zio, il cui volto pallido basta per farmi comprendere che, nonostante l'odio, anche lui si fosse preoccupato per me. <<Oh, Sasha>> Sophia si porta una mano alla bocca e mi si avvicina tremolante <<oh, grazie al cielo...>>
<<Ehi>> la saluto io.
Lei scoppia a piangere e mi stringe in un abbraccio da sorella spaventata, tutte queste dimostrazioni d 'affetto mi stanno destabilizzando, e sono più piacevoli di quanto mi aspettassi. <<Non lo fare mai più>> singhiozza <<temevo... temevo che anche tu...>>
<<Principessa>> la interrompo io <<te l'ho già detto, no? Non morirò fino a quando non mi sarò assicurata che Luke sia al sicuro.>>
Lei scoppia a ridere mentre le lacrime continuano a cadere sul suo volto da angelo spaventato. Luke sorride e mi stringe la mano, mentre zio Brooke si passa una mano fra i capelli. <<Ci hai... ci hai fatti spaventare>> commenta alla fine, gli occhi vitrei sembrano faticare a restare aperti. Dalle sue occhiaie, si direbbe che ha passato l'intera notte senza concedersi un po' di sonno. Mi stringo nelle spalle, non sapendo cosa dire.
<<Tu...>> stavolta a parlare è Aaron, anche abbastanza provato da tutta questa faccenda. Le sue labbra tremolano per qualche secondo. <<Stai bene?>>
Annuisco lentamente. <<Sì. E... grazie. Per avermi salvata.>>
<<Non riesco ancora a credere che...>> si blocca. Non riesce a dare un senso a tutta questa situazione, e lo capisco, nemmeno io ne sono in grado. Fino a poco tempo fa, l'unica cosa di cui mi ero mai dovuta preoccupare erano i figli di puttana che aggredivano o prendevano in giro Luke, non possibili sociopatici che mi colpivano alle spalle e tentavano di ammazzarmi in un incendio.
<<Quando Pamela ha chiamato...>> interviene Bill, e la persona in questione sussulta, entrambi sembrano sul punto di crollare, di cedere insieme. <<Non avrei mai creduto che...>>
<<Lo so>> lo interrompo io. <<Dico davvero, grazie. A tutti voi. E' solo merito vostro se posso continuare a fare la stronza.>>
Zia Tess nasconde un risolino, mentre suo marito sospira e mi scruta attentamente, alla ricerca di possibili traumi psicologici e fisici. Ma tutto ciò che può vedere, e tutto ciò che possono solo vedere gli altri, è una sciocca ragazzina con la testa fasciata e piena di tubi attaccati al corpo. <<Hai idea...>> mi domanda alla fine <<... di cosa sia successo?>>
Scuoto la testa. <<No.>>
<<Sasha...>>
<<Dico davvero, zio>> lo blocco, stringendo le mani in due pugni. <<Fidati, non vedo l'ora di uccidere quel figlio di puttana, ma non ho idea di chi sia. Mi ha aggredita alle spalle, mi ha colpita con qualcosa di grosso alla testa.>>
<<Non sei riuscita a vederlo?>> domanda Pamela. Scuoto lentamente la testa.
<<Ragazzi>> la voce di zia Tess riecheggia nella stanza <<per ora smettetela con le domande, Sasha si è ripresa da poco, ha bisogno di riposare. Ci penserà la polizia ad indagare.>>
Mi mordo il labbro, Sophia scuote la testa e Pamela china il capo verso terra, mentre Ridarella la guarda con occhi sospettosi. La storia sta prendendo una piega inaspettata e poco piacevole, vorrei poter dare loro una spiegazione, ma non avrebbe senso, nulla in tutta questa faccenda ha senso. Mi sembra di esser finita in uno di quei brutti film polizieschi dove l'agente di turno sta per scoprire una verità scabrosa e i cattivi tentano di metterlo a tacere. Solo che io non sono un'agente onesto, non sono una minaccia così grande come tutti quanti - compreso il mio assalitore - pensano. Sophia mi poggia una mano sulla spalla, il suo volto cinereo, le labbra increspate. <<E' tutto okay>> la rassicuro <<io sono una custode di cuori, ricordi? Le custodi di cuori non muoiono.>>
<<E Sasha>> aggiunge Luke <<è la miglior custode di cuori di tutto il mondo.>>
<<Precisamente, Campione>> confermo io con un sorriso.
<<E' meglio se ti lasciamo riposare>> zio Brooke si schiarisce la gola e rivolge lo sguardo agli altri presenti <<ragazzi, vi siamo davvero grati per la vostra apprensione, ma è meglio se anche voi tornaste a casa per riposarvi. I vostri genitori saranno preoccupati.>>
Bill sbuffa per questa constatazione, che lo fa ridere in silenzio, mentre Aaron si limita ad annuire con il suo solito modo di fare comprensivo e maturo. Si avvicina a me e Sophia e stringe per le spalle la sorella, rassicurandola, accudendola, proprio come lo stoccafisso adulto che è. Poi, dopo averle sussurrato qualcosa all'orecchio - immagino parole di conforto - si china su di me, le sue occhiaie sono così profonde e solcate da renderlo meno affascinante del solito, ma non hanno compromesso la meraviglia dei suoi occhi verdi, delle sue ciglia lunghe, delle sue labbra carnose. <<Dopo questa>> mi sussurra a bassa voce <<mi devi, come minimo, un appuntamento.>>
Mi sfugge un sorriso. Non riesco proprio a trattenerlo. <<Dopo questa>> lo rassicuro <<ti devo, come minimo, la mia verginità.>>
La sua risata mi accarezza le orecchie come una mano gentile che sfiora la mia guancia, posa la fronte contro la mia in un atto di amorevole comprensione, è strano, è forte, è incredibilmente piacevole. <<A quella rimedieremo quando ti sarai ripresa.>>
<<Va bene. Ma ricorda, sono una fan del missionario.>>
Ride di nuovo, le sue labbra sfiorano le mie, che in questo momento devono sapere di medicinale e disinfettante, ma non gli importa, e non importa neanche a me. E' bello, è caldo, è accogliente. Mi basta. <<Ti verremo a trovare, domani>> mi sussurra, prima di allontanarsi.
<<No, grazie, sto bene anche senza di voi.>>
<<Non era una domanda.>>
Mi sfugge un altro sorriso, lui mi bacia di nuovo, prima di allontanarsi. <<Sasha...>> mi richiama Sophia. <<C'è... c'è qualcosa che...>>
<<Che devo dirti?>> concludo io al suo posto e lei, a fatica, annuisce. Dietro, Pamela sbianca. Bill, accanto a lei, continua a guardarla come se volesse darle fuoco con il semplice sguardo. <<Non è compito mio.>>
<<Sasha...>> interviene Pamela, e io scuoto la testa per fermarla.
<<Sono affari tuoi, Pam>> rispondo. <<Io non c'entro nulla.>>
Bill serra la mascella, mentre Sophia trema fra le braccia di Stoccafisso. <<Andiamocene>> sussurra quest'ultimo. <<Ne riparleremo con più calma in un'altra occasione.>>
Zia Teresa annuisce, e si offre come volontaria per riaccompagnarli a casa. Luke sembra restio all'idea di lasciarmi da sola con zio Brooke, ma non ha alternative, perciò, nel giro di pochi minuti, la stanza si svuota, lasciandomi da sola con il fratello di mia madre, l'uomo che credevo di odiare. Lui si schiarisce la gola e si siede lentamente sulla sedia vicino al mio letto. <<Se hai qualcosa da dire>> mormoro alla fine <<dilla adesso, prima che gli antidolorifici mi rendano di nuovo incapace di intendere e di volere.>>
<<Non ho nulla da dire>> risponde con calma lui <<sono solo felice che tu stia bene.>> Infila la mano nella tasca dei pantaloni ed estrae un oggetto importante, un oggetto senza cui non potrei vivere. Trattengo il respiro, le mie dita tremano mentre stringo la catenina della collana con una delicatezza che non sapevo mi appartenesse. <<Ho pensato la volessi indietro.>>
Annuisco a fatica, mentre me la allaccio attorno al collo. <<Mamma non se la toglieva mai>> sussurro a bassa voce. <<Lo considerava il suo portafortuna. Diceva che... che gliel'aveva regalata una persona molto importante per lei.>>
Gli occhi chiari di zio si fanno più freddi, più distaccati, mentre il suo corpo si trasforma in una statua di marmo. E forse per ciò che mi è appena successo, forse per l'esperienza ai confini della morte, per la prima volta da quando sono finita in questo posto riesco a comprenderlo, riesco a capire, e la consapevolezza di ciò che significa mi strattona il cuore. <<Sei stato tu>> sussurro a bassa voce. <<Gliela regalasti tu, non è così?>>
Posa lo sguardo per terra, un gesto che vale più di mille parole. Non ho bisogno di risposte, non ho bisogno di domande. Trattengo il fiato, gli ingranaggi del mio cervello riprendono a funzionare, la mia mente torna indietro, a molti anni fa, all'aborto, alle litigate del donatore di sperma e mia madre, alla richiesta inaudita di soldi da parte di lui. <<E' per questo che avete smesso di parlarvi>> mormoro a fatica <<per l'aborto.>>
Zio Brooke stringe le labbra con violenza. <<Mamma non l'ha mai superato>> la mia voce è fievole, a malapena udibile, stringo la collana fra le dita <<continuava a dire...>> mi blocco.
<<Tua madre smise di parlarmi da quando perse il bambino>> ammette alla fine lui, con fatica, i suoi occhi brillano di una luce di sofferenza che non gli avevo mai visto, prima d'ora. E per la prima volta, ai miei occhi appare più umano che mai. Sbatto le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. <<I nostri rapporti avevano già iniziato a incrinarsi quando sposò tuo padre. Quell'uomo non mi piaceva, la stava distruggendo, le aveva tolto ogni cosa: la libertà, i soldi, la passione. Continuava a venire da me a chiedermi soldi, e io glieli davo, le dicevo sempre di lasciarlo, di mandarlo a quel paese, ma lei...>>
<<Lo amava>> rispondo a fatica. <<Non so ancora come sia possibile, ma è così.>>
Zio Brooke inspira a fatica dalla bocca, stringe le mani in due pugni serrati, le sue nocche sbiancano per la violenza di quel gesto. <<I nostri genitori erano dei gran figli di puttana, Sasha>> risponde alla fine, e non so se essere più sorpresa per il suo improvviso desiderio di parlare o del suo linguaggio volgare. <<Ci trattavano come stracci, come pezze al culo, ci facevano del male, quando tua madre incontrò tuo padre aveva diciassette anni, e quell'uomo la incantò con le sue attenzioni, con le sue parole. Era una ragazzina che desiderava un po' di affetto, qualcuno che apprezzasse le sue doti.>> Si blocca per qualche secondo, mordendosi il labbro. <<Scappò di casa due mesi dopo averlo conosciuto, e i nostri genitori furono molto chiari: era una vergogna, se le fosse successo qualcosa loro non ne avrebbero voluto sapere nulla. Chiusero tutti i ponti con lei.>>
Povera mamma, la mia dolce, forte e incredibile mamma, così disperata, così desiderosa di un po' d'amore, distrutta dalla sua stessa famiglia, distrutta dall'uomo che amava. <<Ma tu no>> rifletto alla fine <<tu hai continuato ad aiutarla?>>
Zio Brooke annuisce, e nel farlo, qualcosa in lui si spezza, non riesce a mantenere la freddezza nel suo volto, il distaccamento nel suo corpo. I suoi occhi sono lucidi, pieni di rammarico, pieni di sofferenza. <<Io ero dieci anni più grande di tua madre, quando scappò di casa avevo appena iniziato a lavorare come avvocato, e stavo avendo successo. Mi ero sposato, Craige era in procinto di nascere... la aiutai in ogni modo possibile, le diedi i soldi, le pagai gli studi per diventare infermiera, ma suo marito non mi piaceva, le rubava ogni centesimo, Dio solo sa come siete riusciti a vivere con lui, prima che se ne andasse. Continuavo a dirle di lasciarlo, le dissi che avrei pagato io i soldi per il divorzio, che avrebbe potuto venire a vivere da me, fino a quando non avesse trovato un lavoro sicuro. Le dicevo che mi sarei preso cura io di te e lei, che saremmo diventati una famiglia.>>
Una risata amara attraversa la sua gola. <<Non avrebbe mai accettato>> rispondo al suo posto. <<Non era il tipo da dare certi pesi simili.>>
<<Vero?>> deglutisce rumorosamente. <<Continuavo a spedirle dei soldi, che lei mi rimandava sempre indietro. Tranne quando tuo padre li trovava, in quel caso lui li usava per alcool, droga e chissà cos'altro. Poi un giorno mi chiamò, mi disse di esser rimasta incinta di nuovo. Fu lì che avvenne la prima crepa nel nostro rapporto: quando scoprii che il bambino che portava in grembo era down.>>
Eccolo, è proprio qui, il tassello del puzzle, una delle ultime carte che erano rimaste nel mazzo. Luke. Mio fratello. Il bambino down. <<Le dissi di abortire>> mormora a bassa voce. <<Glielo ordinai, praticamente. Non prenderla a male, Sasha, per favore. Probabilmente glielo avrei detto anche se Luke fosse stato normale, la sua sindrome ha solo accentuato questa necessità. Con quel marito, non avrebbe mai potuto prendersi cura di te e di Luke contemporaneamente. Glielo dissi. Un bambino down richiede soldi, sacrifici, e con quell'uomo lei non avrebbe mai potuto riuscirci.>>
Vorrei poter dire che lo odio, per questo, vorrei poter dire che mi provoca un moto di irritazione, di fastidio, ma non ci riesco. E' impossibile. Io prima di tutti sono ben cosciente di quanto il lato economico e lavorativo siano importanti per poter metter su una famiglia, di quanto sacrificio richiede prendersi cura di una persona con un handicap. E' comprensibile, è tollerabile. E' bello pensare che l'unica cosa di cui un bambino ha bisogno è l'amore, ma non è così. Un bambino ha bisogno di amore, di cure, di soldi, di medicinali, di tasse scolastiche, di libri, di pannolini, di biberon, di dentisti e di tante altre cose che non tutti possono offrire. Nemmeno noi. <<Ti ha mandato al diavolo, non è così?>> domando alla fine, e un leggero sorriso affiora sulle sue labbra.
<<Già, e per un bel po' non ci parlammo neanche. Ma tua madre mi perdonò per quella richiesta, credo che comprendesse le mie motivazioni, anche se non le condivideva.>> Il suo volto si rabbuia. <<E poi...>>
<<E poi il donatore di sperma se ne andò>> concludo io al suo posto <<e lei perse il bambino.>>
Di nuovo, china il capo in cenno di assenso. <<Non avevo idea che fosse di nuovo incinta, Sasha>> ammette a bassa voce, si copre la bocca con le mani in un gesto di muto rimpianto, chiude gli occhi lentamente, a fatica. <<Quando venne da me per chiedermi dei soldi, non me ne fece parole. Immagino fosse perché temeva le dicessi di nuovo di abortire. E non a torto, Sasha, conoscendomi lo avrei fatto. Ma se avessi saputo quanto era disperata...>>
<<Che cosa voleva?>>
<<Soldi>> mormora a bassa voce. <<Soldi, tanti soldi. Pensavo che il marito l'avesse convinta ad accettarli, che le avesse ordinato di prenderne altri. Aveva iniziato a farlo, nell'ultimo periodo. E io l'avevo minacciata. Le avevo detto che non le avrei più dato nulla, se non lo avesse lasciato. Le avevo detto che se avesse continuato così avrei preso te e Luke e vi avrei portati via da lei. Speravo che in questo modo lei si convincesse a buttarlo fuori di casa. Ma non funzionò. Quando venne da me, disperata, non capii quello che stava succedendo. Ed io ero...>> si blocca per qualche secondo, e quando riapre gli occhi, le lacrime luccicano come piccole stelle <<ero stanco, Sasha. Non ce la facevo più. Doverla gestire come una bambina, dover essere sempre in ansia ad ogni telefonata, dovermi prendere cura di lei. Non ne potevo più. Avevo provato ad aiutarla in ogni modo, non c'ero riuscito. Volevo essere un po' egoista, e così le dissi di no. Le dissi che non le avrei dato neanche un centesimo, che avrebbe dovuto crescere, maturare, e che se avesse fatto di nuovo una richiesta simile, non avrei esitato un istante a portarmi via voi due.>>
Anche ora, mi odio per l'incapacità di poterlo odiare. E' terribile, è agonizzante, ma lo comprendo, lo comprendo veramente. A volte l'unico modo per gestire un peso simile sulle spalle è toglierselo di dosso, senza riflettere troppo sulle conseguenze delle proprie azioni, sul dolore che si può infliggere a chi ci circonda. <<L'abbandono di tuo padre, la mancanza di soldi e il mio rifiuto, la malattia di Luke... furono troppo, per tua madre. Perse il bambino. Mi chiamò, mi disse quello che era successo, e fidati, Sasha, se potessi tornare indietro cambierei tutto quanto. Aveva messo da parte l'orgoglio e la dignità per chiedere il mio aiuto, e io la rifiutai. Se solo potessi riavvolgere il tempo, mi comporterei in maniera diversa. Ma non posso, e non potevo neanche all'epoca. Le dissi che mi dispiaceva, che avrei fatto tutto il possibile per rimediare, ma lei non mi dette ascolto. Mi disse chiaramente che avevo ragione, che non avrebbe dovuto tartassarmi in questo modo, e che d'ora in poi io e lei non saremmo più stati fratelli. Mi disse che se avessi provato a portare te e Luke via, lei mi avrebbe ucciso. Che eravate figli suoi, che avrebbe fatto il possibile per proteggervi. Mi disse che mi voleva bene, ma che non era in grado di perdonarmi per quello che era successo. Poi se ne andò. Quella fu l'ultima volta che la vidi, e l'ultima volta che ci parlai.>>
Oh, mamma. La mia dolce, intrepida e coraggiosa mamma. Ora tutto si spiega, ora molte cose hanno riassunto un senso. Non era stata tradita solo da suo marito, ma anche dal proprio fratello. Aveva perso un bambino. Aveva perso suo figlio. Non posso biasimarla per quella decisione avventata, non posso odiarla per aver scelto di farsi forza da sola, quando gli uomini più importanti della sua vita avevano deciso di lasciarla a se stessa. Era stata una mossa stupida e poco produttiva, se avesse fatto pace con zio Brooke non ci saremmo più dovuti preoccupare per i soldi, per il cibo, per il lavoro. Ma posso comprenderla. Proprio come lei, anche io sono orgogliosa, preferirei umiliarmi con lavori degradanti come la spogliarellista, piuttosto che perdere la mia dignità e quella della mia famiglia supplicando una persona che mi aveva già tradito una volta.
Allo stesso tempo, tuttavia, non sono capace neanche di biasimare zio Brooke. E' proprio questo, il problema. A volte, non esiste una persona a cui dare la colpa. A volte, il mondo va così e basta. Non ci sono mostri da incolpare, esseri da uccidere. Ci si può solo arrendere, lo si può solo accettare. <<Mi dispiace, Sasha>> sussurra zio Brooke, e la voce trema, trema molto, lacrime umane rigano le sue guance rugose e scavate. <<Mi dispiace. Se l'avessi aiutata, probabilmente ora tu avresti un'altra sorella da accudire e una madre con cui farlo.>> Inspira a fondo, si asciuga le lacrime con un grugnito per nulla confortante, mentre una fitta al cuore mi impedisce di respirare. <<Prendermi cura di te e Luke è l'unica cosa che posso fare. Fu lei a deciderlo.>>
Sbarro gli occhi, lui annuisce a fatica. <<Non te l'ho mai detto, pensavo non avresti... non volevo che sapessi quanto tua madre stesse soffrendo. Un'altra mossa stupida. Ci saresti arrivata da sola, prima o poi.>> Sospira di nuovo. <<Aveva fatto un testamento, immagino per prevenire un possibile incidente... mi aveva lasciato una lettera.>>
<<Una... una lettera?>> ripeto, sconvolta.
Lui annuisce di nuovo e infila la mano nella tasca, tirando fuori un foglio piegato e stropicciato. <<Era per me, ma... hai il diritto di sapere>> mormora alla fine, porgendomelo. Posa delicatamente la mano sul mio capo fasciato, in una carezza dolce e gentile che mi lascia senza fiato. Stringo la lettera fra le mani. <<Tua madre vi amava tantissimo, Sasha>> sussurra a bassa voce, mentre si dirige verso la soglia della porta. <<Non dubitarne mai.>>
Quando se ne va, il silenzio cala pesante all'interno della stanza, tutto ciò che posso percepire è il rumore dei miei pensieri, del mio respiro tremante. Stringo con delicatezza il foglio stropicciato, le lacrime bruciano i miei occhi fino a impedirmi di vedere, ma mi sforzo di focalizzare ciò che ho davanti, l'inchiostro nero che macchia il bianco immacolato di questo foglio. Riconosco questa scrittura, riconosco queste "g" storte, queste "l" che sembrano "f", e questi punti sulle "i" che sembrano dei piccoli cuori. Mi sforzo di non scoppiare, di non piangere, mentre il mio sguardo scivola da una parola all'altra, ancora e ancora.
Mio caro e sciocco fratello Brooke,
Se riceverai questa lettera, significa che sarò morta. Spero con tutto il cuore che questo non accada mai, ma il destino è imprevedibile e io non posso fare altro se non prendere le precauzioni dovute.
Ho appena finito di firmare il mio testamento, ti ho dichiarato come tutore legale dei miei figli in caso di un mio improvviso decesso, e forse questa notizia ti spaventerà o irriterà, soprattutto per il fatto che non mi sono presa la briga di avvertirti, ma sai come sono fatta: imprevedibile. Lo dicevi sempre, quando eravamo bambini, ricordi?
Brooke, so che non ci parliamo più da quando ho perso la mia bambina, e so che questa sarà una richiesta egoistica da parte mia. Mi rendo conto solo ora, dopo molti anni, dopo che ho affrontato l'inferno e ho avuto la benedizione di crescere due figli meravigliosi, quanto deve esser stato difficile per te prendersi cura di una sorella come me. Non è stato facile, non è così? Coprirmi dai nostri genitori, aiutarmi con gli studi, cercare di farmi crescere nonostante la mia immaturità. Mi dispiace, ti chiedo scusa per questo. Non posso più biasimarti se quel giorno, quando ti chiesi aiuto, tu non sei stato in grado di porgermi un'altra volta la mano. Possiamo salvare solo chi vuole essere salvato. Se ti avessi spiegato la situazione nei dettagli, probabilmente le cose non sarebbero andate in questo modo, e ora sto per dirti una verità che ti farà stare molto male. Perdonami anche per questo.
Mi umiliava, Brooke. Mi umiliava da morire. Tu sei riuscito ad ottenere tutto ciò che desideravi, dalla vita, mentre io non sono stata in grado di combattere e prendermi ciò che mi spettava di diritto. Fare la madre, dover badare a quell'ingrato di mio marito, lavorare in maniera così degradante... mi umiliava come non mai. Tu eri un avvocato di successo, avevi una moglie, avevi dei figli che potevi sfamare, e poi c'ero io, la pecora nera, la ragazzina incinta che non aveva soldi e che era appena stata abbandonata dal marito. Era troppo, troppo umiliante, non riuscivo a dirtelo. Non ne sono stata in grado. Mi pento di quella decisione avventata, e mi pento di non esser stata in grado di perdonarti quando avrei dovuto. Ora è troppo tardi. Non me la sento di irrompere di nuovo nella tua vita, di darti ancora una volta il mio peso sulle tue spalle. Non te lo meriti, fratello mio. Non sono più una tua responsabilità, mi sono resa conto che anche io dovevo crescere, e l'ho fatto.
So che la mia richiesta di prenderti cura dei miei figli possa sembrare contraddittoria con ciò che ti ho appena scritto, ma fidati, non è così. Sasha e Luke non c'entrano nulla, sono il regalo più grande che Dio possa avermi mai donato. E sono così felice di averli al mio fianco. Se c'è una cosa buona che abbia mai fatto in tutta la mia misera vita, è stato partorirli, prendermi cura di loro, crescere insieme a loro.
Oh, sono così belli, Brooke. Così dolci.
A proposito, grazie, per i regali che ci mandi a ogni compleanno. So che sono da parte tua. L'anonimato non ti si addice. Sei sempre il solito, non riesci davvero a trattenerti dal prenderti cura di chi ami, non è così? Luke ha adorato quell'orsacchiotto, e Sasha è letteralmente impazzita alla vista di quel lettore cd. E anche quei soldi che ritrovo nel mio conto in banca... santo cielo, fratellone, dovresti smetterla davvero. Li sto mettendo tutti in un conto a parte per Sasha e Luke, potranno usarli una volta aver raggiunto la maggiore età. So che magari non sarai d'accordo, so che penserai che quei soldi mi sarebbero serviti per altre cose, ma fidati, non è così. Non c'è nulla di più importante del futuro dei miei figli.
Quando riceverai questa lettera, io sarò morta e tu ti ritroverai con due ragazzi a cui badare. Non saranno un peso, Brooke, te lo assicuro, non rovineranno la tua vita come te l'ho rovinata io. E non lo dico solo perché sono la loro madre, ma perché sono forti, sono determinati e sono come te: pieni di coraggio.
Luke ora ha dodici anni, è un piccolo ometto a cui piace cantare, ballare e divertirsi. É incredibilmente giocoso, lo adorerai, sa fare un sacco di cose, sa cucinare, sa stirare, e Sasha gli ha pure insegnato come lavorare la maglia. Il che è assurdo, visto che lei odia farlo. E' vero, ha alcune difficoltà motorie, è sbadato, pasticcione, ma ha un gran cuore, e sa quando chiedere scusa. Ti aiuterà molto, Brooke, è un bambino molto vivace, non sopporta vedere le persone tristi, fa di tutto pur di strappare un sorriso, anche ad uno sconosciuto.
Paradossalmente, la persona con cui avrai più difficoltà sarà proprio Sasha. Oh, Brooke, è proprio come te: testarda, caparbia, e disposta a tutto pur di proteggere chi ama. A volte mi preoccupo molto più per lei che per Luke. Non è in grado di amare se stessa senza amare gli altri, è incapace di apprezzare le sue notevoli qualità se non servono a proteggere le persone a cui più tiene. E quando verrà affidata a te, sarà molto cattiva. Ti odierà a morte, ne sono sicura. Vorrà la tua testa appesa alla parete e cercherà in ogni modo di disobbedirti. Se le dirai blu, lei ti risponderà rosso. Se le chiederai su, lei scenderà giù. E sarà fredda, Brooke, sarà molto fredda. Non mostrerà mai apertamente il suo dolore, se tu non la spronerai a farlo. Ma fidati, ne varrà la pena. Quella ragazza non merita tutto questo, Brooke, mi sono resa conto che molte delle mie decisioni si sono ripercosse su di lei. Non ho potuto fare altrimenti, l'ho trasformata in una custode di cuori, e sebbene da una parte ne sia felice, a volte ho paura che nel tentativo di custodire gli altri dimentichi di proteggere e amare se stessa.
So che questa è una richiesta egoistica, Brooke, che forse faticherai ad accettare, ma ascolta questa mia ultima preghiera. Nel corso della mia vita, ho preso tante decisioni discutibili, ho fatto tanti errori, e anche Sasha e Luke lo sono stati. Non lo nego, non ero pronta per diventare una madre, non li ho cresciuti come si dovrebbero crescere per davvero dei figli.
Ma sai una cosa, Brooke? Non me ne pento. Se tornassi indietro, rifarei tutto allo stesso modo. Sasha e Luke sono stati degli errori, è vero, il mio sbaglio più grande, ma allo stesso modo,l sono stati il mio sbaglio migliore. Lo sbaglio più meraviglioso. Lo sbaglio più straordinario.
Spero che anche a loro possa piacere questo errore. Spero che commettano errori proprio come me e che li amino, proprio come me. E spero che tu possa aiutarli e insegnargli a farlo.
Ma soprattutto... spero che non si pentano mai, mai e poi mai, di esser venuti al mondo.
Perché io non me ne sono mai pentita.
No, mamma, non me ne pento, lo giuro.
Non me ne pento.
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