La vendetta di Stoccafisso (parte due)
Hanno vinto. I Tigers o come diavolo si chiamano hanno avuto una vittoria schiacciante e proseguiranno il campionato. Alla fine della partita la gente ha iniziato a urlare come se avessero conquistato il Super Bowl, Sophia ha rischiato di strozzarmi fra gli abbracci e l'entusiasmo generale e Luke mi ha resa temporaneamente sorda per via delle sue urla. Con l'aggiunta di aver appena subìto una vendetta umiliante da uno Stoccafisso il mio stato d'animo è alquanto patetico, e la richiesta da parte di Sophia di partecipare al party nel bosco, organizzato per festeggiare questo traguardo, non fa altro che peggiorare il mio umore.
Vorrei farle notare che sono alquanto disperata, che ho passato fin troppo tempo in mezzo alla gente a fingermi una ragazza qualsiasi come tutti gli altri, e non una misantropa pazza che vorrebbe uccidere tutti, e che se continuassi rischierei di morire in quanto sto andando contro la mia natura, ma gli occhi di Luke hanno già segnato la mia condanna a morte. Vuole andarci, glielo leggo in faccia. Una festa. Cibo. Marshmallow bruciati. Popcorn. Persone con cui poter stringere amicizia. Troppo invitante perché possa resistervi. Mi guarda e sa già che non potrò dirgli di no, lui non ha mai partecipato a questo genere di eventi, nessuno lo aveva mai invitato, nessuno voleva al suo fianco la compagnia di un ragazzo down.
<<Andrà tutto bene, Sasha>> mi sussurra all'orecchio <<posso farcela. Luke è forte.>>
Ho annuito, non sono riuscita a fare altro, ma è stato come strapparmi da sola un pezzo di cuore. Non so perché l'abbia fatto, nella mia vita non ci sono mai stati momenti in cui potevo stare tranquilla. La costante, distruttiva ansia che qualcosa potesse andare storto mi ha corrosa fino a lasciarmi senza fiato. E dopo la morte della mamma queste emozioni sono solo peggiorate. Non sono abituata a tutte queste fortune, ho come l'impressione che il Karma stia solo aspettando l'occasione giusta per tirare via il tappeto sotto i miei piedi.
Immagino tutto questo sia solo il frutto della mia paura. Proteggi. Custodisci. Ferisci. Il mio mantra ha smesso di essere funzionante da troppo tempo, non so come comportarmi senza di esso, e non so quanto ancora possa sopravvivere prima di esser costretta ad usarlo di nuovo. Ma lascio che Luke si diverta. Almeno una volta. E Dio, ti prego, ti prego, ti prego, fa' che non sia uno dei miei tanti errori.
Sophia mi chiede se sto bene, le rispondo che sì, sono okay. Lei non sembra convinta, e nemmeno Luke, e io mi sforzo di sorridere e dico che devo andare in bagno.
Quando esco, sono più tranquilla del solito. Anche questo mi spaventa. La tranquillità è per quelli che possono permettersi il lusso di pensare che il domani sia positivo. La mamma diceva sempre che un giorno anche noi avremmo potuto tirare un sospiro di sollievo. Vorrei tanto che lei se lo fosse concesso, almeno il secondo prima della sua morte.
All'uscita dei bagni pubblici ci sono un gruppo di ragazzi che stanno piangendo, immagino siano i tizi della squadra avversaria, quelli che hanno perso. Mi dispiacerebbe per loro, se non fosse che non me ne frega niente. L'unico che non piange è quello che li consola, quello che dà pacche sulle spalle e che mi fissa come se mi avesse già vista. Occhi azzurri, capelli corvini e barba incolta. Non è affascinante, è l'esatto opposto: virile e minaccioso. Bello nella sua cavernosità, ricorda più un motociclista, con quei capelli incolto che raggiungono le sue spalle e quella barba da trentenne acculturato. <<La fidanzata di Aaron King>> dichiara alla fine.
<<Non sono la fidanzata di nessuno>> rispondo io.
I tizi che piangono smettono di autocommiserarsi e mi guardano con una nuova luce. Hanno capito da che parte stanno e ora mi osservano con la stessa diffidenza che avrebbe un agente dell'FBI di fronte a una spia russa. <<Allora la sua scopamica>> ribatte il motociclista, le sue spalle ampie sembrano sul punto di strappare la maglietta a mezze maniche con il numero 1 stampato sopra.
<<Nemmeno quello.>>
Sta cercando di dare l'aria di bravo ragazzo, ma è come un barbone che tenta di fingersi un milionario. È evidente che sotto quel sorrisetto ammaliante e educato si nasconda un mascalzone con i fiocchi. La maggior parte dei fidanzati di mia madre era così, perciò mi riesce facile riconoscerli. Si avvicina a me, io resto ferma e mi asciugo le mani con la mia felpa sporca e sformata. <<Non avrei mai pensato che un King potesse andare dietro a una come te.>>
<<Una come me? Spiegati meglio, hipster.>>
Scoppia a ridere. La sua voce è profonda, baritona e cavernosa, l'esatto opposto di quella di Aaron, raffinata ed elegante. Mai avrei creduto che un giorno avrei preferito uno Stoccafisso a un tizio come lui. Che mi stia affezionando? Dio, spero davvero non sia così. Sarebbe un grave errore, conosco abbastanza bene la famiglia King da sapere che infatuarmi o provare dei sentimenti confusi nei confronti di uno dei loro membri mi spezzerebbe il cuore. Sempre che me ne sia rimasto uno. <<Sì, insomma, una come te. Capelli incolti, faccia struccata. Me lo immaginavo più il tipo che scopa solo con le tizie alla Megan Fox.>>
<<Be', le mie tette sono sicuramente alla Megan Fox. Forse anche meglio.>> La mia quinta di seno provoca più problemi che altro, ma per lo meno è una quinta di tutto rispetto che molte ragazze piatte come una tavola invidiano. Non che mi serva a molto, flirtare non è una delle mie qualità. <<Jack Valentine?>>
<<Vedo che sono famoso.>>
<<No, Sophia mi ha detto che sei un arrogante figlio di puttana che odia i King. Non c'è voluto molto per fare due più due.>>
<<Quindi adesso la principessa si è trovata pure l'amichetta del cuore?>>
Ora è il mio turno di scoppiare in una fragorosa risata. <<Fidati, definirmi "amica del cuore" di qualcuno è più che ridicolo. Sono solo una tizia che a quanto pare gli sta simpatica, e anche loro non sono male.>>
<<Per questo ti scopi il maggiore?>>
<<Chi? Stoccafisso?>>
Jack strabuzza leggermente gli occhi nel sentire il soprannome che ho dato ad Aaron. <<Te l'ho detto, non me lo scopo. Mi ha baciata per vendicarsi.>>
<<Vendicarsi?>> ripete perplesso.
<<Perché io ho baciato lui per vendicarmi della sua ex>> affermo convinta, mentre il gruppetto di tre ragazzi mi squadra come se avessero appena scoperto come nascono i bambini.
<<Cosa diavolo ci fa una come te nella Star High School Academy?>>
Le sue parole sono imperlate di curiosità, ha un accento profondo e marcato, e lo riconosco, è l'accento di chi ha vissuto nei bassi borghi, nei luoghi dove parlare senza insultare non viene considerato parlare. Non mi sorprende che odi i King, anche lui, proprio come me, non deve avere una vita economicamente stabile. Lo si può vedere dal modo in cui si comporta, dalle parole che usa, e dal suo atteggiamento di chi sa come ruota il mondo. Tutto è lecito per poter guadagnare qualcosa, anche solo la dignità perduta. <<Hanno ammazzato mia madre>> rispondo <<e ora vivo con il mio zio ultraricco. Ecco come cosa diavolo ci fa una come me qui.>>
<<Non sembri una riccona.>>
<<E tu non sembri un cretino, ma ti stai comportando come tale>> alzo lo sguardo così da incontrare i suoi occhi <<ora vuoi smetterla di rompermi i coglioni o devo continuare a lasciarti credere che succhi il cazzo di Stoccafisso?>>
Fa un mezzo sorriso, un sorriso a mezza luna, sul suo labbro superiore noto una piccola cicatrice verticale, il naso è leggermente storto, come se qualcuno gli avesse dato una pallonata. Dietro di lui, i suoi compagni ci guardano e basta. <<Se vuoi vendicarti su un King lo puoi fare con me>> aggiunge, avvicinando il suo sguardo al mio <<Pensi che a loro interessi qualcosa di te, dolcezza? Non ci sperare. Possono permettersi di distribuire carità a tutti quelli che vogliono, per apparire dei santi, proprio come hanno fatto con te e quel ragazzo down che ti stava accanto in platea.>>
Il colpo parte prima che possa fermarlo, è la rabbia che è salita e non sono riuscita a trattenere. Il pugno colpisce la sua mascella con una forza inaudita, ma lo scontro fra le mie nocche e la sua guancia è più doloroso del previsto, non cade a terra, ma indietreggia stupefatto, i suoi due amici schizzano in piedi, pronti a intervenire, non che me ne importi qualcosa, riesco a sentire il cuore pulsare velocemente, il sangue affluire al cervello fino a farlo impazzire. È l'ira, il mostro che mi divora, afferro la sua stupida maglia per il collo e lo guardo, ma non riesco a vederlo, la rabbia mi acceca. <<Quello stupido caso di carità che hai appena citato è mio fratello>> sibilo fra i denti <<e nessuno dei fratelli King si è mai permesso di insultarlo, pur essendo dei raccomandati di merda, come li definisci tu. Prova di nuovo a parlare di Luke in questo modo e ti farò vedere quanta poca carità posso offrire a gente come te.>>
Una mano sulla spalla mi blocca prima che lui faccia qualcosa o io faccia qualcosa. Riconosco questo tocco, lo riconoscerei anche da cieca, e non ho bisogno di voltarmi per scoprire a chi appartiene. Forse l'ultima persona che dovrebbe starmi affianco, ma anche l'unica che in questo momento voglio accanto. <<Sta' lontano da lei, Valentine>> la voce di Aaron è fredda e tagliente come i graffi di un gatto sulla pelle immacolata di un bambino. Mi allontana da Jack Valentine, il braccio disteso davanti al mio torace con fare protettivo.
L'Hipster scoppia a ridere ancora, fa' un cenno ai suoi amici di stare tranquilli e non dare di matto. <<Te ne sei trovata una buona, King>> gli dice con sincero apprezzamento <<e io che credevo ti piacessero solo le principessine come tua sorella.>>
<<Tappati quella fogna.>>
Credo sia la prima volta che lo sento imprecare in questo modo, d'altro canto, mantiene la sua faccia minacciosa e impassibile anche in questo momento di tensione. Merda, a volte vorrei potere avere anche io una faccia simile. <<Vieni con me, Sasha>> aggiunge, rivolgendosi alla sottoscritta.
<<Andate a scopare?>> ci prende in giro uno dei tizi. <<Volete che vi diamo una mano?>>
<<Spiacente, a me piacciono solo gli uccelli grossi, non i grissini>> replico tagliente, tirando fuori il mio sorriso più affabile.
<<Stai bene?>> mi domanda Aaron, la mano che stringe la mia, arrossata per il pugno violento.
<<Sì, tranquillo.>>
<<Uhh, i due piccioncini>> Jack scoppia a ridere, mentre si massaggia la mascella già violacea. <<Sto per iniziare a vomitare cuori.>>
<<Vuoi che ti prenda a calci in culo, Valentine?>> risponde Aaron, la voce più tagliente di una scheggia di vetro. <<Perché non ho problemi a farlo.>>
Effettivamente sarebbe divertente vedere questi due energumeni darsele di santa ragione, ma io e Aaron siamo in netta minoranza, due contro tre, e a meno che non trovi un'arma potente – tipo una pistola – le possibilità di vittoria sono alquanto scarse. <<Mai sia che io faccia qualcosa alla tua innamorata, King>> ridacchia lui, <<e comunque, ha un gancio destro invidiabile.>>
Il corpo di Aaron si contrae visibilmente per mantenere la calma, la sua tattica di paralizzarsi sul posto e rilasciare tutte le emozioni negative funziona alla perfezione come sempre. Mi stringe la mano ancora dolorante e mi trascina lontano dal trio dei deficienti, che scoppiano a ridere, probabilmente interpretando la sua mossa come un atto di codardia.
Quando finalmente siamo lontani, ci fermiamo dietro gli spalti ora vuoti dello stadio. E ora che il momento di panico è finito, posso lasciarmi andare a un'attenta osservazione. Nessuna divisa e nessuna felpa, oggi camicia bianca rigorosamente stirata, cravatta nera legata malissimo e pantaloni dello stesso colore. Ignoro volutamente le scarpe di Padra, se le vedessi mi ritroverei a fare il tifo per Hipster.
<<Ti sei fatta male>> sentenzia lui alla fine, con voce solenne mentre scruta le mie nocche sbucciate <<dobbiamo andare in infermeria a...>>
<<Tranquillo>> lo blocco, e indico il mio zaino <<sta' tutto qua dentro.>>
Lui sbarra gli occhi, ma non sembra poi così sorpreso, ormai mi conosce abbastanza da sapere che mi preparo sempre a ogni possibile imprevisto. Afferra il mio zaino e tira fuori il kit salva vita per Luke, che contiene cerotti, acqua ossigenata, aspirina, pillole per la tachicardia di mio fratello, garze e siringhe sterilizzate. <<Sei...>> un lieve sorriso rischia di attraversare le sue labbra quando scruta il contenuto del kit. <<E' proprio da te.>>
<<Hai intenzione di gongolarti per molto? Hai già avuto la tua vendetta, e oggi ho pure difeso te e la tua famiglia da un trio di idioti, come minimo merito di esser curata come se fossi la tua regina.>>
Tampona le ferite con l'ovatta bagnata dall'acqua ossigenata, avverto un leggero bruciore che fa tremare le mie dita, ma la presa salda della sua mano basta per accalorare tutto quanto, incluso il mio corpo. Oddio, sto diventando una di quelle adolescenti che si eccitano quando vengono salvate dal Macho Man di turno, e questo non mi piace affatto. Mi ha baciato, e nemmeno per bene, un casto bacio sulle labbra, un timbro. Niente di più, niente di meno. Non abbiamo giocato con le nostre lingue, non c'è stato nessuno scambio di saliva e le nostre tonsille non si sono ancora toccate, perciò tutta questa eccitazione non ha senso. Meglio tenere le cose in chiaro: <<Sai, io non sono una di quelle ragazzine, hai presente, no? Le principessine che devono esser salvate dal cavaliere. Posso cavarmela da sola, non c'è bisogno che tu venga a salvarmi ogni volta col tuo prode e fiero cavallo alato.>>
Un altro sorriso sfugge alle sue labbra, ultimamente capita spesso, che si stia di nuovo ammalando? <<La tua faccia da Stoccafisso sta scomparendo col passare dei giorni, mi sto preoccupando.>>
<<E' colpa tua, non riesco a restare impassibile quando sono in tua compagnia. Averti accanto è una specie di cura per la mia faccia da Stoccafisso, smuovi tutto, Sasha. Mari, monti, e anche il mio autocontrollo.>>
Mi irrigidisco, le insinuazioni di questa frase mi spaventano molto. Non dovrebbero. Non devo avere paura. È solo... un amico, immagino. Un amico che si sta prendendo cura di un'amica. Basta così. <<Credo di aver sbagliato>> sussurro alla fine.
<<In cosa?>> le sue palpebre si sollevano e i suoi occhi mi divorano con ferocia.
<<Non avrei dovuto avvicinarmi a voi King.>>
<<Perché?>>
Mi irrigidisco ancora, alla Stoccafisso, per l'appunto, e trattengo il respiro. <<Da quando ho iniziato a frequentarvi ho... ho perso di vista il mio obiettivo. Io sono una custode di cuori. Del cuore di Luke, per la precisione, e di nessun altro. E invece ora eccomi qui, a difendervi da un idiota hipster che vi considera dei raccomandati. È tutto sbagliato. Non dovrei farlo, dovrei pensare solo a...>>
<<Sasha>> mi ferma lui, lascia andare la mia mano e sorride. Un lento, dolce e carismatico sorriso che basta per provocarmi una fitta al petto. E vorrei morire, vorrei morire per davvero, adesso, in questo momento. Questi sentimenti non mi appartengono, non si addicono a Sasha Porter, custode di cuori e Lady Killer, a una ragazza che non avrà mai un futuro roseo e pieno di opportunità. Ma non riesco a frenarli, non so come bloccarli, per la prima volta in tutta la mia vita sto mettendo in dubbio le mie decisioni, e questo mi spaventa a morte. <<Tu non sei una custode di cuori.>>
<<Sì, invece.>>
<<No. Tu sei Aleksandra Porter. E basta. Sei Sasha. Ragazza pazza che picchia la gente, dall'atteggiamento discutibile e la battuta facile. Sei volgare, sociopatica e menefreghista. Non sei una custode di cuori. Sei Sasha. Punto.>>
Qualunque altra persona al mondo non capirebbe l'importanza che hanno per me queste parole, non capirebbe minimamente quanto incredibile e piacevole sia sentirmele dire, poter metter fine a tutto quanto, anche solo momentaneamente. Mi sento egoista, mi sento crudele, mi sento una persona orribile. <<Dovrei pensare a Luke>> sussurro a bassa voce <<lui è tutto quello che mi rimane. Da quando la mamma non c'è più...>>
<<Lo so, ti stai prendendo cura di lui, e lo stai facendo egregiamente, te lo assicuro. Ma questo non significa che tu debba privarti di ogni piacere della vita. È giusto che ti crei i tuoi spazi, che viva nel tuo mondo. Tuo fratello deve essere un compagno della tua vita, non un peso che ti devi trascinare ovunque.>>
Inspiro. <<Luke non è...>>
<<Lo so che non lo è, Sasha, sei tu che lo tratti in questo modo.>>
<<Non è mia...>>
<<Lo so che non è tua intenzione, ma nel tentativo di proteggerlo sempre e comunque da ogni possibile pericolo ti stai scavando la fossa da sola.>>
Aggrotto la fronte e scosto la mano. <<Ah, molto gentile, Stoccafisso, sei bravo a leggere la mente e a fare il mio psicologo. Che altro mi sai dire? Cosa sto pensando in questo momento? Ti do un suggerimento, inizia con la "v" e finisce con "affanculo"!>>
Lui sospira e richiude il kit salva vita dentro lo zaino, che lascia cadere per terra inavvertitamente. <<Non voglio farti arrabbiare, Sasha, sto solo dicendo quello che penso, e so per certo che tu sai che le mie non sono frottole.>>
<<Cos'altro dovrei fare?>> domando, più angosciata di quanto avrei voluto. <<Mamma è morta, Aaron, e non tornerà più indietro. Luke è tutto quello che mi rimane. Non voglio perderlo come ho perso lei. Se ti dessero l'opportunità di poter riavere Andrew affianco, non faresti di tutto per poterlo custodire?>>
<<Andrew è morto, Sasha.>>
<<E tutti voi King vi attribuite la colpa per questo!>> esclamo, facendolo sussultare. Punta lo sguardo sulle sue scarpe, dichiarando così la sua colpevolezza. <<Lo vedi? Voi fareste esattamente la stessa cosa! Anzi, lo state facendo ancora adesso! Non lasciate che nessuno vi si avvicini, ve ne state sempre per i fatti vostri! Continuate a fingere di stare bene, proprio come me! E tu vuoi venirmi a dire come vivere? Lo so che è sbagliato, lo so che mi sto distruggendo. Ma io sono una custode di cuori, lo sono sempre stata, e se dovessi smettere di esserlo ne morirei!>>
<<No!>> ribatte. <<E' vero, è colpa nostra! È vero, Andrew si è ammazzato, e se solo potessi tornare indietro nel tempo farei di tutto per potergli far cambiare idea. Si è ammazzato perché non siamo riusciti a confortarlo e non siamo riusciti a capire quanto stesse male. E hai ragione, né io né Sophia né Bill abbiamo voluto avere a che fare con altre persone da allora. Non voglio far soffrire qualcun altro, non voglio che un'altra persona stia male perché è al nostro fianco. Ma non ha senso! Che senso ha ignorare tutto il mondo e lasciarsi consumare dal desiderio di autoconservazione? E benchè evidentemente non ti sia ancora chiaro, da quando sei entrata nelle nostre vite non siamo più riusciti a ignorarti, hai scombussolato tutto, Sasha, tutto quanto! Prima eravamo solo noi tre, a disperarci a vicenda e a confortarci a vicenda, poi sei arrivata tu, ci hai sfidati, ci hai ignorati e ci hai detto cose che nessuno prima d'ora ci aveva detto, e ci hai conquistati col tuo linguaggio volgare, con la tua etica discutibile, e con l'affetto che provi per tuo fratello. E sì, forse è stato uno sbaglio e forse non dovremmo farlo, ma Cristo, sono veramente stanco di dover pensare a tutti i possibili errori che posso combinare in futuro. So che ci saranno e so che potranno far male, ma che senso ha vivere se devo controllare ogni passo, ogni mia mossa?>>
Mi mordo la lingua, trattenermi dal dirgli la verità, il sospetto che Andrew non sia veramente morto suicidandosi, è difficile, è agonizzante, soprattutto dopo aver visto la disperazione nei suoi occhi, il supplizio che nasconde il suo sguardo. Cerco di riprendere un contegno, di tornare a respirare normalmente, e mi trovo a domandare: <<Valentine è uno di quelli che odiava Andrew?>>
<<Cosa? No. È solo... un idiota. Lui non c'entra niente con Andrew. La gente che odiava Andrew era...>> si passa una mano sul viso e sospira. <<Parecchie persone. Soprattutto i ragazzi. Non sopportavano che stesse con Sophia. Alex Reynolds una volta...>> si blocca di nuovo. <<Lui è quello che più di tutti lo tormentava.>>
<<Non... non mi sembra di aver mai sentito questo nome>> mormoro alla fine.
<<Non sta più in questa scuola. Dopo la morte di Andrew io e Bill....>> si ferma ancora, prende un grosso respiro e irrigidisce le sue spalle. <<Siamo andati a casa sua. Gli abbiamo detto chiaramente cosa gli sarebbe successo se avesse di nuovo messo piede dentro la scuola.>>
Benchè non ci sia nulla da ridere, mi sfugge un sorriso. <<E poi ero io quella disgustosa?>>
<<Non gli ho spaccato una mazza da baseball in testa, Sasha.>>
<<E questo dimostra che sei sicuramente una persona migliore di me.>> Mi stringo nelle spalle.
<<Non saprei.>>
<<Non ti basta pensare a come governate la scuola? A come impedite che quei fenomeni di bullismo si ripetano?>>
<<Non è stata un'idea mia, ma di Sophia>> ammette, stringendo le mani in pugni serrati. <<Quando siamo entrati nella scuola, la competitività si era trasformata in una lotta all'ultimo sangue. Andrew non era l'unica vittima delle angherie di quelle persone. Anche Emily Elaister, e la sua amica Avery, lo erano, sai?>>
Oh, non me lo aspettavo. Emily la bastarda vittima di bullismo? Immagino sia uno di quei casi dove la preda si trasforma in un predatore. Vorrei poterla biasimare per questo, ma non posso, perciò mi limito ad archiviare l'informazione su Alex Reynolds, così che possa informarmi su di lui insieme a Pamela. <<Lo vedi?>> esclamo alla fine, con una risata amara. <<Io non riuscirei mai ad essere così altruista. Io sono egoista, ho picchiato a sangue un ragazzo che odiavo e che mi odiava. Ho partecipato a risse. Ho rubato. Sono una persona terribile, Aaron, e non capisco ancora come sia possibile che voi King mi giriate attorno. Non siete come me, voi volete pace, volete far stare bene gli altri, mentre io desidero solo tranquillità per me stessa e Luke, e non mi interesso ai danni che provoco a chi mi circonda se significa ottenere la pace per cui agogno.>>
<<Altruisti? Per davvero? Guardaci, Sasha. È come hai detto tu: un'illusione. La gente ci rispetta, ma non ci conosce per davvero, vorrebbe stare al nostro fianco, ma glielo impediamo. Il mio migliore amico si è buttato da una fottuta finestra perché non ho compreso il suo dolore.>>
<<Non l'hai ammazzato tu, Aaron.>>
<<E' come se lo avessi fatto>> stavolta, quando parla, la sua voce trema, distoglie lo sguardo e si passa una mano fra i capelli. <<Sapevo quello che stava succedendo, ho provato a fermarli, ma non ci sono riuscito. Tu non hai idea di quello che gli facevano ogni giorno, Sasha. Una volta lo hanno rinchiuso in un armadietto per ben sei ore, un'altra hanno riempito il suo tavolo di insulti, e Dio solo sa quante volte è stato picchiato. E vogliamo parlare di Emily? Lei è una stronza, ma non dovrei sorprendermene così tanto, visto come la trattavano all'inizio le cheerleader, lei e la sua amica. Ogni giorno insultate nel peggiore dei modi solo perché non riuscivano a farsi accettare dal gruppo. Andrew non mi diceva mai niente, continuava a ripetere di stare bene, che ce l'avrebbe fatta, che era sicuro di poterlo sostenere. E io come un coglione gli dicevo soltanto che doveva ignorarli e lasciarsi passare tutto addosso, che un giorno sarebbe finita, che se non ci faceva caso gli insulti non lo avrebbero scalfito. Perciò sì, Sasha, non avrò quasi ammazzato un cretino, ma ho ignorato la sofferenza di un mio amico. Chi è il vero mostro, qua? Tu o io? Perché tu sei onesta, e difendi a spada tratta, non hai paura di metterti in mostra se per un bene superiore, non hai paura di farti ferire dagli altri, e io, invece? Io me ne stavo in disparte perché non mi interessavo di ciò e di chi mi circondavo, volevo semplicemente farmi gli affari miei. E guarda a cosa mi ha portato il mio essere un cazzo di Stoccafisso!>>
Il dolore è percepibile nell'aria, tutti questi ricordi rievocati stanno solo provocando altre cicatrici per cui non esisterà mai una cura. Il mio stomaco si gonfia per il desiderio di rivelargli tutto, dei sospetti che io e Pamela abbiamo, ma ho fatto una promessa, un giuramento, e lo devo mantenere. Deglutisco rumorosamente. <<Non voglio più commettere lo stesso errore>> sussurra a voce bassa <<non voglio più starmene in disparte a guardare mentre una persona a cui tengo viene umiliata e derisa. Lo so che non sei una principessa che deve essere salvata, Sasha, lo so che sai come difenderti e so anche che la tua dote più grande è quella di affrontare tutti a testa alta. Ma se posso fare qualcosa per aiutarti, lo farò. Se posso starti accanto e impedire che ti facciano qualcosa, ti starò accanto. Anche se significa portarti ad odiarmi, anche se implica il continuare a battibeccare su stronzate. Anche se sono costretto ad accettare la tua amicizia con Pamela. Non voglio che tu sia una custode di cuori, Sasha, voglio che tu sia una persona, Aleksandra Porter, e basta. Voglio che tu resti chi sei, che non cambi, che non ti strazi per proteggere tuo fratello. E vorrei tante altre cose che non ti posso dire perché non sei pronta a sentirle. Ma non mi fermerò, e non mi fermerai nemmeno tu. Puoi alzare tutte le barriere che vuoi, Sasha, sfoderare tutte le tue armi, allontanarmi, prendermi per il culo, o umiliarmi. Non ho intenzione di arrendermi. Ho commesso questo errore una volta, e ora non ho nessuna intenzione di ripeterlo. Sei importante, mettitelo in testa. Non solo per me, ma anche per Sophia, anche per Bill. Il tuo mondo ora non è costituito solamente da te e Luke.>>
Si avvicina a me, piano, lentamente, con intenzioni così evidenti che il suo sguardo diventa quasi feroce, e io mi ritraggo, fino a che la mia schiena non va a sbattere contro il muro degli spalti. E ho paura, ma non di lui, ho paura di tutte queste emozioni che si stanno agglomerando nello stomaco. Cosa devo fare? Cosa devo pensare? Non lo so. Non mi è mai capitato di esser desiderata da qualcuno. Non mi è mai successo che a qualcuno oltre a mia madre e a Luke importasse così tanto di me. Nessuno si è mai preoccupato di scavare a fondo, di guardare oltre la superficie. E mi andava bene, mi andava bene così. Ma, Dio, è così bello poter finalmente arrendermi, così bello sapere che qualcun altro può sorreggermi quando sto male, esser consapevole di potermi rilassare, anche solo per un attimo, senza il rischio di ferire Luke, la mia famiglia.
Le lacrime rigano le mie guance prima che possa o voglia fermarle, prendo aria a fatica quando percepisco la fresca brezza del suo respiro che mi scalda il viso. <<Ti sei già vendicato, ricordi?>> gli faccio presente.
<<Te l'avevo detto, la mia vendetta non è ancora finita.>>
<<Quindi continuare a girarmi attorno nonostante io non lo voglia sarebbe la tua vendetta?>>
<<Ah-ah>> conferma, le labbra a un millimetro di distanza <<insieme a questa.>>
Quando la sua bocca si posa sulla mia, non posso fare nient'altro se non chiudere gli occhi. Una pessima decisione, dico davvero. Chiudere gli occhi quando uno sta per baciarti vuol dire che sei d'accordo, è un permesso che dai implicitamente, una regola non scritta. Maledizione, non avrei dovuto, ma l'ho fatto, e la cosa peggiore è che non me ne pento. Non una singola cellula nel mio corpo sembra rimproverarsi per questa decisione, perché le sue labbra sono calde, morbide e al tempo stesso solide, un piccolo paradiso nell'inferno in cui vivo. E non è il bacio a stampo di prima, non è il bacio appena percepibile che ci siamo scambiati poche ore fa o quando io mi sono vendicata con Emily Elaister. Questo non è un bacio, è molto di più, qualcosa a cui non so dare un nome e un cognome. È un tocco speciale, è magia, le sue labbra si muovono con decisione e compensano la mia mancanza di esperienza con dolci e delicati tocchi che mi fanno venire la pelle d'oca. Trasalisco, o forse è lui a farlo, non lo so, non lo so davvero.
Ma so che questo è un bacio importante. Uno di quelli seri, è il bacio che si dà a una persona vera, non a una custode, men che meno a una custode di cuori. Mi bacia, ed è come se il mondo attorno a noi fosse esploso lasciandoci come unici superstiti. Mi tocca, mi sfiora, delicato, gentile, con una dolcezza inaudita per un uomo di un metro e novanta dalle spalle ampie e il corpo possente. Le sue labbra schiudono le mie, avverto il leggero e timido tocco della sua lingua. Rallento, freno. <<Sai...>> mormoro a bassa voce <<... non sono davvero brava con queste cose>> ammetto alla fine. <<Nel senso, faccio davvero schifo.>>
<<Sai qual è la cosa bella di questa vendetta, Sasha Porter?>> mi domanda lui, a voce bassa.
<<Che ti provoca un'erezione?>> saremo pure in un momento delicato, ma la battuta volgare è sempre importante.
<<No, idiota. Che è una vendetta istruttiva. Posso insegnartela quante volte vuoi, e tu potrai metterla in pratica altrettante volte.>>
<<Così che possa andare in giro a baciare un qualsiasi ragazzo?>>
<<Non un qualsiasi ragazzo>> ribatte, le ciglia che coprono i suoi occhi verdi e luccicanti. <<Me.>>
Quando mi bacia di nuovo, fatico a respirare, sento il cuore scoppiare, ho paura, e vorrei fermarmi, ma proprio non ci riesco. Per una volta, una soltanto, voglio concedermi questo lusso, voglio permettermi questo piacere. Lo bacio, o lui bacia me, o ci baciamo a vicenda, ed è forte, è delicato, è brusco, è dolce. Mi bacia come se stesse per affogare e fossi l'unica fonte di aria disponibile. Dio, aveva ragione, questa è una vendetta molto istruttiva. Mi insegna, mi allena, la sua lingua scivola nella mia, la accarezza, traccia dei disegni invisibili che provocano migliaia di scintille nel mio corpo accaldato.
E' un errore, lo so. Un grosso errore. Non dovrei, non potrei. Smettila, basta, ma non posso fermarmi, sono così stanca di fingere, di ignorare.
E questo probabilmente, è il peggior errore della mia vita.
Ma per una volta... vaffanculo.
<<E' tutto okay>> mi sussurra lui. <<Va tutto bene, Sasha.>> Lo dice piano, lentamente, per assicurarmi che sì, è la decisione giusta, che sì, posso farcela per davvero. Le sue mani scivolano in alto, afferrano il mio volto con delicatezza e asciugano le lacrime con una dolcezza inaudita. Trattengono i fremiti del mio corpo, la paura che sto rilasciando inavvertitamente. <<Tutto okay>> ripete piano, delicato, e continua a dirlo per tutto il tempo, fra un bacio e l'altro, fra un tocco e l'altro, fino a quando la sua voce non scompare e le sue parole penetrano nella mia mente, così che possa crederci, così che possa prenderle per vere. Chiudo gli occhi e ricambio lentamente, mentre per la prima volta da non so quanto tempo lascio che il mio corpo si rilassi, che abbia quella pace tanto agognata e mai ottenuta.
E mi ritrovo a pensare, in questo momento di delirio, che ha ragione.
È tutto okay.
Tutto okay.
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