Filo spezzato
Pamela sembra appena uscita da un campo di concentramento. Indossa una tuta grigia che le sta addosso come un sacco della spazzatura, i capelli spettinati legati in una crocchia fatta palesemente per non far notare che non ha avuto il tempo di lavarsi, e gli occhi spalancati per lo spavento. <<Dov'è Sophia?>> gracchiai, con la voce rauca.
Bill interviene prima che io o Aaron possiamo anche solo pensare di intervenire. Il suo volto è deturpato dalla rabbia, le sue sopracciglia sono aggrottate, e quando sbatte la mano contro la parete, al lato sinistro della faccia di Pamela, lo fa con una furia violenta. <<Non sono affari tuoi! Perché diavolo sei qui?>>
<<L'ho chiamata io.>>
Per poco non cado a terra per la sorpresa. La voce di Aaron è ferma e sicura, così come i suoi occhi, che scrutano il volto sconvolto di Bill con la stessa tranquillità che riserva a me quando provo a dimostrargli che non sono del tutto pazza. <<Che cosa?>> strilla il suo gemello, gli occhi sbarrati. <<Sei per caso impazzito? Non hai chiamato i nostri genitori ma chiami questa piccola...>>
<<Bill>> interviene lui, fermandolo subito <<è giunto il momento che chiariamo le cose, qui e ora.>> Poi sospira, evidentemente stanco come tutti noi per questa situazione che è a tratti inquietante e a tratti semplicemente spaventosa. <<Sophia ha bisogno di Pam, e tu lo sai meglio di tutti noi.>>
<<No, diavolo, no!>> impreca Bill, allontanandosi dal soggetto in questione per avvicinarsi al fratello e afferrarlo per le spalle. <<Queste decisioni non le puoi prendere solo tu! Siamo una famiglia, o sbaglio? Non dovremmo...>>
<<Bill, guardati!>> esclama Aaron. <<Ogni volta che parliamo di Pamela vai in escandescenze, non sei in grado di ragionare lucidamente!>>
<<E tu sì?>> ribatte Ridarella, lasciandosi andare a una risata amara. <<Davvero, fratellone? Solo perché sei nato tre minuti prima di me questo non significa che tu sia più saggio.>>
Inarco un sopracciglio, per qualche motivo non sono affatto sorpresa di sapere che Aaron sia il maggiore e Bill il minore. Pamela, ancora appoggiata alla parete, si avvicina a passi veloci a me, e mi stringe in un abbraccio soffocante che, non nego, è piuttosto piacevole. <<State tutti bene?>> mi domanda lei, con un sussurro all'orecchio.
<<Sì, tranquilla>> le rispondo, dandole una pacca con la mano sulla schiena. <<Siamo sani e salvi.>>
<<Ti sei presa tanti pugni?>>
<<Ne ho dati altrettanti, non ti preoccupare per me>> la rassicuro. Lei annuisce e tira su col naso, per poi sciogliere l'abbraccio e guardarmi fra la disperazione e la paura. <<Sophia sta bene>> aggiungo poi, e posso scorgere esattamente il momento in cui il nervosismo abbandona il suo corpo. <<Si è solo fatta alcuni tagli alla gamba, ma nulla che un po' di bende e qualche antidolorifico non possa curare.>>
Al mio fianco, sento Aaron strillare: <<Bill,non iniziare a comportarti come un bambino! Devi smetterla di tenere il broncio e affrontare la realtà dei fatti!>>
<<Non spetta a te decidere come devo comportarmi!>>
<<Sì, se il tuo carattere provoca problemi alla nostra famiglia! Sophia sta male, lo hai capito? Non è colpa tua, nè di Pamela, né mia. Come ho già detto, la colpa è di tutti. E, proprio per questo, tutti quanti dovremmo fare del nostro meglio per aiutare nostra sorella. Inclusa Pamela.>> La voce di Aaron è monocorde, il suo sguardo inflessibile. La rigidità del suo corpo è arrivata a livelli inauditi. <<Bill>> dice alla fine, con un sospiro <<penso che tu e Pamela abbiate bisogno di parlare.>>
<<Cosa?>> gracchiano insieme sia lei che lui. Oddio, una coppietta di scemi. Mi batto una mano sulla fronte e sospiro.
<<Sì>> ripete Aaron, annuendo. <<Dovete parlarvi, chiarirvi, perché non tollererò mai più simili scenate in mia presenza, a costo di uccidervi entrambi. Sono stufo di questa situazione, la mia unica priorità è Sophia. E dovrebbe essere anche la vostra.>> Quando torna a guardarmi, mi stringo nelle spalle, e il suo sguardo si addolcisce.
<<Non ho alcuna intenzione di...>>
<<Perché no, Bill?>> lo blocca Pamela, le cui mani stanno tremando come delle foglie spazzate via dal vento. Non distoglie lo sguardo, lo fissa con una sicurezza a dir poco disarmante. Inspira dal naso con forza. <<Parliamo. Avanti, dimmi tutto quanto. Dimmi che mi odi. Dimmi che ho sbagliato. Dimmi che avrei dovuto dirvi tutto quanto sin dall'inizio. Di Andrew. Del ricatto. Delle foto. Del suicidio non suicidio. Forza, fallo!>> alza le braccia in un gesto di provocazione che non passa inosservato, una luce irritata balena negli occhi verdi di Bill. <<Sei sempre stato così bravo a ignorarmi negli ultimi due anni, ti sei per caso dimenticato come si insulta una persona?>>
<<Wow>> commento, appoggiando la mia spalla sinistra a quella destra di Aaron. <<Credo di capire cosa provi tu quando ti provoco apposta.>>
<<I tuoi commenti non sono idonei al momento>> è la sua risposta, ma vedo chiaramente l'angolo del suo labbro tremare per contenere un sorriso.
<<Forza, su, Bill!>> lo incita lei. <<Avanti! Vuoi che comincio io? Va bene! Sei un grande bastardo!>>
Il fischio d'ammirazione che parte dalle mie labbra è più che sincero, Aaron mi dà una gomitata. <<Sì!>> esclama Pamela. <<Sei un grande bastardo! Uno stronzo! Siamo stati amici d'infanzia da quando avevamo otto anni! E non ti sei mai neanche degnato di pensare che forse c'era un motivo se ho fatto quel che ho fatto! E sei incazzato con me perché non ti ho rivelato la verità! Davvero, Bill? Mi hai ignorata per più di due anni e ti aspettavi davvero che corressi subito fra le tue braccia a piangere il fantasma di mio fratello che è stato ammazzato da una pazza?>>
Il volto di Bill si tinge di rosso, fuoco puro che invade le sue vene. <<IO SAREI LO STRONZO?>> strilla a voce acuta. <<IO? PER DAVVERO? CHI E' CHE CI HA NASCOSTO LA VERITÀ PER TUTTO QUESTO TEMPO?>>
<<Be', scusami tanto se ho fatto quello che mi aveva chiesto Andrew, Bill!>> Pamela ha gli occhi spalancati, sembrano sul punto di caderle da un momento all'altro. <<Scusami se ho pensato che farmi odiare da voi sarebbe stato meglio che far sentire tua sorella in colpa per la morte di mio fratello! Mio fratello è morto! Il mio fratellone è morto, Bill! E quando ai funerali sono scoppiata in un mare di lacrime tu che cosa mi hai detto? Te lo ricordi, Bill?>> stridula a sua volta, con le lacrime che rigano le sue guance. Bill sbianca, impallidisce fino a diventar quasi trasparente, mentre il sangue affluisce sulle labbra di pamela. <<Forse tu non te lo ricordi, ma io sì! Me lo ricorderò per sempre! Mi ricorderò per sempre quelle fottutissime parole! Avresti dovuto buttarti tu da quella finestra, non Andrew.>>
Ridarella arretra, colpito dove più fa male, la spalla di Aaron si irrigidisce, segno che anche lui, pur non avendolo espresso ad alta voce, è stato attraversato da un simile pensiero. E non voglio né posso biasimarli per questo, con le convinzioni che avevano all'epoca un simile risentimento era più che comprensibile. Non giustificabile, ovvio, ma pur sempre comprensibile. Pamela si prende il volto fra le mani e inizia a singhiozzare sommessamente, attraversata dal pianto che ha trattenuto per un sacco di tempo. Troppo tempo. <<Mi dispiace! Mi dispiace se vi ho nascosto la verità! Mi dispiace se non mi sono fidata abbastanza di voi da dirvi tutto! Mi dispiace! Andrew era morto, e io non sapevo cosa fare! Ero appena diventata figlia unica e temevo che avrei portato Sophia a buttarsi a sua volta da quella fottutissima finestra se le avessi detto la verità! E non volevo attribuire un simile quantitativo di sensi di colpa anche su te e su Aaron! Non ce la facevo! Volevo riuscirci da sola! Volevo farcela da sola!>> La sua voce ora è rauca, a malapena umana, si asciuga il muco che cola dalle sue narici col dorso della mano in maniera tutt'altro che elegante. <<Mi andava bene essere odiata! Mi andava bene esser disprezzata! Mi sarebbe persino andato bene se voi mi aveste bullizzata per davvero, invece che aiutarmi impedendomi di parlare con gli stessi ragazzi che avevano distrutto la vita di mio fratello!>>
<<La situazione sta degenerando>> mormora Aaron, ancora rigido sul posto. Lo blocco per un braccio, impedendogli di intervenire. <<Sasha...>>
<<Lasciali fare, Stoccafisso>> gli rispondo. <<Si stanno solo dicendo quello che avrebbero dovuto e voluto dirsi un sacco di tempo fa.>>
Lui non sembra convinto, ma forse perché è stanco a sua volta e forse perché i sensi di colpa sono troppi perché possa contarli, rimane fermo, e posa il volto sopra il mio capo, sospirando per la frustrazione provocata da anni e anni di risentimento mai espresso verbalmente. <<Avresti dovuto dirmelo!>> sta strillando Bill. <<Avresti dovuto dirmelo sin da subito! Non a Aaron, non a Sophia, a me!>> in un gesto disperato, si batte la mano sul petto. <<Sapevi che avrei capito! Sapevi che ti avrei aiutata! Sapevi che...>>
<<Non potevo!>> lo blocca Pam. <<Non potevo! Lo vuoi capire? Non potevo! Lo avevo promesso ad Andrew! Non voleva che foste coinvolti in quella situazione! Non voleva che veniste a conoscenza della verità perché temeva avreste pensato fosse tutta colpa vostra! Lo avevo promesso a mio fratello prima che morisse! Non gli avrei mai fatto un torto simile, mai!>>
<<ANDREW E' MORTO!>>
<<LO SO BENISSIMO DA SOLA, COSA CREDI? NON SEI TU QUELLO CHE DEVE PASSARE DI FRONTE ALLA SUA CAMERA OGNI VOLTA CHE RITORNA IN CASA!>> Bill trasalisce nell'udire queste parole, Pamela, invece, resta immobile, le gambe che tremano, le lacrime che sgorgano, i singhiozzi che la scuotono. <<NON SEI TU QUELLO CHE OGNI GIORNO DEVE PARLARE CON DEI GENITORI CHE NON HANNO PIÙ ALCUNA VOGLIA DI VIVERE! NON SEI TU QUELLO CHE OGNI MALEDETTA MATTINA SI SVEGLIA E PENSA ANCORA CHE DEVE OCCUPARE IL BAGNO PER PRIMO! NON SEI TU QUELLO CHE QUANDO TORNA A CASA E URLA "SONO A CASA" NON RICEVE PIÙ IL SOLITO "BENTORNATA, SORELLINA!". NON SEI TU QUELLO CHE HA PERSO SUO FRATELLO PERCIÒ NON VENIRMI A DIRE CHE ANDREW E' MORTO PERCHÉ LO SO DA UN SACCO DI TEMPO CHE SE N'E' ANDATO E CHE NON TORNERÀ MAI PIÙ! ANDREW E' MORTO PER VOI QUANTO E' MORTO PER ME!>>
Il dolore è percepibile nell'aria, lo si ingerisce ad ogni respiro, e il silenzio teso di questa sala chiusa e silenziosa viene scandito come un orologio dai singhiozzi ripetuti di Pamela che è ormai del tutto crollata, che ha perso tutto e non ha ritrovato niente, se non la sua stessa disperazione, che vorrebbe cambiare il mondo, la vita, il tempo, ma che può soltanto biasimare se stessa e le sue scelte. <<Non volevo che Sophia provasse quello che stavo provando io! Non lo merita! Non se l'è mai meritato! Non è colpa sua se a scuola ce l'avevano con Andrew solo perché lei era innamorata di lui! Non è colpa sua se lei era una principessa e lui era il suo principe azzurro! Non è colpa sua se quella favola si è interrotta per sempre!>> si stringe in un abbraccio che è tutto fuorché consolatorio. <<Avrei voluto fare di più! Avrei voluto poter salvare tutti! Avrei voluto...>> si interrompe, scossa da questi singhiozzi che stridono nell'aria come un'unghia sulla lavagna. <<Cosa avrei... cosa avrei...>> la sua voce ora è più fievole, la sua disperazione più evidente. Crolla a terra scivolando, le braccia tese sopra il pavimento che si sta bagnando con le sue lacrime. <<Cosa avrei dovuto fare? Ditemelo, vi prego. Qual era la cosa giusta... da fare?>> balbetta a singhiozzi. <<Cosa... avrei... dovuto... fare...?>>
Bill non risponde, non può farlo, non sa farlo. Ma la sta guardando senza più sorriso e senza più furia. La guarda e basta. La guarda come guarderesti una stella cadente che sta scomparendo pian piano dalla tua vista. Quando si china su di lei e la guarda negli occhi, lei strilla: <<Devo parlare con Sophia! Devo farlo! Glielo devo! Lo devo a lei! Lo devo ad Andrew! Lo devo a me stessa! E' tutto quello che mi rimane!>> Le mani di lei si aggrappano sulle spalle di lui, il cui volto si è fatto più sconvolto, più sorpreso. <<Lasciatemelo fare, vi prego! Ne ho bisogno! Dopodiché potrete uccidermi, potrete umiliarmi e potrete odiarmi fino alla fine dei miei giorni! Ma permettetemi di parlare con Sophia! Di dirle che non è stata colpa sua! Che lui l'amava per davvero! Che l'ha sempre amata fino alla fine! Lasciate che mi arrabbi con lei per aver pensato che farsi del male fosse la cosa migliore per superare questo dolore!>>
Bill non risponde, ma lascia che lei posi il capo tremante sul suo petto, e lascia che le sue mani la stringano a sé, e che lei scoppi in un mare di lacrime e di dolore.
Il corpo di Aaron trema, accanto al mio, e quando lo guardo, mi rendo conto che sta nascondendo gli occhi con la sua grande mano. Che sta nascondendo le sue lacrime, quelle lacrime che né lui né Bill né Sophia si sono concessi per così tanto tempo.
Gli stringo con più forza il braccio, lui china di nuovo il capo sul mio, mi stringe in un abbraccio che mai avevo ricevuto da parte sua, prima d'ora. Singhiozza anche lui, piange anche lui. L'intensità di un simile momento è talmente alta da non poter esser descritta a parole. C'è così tanta rabbia, così tanta sofferenza, così tanti rimpianti... stiamo galleggiando in questa bolla riempita di errori, bugie e rancori, senza la più pallida idea di come riuscire a farla scoppiare. E ripenso, in questo momento, a quanto sciocche possiamo essere noi persone comuni, che agiamo prima di pensare, e pensiamo senza agire. E penso a questo corpo grande e grosso che trema fra le mie braccia, a questi singhiozzi che scuotono queste spalle che mi hanno strette a sé quando avevo perso mia madre, la sua collana, e che ora sembrano le spalle di un bambino che ha perso tutto.
<<E' tutto okay>> gli sussurro all'orecchio, intrecciando le mie braccia attorno questo corpo pieno di sensi colpa. <<Tutto okay. Siete stati bravissimi, tutti quanti.>>
***
<<Sasha>> la voce di Luke mi richiama dal mio letto, dove mi sono addormentata non appena sono ritornata a casa. Quando apro l'occhio la sveglia digitale sul comodino mi avverte che sono le quattro di notte. Sbatto le palpebre e mi stiracchio sul materasso dove anche Luke è sdraiato, proprio alla mia sinistra. <<Sasha, Sasha, Sasha.>>
<<Hmm...>> faccio fatica a rimanere concentrata sulla sua voce e a trovare la forza di alzare le palpebre. Quando finalmente riesco a focalizzare la mia vista, il suo dolce faccino appare ai miei occhi. <<Cosa c'è, Campione?>>
<<Sophia sta bene?>> mi domanda con preoccupazione. <<Non mi hai detto nulla sulle sue condizioni. Sta bene, vero, Sasha? Non si è fatta niente.>>
<<Hmmm...>> con un sbadiglio, alzo il mio piumone così che lui possa tuffarvisi dentro e sdraiarsi al mio fianco, stringendomi fra le sue braccia piccole e morbide. <<Sta bene, Campione, non ti preoccupare per lei, se la caverà.>>
<<Hmmm...>> lo sento grugnire, ma il sonno si è impossessato del mio corpo, e faccio fatica a seguire il filo logico del discorso. Quando mi costringo a riaprire gli occhi, noto la sua fronte corrucciata e la luce di preoccupazione che avvolge il suo sguardo. Ha sempre avuto questa costante paura delle ferite che le altre persone possono ricevere senza che lui non se ne accorga. <<Luke>>lo richiamo <<sta bene, fidati.>>
Abbiamo passato in ospedale praticamente quasi tutta la notte, in sala d'attesa, addormentati su quelle sedie scomode che hanno reso quadrato il mio sedere. Pamela, dopo quella discussione avuta con Bill, ha parlato con Aaron sulle condizioni di Sophia, per poi andare a trovarla da sola, senza la compagnia mia o di uno dei fratelli King.
Nessuno si è opposto a una simile decisione, nemmeno Ridarella, il cui volto sembrava esser stato privato del suo solito colorito umano.
<<Pamela ha parlato con Sophia>> gli spiego alla fine, accarezzandogli i morbidi capelli con le dita delle mani <<credo che l'abbia rimproverata.>>
<<Perché si è fatta male?>>
Annuisco lentamente. <<Hanno fatto pace, dopo.>>
Gli occhi luminosi di Luke si riempono di sommo gaudio nel sentire una simile notizia, la preoccupazione per i nostri nuovi amici deve averlo tenuto sveglio tutta la notte. Mi sfugge un sorriso e lo stringo a me, accoccolando la sua testa sul mio petto. <<Sei un piccolo idiota, Luke Andrew Porter.>>
<<Mai quanto te>> sghignazza lui, divertito. <<Pensi che Pamela e Sophia diventeranno di nuovo amiche, Sasha?>>
Ah, questa è una bella domanda. Una domanda a cui nemmeno io so dare una risposta, a differenza di quel che crede Luke. Quando Sophia è uscita dall'ospedale, sembrava stare molto meglio in confronto al giorno prima, non piangeva più e non era più in quello stato catatonico in cui l'avevamo ritrovata quando siamo scesi in salone. Sono piuttosto sicura che la chiacchierata avuta con Pamela sia stata il motivo principale per cui il suo volto non somigliava più a quello di uno zombie ed è riuscita a intrattenere una conversazione normale con tutti quanti.
Ma da qui a pensare che possano tornare amiche o, per lo meno, compagne di disavventure... è impossibile da prevedere. Il loro legame si è indubbiamente spezzato, anche se per cause nobili, un filo che è stato tagliato drasticamente dalle forbici della morte e della disperazione. E quel filo potrebbe esser ricucito, ma non sarà mai più lo stesso, non potrà mai tornare come prima. Potrebbe spezzarsi di nuovo, potrebbe esser tagliato di nuovo, potrebbe semplicemente non esistere più.
Scomparso, proprio come Andrew.
<<Non lo so, Campione>> ammetto con un sospiro. <<Ci sono cose che non si possono prevedere, purtroppo. Questa è una di quelle.>>
<<Hmmm>> lo sento mugugnare contro il mio petto, e mi sfugge un altro sorriso. Bacio con delicatezza il suo capo e mi metto più comoda sul cuscino. <<Sai, Sasha, penso che saremmo tutti più felici se invece di pensare sempre alle cose cattive pensassimo a quelle belle.>>
<<Dici?>>
<<Sì>> annuisce lui, per enfatizzare la sua convinzione. Il suo sguardo è così fiero e nobile da farmi emozionare. <<Tipo quando al vecchio liceo dicevano che ero stupido. Me lo dicevano, ed era una cosa brutta, però poi tu mi proteggevi. Ed era una cosa bella.>>
Le mie labbra si stendono ancor più in un sorriso. <<Sono pienamente d'accordo.>>
Luke sta praticamente saltando sul letto, è emozionato, è passato in modalità parlantina e non ha alcuna intenzione di fermarsi. <<O quando alla mamma dicevano che era una puttana. Era una cosa brutta. Ma poi tornava a casa e ci aiutava a finire i compiti e ci metteva a letto e ci cantava la canzone della buonanotte. Ed era una cosa bella.>>
<<Sì, è così.>>
<<O quando tu odiavi Sophia, Aaron e Bill, e li insultavi sempre.>>
<<Ehi! Io non li insultavo sempre>> mi affretto a precisare <<forse nella mia testa sì, ma non nella realtà, e non di fronte a loro, se lo avessi fatto adesso è altamente probabile che non saremmo nella situazione in cui siamo.>>
La bocca sottile di Luke si piega in un sorriso da bambino, un sorriso che ho sempre amato e sempre amerò. E' il sorriso di un uomo forte che è ancora capace di vedere le piccole meraviglie del mondo. Di un ragazzo che non sa niente sulla vita, ma sa tutto sull'amore. Sulle infinitesimali gioie quotidiane che ci circondano ogni giorno, ad ogni ora di ogni secondo. <<Però tu ora sei felice Sasha, e io sono felice che tu sei felice, perché hai degli amici e stai bene con Aaron.>>
<<Ed è una cosa bella?>> gli domando.
<<No>> risponde lui, scuotendo la testa. <<E' un miracolo.>>
<<Come, prego?>> esclamo, fingendomi profondamente offesa.
Luke ridacchia. <<Sasha con un fidanzato è come... come...>> si sofferma per riflettere attentamente al paragone. <<Come un maiale che vola. Non potrai mai crederci fino a quando non lo vedi di persona.>>
<<I maiali non volano, Luke!>>
<<Lo so, è una cosa brutta!>>
Mi metto a sedere sul letto, mentre lui continua a sghignazzarsela tutto felice e contento. <<Sai che cosa, Luke Andrew Porter? Questo è un oltraggio alla tua sorellona che ti ha insegnato a fare la pipì nel vasino e a scaccolarti senza che nessuno ti veda!>> lo richiamo, sforzandomi di apparire il più incazzata possibile. Ma non è che funzioni molto, perché è difficile riuscire a fingersi arrabbiati quando il tuo fratellino è una palla di zucchero che vorresti solo stringere a te. <<Guarda che mi vendico!>>
Luke sghignazza e si copre col mio cuscino, usandolo a mò di scudo. <<Non ci riuscirai, non ci riuscirai!>> canticchia con voce monocorde utilizzata apposta per sfottermi ancora di più. <<Scommetto che tu e Aaron vi baciate con la lingua!>> esclama poi, facendo sbucare la testa da sotto il cuscino con gli occhi che sono sia disgustati che incuriositi. <<E che tu gli parli come le protagoniste di quei film che alla mamma piacevano tanto. Quelle lì che insultavi sempre perché dicevi che erano brutte e cattive e sceme.>>
Be', sì, ammetto che venire paragonata a Rossela O'Hara - una protagonista che mi è sempre stata antipatica perché per tutto il film non fa altro che inseguire l'uomo sbagliato quando ha al suo fianco l'uomo giusto - è piuttosto imbarazzante. Umiliante, quasi. Trasformarmi in una ragazzina tutta cuori e fiori che inizia a dire "oh, Aaron, amore della mia vita" o "luce dei miei occhi" è l'ultimo dei miei desideri, e spero che un simile futuro non si affacci mai al mio presente.
Se dovesse succedere, farò harakiri. Una morte gloriosa per redimere i miei peccati.
<<Non parlo come una dodicenne intrappolata dentro il corpo di una diciottenne>> replico incrociando le braccia al petto. <<Mai, men che meno con Aaron.>>
Il sopracciglio di Luke si inarca e una risatina sfugge alle sue labbra. Diavolo, non ricordavo di averlo educato ad esser così maligno. Questo deve essere tutta l'eredità genetica della mamma. <<Però lo baci!>>
<<E' il mio ragazzo. Certo che posso baciarlo.>>
<<Hmmm...>> Luke non sembra poi così convinto. <<Mi piace Aaron, sai, Sasha?>>
Mi lascio andare a una risata e gli accarezzo il capo, spettinandogli il capo, mentre le sue guance si arrossano per l'imbarazzo. <<Lo so, Campione.>>
<<Perciò non fare casini, Sasha>> si ritrova ad aggiungere. <<Capito? Non ti perdonerò se fai la cattiva con Aaron!>>
Nella testa ripenso a tutte le occasioni in cui sono stata oggettivamente crudele nei confronti di Stoccafisso. Promemoria mentale: non parlarne mai con Luke. C'è il rischio che mi assalga la notte con un attacco di solletico, il mio punto debole, il mio tallone d'Achille. <<Non farò casini>> lo rassicuro, per poi bloccarmi un secondo dopo. <<Cioè, ci proverò. Farò del mio meglio.>>
<<Hmmmmm....>> socchiude gli occhi e mi scruta con sospetto. Scoppio di nuovo a ridere e lo stringo a me, in un abbraccio caldo e consolatorio con cui crolliamo sdraiati sul materasso, travolti dalle risa di questo momento fraterno che niente e nessuno potrà mai sostituire.
Quando i miei occhi stanno per richiudersi da soli e il sonno sta per travolgermi ancora una volta, sento la sua voce che mi chiama.
<<Sasha?>>
<<Sì, Campione?>>
<<Pensi che la mamma sarebbe felice di vederci così, che è una cosa bella, anche se lei non c'è più, anche se è una cosa brutta?>>
Lo stringo con più forza a me, i nostri si consolano a vicenda per la perdita di una persona che abbiamo amato e ameremo per sempre e che ci ha amato ma che non potrà più amarci come prima. <<Le cose belle e le cose brutte, a volte, sono la stessa cosa, Luke>> sospiro sulla fronte. <<Perciò sì, ne sono sicura. Sono sicura che se ci vedesse, sarebbe molto felice per noi, Campione.>>
<<Sorriderebbe?>>
<<Piangerebbe.>>
****
<<Pensi che gli piacerà?>>
<<Luke, sta' tranquillo, lo adorerà.>>
<<E se...>>
<<Luke>> ripeto <<andrà tutto bene.>>
<<E se abbiamo preso il colore sbagliato?>>
<<Non è il colore sbagliato. Ora suona quel campanello.>>
Luke è più a disagio che mai, ha impiegato ore e ore al centro commerciale per prendere quel regalo, ore passate a crogiolarmi nella noia mentre disperata cercavo di convincerlo a comprare qualsiasi cosa, purché si muovesse.
Lo shopping non fa davvero al caso mio.
Il cancello d'ingresso della villa si apre con un cigolio assordante, le guance di Luke si gonfiano e si tingono di rosso per l'emozione. Ci avviciniamo a passi veloci al portone d'ingresso, oltre cui risuonano delle voci attutite che stanno gridando.
Tre secondi dopo, l'uscio si apre, e gli occhioni verdi di Sophia ci scrutano a metà fra la sorpresa e la meraviglia. <<Sasha? Luke?>>
<<Ehilà.>>
<<Ciao, Soph!>> esclama Luke, troppo emozionato per potersi trattenere. La stringe in un abbraccio soffocante che le fa buttare tutta l'aria nei polmoni. Un abbraccio a cui tutti, almeno una volta nella vita, sono stati sottoposti da mio fratello. <<Ti abbiamo portato un regalo!>>
Sophia inarca leggermente le sopracciglia, ancor più sorpresa di prima. <<Non qui, Luke>> intervengo, poggiando una mano sulla spalla del mio Campione. <<Lasciaci prima entrare, okay?>>
<<Giusto>> la principessa si schiarisce la gola, evidentemente imbarazzata. Sono felice di constatare che da quando le vacanze invernali sono iniziata ha avuto modo di riprendersi a meraviglia. Sembra ancora stanca, sembra ancora distrutta, ma il suo aspetto non è più emaciato come prima, segno che, man mano, sta iniziando a riprendersi. A tollerare questo senso di colpa che, probabilmente, non smetterà mai di tormentarla. <<AAAARON! C'E' SASHAAAAA!> strilla poi, non appena ci fa entrare in casa.
<<Giusto per ricordartelo>> mormoro irritata <<non sono venuta qui per pomiciare con tuo fratello.>>
Un sorriso divertito attraversa le sue labbra. <<Lo so, ma potrebbe essere un passatempo piacevole, non trovi?>>
Le mostro il medio, Sophia continua a sghignazzare. Raggiungiamo il salone in pochi secondi, riesco a scorgere subito la figura di Aaron, seduta comodamente sul divano, con le lunghe gambe distese e quella t-shirt a mezze maniche che evidenzia i suoi bicipiti. E riesco a vedere anche Bill, sdraiato per terra, che scruta lo schermo del televisore con aria assente. Tutto normale. Tutto tranquillo. Se non fosse che c'è un'altra presenza, in questa casa, una presenza che mai mi sarei aspettata.
<<Pam?>>
Lei solleva lo sguardo dal libro che stava leggendo sul tappeto persiano, i suoi occhi si rimpiccioliscono quando mi vedono, e un sorriso imbarazzato si forma sulla sua bocca. <<Oh, ehm, ciao.>>
Il mio cervello sta per esplodere. Nell'ultima settimana non ho ricevuto nessuna novità sull'andamento del rapporto fra Polish e King. Aaron non me ne ha parlato neanche una volta, e Sophia non ne ha fatto minimamente cenno. E ora eccola qui, seduta comodamente per terra, a leggere un libro, come se fosse a casa sua.
Ho bisogno di una bomboletta dell'ossigeno.
<<L'ho... l'ho invitata io...>> mi spiega Sophia a bassa voce. <<Volevo... sai... provare a...>> si ferma, si contrae. Non sa spiegarlo, non vuole spiegarlo. Non può capirlo nemmeno lei. E' arrabbiata, confusa e rattristata. E ha bisogno di tempo. Ha bisogno di cure. Ha bisogno di cicatrici che si rimarginano e di medicine che la aiutino a farlo.
<<Soph!>> esclama Luke, le guance arrossate. Dal divano, scorgo la figura di Aaron che si alza e che ci viene incontro insieme a quella di Bill e Pamela. Un grosso, grasso raduno di anime fuori di testa che fino a poco tempo fa erano separate e incomprese. <<Ho un regalo per te!>>
<<Un regalo?>> mi domanda Stoccafisso, non appena il suo corpo affianca il mio.
<<Luke adora fare regali>> gli spiego.
Il mio Campione, con l'emozione di un vincente, tira fuori dal suo zaino un piccolo pacchetto dalla confezione quadrata che lui stesso si è preoccupato di avvolgere nella carta regalo dalla fantasia floreale. Il risultato non è granché, non lo nego, ma nessuno in questo strano, bizzarro gruppo sembra essersene accorto. Sophia afferra con esitazione il regalo che mio fratello gli sta porgendo con l'entusiasmo di un bambino il giorno del suo compleanno.
<<Sasha mi ha aiutato>> le spiega, mentre inizia a scartare, spostando il peso del corpo da un piede all'altro. <<Ha detto che... forse non ti sarebbe piaciuto, ma che vale la pena tentare.>>
Bill mi fulmina con un'occhiataccia. <<Tu sì che sai come demoralizzare le persone.>>
Mi stringo nelle spalle. <<Volevo solo essere onesta.>>
Pamela, accanto a Sophia, scruta attentamente la piccola confezione chiara dentro cui Luke ha messo tutto il suo cuore, nella speranza che sia il corpo che la mente di Sophia tornassero a guarire, a ristabilirsi pian piano. Sento il braccio di Aaron avvolgermi una spalla, e la tensione ancora presente creata da Bill e Pamela, ma in questo momento non è importante. In questo momento tutto sembra andare per il meglio.
E quando Sophia apre il cofanetto, i suoi occhi così verdi, così dolci, così buoni, si riempono di lacrime difficili da comprendere. Rabbia? Dolore? Gioia? Angoscia? Non lo so, ma le sue labbra tremano, il suo corpo trema, lei trema. E Pamela, al suo fianco, sorride con dolcezza, le dà una gomitata amichevole che va a significare "ce la puoi fare".
<<Sasha mi ha detto che ti piacciono gli elastici per capelli, Soph>> le spiega Luke. <<E che ce n'è uno molto importante per te. E che lo vuoi conservare per sempre. Così ho pensato di regalartene uno anche io, Sophy. Così potrai usare il mio per legarti i capelli e quello che ti piace tanto per tenerlo al polso e guardarlo ogni volta che vorrai.>>
Bill copre per qualche istante il suo volto con la mano. Sta cercando di apparire forte, sta cercando di dimostrare a se stesso che ce la può fare. Stringe Luke in un abbraccio silenzio che sorprende tutti, mentre le lacrime di Sophia rigano le sue guance di porcellana, con le dita che tremano quando sfila quell'elastico intrecciato, rosa, a cui Luke ha dato tutto se stesso. <<Sai, Sophy>> aggiunge poi Luke, sorridendole con dolcezza <<io penso che tu sia molto bella, Sophy. E penso che quando una persona è bella è bella perché lo è anche dentro, perciò non c'è bisogno che piangi, perché le persone belle non fanno cose cattive.>>
Non ho mai spiegato a Luke la situazione, il peso che tutti i fratelli King e Pamela si portano addosso da ormai troppo tempo. Non ne ho avuto il coraggio, non ce l'ho fatta proprio, mi sono semplicemente limitata a dire che anche loro, come noi due, hanno perso una persona importante. Una persona che li rendeva quello che erano. Ma, d'altro canto, avrei dovuto immaginare che una simile spiegazione non sarebbe bastata per il mio ometto. Luke ha sempre avuto la capacità innata di comprendere anche con un solo gesto, anche con un solo sguardo, le emozioni crudeli che tormentano l'animo di una persona.
La medicina perfetta.
Una gioia incorporata dentro il corpo di un adulto con la mente di un bambino.
Un bambino che sa molte più cose di noi.
Un bambino che conosce, che ama, che prega, che perdona.
<<Oh, Luke...>> Sophia singhiozza, si copre la bocca con le dita per fermare i singulti che stanno scuotendo il suo corpo, e in un disperato gesto d'amore, lo stringe a sé. <<Grazie, grazie così tanto. Lo terrò con cura, te lo prometto.>>
Accanto a me, Stoccafisso trema, non sa cosa dire e non sa cosa pensare, e quando si piega sul mio capo, lo sento sussurrare: <<E' proprio tuo fratello.>>
Mi ritrovo a sorridere. <<Sì, lo è.>>
Bill si schiarisce la gola, rauca per l'emozione, e dà delle pacche sulla schiena di Luke, a mo' di complimento. <<Campione, tu sarai un grande uomo, da grande.>>
<<Grazie Bill, anche tu lo sarai.>>
Pamela sta accarezzando la schiena di Sophia, ancora ancorata al corpo del mio fratellino, nel tentativo di consolarla da questo momento che è pieno di gioia e di tristezza allo stesso tempo. <<Stavamo per uscire>> ci informa poi <<volevamo andare a giocare a bowling, perché non vieni con noi, Luke?>> suggerisce infine, scrutandolo con entusiasmo. <<Lasciamo tua sorella e Aaron a fare i piccioncini.>>
Aggrotto la fronte. <<Ehi! Cos'è questa discriminazione! Anche io voglio giocare a bowling?>>
Il sorriso di Ridarella ora, è quello di sempre. Il sorriso di un pervertito che vuole prendere in giro una coppia appena nata che è ancora in fase "conosciamoci meglio". <<Giocherai a bowling, amica mia, ma con le palle di mio fratello.>>
Sophia scoppia in una fragorosa risata, Aaron si lascia sfuggire uno sbuffo divertito. <<Che te ne pare?>> mi domanda alla fine, stringendomi a sé con più forza. <<Ti va di restare?>>
Con un sospiro, scruto lo strano gruppo dentro cui, per sbaglio o per volontà divina, mi sono ritrovata. Scruto ogni cosa, le lacrime, i sorrisi, le risate. Gli occhi di Sophia ancora umidi, il pianto trattenuto di Pamela, il sorriso sincero di Luke, lo sguardo ammaliato di Bill che pian piano imparerà a digerire questa situazione. E infine, gli smeraldi di Aaron, il loro verde intenso che mi fa sorridere, e che mi porta a pensare che sì, forse è giunto il momento di abbandonare mio fratello, di lasciarlo andare a vivere la sua vita.
Oggi posso non custodirlo.
Oggi posso custodire me stessa.
Oggi, per la prima volta, posso essere egoista.
<<Giochiamo a bowling, Stoccafisso.>>
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Potete trovare il capitolo 🌶️🌶️🌶️ nella storia a parte LA CUSTODE DI CUORI - CAPITOLI CENSURATI 😎
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