E vissero per sempre... - MAI PIÙ CENERENTOLA

<<Amica mia, io ti voglio bene, e lo sai, ma sono anche una stronza, e mi preme dirti che hai davvero la necessità di scopare con qualcuno.>>

Spruzzo caffè persino dalle narici, la gente attorno al nostro tavolo si volta per guardarci stupefatta, con gli occhi e la bocca spalancati e le orecchie ben aperte per sentire meglio il discorso che Sasha, la fidanzata di mio fratello Aaron, ha intavolato all'improvviso durante una normale colazione da Starbucks. La guardo allibita, mentre lei tamburella le sue dita callose sul piano del tavolino e fa una smorfia. Il suo taglio di capelli maschile, la totale mancanza di trucco e quell'atteggiamento da menefreghista assoluta la rendono più che mai minacciosa in questo momento. <<Siamo sinceri, ti comporti come una bacchettona a cui hanno infilato una scopa su per il deretano. O come una verginella che ha tutte le intenzioni di prendere i voti al più presto. Quindi o intraprendi davvero la carriera clericale o ti decidi ad aprire quelle belle gambe che ti ritrovi al primo fusto che hai davanti, in modo che possa strapazzarti e farti comunque vedere il volto di Dio ma senza la necessità di dire il rosario.>>

La mia mascella è praticamente a terra. La conosco ormai da quattro anni, e ancora non sono riuscita ad abituarmi al suo linguaggio volgare e scurrile. C'è da chiedersi come possa esser riuscita a entrare nella facoltà di infermieristica e – addirittura – ad aver ottenuto la fama di miglior infermiera dell'ospedale. Sono allibita, e questo la fa divertire un mondo. Perché Sasha sarà pure una ragazza buona e altruista, ma rimane pur sempre una stronza. Una stronza a trecentossessanta gradi. <<Da quando in qua la mia vita sessuale ti interessa?>>

<<Non è la tua vita sessuale a interessarmi, ma la mancanza di essa>> specifica lei, addentando il suo muffin al cioccolato ricoperto di scaglie e panna. Mastica come un carcerato, e per via della sua completa ignoranza dei modi l'effetto è ancor più grottesco. <<Ti ricordi almeno come sia avere un orgasmo? Spero con tutto il cuore che ti diverti comunque da sola, altrimenti la situazione potrebbe essere più che melodrammatica. Vuoi che ti consigli qualche porno?>>

Dico davvero, è una stronza.

Mi schiarisco la gola, sento lo sguardo di tutti i presenti nel locale posarsi su di me, il rossore si diffonde sulle mie guance. <<Potresti parlare a voce più bassa? Credo che persino quelli in Canada ti abbiano sentito.>>

<<Meglio così, più possibilità che un Canadese ti scopi. Da quel che so, quei tizi ci sanno fare col sesso.>>

Oh mio Dio, vi prego, uccidetela.

<<Non voglio sentire critiche da parte tua sulla mia vita sessuale. Ti ricordo che fino a pochi anni fa tu eri la donna più frigida e bacchettona dell'intero pianeta.>>

<<Ero anche una diciassettenne con manie di grandezza e col complesso di Dio.>>

<<Non è che tu sia cambiata così tanto, in questi anni.>>

<<Be', per lo meno io mi do da fare con Aaron.>>

Mi copro gli occhi con la mano. <<No!>> la blocco subito. <<No, no, no! Non lo voglio sapere! Non voglio sentirmi dire di come scopi con mio fratello, okay?>>> La sola idea mi fa venire i brividi, e il problema è che non riesco a scacciare le brutte immagini che si stanno formando nella mia testa.

Sasha ride. Una risata grassa e profonda che rende lei quella che è sempre stata: una donna forte dal cuore buono ma non così troppo buono. Prende un sorso dal suo beverone e si stringe nelle spalle. <<Peggio per te, ci sono dei dettagli interessanti che potrei condividere.>>

<<Non li voglio sapere! Dio, che senso!>>

Un'altra risatina. <<Va bene, niente dettagli sconci sulla mia vita sessuale con Aaron. Torniamo a parlare della tua, di vita sessuale, o meglio ancora: della totale mancanza di essa>> ripete. <<Sono preoccupata per te, da quanto tempo è che non lo fai? Credo che il tuo imene si sia ricostruito da solo col passare degli anni e abbia iniziato ad ammuffirsi. Fra le tue gambe adesso si trova una coltre di ragnatele..>>

Santo cielo, che immagine disgustosa. <<Sei un'universitaria, una delle ragazze più fighe di tutta la Beystick University, per la miseria! Quando i ragazzi si chiudono in camera, si sdraiano sul letto e fanno quello che fanno tutti i ragazzi che hanno un accesso rapido e veloce a una connessione internet e a un pacco di fazzoletti, immaginano la tua faccia, quindi mi spieghi quale diavolo è il problema?>>

<<Devi per forza sottolineare il fatto che i ragazzi si masturbano pensando alla mia faccia?>> le domando con un filo di voce mentre il rossore si diffonde pure sulle dita dei miei piedi.

Sasha solleva un sopracciglio non potato. <<Certo che devo, era per farti render conto di quanto fossi figa ed evitare il solito commento "non è vero che sono figa, sono orribile, brutta e grassa" utilizzato solo per strappare altri complimenti.>>

La fulmino con un'occhiataccia che lei, prontamente, ignora. Perché Sasha è bravissima a ignorare gli altri, soprattutto quando sono incazzati con lei. E' la regina della procrastinazione, della stronzaggine e della sfacciataggine. <<Ascolta>> dichiara alla fine con la solennità di una regina <<hai bisogno di divertirti. Divertirti per davvero. Passi tutto il giorno a studiare e a uscire con me o con Pamela. Sei patetica.>>

Se mi avesse pugnalato alle spalle mi avrebbe comunque fatto meno male rispetto al suo commento, che so esser fatto per puro altruismo, ma che in realtà è una specie di infarto per il mio povero cuore tramortito. <<Dico, per davvero?>> esclamo esasperata. <<Tu sei la prima che passava le sue giornate a fare la patetica! Mangiavi, dormivi, ringhiavi contro la gente, ti prendevi cura di tuo fratello Luke e poi il ciclo si ripeteva! Non noti una certa ipocrisia nel fatto che a rimproverarmi sia la tua persona?>>

<<Certo che la noto, ma non la considero rilevante.>>

<<Solo quando ti conviene.>>

Le sue labbra si sollevano in un sorriso diabolico. Tamburella ancora le dita sul tavolo, e io, seduta di fronte a lei, reclino la testa all'indietro per la disperazione. <<Da quando in qua ti comporti come una maîtresse?>>

<<Non ho la più pallida idea di cosa sia.>>

<<Sembri una specie di pornostar ultra competente nell'ambito sessuale!>>

<<Magari lo sono per davvero, Aaron mi dà molto lavoro da sbriga...>>

<<Ahhhh!>> mi copro le orecchie. <<Non lo voglio sapere! Non voglio sapere cosa tu e mio fratello fate a letto!>>

<<Solo a letto?>>

Le lancio il cucchiaino contro, e lei, naturalmente, da brava stronza qual è, lo afferra prima che possa colpirla al volto. A volte vorrei ucciderla davvero. Rotea il cucchiaino fra le dita come una cabarrettista e mi fa l'occhiolino. L'occhiolino! <<Okay, basta con le insinuazioni pesanti, ma resto comunque seria, Sophia: devi iniziare a divertirti un po'. Passi praticamente tutto il giorno all'università e poi te ne ritorni a casa a giocare con quella bestia di Satana.>>

<<Papillon non è una bestia di Satana!>> lo difendo. <<E' un barboncino bellissimo.>>

<<Ma se non fa altro che latrare!>>

<<Perché sa che tu sei fuori di testa!>>

<<Sembra un topo intossicato di LSD!>> replica tagliente Sasha. <<E comunque, non è questo il punto, il punto è che hai bisogno di uscire, di conoscere gente, di divertirti e di farti una vita tua. Anche Aaron è preoccupato>> aggiunge poi, la voce più seria ora. <<Lo so che non sopporti le prediche, e neanche io le sopporto, perciò cercherò di esser breve e concisa: hai bisogno di andare avanti.>>

Le sue parole sono come aghi appuntiti che si infilzano nella tenera carne della mia pelle uno alla volta, pian piano. Mi perforano ovunque e fanno scoppiare la bolla dentro cui avevo intrappolato ogni sentimento negativo. <<Sophia, comprendo bene il perché tu sia così restia ad instaurare una relazione, dico davvero. Ma devi capire che stare insieme a un altro ragazzo non significherebbe mai e poi mai tradire Andrew.>>

Non riesco a rispondere. A dire il vero, fatico persino a pensare. Sasha è sempre stata così brava a interpretare le mie emozioni che spesso non c'è bisogno che io apra bocca per farle capire quello che provo. È una dote innata che possiede e che l'ha resa da sempre la miglior custode di cuori al mondo. Solo che io non sono come lei, io non riesco a comprendere le sofferenze altrui, proprio come non riesco a comprendere le mie. So solo che a volte sto male e a volte sto ancor più male, non sono capace di distinguere dolore da dolore, ferita da ferita, cicatrice da cicatrice. <<Avevi solo quattordici, quindici anni, hai davvero intenzione di limitare la tua esperienza sentimentale unicamente a quel frangente per il resto dei tuoi giorni?>> prosegue lei. Il suo sguardo è preoccupato, le sue labbra tese in una linea dura. Gli occhi sono due buchi neri che mi risucchiano e da cui non posso scappare. <<Non sei nemmeno riuscita a farti degli amici>> mi ricorda, giusto per buttare benzina sul fuoco. <<Ti rendi conto? Persino io ho più vita sociale di te! Io!>>

Sentirmelo dire è un po' come venire investita in pieno da una macchina, e il suo stupore è più che lecito, visto che il suo carattere alquanto particolare funziona alla perfezione come deterrente per la costruzione di nuove amicizie. <<Potresti andare ad un appuntamento al buio>> mi suggerisce a questo punto.

<<Ti prego, sentirti consigliare queste cose è persino peggio che sentirti parlare della tua vita sessuale con il mio gemello.>>

Un sorriso malizioso. <<Sei incredibile>> sussurro alla fine, arrendendomi.

<<Anche Aaron lo dice spesso. Soprattutto quando siamo a letto e io scendo in basso per...>>

<<TI SUPPLICO.>>

Risatina nasale. <<Va bene, va bene, la smetto, se continui ad arrossire finirai per trasformarti in un pomodoro.>> Si passa una mano fra i capelli. <<Ma il mio consiglio resta comunque valido.>> Finisce di sorseggiare il suo beverone e il display sul cellulare si illumina per ricordarle del promemoria. <<Ah, giusto, mi ero dimenticata della visita.>>

<<Hai una visita?>>

<<Ah, non è per me, è per la casa.>>

<<Non riesco ancora a credere che tu a Aaron andrete a convivere.>>

<<Nemmeno io, e sono ancora contraria, sia chiaro. Ho provato a dirgli che la notte russo come un trattore e che mentre dormo rilascio dei peti tossici, gli ho pure confessato che sicuramente userò tutti i suoi rasoi per depilarmi le gambe.>> Sospira.

<<E lui che ha risposto?>>

<<Che inizierà ad usare il rasoio elettrico.>>

Scoppio in una fragorosa risata. <<Gli hai lanciato il piatto?>>

<<Santo cielo, no, lo sai che non sono il tipo da fare cose del genere. Gli ho detto che nella notte gli avrei rasato i capelli.>>

<<E lui?>>

<<Ha risposto che comunque continuerei a fare sesso con lui, e che quindi non ci sono problemi.>>

Mi sfugge un sorriso. <<Siete la coppia più adorabile che abbia mai visto.>>

<<Ripetilo e io ti racconterò nei minimi particolari come copuliamo.>>

Prendo un pezzo di cheesecake alla fragola e la assaporo con gusto. Pamela la adorerebbe, vorrei che fosse qui con me a mangiarla e a scherzare sull'utilità degli zuccheri, ma è piuttosto difficile farlo se lei ora studia gastronomia in Francia. <<Sasha?>>

<<Hmmm?>>

<<In quale palestra ti alleni?>>

Le sue sopracciglia si aggrottano. <<Perché vuoi saperlo? Non mi dire che ti sei di nuovo convinta di essere ingrassata, perché se è così ti strappo quel poco di ciccia che è rimasta attaccata al tuo corpo.>>

<<No, non è per quello>> scuoto la testa. <<Volevo solo... sai, imparare a difendermi in caso di pericolo. Come fai te. Insomma, volevo allenarmi per un possibile... stalker o maniaco.>>

I suoi occhi mi scrutano, mi osservano, gli occhi di un falco che sta osservando la sua preda per coglierla nel momento in cui è più esposta e scoperta. Non mi crede, è palese, ha capito che c'è qualcosa sotto, è riuscita a fiutarlo subito. <<Sophia, io non sono intelligente, e questo lo sai, ma non sono nemmeno un'idiota.>>

Sospiro affranta. <<Volevo, volevo solo...>> sento le mie guance andare a fuoco. <<Sai, essere più forte. Cavarmela da sola.>>

<<Sento puzza di bruciato.>> I suoi occhi scuri come la pece sono come arpioni che trapassano il mio stomaco da parte a parte.

<<Tu sei la prima a dire che tutte le donne dovrebbero smetterla di comportarsi come donzelle in difficoltà per farsi salvare dal principe di turno>> le faccio notare. <<E io... io voglio finirla con l'essere la principessa Cenerentola.>>

<<E cosa vuoi fare? Sei una ragazza bellissima, Sophia, l'unico modo per smettere di sembrarlo è fare una chirurgia plastica, e sia chiaro, non te la sto affatto consigliando, la considero un totale spreco di soldi>> mi prende in giro, sollevando un sopracciglio. <<Tu sei già forte, Sophia, hai affrontato ostacoli che nessuna ragazza della nostra età dovrebbe incontrare, e sei sopravvissuta, non vedo che cosa...>>

Scuoto la testa, interrompendola. <<Non voglio sopravvivere. Voglio... voglio...>> mi mordo il labbro e sospiro. <<Sai come mi chiamano, all'università? Cenerentola.>>

Lei sghignazza, da grandissima bastarda qual è. <<Ehi, che c'è?>> si difende, non appena nota il mio sguardo omicida. <<Amica mia, sei una bella ragazza, bionda, magra, piccolina, occhi verdi, naso perfetto, zigomi proporzionati... che ti aspetti, che la gente ti veda come una specie di pipistrello? Vuoi iniziare a metterti una super armatura con il mantello nero e andartene in giro per la città di Gotham a salvare innocenti e a parlare come se qualcuno ti stesse strozzando per tutto il tempo?>>

<<Ti odio.>>

<<Non è vero, mi adori.>> Sorseggia lentamente la sua tazza di caffè. <<Non prenderla a male, Sophia, sono felice di sapere che vuoi imparare a difenderti. Sai bene che sono una femminista convinta e che per questo ritengo che le donne abbiano lo stesso diritto di partecipare a tornei di pugilato o a esser prese a calci in culo quando fanno le stronze, esattamente come gli uomini.>>

<<E meno male che esiste il politically correct.>>

Sasha sbuffa come un toro, decisa a ignorare i miei commenti. <<E sono anche favorevole all'idea che tu ti alleni, i molestatori esistono ovunque e colpiscono quando meno te lo aspetti. A bloccarmi dall'incoraggiare questa tua idea sono due cose. Numero uno: non mi bevo la storia che vuoi allenarti solo per difenderti da possibili aggressori. Numero due: se tuo fratello scoprisse che ti ho incitata a diventare una pazza sociopatica come me mi taglierebbe la gola con il suo nuovo rasoio elettrico.>>

Mi lascio andare a una grossa risata, ha ragione, Aaron non la prenderebbe bene. Se scoprisse che Sasha mi ha trascinata nel suo mondo di violenza la rinchiuderebbe in manicomio per il resto dei suoi giorni, sempre che lei glielo permettesse. Cosa impossibile, visto che è Sasha di cui stiamo parlando. <<Non voglio essere Cenerentola, Sasha>> mormoro a bassa voce. <<Non voglio esser considerata come una principessa senza difetti. Ogni volta che vado in giro per il campus universitario la gente mi guarda come se fossi una specie di divinità, i ragazzi fischiano e fanno commenti e le ragazze pensano che sia una troia perché attiro le loro attenzioni.>>

<<Ahhh, l'invidia delle adolescenti dal carattere focoso>> mormora lei con un'espressione beata <<non importa dove vai o con chi sei, la incontrerai ovunque.>>

<<Non voglio essere una principessa>> ripeto alla fine con un sussurro. <<Vorrei solo...>>

<<Lo so>> mi interrompe lei, i suoi occhi si addolciscono. <<Ma, Sophia...>> di fronte al mio sguardo, si ferma e sospira. <<Molto bene, la prossima settimana ti porterò in palestra con me, ma se tuo fratello dovesse uccidermi sappi che il mio fantasma ti perseguiterà fino alla morte.>>

<<Sasha?>>

<<Cosa?>>

<<Secondo te sono una principessa?>>

Lei sorride lentamente, con la saggezza che solo una ragazza che ha perso tutto e ha combattuto col sangue per riprendersi quel tutto può avere. Si alza lentamente dalla sedia e si sporge per posare delicatamente la mano sul mio capo. <<Secondo me sei una principessa guerriera, Sophia>> mi sussurra con affetto <<solo che non te ne sei ancora accorta.>>

***

Che lo shopping sia la terapia preferita dalle donne per un cuore spezzato è cosa risaputa ormai da miliardi di anni. Ma dopo un'attenta osservazione su me stessa sono arrivata alla conclusione di essere un vero e proprio caso clinico, Pamela stessa ha affermato più volte che se la gente smettesse di comprare i vestiti le mie spese basterebbero per reggere l'economia statunitense per almeno dieci anni. E ammetto che in gran parte aveva ragione. Comprare ciò che più ti piace e lasciare che i tuoi occhi si appaghino della vista di capi nuovi e affascinanti è la medicina migliore per un animo disperato come il mio che vorrebbe soltanto scomparire per sempre da questo mondo.

Solo che non è facile.

Non è per niente facile.

Non è facile aggirarsi per i centri commerciali e fare il giro dei negozi vedendo attorno a te centinaia di coppie che si stringono per mano, che si accarezzano, che si baciano con talmente tanta forza da risucchiarsi. Non è affatto facile. Vederli mi fa ricordare a quando Andrew mi portò in campeggio o a quando ci baciammo sotto le stelle o a quando facemmo l'amore per la prima volta. Non riesco a smettere di pensarci, non riesco a staccare la spina del mio cervello, non riesco a fermarmi dal pensare "se fosse qui avrebbe fatto questo", "se fosse qui avrebbe riso", "se avesse conosciuto questa persona l'avrebbe adorata".

Così tanti "se", così tanti "forse", mai un "quando".

Mai un quando.

Mai.

E non è che non ci sia abituata, non è che non lo abbia accettato. Sasha si è sbagliata, sono completamente consapevole del fatto che stare insieme a un altro ragazzo non significherebbe tradire Andrew. Lui prima di tutti sarebbe stato felice nel constatare che sono stata in grado di affrontare il suo lutto, di superarlo, di voltare pagina.

Il punto è proprio questo, posso farlo, ma non voglio.

Non voglio.

Non voglio superarlo, non voglio uscire da questo limbo di disperazione, non voglio fare un passo avanti. Voglio ripensare a lui costantemente, voglio piangere per lui costantemente, voglio soffrire per la sua assenza costantemente. Voglio che mi manchi, voglio che mi sfiori, voglio che sia qui, adesso. Non voglio nessun altro, oltre a lui. Non esiste nessun altro oltre a lui. Nessun uomo al mondo potrebbe mai essere paragonabile ad Andrew. Eravamo giovani, vero, eravamo dei ragazzini, non ne sapevamo nulla del mondo all'epoca, ma ciò non significa che l'abbia amato di meno, ciò non significa che la nostra relazione non fosse sincera. Me lo hanno detto così tante volte, me lo hanno ricordato così tante volte. Come se la nostra giovane età fosse una scusa, come se per il fatto che all'epoca avevo quindici anni ora non dovrei comportarmi come una vedova cinquantenne.

Ci sono tre fasi del lutto che devi affrontare, prima di poter tornare a vivere la tua vita il più normalmente possibile.

La prima: lo shock per la perdita.

La seconda: l'assimilazione per la perdita.

La terza: il vuoto.

Il vuoto.

Il vuoto che si è creato in te, il vuoto che percepisci al tuo fianco. A ogni tuo passo, a ogni tuo respiro. Il vuoto che non vedi ma che senti. Il vuoto che si aggrappa alle tue spalle, che incombe sul tuo cuore come un macigno. Il vuoto che ti perseguita da quando apri gli occhi la mattina a quando li chiudi la sera. Quel vuoto che ami per quanto lo disprezzi, che disprezzi per quanto lo ami. Il vuoto che un tempo era riempito da una persona, una persona che ti guardava, che ti baciava, che ti amava. Una persona che quando ti stringeva la mano lo faceva con la delicatezza di un bambino e il coraggio di un adulto, che quando ti sussurrava all'orecchio riusciva a farti arrossire, che quando ti parlava non potevi far altro che ascoltare la sua voce. Perché la sua voce era così bella. Così dolce. Così reale.

Così sincera.

E poi il silenzio. Quel silenzio che un tempo amavi tantissimo, perché sapevi che era il silenzio di qualcuno che sapeva ascoltare senza parlare, amare senza toccare, guardare senza sprofondare.

E ora quel silenzio non c'è più. Se n'è andato. Se n'è andato per sempre. Ora ci sono rumori. Un sacco di rumori. Ora ci sono voci, ci sono suoni, ci sono parole. Sono così tante. Non riesco a contarle. Non riesco a distinguerle. Prima non era così. Prima questi occhi che mi fissano non li notavo neanche, prima queste labbra che si muovono non le percepivo nemmeno. Prima questi commenti, queste battute, questi sguardi non esistevano nel mio mondo. Eravamo solo io e Andrew, solo lui e le sue mani. E quando mi guardava, quando mi sorrideva, non c'era nient'altro che contasse, nient'altro che valesse la pena guardare.

E poi la favola è finita.

Ma per me non c'è stato nessun "e vissero per sempre felici e contenti".

<<Signorina King?>> la voce della commessa, dolce e gentile, mi richiama dalla bolla di pensieri dentro cui io stessa mi sono intrappolata. Scosto lo sguardo per rivolgerlo a questa trentenne dall'aspetto impeccabile che mi scruta con il simbolo dei dollari dentro gli occhi. Il suo sorriso va da un orecchio all'altro, è pienamente consapevole che oggi le mie spese le faranno fruttare molti soldi. <<Ha bisogno di aiuto?>>

<<No, grazie>> scuoto la testa. <<Me la cavo da sola. Posso provare questo nei camerini?>>

<<Ma certo, signorina King.>>

Mi muovo a passi lenti in questo negozio dall'aspetto elegante e raffinato, e che ormai conosco alla perfezione, il suono dei tacchi dei miei stivali neri dal collo alto che supera le ginocchia risuona lungo tutto il desolato negozio, dentro cui solo un'altra persona oltre a me sta dando un'occhiata.

I camerini bianchi sono illuminati da lampadine che emanano luce soffusa e elegante, quando entro dentro uno di loro, lo specchio di fronte a me riflette quello che tutti gli altri vedono quando mi guardano. Una principessa. Una Cenerentola. I ricci biondi, il volto a cuore piccolo e magro, le labbra carnose, il naso alla francesina, la pelle pallida e bianca.

E' orribile.

Questa bellezza, quest'aura angelica che mi circonda. Non la sento mia, non la percepisco nemmeno. La odio. E' tutta colpa sua. Tutta. Completamente.

Se non fossi stata così, se solo fossi stata...

Trattengo il respiro, sento gli artigli della disperazione aggrapparsi alle mie spalle e graffiarle fino a farle bruciare con i loro tagli. Mi infilo velocemente il cappotto di tweed in lana rosa e nera, lungo fino alle gambe, firmato Armani, con i bottoni in stile retrò argentati e il colletto alzato. E' bellissimo, è magnifico, ed è perfetto per il mio vestito bianco dalla scollatura a cuore e il tessuto vischioso. Si abbina alla perfezione con la mia collana e gli orecchini di perle, e sa di pulito. Controllo il cartellino. Milleduecento dollari.

Se Sasha scoprisse che ho speso tutti questi soldi per un cappotto mi squarterebbe viva.

<<Grazie per l'acquisto, signorina King>> mi saluta la commessa con il suo solito sorriso falso che sta ad indicare "oggi ho guadagnato un casino". <<Spero torni a trovarci.>>

E' altamente probabile che lo faccia.

Una volta fuori dal negozio, con la busta di Armani in mano, scorgo le persone che camminano di fronte a me. Ragazzi, ragazze, uomini adulti, donne anziane. Coppie. Un sacco di coppie. Decine di coppie. Si baciano, si tengono per mano, si accarezzano. Fa male, cazzo. Fa malissimo. Non riesco a smettere di pensare che anche io un tempo ero così, che anche Andrew mi guardava in quel modo.

Solo che ora lui non c'è più.

E non potrà più toccarmi.

Non potrà più baciarmi.

Non potrà più amarmi.

E io non potrò più essere la sua principessa.

E lui non potrà più essere il mio principe.

E vissero per sempre distrutti e uccisi. 

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