🏯 4 - Il figlio della Gilda



Penisola di Iriba. Porto di Tarua. Istana Putih.

Dieci cicli nel passato.

Ryume affrontò sua sorella Cami.

La bimba, quattro cicli scarsi, se ne stava ferma davanti a lui, mani sui fianchi e piglio deciso stampato in faccia.

«Anche se cerchi di incenerirmi con lo sguardo, non muterò idea. Primo: è un'impresa cimentosa. Secondo: se nostro padre ci scopre, e ci scoprirà, come d'uso finirò io nei guai per entrambi» sottolineò stizzito.

Cami scrisse sul suo taccuino e glielo consegnò.

«Andrai tu stessa ad avvertirlo?! Piccola...» la minacciò.

Lei sollevò un sopracciglio, per nulla spaventata.

«Adesso ti prendo, ti lego, ti avvolgo in una coperta e ti rinchiudo dove nessuno ti oda agitarti. Sei muta, non puoi urlare» le ricordò Ryume mentre si guardava attorno. Afferrò la coperta imbottita dal letto e con uno strattone la scalzò.

Cami spalancò gli occhi e fuggì verso la porta.

Lui le saltò addosso e la atterrò: quasi otto cicli contro meno di quattro dovevano pur valer qualcosa!

Mentre cercava di controllare il dimenarsi della sorella, la porta si aprì e sulla soglia apparve Akia.

«Mi devo preoccupare?» domandò tra il serio e il divertito.

Ryume, a cavalcioni di Cami sepolta sotto la coperta, si bloccò. «Assolutamente no, mamma. Stiamo giocando.»

«Tesoro?» la interpellò.

Il visetto arrossato e velato da lunghi capelli neri della bimba riemerse dalla coperta. Guardò la madre e poi il fratello, gli occhi socchiusi in una silenziosa minaccia.

Ryume la liberò dalla presa e si sedette al suo fianco, ammettendo la propria sconfitta con uno sbuffo.

«Dunque?» insistette Akia.

Cami le rivolse un enorme sorriso, negando decisa.

«D'accordo...» finse di crederle.

Ryume aiutò Cami a rialzarsi e buttò la coperta sul letto.

Akia, dopo aver chiuso la porta, si mise in ginocchio davanti ai figli. Con fare cospiratore allargò le braccia e domandò loro: «Vi va di fare quella cosa da mezzosangue, così poco Aku?»

Cami saltellò sul posto e si buttò tra le sue braccia con un muto grido di gioia. Ryume, più composto, la abbracciò forte.

La donna li strinse a sé e li baciò entrambi sulla fronte, i capelli neri fusi con quelli della figlia, i tratti del viso rispecchiati in quelli del figlio.

«Qualunque cosa abbiate in mente» sussurrò, «siate prudenti.» Li sentì irrigidirsi per la sorpresa e sorrise. Li baciò di nuovo e si alzò. «Adesso preparatevi e andate a letto. Vostro padre non rientrerà questa sera» precisò con noncuranza.

I due bambini si scambiarono un'occhiata trionfante.


Mezzo tocco dopo.

Dei tre edifici che costituivano l'Istana Putih, il Palazzo interno era quello che occupava la posizione più elevata ed era il più protetto di tutto il complesso; e ospitava, tra l'altro, la sede della Gilda e parte degli alloggi, incluso quello della Guida della comunità.

Quando circa un ciclo prima si era insediata la nuova Guida, Ryume aveva scoperto che suo padre ne era l'Ombra ormai da tempo. E per Ryūshugo, la Guida e la sua posizione nella Gilda venivano prima di ogni cosa. Prima di lui, prima di sua madre Akia, prima della febbre che due cicli prima aveva ridotto in fin di vita Cami. La sua nonna materna, una Uhr, aveva fatto di tutto per salvare la vita alla nipote; sua madre non aveva abbandonato il capezzale di Cami un solo istante; lui aveva dormito ai piedi del suo letto per una fase. Ryūshugo non si era mai fatto vivo. Non c'era, doveva occuparsi della Guida.

«Ryume, la Guida è fondamentale per la comunità.»

Oh, glielo avevano spiegato e rispiegato, più e più volte. Lui non ci aveva capito un granché, in verità. La sua mente e il suo cuore sapevano solo che esisteva qualcuno così speciale, così importante, da portargli via il padre. E, soprattutto, da portarlo via a Cami.

"Voglio proprio vedere com'è, questo individuo così straordinario" si era detto qualche fase prima.

Forse perché era un bambino, forse perché era figlio di un membro della Gilda, gli adulti avevano accolto le sue domande come innocue curiosità.

Mettendo insieme tanti piccoli tasselli, Ryume era infine riuscito a scoprire dove fosse l'alloggio della Guida. E a farlo senza attirare troppo l'attenzione.

Ora, mentre camminava in equilibrio sul sottile cornicione che bordava la facciata del Palazzo interno, non riusciva però a scrollarsi di dosso la sensazione di essere a un passo dal ficcarsi in un enorme guaio.

Sentendosi tirare per la manica, si girò verso la sorella che lo seguiva senza alcuna difficoltà.

Cami, la bocca spalancata in una muta esclamazione di meraviglia, indicò in direzione del porto di Tarua, laddove le lune ormai piene facevano scintillare le increspature del mare e lo rendevano specchio del manto punteggiato di stelle che velava il cielo sopra le loro teste.

«Un giorno andrò di là dal mare e ti porterò con me» le promise Ryume.

Cami sorrise e annuì entusiasta.

Ripresero il cammino.

"Permane un problema. Giunto alle finestre dell'alloggio, cosa farò?" rifletté Ryume, storcendo la bocca in una smorfia di disappunto.

Arrivati alle vetrate delle stanze della Guida, si accorse che una delle finestre era aperta.

"La sorte ci arride!"

Si sedette sul davanzale e scivolò dentro, poi prese Cami per mano e l'aiutò a scendere. Con un gesto protettivo la tenne dietro di sé.

La bimba, per nulla spaventata, sporse la testa e guardò la stanza.

Erano in un salotto arredato con pochi mobili, molti cuscini e tanti tessuti colorati alle pareti. Due lampade, appoggiate su alti piedistalli, illuminavano l'ambiente, mentre una terza era posata al centro di un tavolino basso, apparecchiato con piatti di frutta, dolci e tre bicchieri.

"Solo una coincidenza..." pensò Ryume, rispondendo allo sguardo interrogativo di Cami.

Un tessuto ondeggiò e una sagoma si mosse oltre la cortina.

Ryume si mise a scudo della sorella.

Una mano sollevò la tenda e apparve una figura maschile.

Ryume trasalì. Senza rendersene conto, avanzò un passo verso di lui.

Una presa violenta alla base del collo lo bloccò e lo sollevò per la collottola della casacca.

«Mi lasci! HO DETTO: MI LASCI!» Si dimenò, cercando di arrivare alla mano che lo teneva.

«Per quale ragione siete qui?» domandò perentoria una voce che ben conosceva.

Ryume si immobilizzò. Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare lo sguardo inespressivo e duro del padre.

Cami, accorsa in soccorso del fratello, si era aggrappata all'altra mano di Ryūshugo e lo supplicava di lasciarlo andare.

«No, la prego» intervenne con voce pacata la Guida. «Li aspettavo» spiegò, indicando il tavolo apparecchiato.

Ryūshugo osservò suo figlio, che ancora teneva per la collottola, e Cami, appesa al suo braccio.

«Era dunque previsto?» domandò alla Guida.

«Sì.»

L'uomo appoggiò Ryume a terra che, incapace di sostenere lo sguardo del padre abbassò gli occhi. "Il mio indagare non è stato così discreto..."

La Guida tese la mano a Cami. «Vi va di unirvi a me?»

Il viso della bimba s'illuminò di gioia. Senza alcun timore mise la manina nella sua.

Ryume li raggiunse al tavolino e si sedette con fare guardingo: ancora non era convinto. Quando si guardò attorno, suo padre era scomparso.

"Ombra..."

«Sono quasi sempre solo. Mi fa molto piacere avere ospiti» spiegò loro la Guida. «E dopo stasera spero tornerete. Dalla porta... o dalla finestra» aggiunse, facendo l'occhiolino a Cami.

La bimba, che dondolava felice da un lato all'altro del morbido cuscino su cui si era seduta, annuì convinta.

Ryume lo osservò con espressione diffidente. «Ti piace giocare?» volle sapere.

«Certo che mi piace giocare!» esclamò la Guida.

«Allora potrei tornare... di tanto in tanto» dichiarò, prima di affondare i denti in un dolce pieno di crema. Deliziato, spalancò gli occhi. «Sono i miei preferiti!»

Lui sorrise. «Lo so.»

Istana Putih. Alloggi della Guida.

Circa un ciclo dopo.

Ryume impugnò il coltello così come suo padre gli aveva insegnato a tenere una lama corta e si preparò ad affrontare l'uomo che aveva fatto irruzione nella camera della Guida.

Puntò avanti la sua arma improvvisata e intimò all'altro di non avanzare. «Come osa...»

«Ryume...» lo richiamò la Guida.

«Indietro» ordinò lui con il tono deciso di un adulto.

Era un Aku, era figlio di un membro della Gilda; lui stesso ne avrebbe fatto parte, un giorno. Proteggere la Guida era suo dovere.

«Difendi Cami, ti prego» gli disse, cercando di controllare il tremito della mano con cui stringeva il coltello.

Guardò il giovane uomo davanti a lui, i suoi tratti da abitante d'oltremare e il pugnale sporco di sangue che teneva ben saldo in mano, pronto a colpire.

Ryume indietreggiò. Così la Guida e Cami.

L'assassino avanzò di un passo, muovendo la testa con scatti secchi, attento a ciò che gli accadeva attorno così come una belva avrebbe fatto prima di avventarsi sulla sua preda.

E la sua preda era la Guida.

Dai locali d'accesso agli appartamenti esplosero rumori di lotta. Voci, imprecazioni e schianti si susseguirono in un montare di violenza.

Ryume sentì il padre gridare un ordine secco. Il fatto lo atterrì più di ogni altra cosa accaduta fino a quel momento: mai, in nove cicli di vita, aveva udito Ryūshugo alzare il tono.

L'assassino sembrò riscuotersi e scattò verso di loro.

Ryume tentò di fermarlo, ma il giovane, cieco a ogni cosa se non al suo bersaglio, lo scostò con uno spintone.

Lui reagì e lo ferì di striscio al braccio.

L'altro, come risvegliandosi d'improvviso, si accorse della sua presenza. Si voltò e lo colpì con un manrovescio in piena faccia che lo mandò a sbattere contro il tavolino.

Subito si rialzò, gli occhi colmi di lacrime e rabbia.

Cami arretrò terrorizzata, inciampò nell'abito e fece cadere la Guida.

L'assassino fu su di lui e sferrò il colpo.

Nell'istante in cui la punta del pugnale penetrava il tessuto all'altezza del cuore, la Guida vide gli occhi del giovane sbarrarsi per lo stupore.

La presa ferrea di una mano gli artigliò il braccio e glielo torse dietro la schiena.

Ryūshugo lo sollevò di peso e lo sbatté a terra a pancia in giù. Dopo avergli bloccato il braccio armato con un ginocchio, premette senza alcuna remora sino a quando il giovane, con un verso disarticolato e privo di senso, lasciò l'arma. Non una sola parola era uscita dalla sua bocca sino a quel momento. L'Aku gli spinse la testa a terra con una mano; nell'altra stringeva il Kogai, il letale pugnale Aku simile a un sottile punteruolo.

Cami, ancora seduta a terra, fissava attonita gli occhi del giovane: nelle sue iridi color del cielo non c'erano volontà, odio o rabbia. Erano gli occhi di un innocente.

Ryūshugo levò il Kogai, pronto trapassargli il collo alla base del cranio e a giustiziarlo così come erano stati uccisi i suoi due complici.

Cami tese la mano verso il padre, la bocca spalancata in un grido che nessuno avrebbe udito, perché nessuno la stava guardando. Si rialzò, ma inciampò di nuovo e cadde in ginocchio. "Non è stato lui. Non è colpa sua. Non è lui!" continuava a ripeterle il cuore, mentre lei, impotente, cercava di urlarlo al padre.

«NO!» la voce della Guida echeggiò nella stanza e fermò la mano di Ryūshugo appena in tempo.

Cami sbatté il taccuino a terra e attirò su di lei l'attenzione. Si toccò un occhio e indicò il giovane, chiedendo loro di guardarlo.

La Guida si accosciò davanti a lui e rimase immobile a fissarlo per un lunghissimo momento.

Ryūshugo non allentò la presa, il Kogai ancora pronto.

Quando la Guida spostò lo sguardo su di lui, l'Aku vi lesse la serena consapevolezza che in quei cicli al suo fianco aveva imparato a riconoscere.

«Riponi la tua arma, Ombra. Lui forse è il braccio. Ciò nondimeno, come può essere colpevole un braccio guidato da altri? In lui non c'è volontà» gli disse.

Ryūshugo si incupì. Con un gesto brusco voltò il giovane e, Kogai alla gola, scrutò nei suoi occhi. «Questo odore...» mormorò furioso.

Ripose l'arma, sollevò di peso il ragazzo e lo trascinò fuori dalla stanza.

«Ryūshugo, la sua vita mi appartiene» lo ammonì la Guida.

L'Aku si bloccò e con un cenno del capo assentì. Dopo di che uscì, portando con sé il giovane.

«Mi avete salvato la vita» disse la Guida a Ryume e Cami.

La bimba, che si era rifugiata tra le braccia del fratello, sorrise.

«Tu lo avresti fatto per noi» suggerì Ryume.

«Certo, siamo amici, giusto?»

«Esatto.»

Cami si avvicinò alla Guida e lo abbracciò, rispondendo così alla sua domanda.

«Lo resteremo anche quando tornerò a essere un semplice Aku?» domandò lui.

Cami lo strinse ancora più forte.

Ryume si pulì con il polso della casacca il taglio sullo zigomo causato dal manrovescio dell'assassino. «Mi pare ovvio. Saremo amici fin quando vorrai.»

La Guida si avvicinò a Ryume e coinvolse i fratelli in un abbraccio a tre che aveva molto poco della rigida etichetta Aku, ma che, come sua madre gli aveva insegnato, era molto più importante, perché era l'abbraccio di un amico vero.


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