78- AUREEN

«Svegliati.»

In quel limbo senza nome, mi sentii chiamare da una voce che credevo non avrei mai più udito.

«Svegliati, bambina mia.» Aprii gli occhi sul buio e trovai quelli grandi e fieri di lui.

Il fuoco che mi scorreva sottopelle non fu in grado di asciugare la lacrima che mi scivolò sulla guancia. «Papà.»

Sorrise.

Non aveva l'aspetto macilento e consumato dell'ultima volta che lo avevo visto. Il suo corpo era forte e robusto. E i capelli lunghi e neri, dello stesso colore della corta barba che gli copriva la parte bassa del volto, erano gli stessi ai quali mi ero aggrappata tante volte quando mi aveva messa sulle sue spalle. Quello che avevo davanti era il re Aramis dei tempi d'oro.

«Aureen» la sua mano mi accarezzò la guancia, ma non riuscii a sentirlo. «Sono così fiero di te.»

Sollevai le dita per raggiungere le sue, ma il contatto mancò... come se lui fosse fatto di aria e pensiero.

«Aiutami.»

Lui mi rivolse un sorriso triste. «Stai facendo un ottimo lavoro» disse soltanto, prima di svanire.

Mi lanciai in avanti, determinata a non lasciarlo andare. Ma inciampai sulle ginocchia nel vuoto assoluto. Mi circondai la testa con le braccia e continuai a piangere.

Una fitta atroce mi trapassò la testa da parte a parte.

Cosa sai, erede di Tenebre?

Erano giorni, se non mesi, che la Corona graffiava le pareti all'interno del mio cranio cercando di strapparmi la terribile verità che cercava. Voleva sapere quanto avevo capito del discorso di Zelveen e qual era il mio piano.

«Non rinuncerò a te» le giurai, consapevole della sua primaria preoccupazione. «E non distruggerò il tuo potere.»

Lei non rispose e, dal dolore che crebbe fino a costringermi sulle ginocchia, seppi che stava scavando dentro di me alla ricerca della verità. I suoi affilati artigli si conficcarono nella mia mente, sezionandola e ispezionandola.

Mostrati, sibilò, colpendo ripetutamente sul piccolo nucleo nascosto in profondità dentro di me, un piccolo nucleo a lei precluso e che racchiudeva ciò che del mio essere non era ancora stato violato. Ne ero gelosa tanto quanto lo ero della legittimità di quel potere di cui Zelveen voleva privarmi. Fu quest'ultimo sentimento che lasciai trapelare, sprigionandolo e allietando la Corona che mi teneva stretta tra le sue grinfie come una preda.

«Sono tua, e tu sei mia» promisi a denti stretti per contrastare le fitte che minacciavano di uccidermi, tanto si erano fatte intense.

Non posso più concedere all'avidità della Traditrice di trovare forza nel mio potere, non è per questo che sono stata creata. Scavò, scavò e scavò ancora. Ma non permetterò a te di decretare la mia fine.

«Non lo farò.»

Mostrati.

«Non ho segreti, per te. Non ne ho mai avuti.»

Potrei cacciarti, ucciderti.

«Lasceresti vincere questa guerra a Zelveen?»

Khalite mi ha ordinato di servire una sovrana giusta. Ma potrei lasciare che il male trionfi, se ciò servisse ad assicurare la mia continuità.

«Non distruggerò mai il tuo potere.»

La Corona non rispose, ma le fitte si attenuarono. Sapevo che non si fidava, che mi avrebbe tenuta d'occhio. Che avrebbe continuato a picchiettare su quel nucleo fino a quando non avessi ceduto.

«Come posso sconfiggere la Traditrice?»

Nessuna delle due poteva annientare l'altra. Avremmo continuato a farci la guerra fino a quando intorno a noi non fosse rimasta che la morte. Due regine che avrebbero governato sui cadaveri e sulla decomposizione.

Segui le orme della tua antenata. Impara dal passato e riporta la pace al tuo popolo.

«Bernilde...» mi bloccai, deglutendo saliva che sapeva di ferro. Il fuoco che mi pompava nelle vene era un continuo assalto alla mia lucidità e alla mia resistenza. Non ne potevo più. «Bernilde ha avuto fortuna. La Traditrice non si farà ingannare ancora.»

Trova un modo, regina di Tenebre. E fallo in fretta, perché lei è vicina.

Sta arrivando.

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