75- EDEN
Il grande cancello di ferro dell'Accademia era aperto, spalancato sulla foresta che si estendeva al di fuori. Quella era una sfida e una provocazione. Anzi, era una beffa, era il modo in cui ancora allora Ser Adam si divertiva a prendere in giro gli studenti che guardavano la libertà senza poterla afferrare. Fuggire da lì significava consegnarsi alla fame dei lupi o a quella delle temperature impietose.
Erano passati due anni da quando avevo lasciato quel luogo, eppure non erano bastati a dimenticarne il freddo. Non solo dell'aria, che tra i valichi di montagna era pungente persino d'estate, ma anche dell'atmosfera distaccata e ostile che si respirava. Però, a differenza del resto del Mondo Inverso, il morbo lì era ancora contenuto. Si limitava a qualche macchia di marciume qua e là nei boschi.
Alec dopo il tocco miracoloso di Aureen si era ripreso, ma non aveva senso mettere alla prova la sua resistenza, perciò lo rimandai al castello. Quando Ghoranat spalancò le enormi ali in cielo eravamo solo io e lui, e la sua ombra possente attirò l'attenzione degli allievi che sollevarono lo sguardo. I più piccoli scapparono via o rimasero impietriti, i più grandi corsero alle armi. Tra loro, una figura fin troppo familiare mi osservava con un mezzo sorriso e le braccia dietro alla schiena. Lo vidi afferrare per i capelli uno dei bambini che aveva pensato di fuggire, e poi spingerlo a terra; sarebbe stato punito più tardi per quella mancanza di coraggio. Dovetti farmi violenza per non mordermi la lingua a sangue dal fastidio. Sapevo bene cosa comportava attirare le attenzioni sbagliate di quell'uomo.
«Scendiamo, Ghor. Per favore.»
Il drago rispose con un suono che ricordava le fusa di un gatto, tanto era soddisfatto dalle mie buone maniere. Dopodiché acconsentì, atterrando proprio fuori dal cancello. Il tonfo del suo peso riverberò su tutto il terreno, tanto che dalle colonne dell'entrata caddero dei frammenti di pietra. In un movimento agile e veloce – iniziavo ad abituarmi a quella cavalcatura – scesi giù dal dorso e m'incamminai sotto l'arcata.
Alle mie spalle, Ghoranat fece schioccare la lingua biforcuta contro le lunghe zanne con intento minaccioso.
Ser Adam, la posa da soldato che non tradiva timore, osservava la scena con un piede sulla schiena del bambino, il quale a terra si proteggeva la testa con le piccole braccia.
Occhi azzurri come le acque limpide dei fiumi, barba corta rasata di recente, capelli grigi ma bianchi sulle tempie, pelle spiegazzata dalle rughe.
«Chi non muore si rivede» mi salutò.
Ignorai le lame degli studenti stupefatti puntate contro di me e lo raggiunsi. «Non immaginavo sentiste la mia mancanza, Ser.»
Lui sogghignò, poi mandò con il mento un cenno al mio bracciale d'argento. «Vedo che siete salito in alto, gran cavaliere.»
«Non siete aggiornato, allora. Non servo più solo il regno di Delthar, ma posseggo anche lo scettro delle Terre Libere. In volo, però, una corona non è tanto comoda.»
Ser Adam deglutì buttando uno sguardo alla bestia alle mie spalle, e quella fu l'unica dimostrazione di sorpresa che mi concesse. «A cosa devo questa visita, Maestà?»
Mi faceva uno strano effetto essere lì. Ogni centimetro di quel luogo era legato a un ricordo doloroso, eppure riuscii a rimanere dritto sulla schiena senza sentirmi sulla difensiva e senza avere paura. Non erano solo i miei titoli a permettermi di tenere alto il mento, era soprattutto la consapevolezza di che tipo di persona fossi. Una persona molto diversa da quella che mi scrutava con occhi colmi di cattiveria.
«Sono portavoce delle Terre Libere, di Delthar e di tutti gli altri regni. Zelveen la Traditrice si è liberata e la guerra ha raggiunto il nostro Mondo. Manderete tutti gli allievi dell'Accademia alla capitale, i più esperti combatteranno e i più piccoli» spiegai, facendo scivolare lo sguardo in basso sul ragazzino che mi osservava attraverso una fessura tra le dita «saranno utili all'interno del castello. Potranno aiutare le guaritrici o fare da messaggeri da una parte all'altra della città.»
Il soldato sollevò un sopracciglio arrogante. «Una guerra? Con Zelveen la Traditrice.»
«Avete forse bisogno che ve lo ripeta?» era la prima volta che osavo un tono del genere con quell'uomo.
Sbuffò aria accompagnandosi con un "Mh" divertito. «Vi rendente conto, Altezza, che è una cosa ridicola?»
«Se vi degnaste di portare fuori il naso da quel cancello non sareste così diffidente. La magia oscura della Traditrice si diffonde a macchia d'olio, e presto persino qui sarà impossibile vivere. Con i terreni che marciscono e gli animali che si ammalano, persino il cibo è diventato un lusso.»
Intanto gli allievi avevano abbassato le armi e se ne erano tornati all'interno della struttura, lasciandoci al nostro colloquio e distanziandosi dal drago che emetteva bassi ringhi.
Ser Adam mi rivolse un'espressione scettica. «Non manderò i miei studenti a bivaccare a Delthar. L'Accademia non è sotto la vostra giurisdizione.»
Il bambino a terra si lasciò scappare un gemito quando la pressione dello scarpone su di lui aumentò. «Avete intenzione di sollevare il piede dalla schiena del vostro studente, o devo tagliarvelo?» Non mossi un muscolo, le braccia ancora dietro alla schiena e la postura ferma. Sapeva che avrei impiegato meno di un secondo a sfilare la spada dal fodero e a dare fondo a quella minaccia. Me lo aveva insegnato lui.
Mi rivolse un sorrisino. Poi, senza fretta, obbedì. Il ragazzino non perse tempo e si sollevò veloce, fuggendo poi all'interno della struttura in pietra.
«Dicevamo,» ripresi, «non siete sotto l'unica giurisdizione di Delthar. E io non sono qui per riferirvi l'ordine della mia regina, ma a riportarvi quello dell'intera Alleanza. Voi rispondete ai comandi dei cinque regni riuniti. Sei, ora.» Gli dedicai un occhiolino.
Ora che il mio grado superiore al suo era stato messo in chiaro, sul suo volto scomparve la malizia e prese posto una rabbia alimentata dall'umiliazione dell'orgoglio ferito. «Non muoverò un passo fuori dalla mia Accademia. Non se lo ordinate voi, non se lo ordinano i cinque regni, non se lo ordinano gli dèi.»
Mossi un passo verso di lui. Occhi negli occhi mi presi la mia rivincita. La mia, quella di Jared, e quella di tutti gli allievi che erano passati di lì. E anche di quelli le cui ossa non avevano mai abbandonato quel luogo. «Oh, ma voi non dovrete andare da nessuna parte. Voi resterete qui, da solo e senza il permesso di varcare quel cancello nemmeno per andare a caccia.»
«Caccia?» ora sembrava dubbioso. «Non si vive di caccia, da queste parti.»
«No, ricevete periodicamente i rifornimenti da parte dei regni che mandano i propri figli ad addestrarsi da voi. Ma si dà il caso, come vi dicevo poco fa, che il cibo sia diventato un lusso. E di certo non ne sprecheremo per sfamare la vostra bocca. Perciò potreste sentire l'impulso di procurarvi da mangiare da solo. Ma se muoverete un passo fuori da quel cancello, io lo saprò. E qui ho imparato tante punizioni divertenti che non vedo l'ora di mettere in pratica.»
«Senza cibo morirò» sibilò lui.
«Senza dubbio.»
«Come farete a sapere che ho disobbedito a questo ordine comico? Lascerete qui il vostro drago a sorvegliarmi?»
Ghoranat rispose con un ringhio.
«Non rendetevi ridicolo. C'è una guerra da combattere, non mi priverò dell'aiuto nemmeno di una formica, figuriamoci di un drago. Ma se quando tornerò, una volta sconfitta Zelveen, voi sarete ancora vivo, ci penserò io a fare il lavoro che avrebbe dovuto compiere la fame.»
Mi lanciò uno sguardo fulminate, ma erano lontani i tempi in cui quegli occhi chiari mi facevano paura. «Potrei cibarmi dei topi.»
Sollevai una spalla, incurante. «Dovrete convincermi che sia la verità, allora. Perché è l'unico cibo che meritate.»
«Potrei disobbedire e vivere nei boschi, sopravvivere senza che voi possiate trovarmi.»
Fu allora che sfoderai il mio sorriso più crudele. «Buona fortuna, si dice che chi lascia quel cancello non sopravvive a lungo nelle foreste. A pensarci bene, anche questo è un vostro insegnamento.»
Sollevai lo sguardo sul mare di occhi curiosi che mi fissavano attraverso le vetrate dell'Accademia. Ser Adam, che mi avrebbe volentieri cavato gli occhi, posò la mano sul pomolo della spada. Quel gesto non m'intimorì, tanto che io mantenni la mia posa rilassata. Cosa che lui sembrò prendere come un insulto.
«Mi esiliate nella mia stessa casa?»
«Precisamente.» Gli voltai le spalle e mi diressi nuovamente verso il cancello senza preoccuparmi di congedarmi con frasi di circostanza. «Fai partire gli studenti entro domani mattina. Dà loro carri e cavalli, entro un paio di giorni voglio vederli arrivare a Delthar.»
Ghoranat si piegò un poco sulle zampe per permettermi di salire in groppa. Una volta afferrato alle scaglie nere del drago riportai gli occhi sul soldato imbufalito rimasto al centro del piazzale, e poi sui sorrisi vittoriosi degli allievi alle sue spalle.
«E fa che non mi arrivi alcuna voce scomoda. Se farai ancora del male agli studenti, io lo saprò.»
Detto ciò, Ghoranat si sollevò in aria seguito dagli applausi dei giovani, i quali si persero nel vento mentre tornavamo a casa.
Più ci allontanavamo dai valichi che separavano il regno di Delthar da quello di Crysia nel quale si nascondeva l'Accademia, più il tanfo del morbo diventava insopportabile. Ma non appena avvistai il castello, avvistai anche la pianta di Aureenyria che cresceva incontrollata e i cui boccioli erano un'esplosione di rosso che spiccava nel grigio del Mondo Inverso.
Sorvolammo la pianura infinita sulla quale si erano accampati i soldati provenienti da ogni regno, poi fiancheggiammo le torri del castello, e infine atterrammo su una superficie piana all'altezza della guglia nella quale riposavano i piccioni viaggiatori.
«Grazie, Ghor.» Smontando in fretta.
Lui emise un verso che assomigliava a una risata. «Inizi a starmi simpatico, ragazzo.» Poi sparì in cielo.
Io, invece, discesi la lunga scala a chiocciola che portava dal pinnacolo all'ala ovest del palazzo, intento a raggiungere la sala del consiglio. Dopo aver informato gli alleati sugli ultimi sviluppi, sarei corso nelle stanze di Aureen, e non le avrei più lasciato fino a quando non fosse stato di nuovo necessario. La divisa da volo puzzava di morbo e di drago, mi sarei però concesso un bagno solo più tardi.
Percorsi i corridoi trafficati a passo svento e, dopo qualche minuto di tragitto, spalancai le porte della sala della guerra.
Seduti attorno al grande tavolo vi trovai Zades e Lady Cheryl sorridenti come solo i serpenti sapevano essere, Jared e Alec, e il resto dei vari rappresentati dei regni. Tra loro, al posto che mi apparteneva, c'era una vecchia dall'aria familiare.
«Ti ho conosciuto nelle vesti del gran cavaliere latitante, e ti ritrovo re.» La sua voce nasale suonò divertita. «Non mi riconoscete?»
Solo quando i miei occhi caddero sul diario che teneva tra le mani, quello con il quale Aureen aveva pagato le informazioni che ci aveva venduto, intuii chi fosse.
Lo sventolò in aria. «Ho trovato informazioni interessanti su Zelveen.»
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