70- AUREEN

Accoglimi nel tuo cuore, erede di Tenebre.

Tentai di urlare, ma avevo perso la voce. E la vista. Ero avvolta in un buio che mi bruciava sopra e sotto la pelle. Cercai di costringere le mie braccia a raggiungere la Corona e a strapparmela via dal capo, ma non ero più padrona dei miei movimenti.

Aveva ragione Eden. Non ero mai stata io la prescelta di quell'oggetto oscuro. Ero solo il mezzo che era servito a riconsegnarlo nelle mani della vera proprietaria. E ora mi stava uccidendo...

Avrei voluto strapparmi la carne con le unghie, tanto questa mi bruciava sulle ossa. Nelle vene mi scorreva il fuoco di un potere troppo grande per essere contenuto in un corpo mortale come il mio

Ciò che non ti ucciderà, erede di Delthar, ti renderà più forte. Dimostrami chi sei.

Al di fuori di quell'uragano di buio e sofferenza, non avevo idea di cosa stesse accadendo. Zelveen aveva già rubato la Corona? Si era disfatta di Eden?

Un urlo mi raschiò la gola, rimanendo però muto.

Arrendermi avrebbe significato abbandonare Eden e il Mondo Inverso all'oblio e al caos. Mi costò uno sforzo disumano, ma strinsi i denti e lottai contro quel calore che tentava di liquefarmi dall'interno.

Mi sembrò quasi come combattere contro me stessa, mi aggrappai all'ultimo baluardo di coraggio e disperazione che mi era rimasto.

E di colpo, tutto sembrò fermarsi.

Il dolore era ancora lì, ma si era fatto più moderato. Tanto che riuscii a riaprire gli occhi e a tornare a respirare. Ora, però, davanti a me non c'era più quel buio assoluto che minacciava d'inghiottirmi.

La stanza in cui mi trovavo era nella penombra. Sul muro in pietra si muovevano le ombre create dalle fiamme traballanti. Mi affacciai alla grande finestra ad arco e riconobbi subito il paesaggio. Ero a Delthar.

Mi voltai al suono di risa. Due bambine, che giocavano davanti al fuoco di un camino, mi davano le spalle. Indossavano entrambe una coroncina sulla testa. Si alzarono in piedi e presero a rincorrersi, girandomi attorno. Ma non parvero accorgersi di me.

Erano perfettamente uguali, gemelle.

L'unica differenza tra le due erano capelli: una li aveva biondi e leggermente mossi; l'altra scuri e ricci.

«Ti ho presa!» gridò quest'ultima, atterrando l'altra.

La sorella rotolò sulla schiena. Nei grandi occhi tremolarono delle lacrime. «Mi hai fatto male, Zelveen» piagnucolò.

Zelveen.

La bambina si sporse su di lei, il volto contratto in una smorfia mortificata. «Ber, scusami» e le porse una mano.

Bernilde l'afferrò, ma nel suo sguardo ora c'era rabbia. Dal contatto tra le due divampò una luce. Poi, Zelveen urlò.

«Perché lo hai fatto!» gridò la piccola, sfilando la mano e stringendosela nell'altra. «Papà ha detto che non devi usare i tuoi poteri contro di me!»

«Papà lo ha detto perché non vuole che tu, non avendone, ti senta inferiore. E poi, lui non è qui. Così impari!» Bernilde, seppur aveva alzato il tono, sembrò subito in imbarazzo per quel comportamento. Ma era troppo orgogliosa per rimangiarsi quanto detto.

«Io non sono inferiore a te...»

Ci fu un momento di silenzio, rotto dallo scoppiettare del fuoco nel camino. Poi Bernilde s'inginocchiò accanto alla sorella e le prese la mano ferita. Una bolla d'acqua le era già comparsa sul palmo. Le poso sopra le labbra, lasciandole un bacio leggero. «Scusami... non avrei dovuto» mormorò.

Zelveen, che non si aspettava che sua sorella le chiedesse perdono, non le diede il tempo di cambiare idea e le buttò le braccia al collo. Bernilde se la strinse contro. «Non sei inferiore a nessuno.»

Quell'immagine tremolò, sostituita di nuovo dal buio. Poi mi ritrovai catapultata nella stalla del palazzo. C'era odore di fieno. I cavalli battevano tranquilli gli zoccoli al suolo.

«Non dovrei accettare le vostre lusinghe» la voce di una giovane mi arrivò dal fondo del fienile.

Bernilde era ora un'adolescente. Le lunghe ciglia che incorniciavano quegli occhi svegli avevano imparato a battere secondo i propri interessi.

«Mia sorella ha una cotta per voi, lo sapevate?»

Il ragazzo, che doveva essere un semplice stalliere, accarezzò la guancia della fanciulla e la spinse piano contro la parete di legno. «Questo però non vi ha fermata, l'ultima volta.»

La principessa gli sorrise. Poi lui la baciò, e lei non si ritrasse. Quando le labbra del giovane le scivolarono sul collo, lei riaprì gli occhi e li puntò su di me. Sussultai, sorpresa che riuscisse a vedermi. Ma quando udii un singhiozzo alle mie spalle, capii che non era me che stava guardando. Voltai la testa e trovai i grandi, tristi occhi di Zelveen. Osservavano la scena senza decidersi a intervenire. Il tradimento della sorella doveva averle bruciato addosso più di quello dello stalliere. Scappò via.

Quando tornai a osservai Bernilde, la scoprii sorridere. Poi spinse via il ragazzo. «Giù le mani» gli ordinò, con voce indifferente, per poi correre dietro la gemella.

L'immagine cambiò di nuovo. Mi trovavo nella grande camera delle principesse. Due grandi letti a baldacchino erano posizionati l'uno davanti all'altro. Accanto a quello di Bernilde si trovava una toletta dove scintillavano ampolle di cosmetici e profumi di ogni tipo. Accanto a quello di Zelveen, invece, c'era un cavalletto con una tela alla quale, seduta su uno sgabello, stava lavorando scrupolosamente col suo pennello.

Bernilde le si avvicinò alle spalle. «Quelle dovremmo essere noi due?»

Erano ormai due giovane adulte e riconobbi quel dipinto come quello che avevo spesso osservato mentre passeggiavo per i corridoi del palazzo.

La futura Traditrice si voltò con un sorriso timido sulle labbra e la speranza negli occhi. «Ti piace?»

La gemella osservò il quadro con attenzione, socchiudendo un poco gli occhi. «Tu hai un dono. Dovresti dedicare la tua vita a questo talento. Nessuno potrebbe mai eguagliarti e la tua fama raggiungerebbe anche le terre al di là del mare.»

Zelveen si alzò e l'abbracciò. «Sei gentile a dire questo. Ma ho già consacrato la mia vita al regno, come hai fatto tu. Arriverà il giorno in cui dovremo dividerci il trono. Non lascerò che questo compito pesi solo sulla tua testa.»

Bernilde posò entrambe le mani sulle spalle della gemella. «Per te potrei fare questo e molto altro.»

Zelveen sorrise, grata per quell'affetto. «E io, a te, non potrei mai fare un torto del genere.»

Lo scenario che seguì mi provocò una dolorosa fitta allo stomaco.

Mi trovavo in una piazza. Era notte, ma il fuoco del grande falò illuminava quasi a giorno. C'erano popolani che ballavano e bambini che si rincorrevano urlando divertiti. Il calore di quell'immagine si sovrappose al ricordo dell'appuntamento con Eden.

Mi girai attorno, ma delle due principesse non c'era traccia. Solo dopo qualche minuto le scovai all'inizio di un vicolo. Indossavano dei lunghi matelli col cappuccio calato sulla testa. Mi avvicinai a loro giusto in tempo per sentirle discutere.

«Andiamo, che male c'è se una volta tanto ci godiamo la vita?» si stava lamentando Bernilde, che tentava di tirarsi dietro la sorella.

«Sei forse impazzita? Siamo le due eredi al trono, non possiamo perdere la nostra compostezza! Torniamo al palazzo, ora. Non so cosa mi abbia detto la testa quando ho deciso di seguirti.» Zelveen era ormai una donna.

«Ammettilo che sotto sotto volevi avere una scusa per divertirti» la provocò, scherzosamente.

«Non dire scemenze. Volevo vedere in che guai ti stavi andando a cacciare e salvarti dall'ira di nostro padre. Così, invece, se la prenderà anche con me!»

«È di questo che hai tanta paura?»

«Anche tu ne avresti se non fossi una tale sciocca!»

Bernilde scoppiò a ridere. «Qualcuno qui ha trovato la voce.»

«Non ho mai avuto problemi a dire la mia» rispose, sulla difensiva.

«Se nostro padre ci scoprirà, mi prenderò la colpa. Con me è sempre più clemente, lo sai.»

Zelveen abbassò lo sguardo, ferita. «Perché sei un'Inversa del sole. Io, invece...»

«Ora non mettere il broncio, però. Ci aspetta la serata più bella della nostra vita, e per vivercela non hai bisogno di poteri.»

Non vidi cosa accadde a quella festa, perché venni risucchiata e portata alla scena successiva. Nella sala del trono, sia Zelveen che Bernilde tenevano il capo chino di fronte al re.

«Mi avete messo in imbarazzo» tuonò lui. «Avete messo in imbarazzo l'intera corte.»

Bernilde aprì bocca con l'intento di dire qualcosa, ma il padre la zittì subito.

«Partecipare alle feste di paese. Ballare come delle popolane e ubriacarvi come dei marinai. Cosa vi è saltato in mente?»

A quelle parole, Zelveen singhiozzò. Quel suono tradì la sbronza che si era presa.

La gemella, invece, non era mai stata più lucida di così. «Padre» avanzò, con voce mesta e contenuta. «È mia la colpa.»

Il re sollevò un sopracciglio. «Tua? Sei forse tu ad aver rubato una carrozza e ad aver distrutto la fattoria di quel contadino? Sei forse tu ad aver insudiciato di vomito l'abito di una nobildonna?»

«No, padre. Ma se non fosse stato per causa mia, Zelveen non avrebbe mai...»

«Ognuno di noi è responsabile delle proprie scelte. Verrete entrambe punite, e comincerete con lo scusarvi con quella gente.»

«Ho provveduto immediatamente a chiedere perdono al contadino e alla nobildonna» ribatté, pronta, Bernilde.

«Le scuse non sono sufficienti. Dovremo ripagare questo affron...»

«Ho già fatto elargire una somma all'uomo affinché possa riparare i danni, e ho promesso alla cortigiana un abito nuovo di zecca.»

Il padre la osservò con sospetto e soddisfazione. Poi puntò lo sguardo su Zelveen. «Sai quanto è grave per la tua immagine il comportamento che hai avuto stasera?»

Lei tirò su col naso e annuì senza alzare lo sguardo.

«Il popolo si aspetta eleganza e compostezza dalle mie eredi. Governerete sul mio regno, quando non ci sarò più. Questa bravata sarà una macchia indelebile sull'opinione che la gente si farà di te quando, domani, la voce si sarà sparsa.»

Alla luce tremula delle fiaccole, i lacrimoni di Zelveen brillarono come gemme. E il sorrisino di Bernilde si accentuò un poco.

Sbattei gli occhi e mi ritrovai davanti a una bara. Al suo interno, riposava il re.

Bernilde e Zelveen, vestite a lutto, piangevano sommessamente tenendosi per mano.

«Dobbiamo rimanere unite» sussurrò Bernilde. «Il popolo si aspetta l'incoronazione questa notte stessa, ma non vogliono seguire due sovrane.»

Zelveen sollevò lo sguardo umido sulla sorella. «Io... io voglio sedere sul trono insieme a te.»

«Faremo in modo che ci accettino entrambe, non avere paura.»

Lei annuì fiduciosa. Poi i suoi occhi arrossati per il pianto s'incupirono. «Mi odiano. Non ho poteri, non sono la più intelligente, la più coraggiosa, la più capace. E nessuno ha scordato di quella notte... pensano che io sia una squilibrata. Non mi accetteranno sul trono accanto a te.»

Bernilde le asciugò una lacrima e le sorrise. «Per questo, ho un piano.»

Mentre le due si stringevano in un abbraccio, un coro di voci mi arrivò alle spalle.

«Non è adatta a regnare!»

«Non mi inchinerò per entrambe!»

«Lunga vita alla regina Bernilde!»

Mi voltai. Intorno a me, una folla urlava le proprie proteste ai piedi della scalinata che conduceva ai troni. Le due gemelle, entrambe incoronate, erano ora lì sedute e osservavano con attenzione.

Bernilde poi si alzò. «Popolo adorato, abbiamo da sempre servito con devozione il nostro regno. Siete la nostra famiglia e giuriamo di proteggervi fino alla fine dei nostri giorni.»

«Cosa accadrà quando non sarete d'accordo? Non potete regnare entrambe, non vogliamo trovarci al centro di una sanguinosa disputa!» gridò una donna al mio fianco.

«Sì!» le diede manforte un'altra con un fazzoletto sulla testa. «Seguiremo una sola di voi. E vogliamo la regina Bernilde!»

La giovane sovrana sollevò le mani intimando silenzio. Un sorriso benevolo le curvava le labbra verso l'alto. «Non sottrarrò il trono a mia sorella. Non sarei la regina che cercate, se facessi ciò.»

La gente tornò a urlare e ad accalcarsi. Camminai in avanti, senza che nessuno riuscisse anche solo a sfiorarmi. Salii i gradini e mi misi alle spalle delle due sorelle.

«Ma ho la soluzione» la voce di Bernilde riempì nuovamente la sala.

A quelle parole, il gran portone venne spalancato su una vecchia dall'aria arcigna che teneva tra le mani uno... scrigno.

«Ho incaricato la più antica e potente strega del Mondo Inverso di forgiare una Corona incantata, la quale sceglierà la legittima sovrana. O decreterà se saremo entrambe degne di questo compito.»

Zelveen l'afferrò per una manica e la tirò indietro. «Ma che fai!»

«Stai tranquilla, ho organizzato tutto. Sceglierà entrambe» la rassicurò con un occhiolino.

«Tu li vuoi ingannare!»

«Shh!» Si voltò del tutto, così che nessuno potesse leggerle il labiale. «Sto facendo ciò che è meglio per tutti.»

Zelveen non sembrava affatto convinta, ma dovette mettere a tacere i suoi dubbi quando la vecchia strega salì l'ultimo scalino.

«Maestà, come vuoi avete ordinato.» Si piegò sulle ginocchia ossute e sollevò in alto lo scrigno. C'era qualcosa che non andava, però, nel suo ghigno celato.

Bernilde lo afferrò con sicurezza. Quando lo aprì, la Corona di Tenebre luccicò in tutto il suo terribile splendore.

«Co-cosa dobbiamo fare?» si fece avanti Zelveen.

«Indossarla. Sarà lei a comunicarvi la sua scelta» spiegò la megera.

Bernilde afferrò la Corona e le punte aguzze le ferirono il palmo. Non ci fece caso e la indossò. Il suo sorriso certo diceva tutto: era sicura che sarebbe stata lei la prescelta. Quel sorriso, però, si spense quando non accadde nulla. L'oggetto magico non reagì al suo tocco.

«È il mio turno?» la voce chiara di Zelveen spezzò il silenzio teso carico di aspettativa.

Bernilde, confusa, si levò la Corona e la porse alla sua gemella. Quest'ultima, allungò una mano esitante e l'afferrò.

Le punte aguzze dell'oggetto ferirono anche lei. E non appena il tocco della giovane sovrana si posò sulla Corona, questa si animò. Irradiò spire di fumo azzurrognolo che l'avvolsero come in un abbraccio. Zelveen ridacchiò, come se le facessero il solletico.

Regina di Tenebre, cantilenò una voce ormai a me familiare, accetta il mio potere.

«Lo accetto» rispose sorpresa Zelveen.

«Non è possibile!» Bernilde fece per rubarle la Corona. Quando però la toccò, si udì uno sfrigolio e fu costretta a ritirare la mano.

«Non farle del male!» ordinò Zelveen alla Corona.

Nessuno può pretendere il nostro potere.

«Non devi fare del male a lei. Mai. Promettilo.»

L'oggetto tacque qualche istante poi acconsentì.

Gli ordini non possono essere ritirati. Ne sei consapevole, regina appena nata?

Quell'ordine le si sarebbe ritorto contro. A causa di quel comando, Zelveen non riuscì a distruggere la sua gemella quando poi questa le mosse guerra.

«Non ti chiederò mai di aggredirla. E nemmeno chi, come me, è degno di indossarti» ribadì ancora.

Allora riserverò la mia furia e le conseguenze del mio potere a tutti gli altri.

La folla, intanto, era sotto shock.

Bernilde raggiunse la strega e la tirò su con uno strattone. «Avevamo un accordo, Khalite.»

Khalite.

Avevo già sentito quel nome ormai una vita prima, quando avevo stretto il patto con la strega nella cittadina di Beaver.

La megera le rivolse un sorriso soddisfatto. «La magia non si piega al volere di nessuno. Se vuoi governare, dovrai esserne degna.»

«Sei stata pagata profumatamente. Vattene, prima che la tua testa cada al suolo.»

La vecchia s'inchinò senza mascherare il luccichio ambiguo negli occhi e zoppicò via.

«Tu... l'hai corrotta per fare in modo che la Corona scegliesse te?» La voce di Zelveen, che non arrivò alle orecchie del popolo, suonò ferita.

Bernilde sventolò una mano. «Mentiva.»

Per la prima volta, sul volto della futura Traditrice, notai il dubbio. L'affetto di sua sorella, che tanto aveva venerato e imitato, era un'illusione.

«La Corona mi ha scelta.»

«Nostro padre non approverebbe.» Bernilde aumentò un po' il tono della voce così che il popolo sentisse.

«Io... lo condividerò il trono con te.»

Non estenderò il mio potere a nessun altro.

«Ascoltatemi» Zelveen però si rivolse alla folla, «il vostro re voleva entrambe le sue figlie sul trono. Insieme, vi guideremo in decenni di pace e prosperità. Non c'è bisogno di dividerci.»

Inizialmente sembrò che iniziassero ad accettare quella possibilità. Poi, però, le proteste ripresero a echeggiare tra le mura.

«Vogliamo la regina Bernilde!»

E questa, all'entusiasmo che Delthar le dimostrò, sorrise.

Venni poi risucchiata da un vortice che mi spedì nella camera da letto giovanile delle due regine.

«Se non ci accetteranno entrambe...» iniziò Bernilde.

«Allora governerò da sola» decise Zelveen, per la prima volta padrona di sé.

Sedeva davanti alla tela e il centro del suo dipinto era una corona nera. La stessa racchiusa nello scrigno accanto al letto.

«Come? Mi lasci indietro?»

La Traditrice, non più preda delle proprie insicurezze, sollevò lo sguardo sulla sorella e le sorrise. «Mai.»

«E quindi? Regnerai comunque senza me al tuo fianco?»

«Hai sempre avuto i vestiti più belli, i complimenti più sinceri, i successi più importanti. Io sono sempre stata due passi dietro di te a guardarti splendere. Oggi ho trovato il mio ruolo e non intendo rinunciarvi.»

«Il popolo non vuole te!» Bernilde, con una manata, scaraventò i colori che finirono a terra macchiando i tappeti pregiati.

Zelveen non batté ciglio.

C'era qualcosa di nuovo nel suo sguardo. Qualcosa che riconobbi come la brama di potere. La stessa che più volte mi aveva assalita a causa della voce intrigante della Corona.

«Sei nata senza poteri! Io. Sono. Superiore!»

«Cara sorella, dici il vero. Sono nata senza poteri» Zelveen sollevò una mano e sul palmo vi apparve una fiammella nera, «ma ora li ho guadagnati.»

Gli occhi di Bernilde si sgranarono. «Tu sai usare la magia del sole?»

La sorella sorrise. «E dei ruscelli» schioccò le dita e l'acqua all'interno di un vaso si sollevò in aria. «E delle nebbie» una foschia densa si propagò nella stanza. «E delle tempeste» un tuono rombò fuori dalla finestra. «E della flora» un bocciolo di Aureenyria Santaminas all'interno del vaso sulla sua scrivania si schiuse.

La sua gemella fece un passo indietro. «Hai tutti i poteri... come è possibile?»

Zelveen, orgogliosa e soddisfatta di aver sorpreso la sorella, posò un indice sui petali del fiore. «E della morte.» Questo appassì e marcì sotto il loro sguardo.

«Dèi, è...»

«Lo so» la Traditrice era entusiasta di quel dono col quale mai nessuno era stato benedetto. «È fantastico.»

«È terribile

La delusione calò come una maschera sul volto di Zelveen. «Terribile? No... no, non è così!» Si alzò in piedi e fece per afferrare sua sorella per le spalle, ma lei si ritrasse spaventata dal suo tocco. «Con un potere come questo saremo invincibili! Nessuno oserà mai mettersi contro di noi. Sono un'Inversa delle Tenebre.»

«Non esistono inversi di questo tipo» protestò Bernilde.

«Sono la prima di una stirpe.» Sul viso divenuto affilato della Traditrice, passò un lampo.

«Zelveen...» sua sorella scuoteva la testa terrorizzata da ciò che aveva appena visto. «Non dovrai dirlo mai a nessuno. Questa tua... capacità non verrebbe capita. Saresti in pericolo.»

Lei, però, digrignò i denti e batté una mano sulla scrivania. «Tu continui a opprimermi. Vuoi tarparmi le ali, vuoi nascondermi dietro di te così che la tua luce non venga oscurata dalla mia ombra. Ho passato la vita a desiderare di essere come te» sibilò, «e ora che è arrivato il tuo turno di guardarmi splendere, sei invidiosa.»

Bernilde negò energicamente con evidenti cenni del capo. «No. Ammetto di non essere sempre stata corretta nei tuoi confronti. Sì, volevo il popolo ai miei piedi e ho tramato contro di te. Ti chiedo scusa, non avrei mai dovuto. Ma questo va oltre alle nostre scaramucce di ragazzine. Molto, molto oltre.»

«Scaramucce di ragazzine?» sollevò un sopracciglio. «Prenderti il trono tutto per te ti sembra una scaramuccia da ragazzine?»

La bocca di Bernilde si piegò per il senso di colpa e la preoccupazione. «Il popolo non ti amerà se verrà a conoscenza di quello che sei.»

Ma Zelveen non avrebbe più accettato alcun compromesso. Da pacifici e gentili, i suoi occhi si erano fatti duri. «Se non saprà amarmi, imparerà a tenermi.»

L'immagine svanì come fumo. Un susseguirsi veloce di scenari mi si parò davanti in quel buio dimenticato dagli dèi. Zelveen che veniva ripudiata dal popolo, la sua collera, il regno che iniziava a marcire. Poi l'arrivo di Bernilde in armatura dorata in groppa a un drago dalle scaglie azzurre, la battaglia, la prigione sui fondali marini nella quale venne spedita la Traditrice del regno. La strega Khalite che, insieme alla nuova e unica sovrana di Delthar, nascondeva la Corona all'interno della cripta pronunciando parole in una lingua ormai sconosciuta. Non una soluzione definitiva, ma un tentativo di prendere tempo per l'erede di quella Corona che sarebbe arrivata poi mille anni dopo. Me.

Venni sbalzata in alto poi in basso, come se una forza invisibile volesse spezzarmi in due. Il dolore riprese a crescere e le tenebre mi inglobarono senza pietà.

Ho donato il mio potere a una regina degna, cantilenò la Corona. E l'ho trasformata in un mostro.

Il bruciore che mi scorreva nelle vene tornò ad ardermi viva.

«Uccidimi!» urlai, quando ritrovai la voce.

Ho commesso un errore una volta, erede di Tenebre. Non accadrà di nuovo.

Sentii lacrime di lava solcarmi le guance. Avrei voluto supplicare. Mi aveva portata fin lì per raggiungere la sua legittima proprietaria. E ora parlava come se volesse che sopravvivessi. Mi dibattei, incerta se ciò che stavo cercando fosse la morte o la salvezza. Ma alla fine ciò che prevalse su di me fu il potere troppo grande della Corona di Tenebre.

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