67- AUREEN
Anna portò sua sorella Lenna in braccio fino al castello. Fu uno strazio la vista delle grosse lacrime che le rotolavano giù lungo le guance. La gemella era stata una guerriera valorosa... entrambe lo erano state. Le promisi una sepoltura degna. La stessa che, come promesso, ricevette anche il padre di Jared e Valerin.
Come era prevedibile, il popolo esultò quando la testa di Mastro Claudius venne esposta sulle mura, contribuendo a rendere più solido il mio nuovo appellativo.
Regina di Picche.
Se tutto fosse andato per il verso giusto, anche la testa di Zelveen la Traditrice avrebbe subito la stessa sorte. Il male oscuro del suo potere si era espanso a macchia d'olio. Gran parte dei raccolti e del bestiame era marcito. E ora iniziava a colpire anche gli Inversi.
Tra i primi, Alec.
Nessuno aveva avuto più sue notizie da quando eravamo stati divisi. Un morbo sconosciuto lo aveva colto, crescendo sul suo corpo e prendendoglisi un braccio e parte di una gamba. Da quel che era riuscito a dirci dal suo letto di degenza, tra un sospiro e uno scoppio di tosse, Claudius era rimasto incuriosito da quella sua strana malattia che somigliava tanto a quella che aveva ucciso re Aramis. Perciò lo aveva relegato in una piccola cella e fatto studiare ogni giorno da Neran, il gran sacerdote che a quel punto, pur di tener salva la vita, si era schierato dalla nostra parte.
Nel sonno farneticava ed Eden, pur di non lasciarlo solo troppo a lungo, rinunciava al suo di riposo per alternare la veglia ai lunghi turni di comando dell'esercito. Gli uomini andavano preparati e lui, in quanto re e gran generale, era necessario.
Zargan aveva mandato una staffetta che portava buone notizie. Il regno di Zambet aveva firmato l'alleanza, perciò i regni erano ormai tutti riuniti e pronti ad affrontare la minaccia comune. Il principe Loran non si sarebbe unito alla battaglia che fermentava ai piedi del castello di Delthar, ma ci avrebbe inviato il suo esercito al completo
Al mio concilio ristretto sedevano tutti i rappresentati dei regni alleati.
La Corona, che era stata riportata nella sua originaria cripta, non accennava a darmi tregua. Non esisteva istante in cui non mi desse il tormento. Sussurrava le sue lusinghe e le sue promesse anche nel cuore della notte e dovevo fare appello a ogni mio grammo di forza per non scostare le coperte e raggiungerla.
Hai bisogno di me, regina di Tenebre.
Indossami e sarai invincibile.
Avevo due regni, un plotone di draghi e sei eserciti. Eppure, ogni volta che quella voce di velluto mi entrava nella testa riuscivo a convincermi che il potere che possedevo non era ancora abbastanza.
Io ed Eden non avevamo ancora avuto modo di passare del tempo da soli. Quando dormivo io, lui era impegnato a dare ordini e a controllare che i soldati si organizzassero per la guerra. Quando invece era lui a riposare, io mi assicuravo che il castello tornasse all'equilibrio che per decenni aveva garantito mio padre, e lavoravo con Anna a un piano di difesa, intanto che Eden organizzava l'attacco. Tante erano le cose da fare che a malapena riuscivamo a scambiarci un bacio quando ci incontravamo nei corridoi.
Ero di nuovo a casa, ma quel posto non era più lo stesso. Più i giorni passavano, più il profumo di Aureenyria Santaminas si affievoliva. Tutte le piante che erano cresciute lungo le mura esterne del castello erano ormai marcite e cadute a brandelli.
Seduta all'ennesimo concilio, mi tenevo la testa tra le mani. Non solo per le varie problematiche che erano sorte e che andavano risolte in fretta, ma anche per via delle fitte lancinanti che partivano dalle tempie e mi perforavano fino al centro del cranio.
«Le casse del regno sono state svuotate, Altezza.» Il tesoriere Emmanuel Randaler, come il gran sacerdote, aveva accettato di servirmi. «Mastro Claudius ha investito in alcuni congegni per la guerra come nuove armi e carri. Ma non abbiamo i fondi per sostenere un esercito di quelle dimensioni troppo a lungo.» Indicò le vetrate che affacciavano direttamente sulla valle disseminata di capanne.
«Ci sono i gioielli della corona» proposi. «Utilizziamo quelli. Ce ne sono forzieri colmi, molti si trovano nelle mie stanze.»
«I gioielli che appartengono alla vostra famiglia da generazioni, Maestà?» domandò dubbioso e sconcertato il gran sacerdote.
Gli lanciai un'occhiata severa. «Vi è chiaro che in gioco c'è la sopravvivenza del Mondo Inverso? Cosa ce ne faremo di oro e pietre una volta che Zelveen avrà sterminato la nostra specie?»
«Sono tutti vostri alleati, Altezza» intervenne di nuovo il tesoriere. «I sei regni che seguiranno il vostro vessillo sul campo di battaglia metteranno senz'altro a disposizione tutto ciò che è necessario.»
Non bastava. Quella guerra sarebbe potuta durare ore, giorni, mesi o anni. Non avevamo idea di quando Zelveen avrebbe scagliato il primo colpo e poi l'ultimo. Quel che avevamo, avrebbe potuto non essere sufficiente.
«Prendete tutti i gioielli che trovate» ordinai, «assoldate sicari, pirati, chiunque richieda un pagamento per intervenire in questa guerra. E commerciate con le popolazioni limitrofe, con i selvaggi e gli abitanti delle isole neutre che non appartengono a nessun regno. Ci servono armi e viveri... quanti più riusciamo a trovarne.»
Una nuova fitta mi dilaniò la testa, costringendomi a strizzare gli occhi. A fatica trattenni un gemito.
«Non puoi andare avanti così.» Eden mi sfiorò una mano sul tavolo.
«È tutto a posto.»
«Non ho dubbi che tu ce la faccia. Ma dobbiamo risolvere la questione.»
In quegli ultimi giorni, la Corona di Tenebre era diventata più insistente del solito. Sussurrava promesse invitanti, per poi colpirmi col suo potere quando si stufava di vedermi resistere. Il dolore andava e veniva, ma quando arrivava era tanto forte da farmi lacrimare gli occhi.
«E se l'accontentaste?» Che Randaler cercasse di rientrare nelle mie grazie interessandosi al mio malessere lo rendeva anche più fastidioso di quando mi disprezzava apertamente. Avrei quantomeno dovuto cacciarlo da quel circolo ristretto, ma mi serviva la sua conoscenza del regno e dello stato del trono. La stessa cosa valeva per Neran. «Potreste indossare la Corona. Se, come dite, siete stata prescelta da essa, forse...»
«No» intervenne Eden, il tono più vicino a una supplica che a un comando. «Non è sicuro.»
«È la guerra a non essere sicura» protestò però l'altro, mantenendo la voce calma e sottomessa. «La nostra regina è la guida, deve rimanere in forze per quando arriverà il momento di combattere. E da quel che dicono gli esploratori, non manca molto. Il regno sta marcendo velocemente. E solo oggi sono stati registrati altri dieci casi di Inversi colpiti dal morbo.»
Neran era ancora in alto mare riguardo la cura per Alec. Con la coda dell'occhio vidi Eden serrare la mandibola e stringere un pugno sul tavolo.
Emmanuel aveva ragione. Tutte le finestre del palazzo erano state sigillare per evitare che il puzzo nauseante di marcescenza vi penetrasse attraverso. A quel punto era diventato quasi impossibile trovare un pezzo di terreno ancora verde.
«Questa potrebbe essere la strategia di Zelveen. Ci indebolisce col suo potere ed evita lo scontro» ipotizzai, testandomi la fronte che pulsava. «Dobbiamo fare noi la prima mossa.»
«Sì, se sapessimo dove stanarla» ribatté Eden, amaramente. Era da giorni che lavorava senza sosta a un piano d'attacco.
Senza preavviso e senza un araldo ad annunciare i nuovi ospiti, le porte della sala della guerra si spalancarono. Fecero il loro ingresso re Zades e la regina Cheryl, a giudicare dalla corona ricca di dettagli che indossava quest'ultima. Non avrebbe potuto essere più soddisfatta di sé.
«Fortuna vuole che abbia svolto alcune ricerche, allora» il tono suadente del sovrano di Crysia, accompagnato da quel suo sorrisetto insolente, era lo stesso di sempre.
Mi alzai in piedi facendo stridere la sedia. Venni subito imitata dal resto del concilio.
«Altezze, benvenuti di nuovo nella mia casa.»
Al mio fianco, Eden era diventato rigido come una roccia. Guardò Zades come se desiderasse dargli fuoco. Quest'ultimo, invece, gli dedicò un sorriso amabile. «Ancora il mastino della regina, vedo.»
«Sarai stato aggiornato sugli ultimi sviluppi, Zades. Perciò mi aspetto di essere trattato col dovuto rispetto.»
Lui lo guardò con un'espressione mortificata. «Non ti piacciono i cani, forse?»
«Tesoro» lo ammonì Cheryl, prendendogli la mano. Zades, incredibilmente, abbandonò quel gioco e l'accontentò.
«Ah, cosa non ci fa l'amore» il re di Crysia si allungò sul tavolo e si versò un bicchiere di vino dalla caraffa tenendo gli occhi incollati a quelli di Eden. «Ma immagino che tu lo sappia.»
«Siete venuto qui per scherzare o per condividere le vostre informazioni?» lo spronai brusca affinché giungesse al punto.
«Abbiamo catturato uno di quegli umani di cui mi hai parlato. Secondo le leggi che regolano il nostro Mondo, avremmo dovuto giustiziarlo. E così è stato, ma solo dopo averlo fatto cantare» spiegò Cheryl, le labbra sempre piegate il un leggero sorriso insinuante.
«Ammetto di essere stato piuttosto convincente, pur facendo attenzione a non toccarlo. A proposito, grazie del suggerimento.» Chinò un poco il capo. «La Traditrice si nasconde nel Mondo Verso. Gli umani si comportano in modo anomalo, e le loro città sono in preda al caos. Zelveen sta radunando un esercito molto più numeroso del nostro.»
Il gran sacerdote si agitò sulla sedia. «Umani come soldati? Che idiozia...»
«Non sono normali umani» spiegò Zades. «Sono umani sottomessi al suo potere in cambio dell'accesso al nostro mondo. Secoli fa, gli Inversi fedeli Zelveen che fuggirono quando Bernilde la condannò ai fondali tra i due oceani, lavorarono a questo piano. Sono generazioni che gli umani da essi arruolati si preparano.»
Gli stessi Inversi erano responsabili della distruzione di tutti i manufatti e di tutta la memoria collegata a quel periodo. Memoria che arrivò a noi frammentata e impossibile da ricostruire. Come il diario che avevo ceduto alla megera della cittadina di Beaver.
«I nostri poteri non hanno alcun effetto» aggiunsi. «Sembra che l'unica magia che non riescano ad annullare sia la stessa che anima gli umani controllati da Zelveen. E quella della Corona.»
«Altezza.» Emmanuel si fece ancora avanti. «Mandate qualcuno nel Mondo Verso. Se vogliamo attaccare per primi, dobbiamo conoscere l'esatta ubicazione della Traditrice.»
«O forse, potremmo attirarla qui» suggerì Zades, levandosi un pelucco invisibile dalla giacca elegante.
«Come?» domandò Eden, diffidente.
Zades spostò il suo sguardo su di me. «Se indossaste la Corona e le permetteste di donarvi la sua magia, forse il grande potere che sprigionereste sedurrebbe Zelveen, convincendola a tornare nel nostro Mondo.»
«Questa vostra idea del cazzo si basa su un'ipotesi. Non possiamo rischiare.» Eden si voltò e studiò attentamente il mio profilo, sperando di trovarmi d'accordo.
Che indossassi la Corona era inevitabile. Nonostante Zelveen fosse nell'altro mondo, il suo potere ruggiva forte fino a noi. Solo accettando un potere altrettanto enorme avremmo avuto una possibilità.
«Gli umani posseduti dalla Traditrice hanno rinunciato alla propria volontà.» Guardai Zades. «Non è possibile che decidano di tradirla. Se quello che avete torturato per carpire informazioni ha parlato, vuol dire che era Zelveen a desiderare che avessimo quelle informazioni. Potrebbe essere una trappola.»
Cheryl scosse la testa. «Abbiamo mandato alcuni dei nostri in avanscoperta. Lei è lì, il suo potere ha sconvolto le leggi naturali del Mondo Verso.»
«Perché voleva che lo sapessimo, allora?» Eden corrugò la fronte.
Silenzio interrotto dal leggero crepitio nel fuoco.
«Indosserò la Corona» decisi. Gli occhi di Eden scattarono su di me. «Ma non ancora. Il potere di quell'oggetto richiede una padronanza della magia che ammetto di non possedere. Non sappiamo cosa succederà una volta che me la sarò posata sulla testa. Potrei non essere in grado di gestirla. Perciò, fino a quando non sarà strettamente necessario, le resisterò. Non possiamo però aspettare che Zelveen venga a bussare alla nostra porta. Andrò nel mondo degli umani e scoprirò dove si nasconde.»
«Cosa?» sbottarono i presenti.
«Sono l'unica in questa stanza ad aver vissuto nel Mondo Inverso. Forse non è una motivazione sufficiente, ma non accetterò che qualcun altro si avvicini al pericolo mentre io aspetto qui seduta comoda sul mio trono.»
«Non siete addestrata per questo» dissentì Zades, senza scomporsi.
«Come spesso mi è stato fatto notare, non sono stata addestrata nemmeno per ricoprire il ruolo di sovrana. Eppure, eccomi qui.»
«Non potete affrontare la minaccia senza un esercito» insistette il gran sacerdote.
«Suggerite quindi di aspettare che il morbo contagi l'intero Mondo Inverso, o di far attraversare il portale alle armate?» Sollevai un sopracciglio.
«Maestà, è una follia. Affrontare Zelveen da sola vi porterà a morte certa!» Emmanuel Randelr tirò fuori quel tono che tanto avevo detestato nei miei primi consigli.
«Non andrò da sola. Eden verrà con me.» Io e lui ci scambiammo uno sguardo. Sapevo che era d'accordo. Non avremmo mai più accettato di dividerci. «E porterò la Corona, nel caso si rendesse necessario indossarla, e per evitare di farmi uccidere da questo mal di testa.» Una nuova fitta mi trapassò il cranio come un fulmine. Mi portai una mano alla tempia e m'impegnai per resistere al dolore.
«Così fate il gioco di Zelveen, se è vero che desiderava che quell'informazione arrivasse a voi» soppesò, pensieroso, Zades. «Ma voi siete l'erede della dinastia dei Delthar. Non ci è stato tramandato molto dagli anni in cui la Traditrice mosse guerra a Bernilde la Coraggiosa, però mi sembra logico pensare che voglia vendicare su di voi la sconfitta subita dalla prima sovrana di Delthar. Attirarvi lontano dalla forza del vostro esercito l'aiuterà a mettere un punto ai suoi antichi rancori, prima di venire a conquistarci. Ma se andate e la sconfiggete prima che muova il primo passo verso di noi, ci salverete tutti.»
Il peso delle aspettative si aggiunse a tutto il resto.
«Zargan sta tornando con gli uomini di Zambet» comunicai, dopo aver deglutito la paura. «Manderò una staffetta a richiamare il resto dell'esercito di Kodor guidato da Jared.»
A quel nome, gli occhi di Eden s'illuminarono. «Ci penso io.»
Mi alzai in piedi, e il resto del consiglio fece altrettanto. «Partiremo domani all'alba. E qualcunque cosa accada, voi siate pronti a combattere.»
Quella notte, dopo essermi rigirata tra le lenzuola per una buona mezzora, abbandonai definitivamente l'idea di dormire. Non solo per via del mal di testa che non passava neanche con gli intrugli che il gran sacerdote aveva preparato, ma anche perché ero stufa di allungare la mano verso l'altra metà del letto e trovarlo vuoto. E poi non riuscivo a smettere di pensare all'indomani.
Eden aveva promesso di raggiungermi, ma erano passate ore e di lui neanche l'ombra.
Cacciai di lato le coperte e m'infilai una vestaglia comoda. Quando uscii dalla mia porta, rivolsi un sorriso alla guardia assonnata appostata davanti. Armata di un lume, m'incamminai lungo i corridoi deserti e silenziosi. Le finestre erano state riaperte perché l'odore di marcio era riuscito comunque a penetrare. Dalle alte arcate che affacciavano sulla città, si poteva udire il fruscio del vento, il russare dei draghi appollaiati nell'oscurità, e il chiacchiericcio dei soldati che riposavano nelle tende. Il popolo, per quanto spaventato dalla guerra in arrivo, si sentiva rassicurato dall'enorme esercito. Si erano già abituati alla loro presenza.
Un po' meno a quella delle bestie sputafuoco che si cibavano degli ultimi animali d'allevamento rimasti. Superata l'adrenalina della battaglia che si era svolta a valle, io per prima avevo faticato a non sussultare ogni volta che dalle vetrate ne vedevo comparire una.
I miei passi erano attutiti dal tappetto sul quale camminavo attraversando l'ennesimo corridoio. Sollevai lo sguardo sul quadro i cui personaggi dipinti vegliavano su di me dall'alto. Uno di questi era Bernilde. Indossava un'armatura di fuoco e i lunghi capelli dorati sembravano un'estensione di quelle fiamme che l'avvolgevano come a una dea. Al suo fianco, Zelveen la Traditrice, dai lunghi ricci corvini tanto simili ai miei, sorrideva tranquilla all'ombra della prima regina di Delthar. Non sembrava una minaccia, vista nelle vesti di una nobildonna al servizio della sovrana.
Eppure, c'erano ottocentomila uomini pronti ad affrontarla.
Scossi la testa e andai oltre. Scesi le scale di pietra, ignorando il richiamo disperato della Corona di Tenebre, e dal profumo dolce di cannella intuii che avevo appena trovato Eden. Superai l'ingresso delle cucine e lo scoprii dietro il bancone, coperto di farina e con la fronte aggrottata mentre infieriva col mattarello su un panetto di pastafrolla.
Le ferite che gli erano state inflitte non erano ancora del tutto guarite. Aveva dei tagli sul volto e dei lividi sugli avambracci. Ma, nonostante avesse perso peso, non aveva comunque perso i suoi muscoli sodi e scattanti.
Mi appoggiai con la spalla sullo stipite. «Poverino, cosa ti avrà mai fatto quel panetto.»
Eden non sollevò gli occhi, cosa che mi fece capire che mi aveva sentita arrivare. Però sorrise, e le rughe sulla fronte e vicino agli occhi si distesero.
«Cosa ci fai ancora alzata?»
Afferrai il cordoncino che teneva ferma la vestaglia e cominciai a farlo roteare con nonchalance. «Aspettavo che un certo qualcuno si decidesse a venire a letto.» Indicai poi i dolci che aveva cucinato. «I viveri scarseggiano... è saggio preparare torte e pasticcini?»
Il suo sorriso si spense. «Gran parte di questa roba verrà distribuita ai cittadini, insieme al resto delle vivande preparate dalle cuoche anche per i soldati. Non basterà per tutti, certo. Ma...»
«Che succede, Eden?»
Lui emise un sospiro e, dopo un attimo, ripose da parte il mattarello strofinandosi poi le mani per liberarsi dall'eccesso di farina.
«Credo di non volerti mettere pressione» confessò.
«Pressione? Per cosa?»
Lui girò intorno al bancone e vi si appoggiò contro. «Hai unito sei regni, dei draghi volano sulle tue terre, il nostro mondo marcisce sempre più velocemente...»
«Sì, e noi ci siamo ritrovati» puntualizzai. «Non sei contento di questo?»
Lui mi rivolse uno sguardo carico di dolce tristezza. «E hai accettato di sposarmi. Non voglio che tutto questo per te sia troppo. Credo che tu abbia bisogno di tempo per elaborare il tutto.»
«Lascia decidere a me come e quando elaborare le cose che accadono nella mia vita.»
«A Kodor... non ti chiederò cosa è successo. Se mai vorrai parlarmene, io sarò qui ad ascoltarti. Ma non voglio che tu ti senta in obbligo a farlo. E non voglio sentirmi di troppo nel tuo letto, se non sei pronta a...»
«Eden» lo interruppi facendo un passo verso di lui, e finalmente i nostri corpi si toccarono. Portai entrambe le mani ai lati del suo collo. «Non è successo. Ho molto da raccontarti, partendo da come sono riuscita a ingannare il re di Kodor per tutto il tempo. Ma credimi se ti dico che tu non sarai mai di troppo nel mio letto. E che io non sentirò mai l'obbligo di parlare con te.»
«Non... ti ha fatto del male?» Mi posò le mani sui fianchi.
«Ci sono molti modi per fare del male a una persona. Ma credo di averne fatto più io a lui che lui a me.»
«Sei incredibile, cazzo.» Posò la fronte sulla mia.
Gli allacciai le braccia al collo. «Anche tu mi racconterai tutto quando ti sentirai pronto.»
«Reen, ho vissuto un incubo. Avevo paura che non sarebbe mai finito. Un giorno, però, dovrai venire con me nelle Terre Libere. È un luogo meraviglioso e ho intenzione di esplorarlo con te al mio fianco.»
«Non vedo l'ora.»
Non gli dissi che quel giorno sarebbe potuto non arrivare mai, che saremmo potuti morire già domani.
«E...» si piegò un poco sfiorandomi il collo con le labbra. «Se tu sei d'accordo, ci sarebbe dell'altro che potremmo continuare a esplorare insieme.» Tra noi divampò un fuoco.
«Perché credi che ti stessi aspettando alzata, razza di imbecille?»
Soffiò una risata sulla mia pelle. Mi afferrò per le cosce e mi prese in braccio. Con una mano buttò a terra il mattarello e mi sistemò sul bancone sporco di farina.
«Qui? Le cuoche si infurieranno!»
«Che s'infurino. Tu sei la regina.»
«E tu il re.»
Posai la mia bocca sulla sua e lasciai che la sua lingua trovasse la mia.
Più tardi, eravamo sudati e coperti dello zucchero che per sbaglio Eden ci aveva fatto finire addosso. Restammo a lungo sdraiati sul bancone da lavoro, nudi e per nulla sazi. Avevamo parecchio da recuperare.
«Regina di Picche, eh?»
«Re delle Terre Libere, eh?» Mi sollevai su un gomito e i miei capelli ci coprirono come una tenda. «Sei qui...»
Lui sorrise. «E non vado più da nessuna parte.»
Ci baciammo un altro po', affatto sazi del contatto che continuavamo a cercare e che avevamo desiderato a lungo. Ma sarebbe apparso alquanto stravagante se ci fossimo addormentati e qualcuno ci avesse trovati lì. Perciò, controvoglia, ci trascinammo nella mia stanza. Riposammo un poco, ma l'alba ci raggiunse fin troppo presto.
Quando varcammo il confine della città di Delthar, pronti ad andare nel Mondo Verso, non sapevo che una volta tornata a casa sarei stata del tutto diversa.
E non sapevo che quando questo fosse accaduto, avrei trovato solo distruzione.
FERMI UN ATTIMO! ⬇️
Ho il piacere di presentarvi Re Zades e Lady (Regina) Cheryl. Fanart fresche fresche per v
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