60- AUREEN
Al castello, della morte di Sorendal quasi non si parlò. Il suo corpo venne preparato e spedito senza cerimonie a Delthar. In situazioni normali, Jared e Valerin avrebbero seguito il feretro. Ma re Dorian li considerava suoi prigionieri, perciò non ricevettero il permesso di riportare il padre a casa e di partecipare alla sepoltura. Questo, forse, feriva loro tanto quanto la perdita. Poterono solo osservare la carrozza che si allontanava dal castello sussultando a ogni masso.
Quando le ruote sollevarono la polvere, io ero lì con loro. Jar, per quanto ancora arrabbiato, si strinse a sua sorella. Lei gli si abbandonò contro la spalla, inzuppandogli la camicia.
Anche io ero ancora furiosa, probabilmente non l'avrei mai perdonata per ciò che aveva fatto. Ma se Jared poteva stringere la mano grinzosa del padre sul letto di morte nonostante le crudeltà a cui lo aveva destinato, io potevo far emergere la mia compassione.
Allungai quindi una mano e strinsi la spalla di Val. «Ti prometto che quando riavrò il mio trono, tuo padre riceverà una degna sepoltura.»
Lei, incredula, sollevò i grandi occhi chiari su di me. «Reen...»
«Non sto dicendo che ti perdono. Ma tutto questo...» portai lo sguardo sulla carrozza ormai lontana, un puntino avvolto in una nuvola di polvere. «Non è giusto, e lo riconosco.»
Lei si staccò dal fratello, così che potesse dedicarmi tutta l'attenzione. «Non chiederò ancora il tuo perdono, ho capito che è ingiusto farlo.» Si morse il labbro e fece del suo meglio per non far cadere altre lacrime. «Voglio però dirti che, quando arriverà il momento, accetterò la punizione senza protestare. Qualunque essa sia. Nel frattempo, lavorerò sodo per riabilitarmi.»
Mi scambiai una veloce occhiata con Jar, che era stupito quanto me da quelle parole. Dopodiché annuii e tornai dentro, lasciandoli alla riservatezza del loro dolore. Anche perché stava per calare il sole, e Lady Cheryl mi aspettava.
Tornai alle mie stanze e la trovai seduta sul mio letto. «Alla buon'ora.»
«È tutto confermato per stanotte?»
Avevo deciso che non ne sarei rimasta fuori. Quando possibile, avrei raggiunto la Resistenza per organizzare il colpo di stato.
«Non è astuto che tu ti allontani ancora dal castello. Ci ho riflettuto e questa volta andrò da sola.»
«Non resterò qui a lasciare che quel verme tenti ancora di mettermi le mani addosso.»
«Hai il tuo veleno.» Cheryl mandò un'occhiata alle ampolle sul mio comodino, le quali si confondevano tra i vari prodotti di bellezza.
«Prima o poi si accorgerà dell'inganno... e io voglio piantargli un coltello nel cuore prima che succeda.» Dietro la testata del letto fosse ancora nascosto il pugnale. «Non posso tagliargli la gola senza un piano che mi assicuri la sopravvivenza. Le guardie mi confinerebbero subito nelle segrete, o mi ucciderebbero. E sono certa che nel circolo ristretto di re Dorian ci sia già qualcuno che non vede l'ora di prendere il suo posto. Parlo per esperienza.»
Lady Cheryl sollevò un angolo delle sue labbra rosse. «Molto saggia. Sai, Aureen...» lei mi si avvicinò ondeggiando in quell'abito forse troppo audace per il Mondo Inverso. «Mi sono chiesta spesso come mai Eden avesse perso la testa per te.»
Al suono di quel nome, che mormoravo ogni notte mentre piangevo lontano da sguardi indiscreti, mi scoppiò il cuore. «Pensavi che fossi una ragazzina viziata che si è ritrovata una corona sul capo per sbaglio?»
«Oh, su quello ancora non ho dubbi.» Sorrise, provocatoria. «Ma sei una ragazzina viziata con un cervello, quantomeno. E più coraggio di quanto si penserebbe.»
«Grazie...?» Inarcai un sopracciglio.
Lasciò una scia di profumo quando si allontanò. «Ti aspetto più tardi all'uscita segreta del castello.»
Richiuse piano la porta, e io mi preparai ad accogliere mio marito prima di andare a complottare alle sue spalle.
Lasciai il palazzo molte volte. Sempre per raggiungere i membri della Resistenza, e sempre facendo attenzione che il passaggio segreto fosse stato lasciato libero dalla guardia di turno per raggiungere gli alloggi di una qualche servetta. Avevo scoperto che le due gemelle guerriere, Lenna e Anna, erano in grado di aprire un uomo senza che questo se ne accorgesse. E questo perché, quando un piccolo gruppo di guardie minori irruppe nello scantinato della farmacia, furono loro a occuparsene. Ed erano anche veloci e silenziose come gatti.
Honnie invece aveva dato prova di sapersi sbarazzare dei corpi senza dare nell'occhio. I grandi vulcani che segnavano il confine, e i quali eruttavano lava di continuo, si rivelarono presto comodi alleati.
«I controlli in città sono duplicati» Tillie, la moglie di Donn, si stringeva il grembiule nei pugni tremanti. «Ho sentito le guardie interrogare e prendere a calci dei senzatetto.»
«Stanno cercando i loro compagni» intervenne Rob, il più giovane del gruppo, coprendo con la scarpa una macchia di sangue sul pavimento di legno.
«Dite che Dorian ha sospetti sulla Resistenza?» domandai io.
«No, non credo. Credo che il gruppo di cui ci siamo sbarazzati ti abbia seguita fin qui, l'altra sera. Ma dubito che abbia avuto il tempo ad avvertire il re» rifletté Erwin.
«Anche perché, se lo sapesse, a questo punto saremmo morti.» Intuì Zargan. «E tu saresti a marcire da qualche parte.»
«Non avrà idea che i ribelli si nascondano in queste mura e che la moglie ne faccia parte» borbottò il vecchio Joe dalla gamba di legno, «ma quello sente puzza di tradimento da anni, ormai. Si aspetta una sommossa da un momento all'altro.»
«Non possiamo aspettare che ci scoprano, dobbiamo muoverci subito» suggerì Donn.
«Il piano è buono» annuì, pensoso, Zargan. «E non abbiamo tempo per idee migliori.»
Ogni volta che mi era stato possibile, avevo esplorato l'intrico di corridoi segreti e avevo tracciato una bozza di mappa. Avevo anche capito che se fossi riuscita a far entrare di nascosto la resistenza nel palazzo, avremmo goduto dell'effetto sorpresa. Dorian non avrebbe potuto organizzare alcuna soppressione. Era quello, il piano.
«È arrivato il momento di agire. Erwin, hai cominciato a bisbigliare nelle orecchie della servitù?» Avevo il cuore che pompava adrenalina.
Lui fece spallucce con aria compiaciuta. «Non è stato difficile. Non c'è una domestica sulla quale re Dorian non abbia allungato una mano. E non c'è un soldato che non sia stato trattato da nullità al suo cospetto. Alcuni sono fedeli alla dinastia da troppe generazioni, ma la maggior parte degli abitanti del castello è scontenta.»
Annuii. «Cheryl, qual è la situazione tra i cortigiani?»
Lei si guardò le unghie. «Hanno gli stomaci pieni grazie alle provviste inviate dal regno di Delthar. Ho dato una spintarella affinché pensino che il merito sia tutto tuo. E potrei aver accentuato il tuo carattere generoso.»
«Se conquistiamo i nobili» intervenne il vecchio Joe, «abbiamo vinto.»
«Dobbiamo conquistare soprattutto il popolo» affermò invece Donn, «ma non sarà complicato. Muoiono di fame, il malcontento è all'ordine del giorno. La fitta rete della Resistenza ci lavora già da tempo. Nessuno contrasterà l'ascesa di un sovrano più attento ai loro bisogni. Ai nostri bisogni.»
Mi pulsava la testa per via della distanza dalla corona, ma ero troppo euforica e spaventata per dargli grande peso. Se tutto fosse andato secondo i piani, nel giro di poco tempo avrei spezzato la fila di catene che m'imprigionava i polsi.
«Lenna, Anna...» chiamai, «potete organizzare una squadra d'attacco? Anche tu, Erwin. Ho bisogno di sapere che, quando arriverà il momento di tirare giù re Dorian dal trono, potrò contare su una forza in grado di contrastare i servitori rimasti a lui fedeli.»
«Puoi giurarci» risposero in coro le gemelle
«Ho degli uomini fidati che mi devono qualche favore» fece loro eco Erwin, incrociando le grosse braccia davanti al corpo.
«D'accordo» sospirai pesantemente. «A questo punto dobbiamo solo stabilire come e quando avverrà l'attacco. Non avremo una seconda possibilità, deve essere tutto perfetto.»
Lady Cheryl si alzò in piedi e mi prese per un braccio. «Certo, ma non oggi.» Indicò un'alta finestrella dalla quale entrava la luce calda che precedeva l'alba. «Dobbiamo rientrare. Subito.»
In men che non si dica, eravamo di nuovo entrambe incappucciate e correvamo per le vie della città.
Una volta davanti alla mia stanza, trovai la guardia ancora addormentata. Ripetei il rituale di ogni sera e m'infiali nel letto in attesa che arrivasse la domestica per vestirmi e prepararmi alla giornata.
Feci finta di dormire quando entrò. Seguita dal ticchettio delle sue suole, spalancò tende e finestre. Non obiettai quando, seduta davanti allo specchio, iniziò a pettinarmi i ricci annodati. Indossato un abito largo dai colori scuri, m'incamminai verso la sala della colazione.
Questa, inaspettatamente, era vuota. Di solito re Dorian era lì ad attendermi intanto che trangugiava cibo su cibo. Corrugai la fronte ma non feci domande.
Lunghi minuti più tardi, il re in persona spalancò la porta con una scintilla preoccupante nello sguardo. «Moglie» esclamò, fingendosi festoso.
Mi alzai in piedi e mi piegai in un inchino accennato. «Avete riposato bene?»
Un sorriso cattivo gli squarciò il viso. «Profondamente. E voi? Non si direbbe abbiate fatto altrettanto.»
Il cuore prese a battermi come un tamburo. Mi aveva forse scoperta?
«In effetti non sono riuscita a riposare» risposi, cauta. «Alcuni pensieri.»
Lui prese posto a capotavola stravaccandosi sulla sedia, la quale scricchiolò sotto il suo peso. «Posso ben immaginare quali siano i vostri pensieri. E potrei anche scommettere che non riguardino il vostro ventre vuoto.»
Digrignai i denti. «Vincereste la scommessa, Maestà» lo sfidai, tornando a sedere.
Lui, però, non s'infiammò. Si limitò a guardarmi come se sapesse che nascondevo qualcosa. La sedia sotto di me improvvisamente divenne incandescente.
Il silenzio carico di tensione venne rotto da Lady Cheryl, annunciata da un domestico. Quando la sua figura slanciata apparve sulla porta, lo sguardo di re Dorian s'illuminò. Mi si rivoltò lo stomaco.
«Altezza» la voce di lei suonò dolce fino alla nausea, «sono venuta a rubarvi la regina per i preparativi della festa.»
Mi accigliai. «Quale festa?»
«Non glielo avete ancora detto?» cinguettò Lady Cheryl rivolta al re, per poi puntare il suo sguardo su di me. Uno sguardo che tentava di dirmi quel che non poteva comunicare a parole. «Stamattina Sua Altezza ha deciso che il castello ha bisogno di un po' di svago, dopo la spiacevole dipartita dell'ambasciatore Sorendal di Delthar.»
Al castello non poteva importare di meno della morte del padre di Jar e Valerin. Quello era solo un pretesto per darsi al piacere di danze e banchetti, ora che godevano delle provviste inviate da Claudius.
«Proprio così» assentì lui, sfidandomi a mettere in dubbio quelle parole. «Una festa diurna. Magari vi aiuterà a stancarvi, così che questa notte riusciate a riposare.»
«Una grande idea, Maestà» lo lusingò Cheryl. «Se non vi dispiace...»
«Credo che questa volta non potrò accontentarvi, mia signora» la interruppe lui. «Desidero che la mia consorte mi assista per la giornata. Verrà fatta vestire nelle mie stanze e poi raggiungerà la festa in mia compagnia.»
Il sorriso di Lady Cheryl vacillò per un istante. «Come preferite.»
La sedia di re Dorian stridette quando la fece scivolare indietro per alzarsi. «Moglie?» mi porse il braccio grassoccio.
Serrai la mascella. Poi mi alzai e lo assecondai. Il mio intuito non sbagliava, ne ero certa. Lanciai un'ultima occhiata alla Lady che chinava il capo al nostro passaggio. Me lo sentivo nelle viscere che stava per esplodere l'inferno.
E quando arrivò, non fu affatto inaspettato.
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