58- EDEN

Il giorno successivo arrivò un medico. Mi curò le lussazioni e mi fasciò le costole. Poi mi somministrò delle pozioni che ebbero lo straordinario effetto di tirarmi subito su. E l'unguento che mi spalmò sull'occhio lo fece sgonfiare di parecchio in pochi minuti.

Ero strabiliato dal progresso medico delle Terre Libere. Da una nota che percepii nell'odore dei medicinali, supposi che lì dentro ci fosse un estratto di Rosa Nera. Se i nostri popoli avessero potuto imparare l'uno dall'altro...

«Niente torture per le prossime due settimane» dispose il dottore alla guardia che osservava ogni suo movimento.

Mi venne quasi da ridere. Quella era una raccomandazione ridicola, eppure necessaria.

«Il re vuole che...» iniziò il soldato.

«... che il prigioniero sopravviva fino a quando egli stesso non deciderà di donare la sua vita, esatto Perciò niente torture, o tirerà presto le cuoia.»

Il medico recuperò i suoi strumenti e i suoi medicinali, e scortato dalla guardia se ne andò. Non mi guardò mai negli occhi, come se sentisse addosso la responsabilità di decisioni che non erano nemmeno sue. Non avrebbe potuto fare altro per me.

«Ti è andata di lusso» commentò Sonan, divertito.

Non facemmo più parola della sua confessione, ma questa pareva aleggiare ancora nell'aria. Era servita a unirci di più, seppure sentissi ancora il cuore sanguinare. E quando gli occhi mi caddero sulle ossa grigiastre che s'intravedevano in una cella più in fondo, dovetti costringermi a mandare giù la bile. Re Noah avrebbe pagato per tutta quella violenza.

«Due settimane di vita, fantastico» commentai ironicamente.

Mi tastai la faccia e, anche se ero ancora dolorante, mi sorpresi di riuscire a sfiorare la pelle senza sussultare. E respiravo molto, molto meglio. La gola mi faceva ancora male per via della disidratazione, ma ora deglutire non era più uno strazio. Forse, se per periodo di tregua mi avessero lasciato in pace sul serio, e se Zèzè mi avesse portato ogni giorno cibo extra, avrei recuperato un po' di forze per tentare la fuga.

Potevo strutturare un piano. Ma poi ci sarebbe stato il deserto da affrontare. O il mare, se avessi deciso di correre al porto della città, dove però avrei rischiato di farmi riacciuffare. Da solo non avrei mai potuto farcela. Anche perché avevo tutte le intenzioni di portare Sonan e Zèzè con me.

«Uscirai di qui, ragazzo» mormorò il prigioniero, leggendomi negli occhi ogni pensiero.

«Come fai a esserne così sicuro?»

Lui mi sorrise. Un sorriso acuto e buonissimo. «Dammi fiducia.»

Raddrizzai la testa per guardarlo meglio. Ma non ci fu modo di approfondire quell'argomento, perché Jean varcò l'ingresso delle segrete portando con sé due piatti di pasticcio grigio più abbondanti del solito.

«La colazione.»

Non sapevo se ringraziarlo o meno. L'intervento del medico, quella mattina, era arrivato per merito suo. Ma restava uno dei miei aguzzini, anche se non il più crudele. E aveva tradito la memoria di mio padre. Glielo leggevo in faccia l'imbarazzo e il tormento, ma nel cuore non avevo posto per altra pietà, al momento.

Sonan si tirò in piedi. «Jean. Non puoi permettere che vada avanti così.»

«Non posso fare nulla per aiutarlo» la sua voce suonò incerta quando mi rivolse un veloce sguardo.

«Certo che puoi. Hai lì le chiavi della cella.»

La guardia le nascose tirando giù la giacca, poi si guardò intorno.

«È il figlio di Icarius, il tuo più caro amico. Non puoi permettere che finisca nello stomaco di un drago... o che muoia sotto i cazzotti di quelli lì.»

Jean si avvicinò minaccioso alla cella di Sonan. «Non posso fare nulla per aiutarlo» ripeté, questa volta ringhiando.

«Ma come fai a guardarti allo specchio?»

Jean, però, non rispose. Abbassò la testa e fece per andarsene. Poi però ci ripensò e tornò indietro. Mi guardò dritto negli occhi iniettati di rosso. «Se riuscissi ad andartene di qui» cominciò, «e riuscissi a tornare nel tuo regno... dichiareresti guerra alle Terre Libere?»

«Se Aureen, la mia regina, non mi vedrà tornare sarà lei a ad arrivare qui con un esercito.»

«La regina di Delthar è una prigioniera di Kodor, al momento.»

«Dici bene, al momento. Aureen riuscirà a liberarsi delle sue catene, a quel munto non le basterà un mare a separarla da me. Se io però dovessi fare ritorno a Delthar, farei in modo di evitare la guerra alla tua gente. E tornerei qui per liberarvi.»

Jean deglutì. «Potrebbe non succedere mai...»

«Succederà, invece.»

Il petto mi bruciava per la speranza, e anche Sonan stava trattenendo il respiro. Aggrappato alle sbarre sentii il mio potere delle tempeste sfrigolare nei palmi a contatto con l'acciaio freddo, sintomo delle energie che stavano già tornando, seppure fossi ancora debole.

«Giuralo» mi ordinò l'uomo. «Io rischio la mia vita, se ti libero. Perciò giura che ne varrà la pena.»

«Non ho mai tradito la parola data e non comincerò ora. Lo giuro.»

La guardia, mia nuova alleata, annuì. «D'accordo.» Era però bianco come un lenzuolo, consapevole del pericolo che aveva accettato di correre.

Sonan scosse festante le grate della sua cella. «Lo sapevo che eri ancora lì da qualche parte!»

Jean deglutì ancora. Potevo vedere il ritmo del suo cuore pulsargli nella vena sul collo. «Devi prima riprenderti. Tornerò fra sei giorni. Ti procurerò un cammello e un passaggio su una nave mercantile...»

«Sonan viene con me» lo interruppi. «E anche Zèzè.»

«No» risposero entrambi all'unisono.

«Non me ne vado senza di te.» Guardai il prigioniero nei suoi occhi d'ambra.

«Io servo qui. Zèzè non abbandonerà mai le ossa di suo padre, e io non abbandonerò lei.»

La guerra con Kodor, Claudius e Zelveen avrebbe potuto durare mesi, se non anni. E nemmeno la Corona di Tenebre dalla nostra parte non poteva assicurarci in anticipo l'esito di quegli scontri. Se la regina Aureen di Delthar fosse caduta... sarebbero caduti con lei tutti i regni. Forse solo le Terre Libere sarebbero riuscite a sfuggire alle grinfie della Traditrice. Ma Sonan sarebbe rimasto lì sotto ad attendere la mia mano protesa che lo avrebbe tirato fuori.

«Non commetterò di nuovo lo stesso errore.» Le rughe che gli contornavano gli occhi come prova di quei lunghi anni che aveva trascorso a struggersi. «Ho abbandonato la causa di tuo padre per codardia. Non lascerò quella ragazzina a cavarsela da sola. Forse non le sono molto d'aiuto, da qui. Ma lei deve sapere che avrà sempre qualcuno di cui fidarsi.»

Anche se l'idea mi feriva, capivo cosa intendesse dire e non mi sarei opposto. Avrei lottato con tutte le mie forze per tornare da lui e liberalo, così come avrei liberato il resto delle Terre Libere dal tiranno che sedeva sul trono.

Allungai una mano e afferrai quella di Sonan. «Tornerò.»

Avrei dovuto fare in modo di mantenere quella promessa. Ma, prima di tutto, dovevo tenere fede a quella che avevo fatto ad Aureen.

Lui strinse la presa e mi rivolse un sorriso grato. «Ti aspetto qui.»

Forse non ci credeva del tutto, ma gli andava bene così: si era rassegnato a quei luoghi bui e umidi, accettandoli come una giusta punizione.

«Allora è deciso» ci interruppe Jean, «partirai fra sei giorni per il regno di Delthar.»

Una vocina acuta ci arrivò dall'alto. «Dovresti andare dai draghi.»

Alzammo lo sguardo e, dalla fessura nel muro, comparve Zèzè. In un'abile mossa si lasciò cadere, si afferrò alle sbarre e scivolò giù, incurante della presenza di Jean. Da quanto tempo se ne stava lì ad ascoltare?

«Sai cos'è un drago, Zèzè?» domandai, aggrottando confuso la fronte.

Lei mi rivolse un'occhiata risentita. «Ecco perché a Sonny non chiedo mai nulla in cambio delle mele che rubo per lui.» Si sedette con le gambe incrociate e cominciò a dondolarsi all'indietro reggendosi i piedi come fanno i neonati. «Gradi fauci, lunghi denti, ali a membrana» spiegò. «Prima di tornare a casa tua, dovresti andare da loro.»

«Ragazzina, se vado dai draghi a casa mia non ci torno proprio.»

Lei fece spallucce. «Ho sentito il re che diceva di essere stato da loro a discutere un'alleanza. Non è stato ucciso, perciò potresti provarci anche tu...»

Jean posò un ginocchio a terra e l'afferrò per le spalle per farla stare ferma. «L'hai sentito? E come?»

Lei roteò gli occhi, scocciata, e indicò la fessura nel muro.

Santi numi...

«Che altro hai sentito?» la incitai.

«Non molto. Ma sulla scrivania del re c'è una mappa con la rotta che porta alla dimora dei draghi.» Mi si fermò il cuore, poi lei sorrise maliziosa. «Potrei rubarla.»

A quel punto intervenne Sonan. «No, Zèzè, è troppo pericoloso.»

«Mi sono già intrufolata nel suo studio, in passato.» Sfilò una moneta d'oro dalla tasca e la fece volare in aria, per poi riprenderla al volo. «È un gioco da ragazzi.»

Quella era un'idea folle. Re Noah non era un primo figlio, suo fratello primogenito era già stato divorato. Motivo per cui forse non era stato ucciso da quelle bestie. Ma avere i draghi come alleati era una possibilità allettante. E poteva valere la pena tentare di conquistare il loro favore prima che trovasse il modo di farlo re Noah.

Chiusi gli occhi e riflettei. «Sì...» mi uscì un suono roco, «posso provarci.»

«Sei impazzito?» mi sbraitò contro, Jean. «Non ti libererò per andare a morire nella dimora dei draghi.»

Zèzè scattò come un fulmine. La guardia tentò di allontanarla, ma lei fu più veloce. Gli sfilò il mazzo di chiavi dalla cinta senza che nemmeno se ne accorgesse, e lo sollevò in alto. «Tu rimedia il cammello e una barca» gli ordinò con quella vocina vispa.

«Ridammele.» Jean era diventato rosso come un peperone.

«Giura che aiuterai Eddy nel piano» lo mise alle strette lei, troppo felice di essere complice in quella missione.

«Ti ho detto di non chiamarmi così» sbottai, ma Zèzè mi ignorò.

Quel piano era una pazzia, ma se avessi avuto successo, avrei cambiato le carte in tavola.

Jean sapeva bene che, se avessi avuto successo con i draghi, quell'abominio senza fine che aveva macchiato l'intera dinastia dei regnanti delle Terre Libere avrebbe avuto fine. Nessun primogenito sarebbe mai più stato dato in sacrificio. Forse, se mi avesse aiutato a raggiungere quell'obbiettivo, avrebbe potuto perdonarsi per quel che era accaduto anni prima.

Alla fine sospirò. «Siete dei dannati folli.» Si passò una mano sul viso. «D'accordo, lo giuro.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top