53- EDEN
«Fatelo inginocchiare» ordinò re Noah delle Terre Libere.
Delle mani forti mi strinsero entrambe le spalle e mi spinsero a terra. Le mie ginocchia impattarono violentemente col pavimento. Ero talmente privo di energie che mi girò la testa, perciò fissai qualche istante lo sguardo su una mattonella, in attesa che il mondo si fermasse.
Quello... non poteva essere mio nonno. Nelle vene di mio padre non poteva scorrere lo stesso velenoso sangue di quell'uomo.
«Guardami» m'impose il re con la sua voce gelida.
Strinsi i denti e tirai su il mento. I miei occhi trovarono i suoi. Mi rivolse un sorrisetto che però non si estese al resto del volto. Dopodiché afferrò il bastone che teneva al fianco del trono e si alzò. Scese piano gli scalini, senza alcuna fretta. Si sentiva il padrone di quell'attimo, e forse del tempo stesso. Quando arrivò a un passo da me, mi fissò con durezza per un po' prima di prendere nuovamente la parola.
«E dunque» cominciò, con quel suo accento orientale, «questo è la progenie bastarda di mio figlio?»
Non aveva tanto l'intonazione di una domanda, quanto quella di una spiacevole constatazione. Fece schioccare la lingua contro i denti, manifestando tutto il suo disprezzo.
«La tua pelle non è troppo chiara, né troppo scura.» Mi analizzò per bene, girandomi attorno. Il suono del suo bastone che batteva sul pavimento. «Non troppo di un regno, né troppo dell'altro. Cosa ci dovrei fare con te?»
«Sei tu che mi hai voluto qui.» Me ne fregai di rivolgermi a lui con il rispetto della sua posizione. «Mi hai fatto brutalizzare e rapire. E non sai neanche il perché?»
«La lingua tagliente devi averla presa da quella cagna di tua madre.»
A quelle parole, mosso da un impeto di rabbia, feci per alzarmi. Ma le guardie mi spinsero di nuovo a terra.
«Non sei degno di parlare di lei» berciai.
Voleva stuzzicarmi, farmi innervosire. E ci aveva messo ben poco impegno per riuscirci. Ma ero esausto. La forza di resistere alle provocazioni era venuta meno da un pezzo.
«La debolezza, invece, l'hai di certo presa da tuo padre. Quell'inutile uomo.»
«Non sai nulla di lui. E nemmeno di mia madre.» Provai a divincolarmi ancora, ma senza successo.
«Forse è il caso che tu smetta di umiliarti. Sei tu che non sai assolutamente nulla di chi ti ha generato.» Si voltò verso gli scalini e raggiunse il trono. «Forse, è il caso che qualcuno ti metta al corrente. C'è un una storia che avrebbe dovuto raccontarti quell'ingrato di tuo padre. E che spiega il motivo per cui sei qui, oggi. Vivo.»
«Non crederò a nulla di ciò che uscirà dalla tua bocca.»
Mandò un cenno a una guardia alle mie spalle. Questa mi si parò davanti e in un gesto meccanico, quasi fosse telecomandato dal re, mi colpì alla guancia con un sonoro ceffone. L'ennesimo, in quel periodo. Sentii il sangue riempirmi la bocca quando voltai la testa di lato. Sputai a terra saliva rossastra.
«Se ora sei pronto a frenare quella lingua e ad ascoltare, desidero adempiere ai compiti che furono di tuo padre.»
Strinsi la bocca in una linea furente. Ma non risposi, non che lui se lo aspettasse sul serio. Infatti, dopo un ultimo sorrisetto crudele, cominciò a raccontare.
Icarius, principe delle Terre Libere, non era mai stato troppo ligio alle regole. Ne erano la prova i segni delle scudisciate che portava sulla schiena. Ma non per questo si era mai fatto remore, quando si trattava di seguire il proprio diletto. Re Noah, stanco delle sue bravate e del suo comportamento giovanile, aveva deciso che fosse arrivato il momento che diventasse un uomo. Il figlio avrebbe dovuto prendere il suo posto, prima o poi. E se avesse trovato la chiave per un'alleanza, un giorno avrebbe dovuto parlamentare con i draghi.
Era finito il tempo di correre dietro alle gonne delle fanciulle. Doveva prendere moglie e generare eredi al più presto. Il più giovane di questi avrebbe continuato la lunga discendenza della dinastia reale, e il primogenito, invece, sarebbe stato sacrificato ai draghi. Come d'altronde accadeva da generazioni.
Quelle bestie millenarie non avevano dimenticato i soprusi subiti in passato, e non avrebbero accettato di farsi trattare ancora come cani da compagnia degli umani. Erano creature rancorose.
Re Noah stesso aveva dato in pasto il suo primo figlio. Ed era accaduto altrettanto a suo fratello maggiore. E lo stesso destino sarebbe spettato al primo figlio di Icarius. Forse, sperava il re, quello sarebbe stato l'ultimo sacrifico. Poi i draghi gli avrebbero concesso il loro appoggio e lo avrebbero aiutato a invadere e conquistare i cinque regni al di là del mare.
Fino ad allora, però, bisognava mantenere una parvenza di pace. Suo padre, il predecessore su quel trono, l'aveva pensata diversamente. Tra le Terre Libere e i regni c'era stato sempre solo sangue. Quando Noah salì al potere, come primo atto firmò una pace strategica con i popoli da sempre nemici dell'Oriente. Pace che durò fino all'arrivo di Icarius a Delthar.
Re Aramis inviò una missiva con l'invito a corte in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio reale con la regina Sadriana. Il re delle Terre Libere, però, non aveva la benché minima intenzione di parteciparvi. Ma non poteva certo offendere il suo alleato, perciò mandò Icarius in sua vece. Era la perfetta occasione per strappare quel figlio scapestrato dai suoi divertimenti infantili e di mandarlo a eseguire i doveri di un principe.
Quello, però, fu il più grande errore di re Noah.
Perché quando il suo giovane erede arrivò alla corte di re Aramis, conobbe Marina. Era una servetta. Il suo sguardo non avrebbe mai neanche dovuto posarsi su una donna di così basso rango. E dalla pelle chiara, per giunta. Suo padre non avrebbe mai permesso un'unione di quel genere. Eppure, quando il principe alzò gli occhi sulla giovane che gli stava riempendo il calice durante il banchetto di nozze di re Aramis, la riconobbe subito come sua. E lo stesso accadde a lei.
Icarius si trattenne a lungo a Delthar, più del dovuto. Non volle tornare al suo regno per restare accanto alla donna che in segreto aveva sposato e che aspettava suo figlio. Sapeva cosa sarebbe accaduto se re Noah avesse scoperto dell'esistenza di quell'erede: lo avrebbe consegnato ai draghi. Ed essendo un bastardo, avrebbe anche goduto nel farlo. Per questo aveva a lungo resistito alle insistenze di suo padre affinché si sposasse. Non voleva generare carne per le fauci di quei mostri.
Aveva bisogno di aiuto per proteggere Marina e il loro bambino. Perciò si rivolse a re Aramis, raccontandogli la verità sui piani di conquista del padre. Il sovrano di Delthar, grato, lo nascose in un piccolo villaggio dove nessuno lo avrebbe mai trovato.
Icarius non era l'unico uomo delle Terre Libere ad aver cercato rifugio in quel regno, perciò il colore scuro della sua pelle – per quanto inconsueto – non destò sospetti.
Re Noah, quando il corteo delle Terre Libere fece ritorno senza suo figlio, credette che re Aramis lo avesse preso in ostaggio. E la pace con i regni si ruppe. Il re di Delthar continuò per anni a giurare di non saperne nulla. A quel punto Noah intuì che forse era suo figlio a non voler essere trovato. Perciò rafforzò le squadre di ricerca, rendendo sempre più tesi i rapporti con il regno di Delthar. Passò del tempo, ma alla fine scoprì dove Icarius si nascondeva. E con lui c'era una moglie bianca e un figlio dalla pelle mista.
Il villaggio, colpevole agli occhi degli uomini delle Terre Libere di aver dato rifugio a un traditore e alla sua puttana, venne messo a ferro e fuoco. Il principe perduto, nonostante avesse combattuto come un leone, venne tramortito e riportato a casa. Sua moglie, venne invece massacrata fino alla morte.
Ma qualcosa nei piani di Noah andò storto, perché quell'erede indegno destinato allo stomaco dei draghi, riuscì scappare. Il bambino si nascose in un bordello, fino a quando re Aramis non lo trovò e lo accolse nella propria casa come se fosse sangue del suo sangue. Ma le minacce da parte delle Terre Libere erano sempre più preoccupanti ed Eden, che aveva trovato nella principessa Aureen la propria esatta metà, non avrebbe potuto passare inosservato a lungo. Perciò Aramis divise i due bambini e spedì il nipote del nemico nell'unico luogo dove nessuno avrebbe mai potuto trovarlo: in Accademia. Lì sarebbe diventato forte e avrebbe conquistato il titolo e il diritto di restare per sempre al fianco della futura regina Aureen di Delthar.
E, un giorno, di tornare nel regno di suo padre e di indossarne la corona.
Re Noah narrò con trasporto e disprezzo, ma non sapeva nulla dell'Accademia e dell'aiuto di re Aramis. Tantomeno di Aureen. Fui io a unire i punti e a colmare gli spazi vuoti che mancavano nel suo racconto. Tutte le volte che il padre di Aureen mi aveva ripetuto che quella di mandarmi in Accademia era una scelta che aveva preso solo per il mio bene, per salvarmi da un destino ben peggiore, avevano finalmente avuto senso. Le mie ipotesi non potevano essere errate.
«Mio...» mi imbarazzai per quel balbettio, «...padre è vivo?» La speranza mi bruciò nel petto come fuoco vivo.
Forse avrei potuto rivederlo, ringraziarlo per aver insistito così tanto con quello che era diventato il mio mantra.
Nessuno fa fuori Eden di Delthar.
Solo allora capii che non serviva solo a darmi il coraggio di reagire sempre, ma serviva anche a proteggermi dalle mie origini. Io per primo avrei sempre dovuto credere che Delthar fosse la mia casa.
Eden di Delthar.
Sul viso del sovrano trovai solo gelida rabbia. «No.»
Con quell'unica sillaba, mio padre morì una seconda volta.
«Hai ucciso tuo figlio?» gridai.
Dopo il racconto, non avrei dovuto stupirmene. La famiglia dalla quale discendevo per metà sacrificava i primogeniti. Eppure, non riuscivo a capacitarmi di come avesse potuto...
«Non l'ho ucciso» interruppe i miei pensieri. «Ci ha pensato da solo. Quando si svegliò sulla nave che lo avrebbe riportato a casa, impazzì di dolore. Si lanciò dal parapetto e finì in mare, pronto a tornare a nuoto da... te, immagino. E da quella cagna di tua madre.»
Questa volta, prima che le guardie riuscissero a trattenermi, mi alzai di scatto e feci diversi passi verso il trono con tutta l'intenzione di squarciare a morsi la gola di quel mostro. Lui, però, persino ignorò il mio tentativo di aggressione. Venni tirato indietro e spinto di faccia sul pavimento. Vidi le stelle per l'impatto.
«I pescatoti mi hanno riportato il suo corpo.» Scosse la testa. «Che stolto.»
Poi mandò un altro cenno alle guardie e queste mi malmenarono fino a costringermi a restare immobile.
«È per questo che sono qui?» Tossii sangue. «Vuoi darmi in pasto ai draghi?»
Re Noah rimase seduto composto sul trono. «Temo che quello sia il tuo destino, sì. Ma non ancora».
«Se vuoi prendere tempo per torturarmi e scoprire i segreti della mia regina, sprechi energie. Mi strapperò la lingua a morsi, piuttosto.»
Mi sorrise. «Sei proprio come tuo padre, un debole dal cuore tenero. Ma no, non mi interessa conoscere i dettagli del tuo rapporto con la figlia del mio nemico. È quasi comico che ora, di riflesso, sia mia alleata dal momento che ha sposato l'uomo con il quale ho pianificato nell'ultimo periodo.»
«Re Dorian...»
«E vuoi sapere qual è la cosa più divertente? Per anni la nostra famiglia ha tramato con lo scopo di annientare i cinque regni. Invece, ora, ci penseranno da soli. Mastro Claudius crede di avere re Dorian dalla sua parte, ma è ignaro dell'alleanza che quest'ultimo ha stretto con me. Lascerò che inizino a uccidersi a vicenda, interverrò alla fine e conquisterò quelle Terre quando saranno entrambi troppo deboli per ribellarsi a me. E con i draghi, conquisterò gli altri regni.»
Se re Dorian credeva che Mastro Claudius fosse uno sprovveduto, era un'idiota. Non avevo dubbi che il protettore del regno di Delthar avesse un piano. Ma si sarebbero fatti a pezzi l'un l'altro. E di mezzo ci sarebbe stata Aureen.
«Cosa ti fa credere che quando mi ucciderai i draghi ti permetteranno di usare il loro potere? Se sono secoli che sacrificate i vostri...»
«Ma io non ti sacrificherò, Eden» m'interruppe di nuovo e un brivido mi percorse la schiena. Quella promessa non mi trasmetteva nulla di buono. «I draghi parlano di un Prescelto. Qualcuno destinato a suggellare un'alleanza tra noi e loro. Qualcuno diverso da tutti gli altri sacrificati fino a oggi. Qualcuno che voglia concedersi per la causa, magari.»
«Tu ti aspetti che io mi sacrifichi volontariamente?»
«Per la precisione.» Re Noah intrecciò le mani davanti a sé.
Sbuffai una risata derisoria. «E dovrei farlo perché me lo chiedi gentilmente?»
«La gentilezza è sopravvalutata, a parer mio. E te ne renderai presto conto. Arriverai al punto che sarai così stanco, dolorante e disperato che supplicherai di essere ucciso. E le tue preghiere saranno musica per le mie orecchie.»
«E se mi uccidessi da solo?» lo sfidai.
«Non lo farai per due motivi: il primo, è che non perderai mai la speranza di tornare dalla tua sporca regina.» Mi prese il mento e lo strinse forte. «Il secondo, è che farò di tutto per tenerti in vita. Se smetterai di mangiare, ti forzerò con un imbuto. Se cercherai di soffocarti, accorcerò sempre più le catene che ti terranno legato ai sotterranei. Se le tue ferite si infetteranno, ti curerò.»
«Immagino che ti compiaci parecchio del tua spietatezza.»
«Me ne compiacerò quando porterò a compimento i piani secolari della nostra dinastia.»
Quando diede l'ordine di portarmi nelle prigioni la paura mi pervase, ma non mi paralizzò. Avrei lottato fino all'ultimo mio respiro.
Perché nessuno faceva fuori Eden di Delthar.
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