41- EDEN

«Non possiamo trattenerci a lungo. Se abbiamo ancora inseguitori sulle nostre tracce, non impiegheranno molto a individuarci in questo buco di paese.»

Alec aveva ragione. «La nave salpa domani all'alba. Fino ad all'ora, teniamoci pronti a eventuali attacchi» sussurrai, camminando tra le vie buie di Beaver.

Alla fine, quella mattina, avevamo ritrovato Valerin che camminava con passo infermo per la strada principale. Era stufa di quella stanza che odorava di muffa e aveva sentito il bisogno di sgranchirsi le gambe. Sentivo puzza di menzogna: quel che credevo io, era che volesse estorcere informazioni alla sua maniera per rendersi utile e non sentirsi un peso in quel viaggio. Non deve aver avuto successo, però. Comunque, ora era stata confinata nella sua camera con Jar a farle la guardia. Con la gamba ridotta in quel modo, era più un bersaglio che un aiuto.

«Dovrebbe essere qui» mormorai, indicando la vecchia porta di una catapecchia alla fine della via.

Era una notte priva di luna e stelle. Le uniche luci provenivano dalle fessure sotto le porte e dai radi lampioni a gas. Ma ero comunque riuscito a scorgere il dettaglio che il mercante, quella mattina, mi aveva indicato: una croce rossa al centro del portone.

«Pronta?» La mia mano trovò quella di Aureen.

Con quel cappuccio sulla testa, riuscivo solo a vedere la linea tesa della sua bocca.

«Se ci hai fatto finire in una trappola, amico, giuro che ti ammazzo» borbottò Alec, prima di bussare.

Il rumore delle sue nocche contro il legno risuonò nel silenzio.

Udimmo dei passi e lo sferragliare di un chiavistello, dopodiché la porta si aprì di uno spiraglio e apparve l'occhio cisposo e contornato di rughe di una vecchia. «Sì?» gracchiò questa.

Rabbrividii, ma mi feci avanti. «Signora, siamo qui per chiedere informazioni...»

«Andate via, sono stufa di predire il futuro ai vagabondi.»

Bloccai la porta con la mano prima che potesse sbattercela in faccia. «Dobbiamo parlare di Zelveen la Traditrice.»

Si bloccò. I suoi occhi chiari velati da una patina lattea mi si piantarono addosso. Tolsi la mano, convinto di averla persuasa. Ma lei la richiuse in uno scatto secco.

«Ottimo lavoro» commentò Alec con sarcasmo, quando udimmo nuovamente lo stridere del catenaccio.

«Vuoi riprovarci tu?»

Ma la porta si riaprì su una piccola vecchia vestita di stracci. Teneva un lume in mano e ci fissava con un misto di diffidenza e curiosità. «Entrate. Ma non toccate niente.»

Si avviò lungo il corridoio aspettandosi che la seguissimo. Mi scambiai un'occhiata con Reen, e Alec e fece spallucce. Eravamo lì per quello. Dovetti chinarmi per passare sotto lo stipite, e mantenni una postura ricurva tutto il tempo per evitare di sbattere la testa contro il soffitto. Fortunatamente, lasciò che ci accomodassimo intorno al tavolo scheggiato. Nel camino scoppiettava un fuocherello invitante sopra il quale, infilzato in uno spiedo, stava cuocendo quello che ero convinto fosse uno scoiattolo.

«Avanti. Non ho tutta la notte.»

«Noi ci chiedevamo se...»

«Zitto.» La strega sollevò una mano con uno scatto nervoso in mia direzione e posò gli occhi su Aureen. Un sorriso strano le si dipinse in volto.

Solleticai con le dita l'impugnatura della mia spada.

«Voi, Altezza. Voglio sentire voi.»

«Come avete fatto...» iniziò Alec, ma lei si girò di scatto verso di lui e lo anticipò.

«Come ho fatto a capire che la regina di Delthar mi siede di fronte?» Le fiamme nel camino crebbero, illuminando meglio l'ambiente. «Cammino su questa Terra da molto prima che i vostri padri nascessero.»

«Prima dovete giurare. Un giuramento di sangue affinché non riveliate mai a nessuno i dettagli di questo incontro.» La voce di Aureen suonò chiara e precisa, e gli occhi della megera tornarono su di lei.

Brava.

«I miei servigi prevedono una ricompensa. Ne siete consapevole?»

«Se ve lo meriterete, vi pagheremo in maniera equa» m'intromisi con tono saldo.

La vecchia mi rifilò un sorrisino perfido. Poi afferrò il coltello che aveva utilizzato per sbucciare una pera e si tagliò il palmo senza esitazione. Palmo già segnato da innumerevoli cicatrici.

«Giuro di non tradire la regina Aureen di Delthar e la sua cricca. E giuro di perseguitarla, se non verrò ricompensata.» Il sangue gocciò sul legno, dopodiché evaporò siglando così quel patto. «E ora, chiedete.»

Sentivo puzza d'inganno. Ma oramai era fatta.

«Vorremmo informazioni su Zelveen la Traditrice» affermò a quel punto Aureen.

«Sì...» rispose lei, pensosa. «Sì, ho notato un po' troppo marciume in giro. E gli astri mi hanno parlato del drago guardiano Askarden caduto.»

Non mi sorpresi che lo sapesse. Le streghe nel Mondo Verso erano poche e non più potenti come un tempo, ma avevano ancora un contatto ancestrale con la natura che il resto degli Inversi aveva perduto.

«Vorremmo sapere come ha fatto.» Reen si sporse sul tavolo. «Ha istruito una fitta rete di discepoli per liberarla e per spargere caos nel Mondo Inverso. Dobbiamo fermarla prima che la cosa diventi fuori controllo.»

La vecchia non sembrava né interessata né indifferente alle sorti dei regni. «Immagino che abbiate già incontrato gli umani sotto il suo controllo.»

«Ne avete visti anche voi?» m'intromisi.

«Non c'è bisogno che io li veda, ragazzo.» L'occhiata che mi riservò mi gelò le viscere.

«È questo che sono? Del tutto sotto il controllo della Traditrice? Noi...» ad Aureen si strozzò la voce, «noi ne abbiamo uccisi diversi.»

«Non erano coscienti. Ma prima di lasciare che il potere di Zelveen infestasse le loro deboli carni sapevano bene cosa stavano accettando. Sono secoli che attendono questo momento.»

Aureen lasciò andare il fiato e rilassò le spalle all'idea di non aver ucciso degli innocenti.

«Abbiamo qualcosa da farvi analizzare.» Alec posò il braccio sul tavolo.

«Sentivo odore di...» la strega arricciò il naso annusando l'aria in sua direzione. «Dove avete lasciato le vostre pelli?»

Sapeva che Alec proveniva da una tribù. Lui represse uno sbuffo risentito e continuò. Io però notai che si massaggiava i polsi all'altezza di vecchie cicatrici. «Ho sentito dire che Zelveen, in cambio di aiuto, ha promesso il libero accesso nel nostro mondo agli umani disposti a seguirla. Sono decenni che, tra le varie tribù, ci si tramanda questa informazione.»

«È così.» La vecchia lo guardava come se fosse uno scarafaggio.

Non correva buon sangue tra le streghe e i clan dell'entroterra. Antichi dissapori dovuti a una strega che venne bruciata sul rogo dal capo di una tribù ormai estinta, dopo esservici accoppiato per portare la magia nella stirpe. La strega, però, lo maledisse. E l'erede nata da quell'unione forzata, non generò mai figli, troppo fedele alla madre uccisa dalle fiamme. Quell'unica superstite veniva ancora allora ricordata come una delle megere più potenti mai esistite: Khalite. Le sue ossa, perdute.

Frugai nella sacca e tirai fuori il diario. Vedendolo, la strega sgranò meravigliata gli occhi. Allungò le mani ruvide per prenderlo ed esaminarlo da vicino. «Incredibile. Non ero sicura che esistesse ancora...»

«Sapete a chi apparteneva?» Aureen non aspettava che risposte.

La donna lo sfogliò con attenzione. «A Bernilde di Delthar, la vostra antenata.»

«E sapete dirci cosa conteneva? Non si leggono che poche parole sconnesse.»

«Troppo antico, troppo fragile. A meno che non ne avete una copia tramandata nei secoli, non posso aiutarvi a decifrarlo. Mi serve tempo. E per battere la Traditrice vi servirà ben più di un vecchio diario. I suoi servi hanno...»

«Le Pietre blu dell'Annullamento.» Questa volta fui io a interromperla.

Frugai nella mia sacca, aprii lo scrigno nel quale avevo riposto la Pietra per evitare che il suo potere limitasse i nostri, e la lanciai sul tavolo. La megera scattò in piedi sibilando e si appiattì contro la parete.

Stirò le labbra sui denti. «Toglila dalla mia vista!»

Obbedii, più per non perdere il suo favore già precario che per timore. Ero in parte sollevato di avere un'arma contro di lei, nel caso avesse deciso che non valeva la pena lasciarci andare una volta finita quella chiacchierata.

«Bernilde di Delthar aveva dato l'ordine di distruggerle, eppure quegli umani sembrano possederne una scorta infinita.» Aureen mascherò bene la paura nella voce.

Una volta sigillato nuovamente il potere della Pietra, la strega tornò a sedersi davanti a noi. Sembrava affannata. «Zelveen ha lasciato istruiti i suoi discepoli affinché andassero nel Mondo Verso a reclutare corpi da arruolare nell'esercito. Nessun Inverso, al di fuori della sua ristretta cerchia di fedeli, si sarebbe mai alleato contro Bernilde. L'unica soluzione era corrompere gli umani. Ci sono voluti mille anni, ma ora è libera» parlò in fretta, come se non vedesse l'ora di buttarci fuori di lì.

«E dove possiamo cercarla? Dove si nasconde?» domandai.

Lei mi guardò come se fossi l'essere più stupido su cui avesse mai messo gli occhi. «Siete così ciechi e così stolti.»

Reen mormorò qualcosa, tenendo lo sguardo basso. «Nel Mondo Verso...» ripeté poi piano.

«Esatto. Ora pagatemi, poi via da qua.» Si alzò in piedi, pronta a cacciarci.

«C'è ancora una cosa...» mi preparai a riaprire lo scrigno.

«Non perdere tempo a farmi domande sulla Corona, non so nulla», liquidò. Il suo tono era di ghiaccio.

Finsi di non essere sorpreso dei suoi sensi acuti. Ma non mi morsi la lingua. «Voi mentite.»

Se uno sguardo avesse potuto incenerire, a quel punto mi sarei ritrovato in grossi guai. Studiò attentamente Alec, che parve non comprendere quell'attenzione.

«Io non lo voglio il suo potere» intervenne Aureen, forse supponendo che la reticenza della donna fosse dovuta al sospetto che quella Corona avrebbe donato alla nostra regina un potere troppo grande.

Ma anche lei stava mentendo... la magia di quell'oggetto le faceva gola. Lo sapevo perché l'avevo colta più di una volta a fissare con brama la sacca che la conteneva. Non dissi nulla.

«Io voglio trovare un modo per potermene liberare senza che la cosa mi uccida.»

Quella Corona era sia una promessa che una condanna. E se non l'avesse mai indossata, avrebbe dovuto tenerla sempre con sé per evitarne gli effetti. Come il mal di testa. E forse prima o poi le avrebbe fatto comunque del male. Non le piaceva essere ignorata.

«Non potete, Altezza. Non si fugge al proprio destino.»

«Deve esserci un modo» sbottò, colpendo il tavolo con una mano.

«No, non c'è. E ora pagatemi.»

Silenzio. Se c'era dell'altro, non ce lo avrebbe rivelato. Quella sua bocca sottile e rugosa era diventata un sigillo. E percepivo un'aria che non mi piaceva affatto. Mi ricoprii di brividi.

«Quanto volete?» Fui pronto a tirare fuori il denaro che avevamo.

«Non quanto ma cosa.» Un altro sorrisino feroce le deturpò la faccia. «Il diario.»

«Non se ne parla» dichiarò Alec. «Vi è stato promesso un pagamento equo. E questo non lo è.»

Lei si sedette, calma, con le mani incrociate sul tavolo.

«A cosa vi serve?» domandò Reen.

«Sono una strega. E una strega non sa resistere al richiamo di così antichi oggetti. L'odore del passato...» allargò le narici come se riuscisse ad annusare il diario che, intanto, io avevo recuperato dal tavolo. «Posso proporvi un altro accordo: se dovessi riuscire a decifrarlo, vi riporterò le informazioni a voi utili.»

Reen sembrò rifletterci. Poi annuì. «Daglielo, Eden.»

Abbandonando tutta la riluttanza, le consegnai il diario. La vecchia lo arpionò con bramosia.

E senza nemmeno accorgercene ci ritrovammo alla porta. Un secondo prima eravamo seduti di fronte a lei nel torpore della casa, quello dopo eravamo affacciati alla stradina buia di Beaver. Sbattei le palpebre più volte per abituarmi al cambio di scenario. Era la prima volta che assistevo in prima persona alla magia delle streghe.

La porta ci finì addosso e fummo costretti a fare un passo avanti, Aureen massaggiandosi il sedere appena colpito.

«Mi serve un bagno caldo per cacciare tutti questi brividi» commentò Alec.

«Torniamo alla locanda, prima che qualcuno riconosca Aureen.»

Un uomo, a quel punto, sbucò dall'ombra.

Indossava la veste ufficiale delle guardie di Delthar. Dietro di lui, apparvero altri soldati.

«Un po' tardi, gran cavaliere.»

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