4- AUREEN
«Spiegatemi ancora una volta perché non stiamo in groppa a un cavallo sulla strada principale» sbuffai, sollevando a fatica un piede dalla fanghiglia profonda.
Avevo il viso coperto di sottili grafi a causa dei rovi che crescevano senza leggi, e decine di foglie tra i capelli ormai irrimediabilmente annodati.
«Perché non vogliamo che il popolino riconosca il vostro bel viso o che vi prenda a calci in culo per averlo abbandonato. La strada principale è esclusa, Altezza» mi apostrofò Eden con piglio divertito.
«E tu...» non soffocai un verso di fatica quando mi s'incastrò un piede tra due tronchi. «Tu vorresti che fossi la regina di un regno che mi biasima?»
Jared, alle mie spalle, mi sollevò da sotto le ascelle come se non pesassi niente. «Il popolo avrà modo di ascoltarti e di capirti. Di questo non devi aver timore» mi rassicurò lui con dolcezza.
«Sì, va be'...» Stizzita, soffiai una ciocca di capelli che mi era ricaduta sul viso. «Voglio proprio vedere cosa penseranno di me quando arriverò al palazzo conciata così. Sembro un nido che cammina.»
«C'è un laghetto da queste parti, se vuoi farti un bagno» suggerì Eden.
«E offrirti una facile occasione per quelle tue occhiatine indiscrete? No, grazie.»
«Be', Altezza, permettetemi di dirvi che ne avete un disperato bisogno. Puzzate come il vostro appartamento nel Mondo Verso.»
«Non chiamarmi così.»
«Eden» intervenne Jar, «dalle tregua.»
«Zitto» ordinò però lui, arrestandosi di colpo.
Quel tono m'innervosì. «Sai, Eden, non credo che tu possa dare ordini come...»
La sua mano volò sulla mia bocca e me la tappò. Sgranò un poco gli occhi e mimò un "Non fare rumore". Intanto Jared, percependo un pericolo, aveva posato a terra il trasportino di Willy e sfilato le due spade che teneva appese alla schiena.
Ci accucciammo dietro un folto cespuglio quando lo scricchiolio di foglie secche calpestate ci arrivò alle orecchie.
Il cuore mi batteva all'impazzata.
Ma non era paura.
Accarezzai il manico del pugnale che mi aveva affidato Eden una volta ripartiti dalla locanda quella mattina stessa.
Dal folto della foresta comparvero delle figure incappucciate a cavallo di tre stalloni dal manto nero. Emanavano una densa energia che odorava di ombre e di...
«Umani» mi sfuggì.
Eden mi lanciò un'occhiata di fuoco, ma questo non impedì che il gruppetto ci sentisse.
Merda... pensai, ma ormai era tardi.
Eden si tirò su e sfilò la spada dal fodero. Jar, prima di seguire il suo comandante, mi strizzò una spalla intimandomi di restare nascosta. Che novità.
«Abbandonate le armi a terra in nome di re Aramis del regno di Delthar» ordinò loro Eden, ma questi non risposero.
«Avete sentito l'ordine? Obbedite!» Tuonò Jared muovendo un passo avanti.
Uno dei tre si sfilò il cappuccio e mostrò un volto alquanto comune. L'unica particolarità proveniva dalla sclera di entrambi gli occhi. Invece di essere bianca, era velata di grigio. Come se avesse gli occhi in ombra. E quello non era di certo l'aspetto di un Inverso.
«Noi non seguiamo il vostro re.» Con un sorrisetto crudele mostrò una fila di denti gialli e sbeccati.
«Gli umani non sono i benvenuti nel nostro Mondo. Tantomeno coloro che non rispondo alla corona» la voce di Eden era diventata tagliente come la lama di un coltello.
«Oh, ma a dire il vero noi una corona la seguiamo. Siete voi che servite quella sbagliata.» Dalla tasca del pastrano sfilò una pietra blu che brillava di luce propria.
Non è possibile. Quella pietra... quella pietra non dovrebbe esistere.
Jared emise un basso ringhio simile a quello di una bestia. Mi si rizzarono i peli delle braccia. Quando mosse un passo, Eden lo bloccò posandogli il palmo della mano sul grosso petto.
«Non lasciare che ti tocchino» lo avvertì. «Sono loro.»
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