38- AUREEN
La luna stava per cedere il posto al sole quando mi addormentai. Il viaggio si stava rivelando lungo e difficoltoso tra arbusti, radici e strettoie naturali. E quando posai la testa all'indietro sulla spalla di Eden, mi bastò chiudere gli occhi per crollare del tutto. Il suo avambraccio mi strinse ancor più saldamente.
Willy, che a un certo punto si era acciambellato tra le foglie perché stufo di camminare, non aveva protestato quando Eden era smontato da cavallo per infilarlo nel trasportino.
Va be', un'unghiata – giusto per ribadire che non erano affatto amici – gliel'aveva data.
I miei sogni, comunque, erano scanditi dalla voce melliflua e suadente della Corona di Tenebre. Mi provocava, mi tentava, mi istigava.
Non puoi ignorarmi per sempre.
E facevo del mio meglio, persino nel sonno, per metterla a tacere. Ma lei era più forte della mia volontà. Se non ci fossero stati Eden e gli altri a sorvegliarmi, le avrei già messo le mani sopra. Un potere del genere era difficile da ignorare. Soprattutto per una regina che non si sentiva padrona del proprio destino.
«Reen» il sussurro caldo di Eden mi solleticò l'orecchio. «Devi svegliarti.»
Sbattei gli occhi, accogliendo la luce del giorno.
Il volto disteso di Eden stagliava sullo sfondo luminoso di un cielo sporco qua e là di nuvole, e contornato dalle fronde semispoglie degli alberi. Mettendomi dritta, mi accorsi che la foresta si era diradata. Willy era stato liberato dalla gabbietta e zampettava allegro in giro, annusando licheni e facendo agguati alle foglie secche.
Ero stata per ore a peso morto sulla spalla di Eden, doveva aver passato una notte faticosa. Ma quando voltai il viso per guardarlo, mi accorsi che non era affatto stanco. Forse solo leggermente assonnato.
«Dove siamo?»
«Quasi al limitare della Foresta di Beaver. Poche ore di viaggio e raggiungeremo il porto. Lì prenderemo una nave e...»
«... e raggiungeremo Crysia» conclusi.
Credevo fosse quello l'esatto confine delle mie scelte. Potevo ancora voltarmi, raggiungere il portale più vicino e scappare nel Mondo Verso. Una volta salpata, però, sarebbe stato troppo tardi. Non avevo ancora capito che in realtà quel confine che tanto temevo, lo avevo superato il giorno in cui avevo stretto la mano di Eden ed ero tornata a casa.
«Dovremmo fermarci» propose Alec. «I cavalli hanno bisogno di riposare.»
Eden tirò le briglie del baio e questo sbuffò scuotendo la testa. Scivolò giù dal dorso, mi afferrò per i fianchi e mi aiutò a smontare. Una ciocca mi finì davanti agli occhi quando atterrai. Eden, d'istinto, me la sistemò dietro l'orecchio. I nostri sguardi si trovarono come magneti. Il tormento dei suoi occhi mi riecheggiò nella cassa toracica. Era ormai evidente a tutti che facevamo fatica a non toccarci. Ma Eden era stato chiaro, e aveva anche ragione: avevo delle questioni politiche da risolvere, prima. Non potevamo concederci più che qualche superflua attenzione, fino a quando non avessimo trovato un alleato potente. Non mi sarei sposata. O almeno, quella non era la mia prima scelta. Ma se fossi dovuta arrivare a tanto...
Non potevo perdere di vista l'obbiettivo.
Eden si sforzava con tutto se stesso di comportarsi da gran cavaliere. Avevo capito che anche io dovevo fare altrettanto e mettere al primo posto i miei doveri di regina. Avrei aspettato di trovare un accordo con Zades, prima di concedermi il diritto di scegliere.
Non mi sfuggì l'occhiata eloquente di Valerin, quando divenni rossa e mi liberai dalla presa di Eden.
«Resteremo accampati qui finché non cala il sole. Raggiungeremo Beaver col buio, così da evitare di essere riconosciuti.» Il tono autoritario di Eden, quello che probabilmente usava con i suoi sottoposti, era terribilmente attraente. Mi scoccò un'occhiata. «Siete tutti d'accordo?»
«Sì, capo!» Lo sfotté Val, la quale tentava di sedersi a terra senza appoggiare il peso sulla gamba ferita.
Mi accomodai accanto a lei, sbadigliando. Willy mi corse incontro e mi si acciambellò sulle ginocchia.
«Avresti dovuto lasciarlo a Delthar...» lei lo grattò dietro le orecchie.
«Dove vado io, viene lui.»
Willy era stato il primo essere vivente che mi aveva dimostrato affetto una volta arrivata nel Mondo Verso. E dopo l'aggressione.
Avevo passato i primi giorni ad avere paura. A evitare il buio e a rifiutare il contatto umano. Avrei voluto tornare da mio padre, in quelle occasioni. Ma la sola idea di riaffrontare da sola il tragitto che portava al castello mi provocava i conati per il terrore. E Willy, che avevo trovato in un vicolo di ritorno dal mio primo giorno al Jak's, era proprio come me. Spaventato, solo, senza speranza. Era tanto piccolo da entrarmi in una mano. Con lui accanto, non potevo più vivere nella paura. Dovevo pensare a lui, occuparmi di lui.
Cominciò a fare le fusa. Poi si ritrasse dal tocco di Val e nascose il musetto sotto il mio braccio.
«Ti è molto leale» constatò lei con un velo di tristezza.
«Signore,» Alec s'inchinò con un braccio dietro la schiena mentre con l'altra mano ci porgeva dei lunghi bastoncini di carne essiccata come se fossero prelibatezze culinarie, «la colazione.»
Certo, non erano le tortine alla glassa di Eden, ma avevo talmente fame che avrei ignorato la dubbia provenienza di quel cibo. Sperai solo che Miss Tammy non ci avesse rifilato carne di topo.
Willy fece sbucare il suo musetto dal mio mantello e prese ad annusare l'aria. «Non mi sono scordato di te, dolce amico.» Alec gliene offrì anche a lui.
Non credo che fosse roba adatta a un gatto, ma in mancanza d'altro... doveva decisamente imparare a catturare lucertole.
«Pagherei oro per un bagno» mi lamentai stiracchiandomi, una volta divorato il pasto. «E anche tu ne hai decisamente bisogno.» Constatai, arricciando il naso alla vista del viso di Eden ancora sporco di sangue secco.
Piegò un angolo della bocca all'insù. «È un invito, Altezza?»
Spalancai gli occhi, rendendomi conto di come avesse suonato. «Dèi, no!» Lo schiaffeggiai sul braccio.
«Sicura sicura?» mi sussurrò contro il collo.
Voltai il viso e mi ritrovai alla portata del suo respiro. «Perché fai così? Sai stato chiaro, l'altra sera. Abbiamo dei doveri da mettere al primo posto. Almeno per un po'.»
I suoi occhi, però, si accesero di malizia. «Sì, ma abbiamo anche una scommessa in ballo.»
«Quella mi sa che l'hai già persa.» Gli feci l'occhiolino.
«E allora liberami dal mio giuramento così posso smettere di darti pessimi consigli.»
Il mio cuore mancò un battito. Diceva sul serio?
Alec sghignazzò continuando a tenere la testa bassa mentre sbucciava una mela in un unico ricciolo.
Eden si alzò dalla pietra sulla quale era seduto. «Vieni, ho sentito lo sciabordio dell'acqua da questa parte.» Mi porse la mano. La fissai minacciosa, riluttante ad accettare. Lui mi guardò con aria annoiata. «Giuro che non sbircio.»
«Eden... non mettermi in difficoltà.»
«Ma se è la cosa che mi diverto di più a fare.»
«Eden» lo ammonii.
La mia voce racchiudeva tutto: la supplica a non rendere a entrambi le cose ancora più difficili, la supplica a continuare a farlo.
«Sono ancora il tuo gran cavaliere, Altezza. Non mi sto arrendendo e tu non hai ancora vinto quella scommessa» mi spiegò, tornando serio solo per qualche istante. «Non ti intralcerò nei tuoi piani a Crysia, ma fino ad allora... è solo un innocente gioco.»
Sollevai un sopracciglio.
«Giuro» e mi porse nuovamente la mano.
Questa volta l'accettai e lo seguii.
«Buon divertimento, ragazzi!» Ci gridò dietro Alec, seguito dall'acuta risata di Valerin.
«Che simpatici» borbottai a denti stretti, inoltrandomi nella foresta. Eden ridacchiò.
A pochi minuti dal punto in cui ci eravamo accampati, trovammo un torrente che si allargava in una pozza limpida.
Eden cominciò a spogliarsi. Dovette arrivare a togliersi la camicia macchiata di sangue prima che mi decidessi a distogliere lo sguardo.
Dèi. Che. Corpo.
«Che fai?» Squittii, voltandomi.
«Mi lavo.»
«Sì, ma...»
Venni interrotta dal suono di un tuffo. Guardai a terra e trovai i suoi vestiti. Tutti i suoi vestiti.
Numi del cielo... Eden era nudo?
«Puoi voltarti, non m'imbarazzo.»
«Io sì!»
«Andiamo, Reen, non si vede nulla.»
Mi arrischiai molto lentamente a girarmi. La luce del sole splendeva sulla superficie del laghetto. L'acqua gli arrivava alla vita. Rivoletti gli colavano lungo i pettorali e gli addominali. I bicipiti gli si gonfiarono quando si passò le mani sul viso e tra i capelli.
«Non ti chiederò di buttarti, ma se cambiassi idea...»
«Non cambierò idea.» Avrei voluto suonare più dura e decisa, invece...
Mi voltai di nuovo.
«Puoi girarti Reen, non mi dà fastidio se dai un'occhiata» sghignazzò.
«Non pensi di essere un po' troppo preso da te stesso?»
«Quanta arroganza.»
Quando mi voltai per fulminarlo, lo sorpresi a sorridermi. Nuotava all'indietro, lasciandosi abbracciare dall'acqua cristallina.
«Non riesci a resistere per più di qualche secondo, eh?» Poggiò i piedi sul fondo e prese a camminare verso di me.
«Sei un cazzone.»
Un centimetro di pelle alla volta e fu per metà fuori dall'acqua.
«Vorrei evitare di avvertirti, ma siccome sei la mia regina... se non distogli subito lo sguardo, scoprirai se lo sono davvero.»
Fuoco.
Sentivo solo quello. E anche qualche vertigine.
Mi girai all'istante.
Stronzo.
Sentii il rumore umido dei suoi passi, poi mi fu alle spalle. Una scarica di pelle d'oca mi percorse tutta la schiena. Il terreno si bagnò delle gocce che gli scivolavano dal corpo. Attesi che raggiungesse i vestiti e che se li rimettesse addosso.
«Sono presentabile, ora.»
Quando tornai a posare lo sguardo su di lui, si stava abbottonando i pantaloni.
«Mi è...» mi schiarii la voce. «Mi è passata la voglia. Torniamo dagli altri.»
Lui inclinò la testa all'indietro, fingendosi esausto. «Andiamo, Reen. Ti ho detto che non sbircio. Resterò nei dintorni a fare la guardia.»
A quel punto si allontanò.
Attesi qualche istante, cercando di decidermi. Poi mi liberai in fretta dei pantaloni, del corsetto e del mantello. Faceva freddo. Sembravano passate settimane da quando li avevo indossati. M'immersi, godendomi il contatto fresco dell'acqua sulla pelle. Andai giù più volte, fino a quando non mi sentii abbastanza pulita. Per quanto ci provassi, non sarei riuscita a lavare via la tensione. Perciò mi decisi a uscire dalla pozza cristallina.
Raggiunsi i miei abiti, ma mi fermai di colpo.
Un uomo dallo sguardo vuoto mi fissava nascosto dietro un albero.
Mi accovacciai, senza interrompere il contatto visivo, e raccolsi il mio mantello con il quale mi coprii alla meglio.
«Chi sei?»
In un battito di ciglia, me lo ritrovai davanti. Mi si bloccò il fiato. Premeva una lama contro la mia gola. Mi tastai le cosce alla ricerca del pugnale che mi aveva affidato Eden durante il viaggio, ma ero nuda.
«Cosa vuoi?»
Nessuna risposta. Il suo fiato rancido mi riempì le narici. Lo guardai meglio: era umano. E la sclera grigiastra mi suggeriva che fosse una pedina di Zelveen. Strinsi i denti e cercai di attingere al mio potere da Inversa delle nebbie, ma non trovai risposta. Era del tutto assente.
Una Pietra Blu dell'Annullamento si trovava nella sua presa.
Ci fu un veloce spostamento d'aria alle sue spalle.
«Io le leverei le mani di dosso, se fossi in te.» La voce di Eden, seppur non tradisse la minima agitazione, era tutt'altro che calma. Era bassa e minacciosa. E letale.
L'uomo voltò piano la testa e si ritrovò una spada affilata puntata alla gola. Non manifestò il minimo terrore. Nei suoi occhi non c'era nulla.
«No? A te la scelta.»
Il suono della lama che tagliava l'aria, e la testa gli fu recisa in un solo colpo. Cadde a terra con un tonfo, seguita dal resto del corpo. L'odore del sangue mi arrivò alle narici.
Stavo tremando. Sia per il freddo che per la paura.
Eden si accucciò e raccolse la Pietra.
«Per quanto mi piaccia la vista, devi vestirti, Reen.» Non ebbi tempo di arrossire perché udii il suono di passi in avvicinamento. «Questo qui non era solo.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top