31- AUREEN
«Mi hanno sempre affascinato i luoghi di ritrovo degli spiriti» affermò re Dorian del regno di Kodor.
L'ultimo pretendente da incontrare prima della scelta, e l'unico pretendente che non avrei mai accettato di sposare. Il Consiglio sperava che cambiassi idea su di lui in un... cimitero? Il crepuscolo tingeva gli alberi e le lapidi di un'inquietante sfumatura bluastra. Faceva freddo. Un freddo cane. Ma mi trattenni dal battere i denti.
«Non fatico a crederlo.»
Non sarei stata paziente.
A re Dorian doveva entrare bene in testa che non avrei mai percorso la navata insieme a lui. Mai. Neanche se avessi dovuto dichiarare guerra a Mastro Claudius e al resto del suo circoletto.
Mi mostrò un ghigno e si fermò in mezzo a due lapidi. «Pensate che questa spocchia vi renda interessante ai miei occhi?»
Sbuffai una risata e mossi un passo sicuro verso di lui. Non mi avrebbe torto un capello, non lì con Eden che ci osservava a debita distanza. «Potete credermi, Vostra Grazia, l'ultima cosa che desidero al mondo è farmi notare da voi.»
Dorian allungò la sua grossa mano dalle dita tozze e mi afferrò il mento. Con la coda dell'occhio vidi Eden scattare verso di noi, la presa sull'impugnatura della spada. Sollevai una mano e gli intimai di restare dov'era.
«C'è una cosa che ho dimenticato di dirvi, al ballo.» Sibilò, il suo fiato puzzava di alcool. «Il mio più grande divertimento è addestrare le cagne ribelli, sottometterle e ammansirle. Non c'è nulla che mi dia più soddisfazione di sentire i loro guaiti. E sapete una cosa? Alla fine sono loro stesse a ringraziarmi. Mi leccano le mani con affetto, ma la paura nei loro occhi non scompare mai. È ciò che mi piace di loro.»
«Lasciatemi.» La presa ora si era fatta più decisa. Se avesse voluto, avrebbe potuto spappolarmi il mento solo stringendo pollice e indice.
La bocca del re finì sulla mia. E a nulla servirono le mie proteste. Mi dimenavo, ma il suo sapore rancido mi era ormai finito sulla lingua.
Il suono di una spada che taglia l'aria uscendo dal fodero. «Non costringetemi a scatenare una guerra.» La voce di Eden non sembrava nemmeno la sua, tanto era cupa, e una mano s'interpose tra me e il sovrano di Kodor. «Allontanatevi immediatamente dalla regina o dovrò obbligarvi a farlo.»
A quel punto re Dorian si scollò da me. Sul suo volto c'era una smorfia di trionfo. Non era un sorriso, era un ghigno che gli deturpava la faccia.
«A presto, Vostra Altezza.» S'inchinò senza mai staccare i suoi occhi dai miei.
Io ancora ansimavo. Il petto si alzava e abbassava a ritmo irregolare, e con il dorso della mano tentavo di cacciare via dalla bocca i residui del sapore del vecchio Inverso.
Girò sui tacchi e riservò a Eden uno sguardo di sfida. Il mio gran cavaliere non abbassò la guardia e tenne stretta l'impugnatura della spada. Era gelido, calmo, letale. Ma se glielo avessi chiesto, sarebbe diventato una furia e re Dorian non avrebbe mai lasciato quei cimiteri.
L'elettricità del suo potere di Inverso delle tempeste crepitava nell'aria. Potrei giurare di aver visto dei piccoli fulmini attraversargli le pupille, quando un tuono rombò sulle nostre teste.
«La lascio in buone mani, immagino.»
«La prossima volta, Maestà, mi dimenticherò della corona che indossate.»
Tenendo il mento alto, sbuffò una risata. «Staremo a vedere.»
Il re di Kodor si avviò nella nebbia con passo tronfio e quando fu abbastanza lontano mi accasciai a terra. Avrei voluto trattenere i singhiozzi, ma era impossibile cancellare la frustrazione e il senso d'impotenza. Aveva voluto baciarmi e l'aveva fatto. E non avrei mai avuto la forza necessaria per spingerlo via. Sentivo di non avere alcun diritto sulla mia stessa pelle. Era la sua crudele e viscida dimostrazione di potere.
E quello, perché ero una donna.
Il terrore della notte in cui fuggii da Delthar mi arrivò addosso all'improvviso. Tutto intorno a me si fece nero, punteggiato da tante piccole stelline. Mani e bocca mi formicolavano come prima di un attacco di panico. Non riuscivo a muovere la lingua, tanto era asciutta. E nelle orecchie udivo gli sghignazzi di quei banditi... Pronta a gridare, fiorellino?
«Aureen.» Le mani forti di Eden mi stringevano le spalle. «Ci sono io qui con te.»
Riuscii a prendere un respiro e la vista mi si schiarì. I contorni bui si aprirono sul suo viso scolpito. Ero stata da sola quelle lunghe e infinite sere nel mio appartamento infestato di topi. Da sola a combattere contro la paura del buio, e contro il senso di disgusto. Era per evitare di sentirmi ancora in quel modo che avevo supplicato Eden di allenarmi. Eppure, restavo il nulla nelle mani di un uomo come re Dorian.
Le mani di Eden scivolarono sulle mie guance. «Parlamene, tiralo fuori. Ti prego.» Aveva scorto sul mio viso l'ombra di un orribile ricordo.
Ero solo la regina, per lui. Ma quegli occhi dicevano tutto il contrario.
Premetti la faccia contro il suo petto. Lacrime calde gli inzupparono la camicia. «Nella foresta, i banditi. Loro hanno tentato...»
«Li troverò, lo giuro.» Non ebbe bisogno che andassi avanti. La sua voce era un ringhio. Le sue braccia mi avvolsero e mi strinse a sé.
Le lacrime si arrestarono e la mia voce assunse un tono sepolcrale. «Sono morti. Tutti.» Sotto il mio orecchio, sentii il cuore di Eden andare prima più veloce, poi più piano. «Li ho uccisi.»
Lui sospirò e mi posò un bacio sulla testa.
«D'ora in poi, non sarai più sola.»
Il camino nella mia stanza scoppiettava, soffocando i pensieri che continuavano ad annebbiarmi.
Il bagno caldo era riuscito in parte a cancellarmi di dosso la sensazione del bacio del re Kodor. Ma, nonostante la legna che ardeva, ero ancora percorsa dai brividi.
Ci avrebbero messo un po' ad andarsene.
Mi ero avvolta in un accappatoio e, tenendomi le ginocchia con le braccia, aspettavo paziente che il fuoco mi asciugasse i capelli.
Willy, che sapeva leggermi meglio di chiunque, non aveva smesso di fare le fusa e di cercare le mie attenzioni. Si era strusciato sulle mie gambe fino a quando non avevo ceduto e lo avevo preso in braccio. Con la faccia nascosta nel suo pelo, avevo pianto ancora un po'. E lui era rimasto lì ad assorbire tutte le mie lacrime. Ora, dormicchiava sopra ai miei piedi.
Toc toc toc.
Tirai su la testa. «Sì?»
«Posso?»
Mi alzai in piedi nell'udire la voce di Eden. «Oh...» Mi lisciai l'asciugamano addosso. Le guance mi divennero viola all'idea che mi avrebbe vista con solo quello addosso, ma risposi comunque: «Sì, certo. Entra pure.»
La porta si aprì. Indossava un abito scuro elegante. Teneva un mazzo di fiori in una mano e una scatola di cioccolatini nell'altra. I suoi occhi vagarono lungo il mio corpo, m'incendiai osservando il suo pomo d'Adamo che faceva su e giù. Le iridi verdi brillavano desiderio.
Si schiarì la gola. Il suo imbarazzo era tenero. «Ti ho portato questi.» Mi porse il bouquet. Gli tremava un po' la voce.
«Grazie.» Li afferrai e ci affondai subito il naso.
«E...» si grattò la testa, «questi. Scommetto che preferisci i dolci ai fiori.»
«Scommetti bene.» Annuii fiondandomi subito sul primo cioccolatino. Gemetti di piacere mentre lo assaporavo.
Quando riaprii gli occhi, venni travolta dal suo sorriso. Sbattei le palpebre e tentai di ricompormi.
«Oh no, continua pure.» Incrociò le braccia al petto con quella stramaledetta aria da furfante. «Fai come se non ci fossi.»
«Smettila.» Mi succhiai le dita per cancellare le tracce di cioccolato, e la cosa parve mandarlo un istante in confusione. «A cosa devo tutto questo?»
«Hai avuto degli appuntamenti terribili. Re Zeno che sperava di veder sacrificare una capra, il principe Loran che spargeva moccio su tutto il cibo, re Dorian... be', quest'ultimo non serve neanche commentarlo.»
Notai subito che stava omettendo l'incontro con Zades. Forse perché era l'unico a non essere andato poi così male. O forse perché lo feriva?
«E con ciò?» Lo incoraggiai a proseguire.
Eden abbassò un attimo lo sguardo. Una ciocca chiara di capelli gli finì davanti agli occhi.
«Be', immaginavo ti meritassi un appuntamento come si deve.»
Sgranai gli occhi. «Cosa?»
Sollevò un angolo della bocca, facendo comparire una fossetta sulla guancia. «Vestiti, Reen. E preparati a rimanere sbalordita.»
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