28- EDEN
I pretendenti di Aureen erano una manica di coglioni.
La cosa migliore che potesse capitare loro nella vita era sposare Aureen.
Re Zeno era un moccioso un po' svitato, re Dorian di Kodor era un bruto e un violento, il principe Zades era un pallone gonfiato troppo preso dal proprio aspetto, e il principe Loran del regno di Zambet non era il ritratto della salute, ecco.
Aureen stava passeggiando con quest'ultimo. I rigogliosi giardini della città non avevano ancora perso vitalità. E per essere agli sgoccioli dell'autunno, quella era stata una giornata piuttosto calda.
Come si faceva ad avere la fortuna di quei quattro imbecilli? Come potevano meritarsi una donna bella, forte, intelligente e coraggiosa come la regina alla quale stavo guardando le spalle? E anche un po' più un basso... Non scherzavo, l'altra sera, quando dicevo che ha il fondoschiena più bello del Mondo Inverso.
Avrei fatto carte false per lei. E per ora, l'unico tra i pretendenti che si giocava la propria opportunità con astuzia era Zades di Crysia.
Fortunato bastardo.
Che fosse considerato l'uomo più attraente dei regni non poteva essere che un valore aggiungo.
La Delizia di Delthar e l'affascinate scapolo di Crysia.
Mi logoravo dentro dall'invidia. Se avessi potuto, avrei trucidat...
«Eden?» La voce soave di Aureen spezzò i cruenti immaginari nella mia mente.
«Altezza?»
Mi guardava da sopra una spalla, continuando a camminare a braccetto col principe Loran. Le lunghe ciglia scure le ombreggiavano le guance, e i capelli come una cascata di riccioli le molleggiavano intorno al viso.
Numi del cielo, possibile che questa donna sia reale?
«Loran desidera rincasare.»
Erano passati al tu?
Il principe, in effetti, non aveva smesso un attimo di starnutire. I pollini che aleggiavano in aria dovevano avergli dato il tormento.
«Come vostra Altezza desidera.» Piegai il capo, ma subito continuai: «Posso far accompagnare il principe Loran da uno dei miei uomini, e voi potreste comunque beneficiare del banchetto che la servitù si è tanto impegnata a organizzare per il picnic.»
Lei sgranò gli occhi, ammonendomi. Era abbastanza sveglia da capire che il mio era solo un tentativo di mettere in difficoltà quel pappamolla che se la portava a braccetto. Non mi aveva fatto nulla, ma ero dannatamente invidioso di quel privilegio. Piegai un angolo della bocca all'insù.
«Non lo trovo affatto necessario» sbottò Aureen.
«Ne siete certa?» 'Fanculo, non mi sarei ritirato. «Ho fatto portare una piramide di tortine alla glassa esclusivamente per voi. E per il vostro pretendente, mi sembra ovvio.» La condiscendenza nella mia voce la fece diventare rossa di furia. O forse era il riferimento alle tortine?
Dèi, quanto era bella quando cercava d'incenerirmi.
«Eden, mi sembra di essere stata chia...»
«No,» s'intromise il principe, «no, ho cambiato idea. Mi farebbe piacere proseguire con il nostro incontro.»
"Proseguire con il nostro incontro"? Per cosa l'aveva presa? Una questione d'affari?
Mi morsi la lingua quando realizzai che, in effetti, era proprio così.
«Loran,» lei gli poggiò una piccola mano sull'avambraccio, «non devi forzarti. Possiamo far trasferire tutto all'interno del palazzo. Non serve che tu faccia l'eroe.»
Senza volerlo, lo aveva toccato nell'orgoglio più di quanto avessi fatto io. Serrai le labbra nel tentativo di reprimere una risata.
Il principe raddrizzò la schiena e tirò su col naso. «Ti assicuro che non mi costa alcuno sforzo. Anzi, sarei onorato se dimenticassi la mia richiesta e continuassimo a visitare questi... meravigliosi giardini.»
«Ne sei del tutto certo?»
«Ass...Ass...» starnutì forte. «...ssolutamente sì!»
Aureen, incapace di nascondere una smorfia di disgusto, si asciugò la faccia con la mano e gli mostrò un sorriso tirato ma cortese.
«Andiamo?» La sollecitò lui.
Prima di riprendere a camminare, lei mi trafisse con lo sguardo.
La mattina trascorse così: tra teneri cinguettii degli uccelli, testimoni degli ultimi voli stagionali delle farfalle, e col sole a riscaldare piacevolmente la pelle. E tanti, troppi starnuti.
Seduti, poi, sul grande telo steso sul prato, Aureen non aveva quasi toccato cibo. Il moccio del principe era finito praticamente ovunque, tranne che sul vassoio stracolmo di tortine che era riuscita a salvare in tempo.
Credo che al mondo non esista nulla che dia più soddisfazione del guardare una donna mangiare di gusto. Soprattutto se quello che si infilava in bocca lo avevi preparato te pensando a lei.
Una tortina dopo l'altra, tenni gli occhi fissi sulle sue labbra che si puliva passandovi sopra la lingua, e sulle dita che si leccava per cancellare ogni traccia di zucchero a velo. Ero incapace di smettere di guardarla.
A un certo punto, mi sentii osservato. E voltandomi di lato scoprii Alec – il quale faceva parte della scorta della regina per quel turno – studiarmi con eloquente divertimento. Gli mostrai rapidamente il dito medio.
Una volta che ebbero finito di mangiare, Loran quasi corse verso il castello in cerca di protezione dai pollini. Aveva resistito più a lungo di quanto mi aspettassi, glielo concessi.
Quasi alle soglie del castello, si rivolse ad Aureen con un inchino. Aveva il naso che colava e gli occhi rossi. «Altezza, è stato magnifico conoscerti.»
Lei, in uno slancio di signorilità che io avrei tranquillamente evitato, gli afferrò la mano e disse: «Loran, il piacere è stato tutto mio».
Lui arrossì ancora, fino a raggiungere la tonalità di un pomodoro maturo. Poi, in pratica, scappò.
«Potete andare, mi occuperò io della regina» congedai i miei uomini.
Alcuni di loro, inaspettatamente, ci misero qualche istante a obbedire. Era qualche giorno che avevo notato una certa loro insofferenza nei miei confronti. Di preciso, da quando avevo disposto ai più fidati di tenere d'occhio i movimenti di Mastro Claudius. Mi appuntai a mente di rimetterli in riga, sperando che nel frattempo la loro lealtà non fosse virata verso qualcun altro.
«Sei un idiota» sibilò lei, una volta soli. «Dovevi per forza torturarlo così?»
Le mostrai un ghigno indolente. «Non dirmi che ti piace. E poi, io non ho fatto proprio nulla. Ci ha pensato da solo, avrebbe potuto benissimo tornare al sicuro tra le mura della sua stanza.»
«Sai che non è così. E sì, Loran mi piace. Quantomeno non mi tratta come una bambola di pezza, si è realmenteinteressato a me. Ed è anche molto simpatico.»
«Hai cambiato idea? Vuoi sposare lui?»
Mi diede una gomitata. «Dèi, no! Però è piacevole farsi nuovi amici.»
Incrociai le braccia. «I tuoi vecchi amici non ti vanno più bene?»
«Non fare il bambinone.»
Un'ora più tardi eravamo in palestra. Aureen fremeva dalla voglia di riprendere con le lezioni.
«Sei morta di nuovo.» La mia lama era a un capello dal suo collo.
Serrò la mandibola. «Non capisco dove sbaglio!»
«Non metti i piedi dove dovresti. E sei troppo concentrata sulle nostre spade. Prova a guardarmi in faccia e a percepire i movimenti con il campo visivo.»
Ricominciammo, ma anche questa volta si concluse con la sua sconfitta.
S'infuriò. E la cosa mi divertì non poco.
«Eden, giuro che se non la smetti di ridere ti ammazzo con le mie mani.»
«Come, se neanche riesci a sfiorarmi? E poi, tesoro, nessuno fa fuori Eden di Delthar.»
Lei mi lanciò contro la spada di legno, con tutto l'intento di colpirmi, ma io la schivai spostandomi di lato. Emise un verso frustrato.
«Si può sapere, poi, perché continui a ripetere quella frase?»
Di colpo, tutto il divertimento e tutto il sangue mi defluì dal viso. Quello non era il momento adatto per parlarne. Nessun momento sarebbe stato quello adatto. Avrei voluto abbandonare la palestra, ma avevo le gambe e le braccia irrigidite.
«Eden?» Aureen mi si avvicinò. «Scusa, non volevo turbarti.»
Serrai la mascella, poi mi schiarii la voce. «No, tranquilla.»
«Cosa è successo?»
«Non ho voglia di parlarne.»
Sembrò ferita, ma annuì comunque.
«Ci sono cose che tutti portiamo dentro e che non vogliamo mostrare al mondo.» Mi ricordai in quel frangente di quando, prima di arrivare al castello ormai più di un mese prima, mi aveva rivelato che quell'umano sotto il controllo di Zelveen non era la prima persona che uccideva. Mi si strinse il cuore all'idea di cosa doveva aver passato.
«Lo capisco.» Era sincera, lo intuii dal modo in cui le brillavano gli occhi.
Allungai la mano e le sfiorai lo zigomo con il pollice.
Una leggera nebbiolina ci circondò. Inarcai le sopracciglia e mi osservai attorno. «Aureen, avevamo detto niente magia durante gli allenamenti.» La ammonii con tono leggero. «Se dovessimo avere di nuovo a che fare con le Pietre Blu dell'Annullamento, non servirebbero a nulla i nostri poteri.»
Scosse la testa e la foschia si diradò. «Non l'ho fatto apposta.»
Non feci in tempo a reprimere un sorrisetto. «Non vorrai farmi credere che ti metto in agitazione.»
«Ma per piacere, che schifo!»
«Certo, tesoro.» Le rifilai un occhiolino.
«Smettila di fare il cazzone e allenami!»
Ridendo, le afferrai i polsi. «Va bene, allora preparati.»
«Chiedo scusa?» La voce altezzosa del più ignobile essere esistente del pianeta, ci interruppe prima che potessimo riprendere.
«Zades.» Aureen si staccò in fretta da me. «Cosa ci fate qui?»
«Avrei bisogno di parlarvi. Potete concedermi un momento del vostro tempo?»
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