27- AUREEN

«Non è un po'... troppo?»

Valerin mi aveva acconciato i capelli in una torre pendente che mi faceva sentire ridicola. Piccoli fiori scarlatti sbucavano tra le ciocche tenute ferme da una sostanza appiccicosa che profumava di miele.

«Nient'affatto» ribatté lei, la lingua tenuta tra le labbra per la concentrazione. «Sei magnifica» concluse, scostandosi di qualche passo per ammirare la sua opera.

«Val, sono orribile.»

«Sciocchezze.» Sventolò una mano in aria. «E ora, il vestito.»

Santi numi del cielo, io dovrei indossare quell'affare lì?!

Mezz'ora più tardi, seduta nella carrozza nel buio della sera, facevo del mio meglio per ignorare le risate soffocate di Eden. E per ignorare il fastidio alle tempie provocato dalla distanza che percepiva la Corona di Tenebre.

«Vuoi farla finita?»

Lui si portò un pugno davanti alla bocca. «Scusami, è che...» Aveva le guance rosse e gli occhi velati di lacrime per il divertimento.

«Forza, dillo. Sembro un'imbecille.»

Non resistette più e scoppiò a ridere. Per quanto la cosa mi infastidisse, non riuscii realmente ad arrabbiarmi. Ero rimasta sorpresa nel ritrovare l'Eden scherzoso e anche un po' sbruffone. Niente più traccia di quel piglio cupo. Non so come mi facesse sentire la cosa, in realtà. Però una parte di me era contenta e basta.

«Sei un idiota.»

«Hai ragione.» Continuò a ridere. «Sembri proprio un'imbecille.»

«Potrei farti tagliare la testa per l'offesa.»

«Oh, tesoro,» si tirò su, asciugandosi le lacrime, «trovi la mia testa troppo bella per rinunciare a vederla tutti i giorni.»

Roteai gli occhi. «Dammi un po' della tua autostima, oggi ne ho parecchio bisogno.»

Con calma cercò di darsi un contegno. «Credo che sia il modo di Val per essere solidale nei tuoi confronti. Vuole scoraggiare gli altri pretendenti.»

Abbassai gli occhi guardando il mio abito. Il vestito in sé non era poi male: corpetto con scollo a cuore, tessuto rosso come i fiorellini che mi spuntavano tra i capelli, ampia sottogonna nera che bucava dall'orlo. Era la gorgiera bianca in pizzo che mi dava l'aria di... di un'imbecille. E l'acconciatura a dir poco grottesca. E il trucco esagerato sulle guance.

«Dai, vieni qui.» Eden mi afferrò per la vita e mi fece scivolare sui sedili di velluto. «Allora, innanzitutto leviamo questa.» Con uno strappo deciso mi liberò di quell'affare che gli umani avevano trovato tanto di moda nell'epoca vittoriana. Mi sentii subito più libera e più esposta. Il decolté ora era del tutto scoperto. Gli occhi di Eden crollarono sulla mia scollatura, e i miei sulla sua bocca.

Per un lungo istante nella carrozza si poteva udire solo il mio respiro. Andavo a fuoco, ed era bastato un suo sguardo.

Eden si schiarì la gola si umettò le labbra. Io rimasi ipnotizzata dal movimento della sua lingua sul labbro inferiore. «Adesso, sciogliamo questi capelli.»

Chinai un poco il capo. Boccioli e mollette ricoprirono presto i sedili della carrozza. Ma avevo i capelli troppo pieni di quella sostanza appiccicosa per poterli tenerli sciolti.

«Forse sarebbe stato meglio lasciarli com'erano.»

«Dubiti della mia capacità di trovare una soluzione?»

I nostri occhi s'incrociarono e mi sentii di nuovo mancare il fiato.

«Zades mi ha baciata.»

Le parole mi uscirono prima che potessi fermarle. Perché lo dissi, poi, non ne avevo idea. Le sue mani, ancora tra i miei capelli, si arrestarono un istante. Poi ripresero subito ad armeggiare.

«Be', benfatto.» La sua voce era calda e amichevole, ma io sentivo che teneva in gabbia un ringhio. O forse lo stavo solo sperando?

«Benfatto?»

«È lui che devi sposare. E più vi avvicinate, più Claudius avrà difficoltà a mettervi i bastoni tra le ruote.»

«Perciò...» mi finsi vaga, «tu approvi?»

Sorrise e mi fece l'occhiolino.

Una fitta di delusione mi fece contrarre la mandibola.

«Ho un'idea.» Tirò su una manica della divisa e si sfilò un bracciale di cuoio. «Voltati.»

Così feci e lasciai che mi tirasse con delicatezza i capelli all'indietro e li fermasse col suo cinturino. Non potevo pretendere nulla di meglio di una coda di cavallo. Non era un'acconciatura in voga in quel mondo, ma sarebbe sembrata all'ultima moda. Almeno per coloro che non avevano mai messo piede nel Mondo Verso.

«Ho fatto.»

«Graz...» Quando mi girai verso di lui, ci ritrovammo faccia a faccia. Era a portata del mio respiro.

Il suo profumo di biscotti mi riempì la bocca.

«Sono contento che tu abbia baciato Zades.» Tutta la corrente elettrica sparì dall'abitacolo. Ora c'era solo freddo. «Voglio solo che tu sia felice. E lui può darti tutto ciò che meriti.»

Annuii e abbassai lo sguardo.

Non potevo pensare a come mi facevano sentire quelle parole. Non quando stavo per raggiungere il teatro e trascorrere la serata in compagnia di un perfetto sconosciuto che voleva comprarmi all'asta. Perciò cambiai discorso.

«Non capisco il perché di questo appuntamento. Il re di Farith è un suddito di Zades da quando Crysia ha vinto la loro guerra. A cosa serve dare a lui l'impressione di non essere scartato a priori? È proprio quello che farò.»

«Serve a dare al popolo l'impressione di una regina affabile pronta a stabilire amicizie anche con chi non sposerà. È per questo che l'incontro sarà pubblico. Il regno ha bisogno di vederti, di sentirti più vicina.»

Mi portai entrambe le mani al viso. «Non vedo l'ora che questo strazio finisca.»

«Per stasera, goditi lo spettacolo.»

Il veicolo si arrestò. Fuori dal finestrino si muoveva la città. In quel quartiere, uno dei più eleganti di Delthar, le dame indossavano abiti all'ultima moda e passeggiavano a braccetto di uomini galanti e pronti ad accontentarle in tutto.

Dall'altra parte del marciapiede, un portone d'oro celava il teatro nel quale mi attendeva re Zeno di Farith. Il re fantoccio, perché tutti sapevano che era Crysia a governare sul suo reame.

«È ora» sospirai.

«Un'ultima cosa.» Eden si bagnò il pollice con la lingua e me lo passò sulle guance.

Oh... Ogni mio muscolo s'irrigidì.

«Val ha decisamente esagerato col trucco.» Sghignazzò. «Ora sei perfetta.»

Una guardia venne ad aprire la portiera e mi porse una mano guantata di bianco. Dovetti sbattere più volte le palpebre per riprendermi. Come si faceva a muovere un piede dietro l'altro?

«Io sarò sempre dietro di te, non temere.»

«Di consolazione.» Ironizzai. Forse, però, non avrei dovuto ammettere che la sua presenza mi metteva in agitazione.

Noia allo stato puro.

Re Zeno era un ragazzino. Al ballo di qualche sera prima, al quale avevamo avuto occasione di danzare assieme, non mi ero accorta di quanto fosse giovane. Sì, era goffo, mi aveva pestato i piedi più di una volta. Ma la mia mente era rimasta troppo concentrata sul ballo col principe di Crysia di poco prima e su Eden che mi osservava a bordo pista. In effetti, non ricordavo neanche di cosa avevamo parlato.

Ora, seduto al mio fianco sugli spalti riservati alla regina, mi resi conto che era un adolescente con una corona troppo grande e inutile sulla testa.

«Siete stupenda.» Era più in imbarazzo di me.

Grandi occhi chiari, capelli biondi un po' radi per la sua età, acne adolescenziale sulle guance, mento pronunciato e guance più rosse delle mie. Non una bellezza, ma mi fece tenerezza.

«Sono felice che abbiate accettato di guardare lo spettacolo in mia compagnia.» Tentai di essere cortese, anche se non avevo alcuna voglia di trovarmi lì.

«Oh,» si sistemò gli occhiali spingendoseli sulla gobba del naso, «vado pazzo per le tragedie. E questa è una delle compagnie più rinomate del continente.»

Gli mostrai un sorriso tirato.

Lui si sporse su di me e il suo forte odore di colonia mi arrivò alle narici. «Pensate che alla prima de "La morte della fanciulla", a Farith, hanno sgozzato una capra vera sul palco di fronte a tutti. È stato sensazionale e catartico. Mi auguro che ci concedano il privilegio di un'esibizione altrettanto perturbante anche stavolta.»

Inorridii. Cosa stavo dicendo sul senso di tenerezza?

«Interessante» mi forzai a rispondere, seppur sul mio viso si leggesse avversione.

Le luci si offuscarono e nel teatro calò un silenzio pregno di eccitazione. Re Zeno tornò dritto e guardò con occhi luminosi il palco sul quale si iniziarono a vedere i primi movimenti. Il suo sorriso aveva qualcosa d'inquietante.

Dèi del cielo, salvatemi!

Posai un gomito sul bracciolo del sedile e la testa sul pugno chiuso. Sarebbe stata una lunga serata.

«Io sono già perturbato, tu no?» La voce di Eden nel mio orecchio mi fece drizzare tutti i peli.

Mi voltai un poco e, con la coda dell'occhio, avvertii il suo sorrisetto divertito. Era seduto dietro di me, come promesso.

«Sta' zitto.»

«Forse dovrei andare a controllare che non ci siano capre in attesa dietro le quinte» suggerì, sempre in un sussurro.

Mi portai la mano davanti alla bocca per mascherare una risata. Cosa ci fosse di divertente non lo sapevo nemmeno. «Saresti più utile lì che qui.»

«Che c'è, il vostro accompagnatore non sa intrattenervi, Altezza?»

Guardai Zeno accanto a me. Era spudoratamente impegnato con un dito nel naso. Tirò fuori una schifezza dalla narice, se la rigirò tra i polpastrelli, osservandola, poi la lanciò via con una schicchera.

«Affascinante» commentò Eden, sul mio collo.

Io trattenni un conato. «Ti prego, salvami.»

«È già tanto che non se la sia mangiata, non trovi?»

«Eden.»

«Altezza?»

Sbuffai. «Ah, lascia perdere.»

«Ti assicuro che non vorrei fare altro che sollevare quel tuo bel culo dalla sedia e portarti via, ma un dovere è un dovere.»

Ringraziai dèi, santi e defunti che non potesse guardarmi in faccia in quel momento. E che le luci fossero abbassate, perché divenni viola.

«Pensi che abbia un bel culo?» Lo provocai, stando al gioco.

In fin dei conti avevamo fatto una scommessa, no? Non che giocare mi convenisse più di tanto: se avesse vinto lui, avrei dovuto sollevarlo dal suo giuramento. E io ci avrei rimesso il cuore.

«Oh, tesoro, il più bel culo del Mondo Inverso.»

«Sfacciato» sussurrai, sporgendomi all'indietro con la mia sedia.

Lui tenne fermo lo schienale per impedirmi di cadere. «Non sai quanto.»

Mi guardai attorno assicurandomi che nessuno ci stesse osservando, ma erano tutti concentrati sui due attori sul palco.

«Al punto da salvarmi da questa tortura?»

La musica era abbastanza alta perché non si sentissero i nostri scambi.

«Niente da fare.» Tornò ad appoggiarsi sullo schienale della poltrona.

Sbuffai.

Tentai di concentrarmi sullo spettacolo, ma senza successo. Fui però sollevata, al contrario di Zeno, che non vennero rappresentati sacrifici animali, quella sera.

La musica che riecheggiava tra le pareti del teatro era stata solo un sottofondo dei miei pensieri assillanti. E, l'unica cosa che riuscii davvero a sentire, fu lo sguardo di Eden sulla mia nuca.

Il mal di testa si era fatto sempre più intenso, tanto da impedirmi di ignorarlo.

Quando finalmente le luci si rialzarono e gli attori s'inchinarono al pubblico esultante, tenendosi per mano, mi misi in piedi anche io e battei le mani come ci si aspettava che facessi.

La compagnia mi rivolse un ulteriore inchino e io, che volevo ingraziarmi il benvolere del popolo, sfilai un fiore dai drappeggi che decoravano il balcone del mio spalto e lo lanciai sul palco. Venni subito imitata dal resto degli spettatori e in men che non si dica il pavimento si ricoprì di rose, petunie, tulipani.

Fuori dall'edificio, di fronte alla mia carrozza, re Zeno s'inchinò e mi prese una mano tra le sue. Fu un miracolo se non la sfilai via, ricordandomi cosa ci aveva fatto con quelle dita.

«È stata una serata perfetta, Altezza.» Posò un casto bacio sui miei anelli.

«Mh, sì.» Tirai a quel punto indietro la mano e sorrisi con garbo. «Buona notte, Vostra Grazia.»

Salii sul cocchio nel quale mi attendeva Eden e rivolsi un'ultima occhiata al re che mi fece un cenno impacciato con la mano.

«Ti prego, portami a casa. Ora» ordinai, massaggiandomi le tempie.

«Meno uno sulla lista dei pretendenti da incontrare.»

«Meno uno al giorno del mio matrimonio.»

«Su, Aureen,» m'incoraggiò massaggiandomi la schiena. «Tolto il dente, tolto il dolore.»

L'indifferenza che mostrava mi feriva. E mi faceva infuriare. «Sono felice che almeno uno dei due non veda l'ora di vedermi all'altare.»

«Non essere melodrammatica.» Mi sprimacciò i capelli. «Zades ti renderà felice, te lo posso assicurare.»

«Come fai a dirlo?»

«Fidati di me e basta.» Serrò la mandibola e un muscolo gli guizzò nella guancia, ma mantenne un'espressione serena.

Posai la nuca sul sedile. «Mi scoppia la testa. Voglio solo infilarmi nel mio letto e dormire due giorni di fila.»

«È per via della Corona di Tenebre?» mormorò per non farsi udire dal cocchiere.

Annuii. «Quando siamo partiti non era che un lieve fastidio. Ora invece è martellante.»

«Quando arriviamo, ti porto in camera una tisana rilassante e qualche dolcetto dalle cucine» mi assicurò, cingendomi con un braccio e facendomi posare il capo sulla sua spalla.

«Gran cavaliere, cuoco e ora anche cameriere?»

«E amico, non scordarlo.»

Strinsi le labbra. «Difficile da dimenticare.» C'era amarezza nella mia voce.

Il resto del tragitto lo trascorremmo in silenzio.

Willy mi aspettava raggomitolato sulle mie coperte. Dormiva beato senza alcun pensiero al mondo. Lo invidiavo. Eden era alle mie spalle, la porta della stanza ancora aperta.

Mi sfilai le scarpe aiutandomi con i talloni, poi cominciai a slacciare il corsetto.

«Ti lascio...» Eden si schiarì la voce, «un po' di riservatezza per cambiarti.»

Un laccio.

Poi un altro.

Poi un altro ancora.

Gli occhi di Eden erano due fiamme verdi che seguivano i movimenti delle mie dita.

«Sei ancora qui?» lo provocai.

Lui si portò una mano dietro la testa e, nell'alzare il braccio, successero due cose: il bicipite gli si gonfiò nella camicia e la divisa gli si sollevò sulla pancia mostrando una sottile striscia di pelle e peluria che spariva sotto il bordo dei pantaloni. E al punto al quale ero arrivata, ovvero alla consapevolezza che Eden non mi era affatto indifferente, furono dettagli difficili ai quali non fare caso.

«Vado a prenderti quella tisana.» Uscì in fretta.

«E le tortine» gli urlai dietro, prima che richiudesse la porta.

Mi spogliai in fretta, sentendomi ancora addosso i suoi occhi che mi scrutavano. Mi infilai una camicia da notte e poi sotto le lenzuola.

Il mal di testa si era acquietato, ma mi aveva spossato tanto da consumare fino all'ultima delle mie energie. Perciò, quando chiusi gli occhi con Willy tra le braccia, crollai subito nel sonno.

Al mattino ci misi pochi istanti a realizzare che mi ero addormentata senza aspettare che Eden tornasse.

Fuori dalla mia finestra splendeva l'alba di un nuovo giorno e gli uccellini cinguettavano sereni.

Mi tirai a sedere e lo sguardo mi cadde sul comodino. Accanto a un piatto colmo di biscotti coperti di zucchero a velo, c'era un bocciolo di Aureenyria Santaminas ancora chiuso.

E, sotto, un biglietto.

Buonanotte, Altezza.

E.

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