26- EDEN
Il Consiglio fu radunato all'alba.
Ero ancora sporco di farina e non avevo chiuso occhio tutta la notte. Ma ero il gran cavaliere della regina, non potevo mancare.
Mi ci erano volute una torta a tre piani, due teglie di biscotti e una decina di crostate per capire che stavo sbagliando tutto. Non potevo prima spingere Aureen ad adempiere ai suoi doveri e poi metterle il muso quando finalmente lo faceva.
Ero il suo consigliere, dovevo supportarla e incoraggiarla. E d'ora in avanti avrei fatto così.
Quel che poteva esserci tra noi, al di fuori del rapporto tra gran cavaliere e regina, doveva rimanere un gioco. Niente di più di quello.
Zades di Crysia era un partito perfetto, migliore degli altri. Migliore di me. E io avrei continuato a farmi chiamare bastardo se fosse servito a portare entrambi davanti all'altare.
Non mi fidavo del principe e della nomina che lo seguiva. Ma non avrebbe torto un capello alla mia regina, non l'avrebbe sfiorata se anche lei non fosse stata d'accordo. Lo sapevo perché io sarei rimasto al suo fianco. E avrei tenuto fede al mio giuramento: l'avrei protetta. Anche se fossi dovuto arrivare a tagliare la gola a uno degli uomini più potenti del Mondo Inverso. E non avrei esitato, se Zades me ne avesse dato il giusto pretesto.
Mastro Claudius tamburellava con le dita sul tavolo al quale eravamo seduti. Aureen non era ancora arrivata, probabilmente non ci avrebbe messo fretta nel raggiungerci. D'altronde l'avevano fatta buttare giù dal letto a un orario improponibile. Che il Consiglio aspettasse pure.
«Possiamo deliberare anche in assenza della regina» decise, Claudius.
«Neanche per sogno» ribattei, con tono annoiato.
«Il regolamento prevede che se la sovrana non si presenta alle sedute del consiglio, i membri possono prendere le decisioni al suo posto» informò ser Evel, capo delle guardie cittadine.
«È per questo che avete chiamato la riunione a quest'ora? Sperate che la regina non si presenti?» Ero seduto stravaccato sulla mia sedia e studiavo ogni Inverso presente.
Aureen non aveva alcun amico a palazzo, tranne me. E non ne avrebbe mai avuti fino a quando quella serpe velenosa di Claudius avesse continuato a sibilare nelle orecchie della corte.
Claudius non era un Inverso dotato di poteri come me o Reen. Uno avrebbe potuto sottovalutarlo, se non si fosse costruito da solo un potere anche più pericoloso: la lingua. A quel consiglio, nessuno pendava con la propria testa. I suoi uomini ripetevano parola per parola quel che diceva loro Claudius. E questa sua capacità di manipolazione conferiva al vecchio la maggioranza in ogni decisione. Astuto.
«Non siate drammatico, gran cavaliere Eden.»
Posai l'avambraccio sul tavolo e mi sporsi verso di lui. «Ditemi un po', Mastro Claudius, come procedono i vostri tentativi di aprire il cuore dei sudditi alla nostra nuova regnante? In giro ancora non si parla di lei come si dovrebbe.»
Aureen gli aveva dato un preciso ordine: ripulirle il nome dalle calunnie. Dal sorrisino che l'uomo però mi mostrò, ebbi la conferma che non stava facendo un bel niente per lei. Che la gente parlasse male era proprio ciò di cui aveva bisogno per prendere il controllo.
«Il popolo non si fida,» confidò lui con falsa apprensione, «non è facile convincerlo delle buone intenzioni della regina.»
Tra noi si alzò un muro di gelo. Avrei voluto aprire bocca e scoprire il suo gioco. Ma a quel tavolo, lo stratega migliore era proprio lui. Mi tappai la bocca, ma la tensione che calò nella stanza era comunque palpabile.
Neran, il sacerdote, si schiarì la voce e disse: «La regina avrebbe dovuto essere qui mezz'ora fa.»
«Sì, cominciamo in sua assenza.» Rincarò la dose Emmanuel.
«Signori» m'imposi. «Non costringetemi a creare problemi.»
Il portone si spalancò. «Non ce ne sarà bisogno, Eden.»
Aureen portava un abito scuro che le si allargava sui fianchi. E indossava la corona. Era il simbolo del suo potere e un tentativo d'intimidire il consiglio.
«Altezza» salutai, alzandomi in piedi e chinando il capo.
Venni imitato dal resto del gruppo.
«Sedetevi.» Ordinò, prendendo posto a capotavola. «Allora? A cosa è dovuta questa urgenza?»
Claudius prese la parola. «Riguarda il vostro matrimonio, Altezza. So che avevamo deciso di prenderci un mese di tempo per decidere, ma le minacce sono piuttosto insistenti. Un villaggio a trenta miglia a Est è stato dato alle fiamme.»
Dubitai che fosse colpa del fuoco, ciò di cui parlava. Ero piuttosto certo che il villaggio non fosse stato bruciato, ma che stesse marcendo per opera di Zelveen.
«Non possiamo più attendere. Dovete sposarvi al più presto.»
Aureen deglutì ma mantenne le spalle dritte e la testa alta. «Non dovete preoccuparvi di questo. Ho scelto il pretendente.»
Tutti nella sala trattennero il respiro. Me compreso. Non mi aspettavo che si sarebbe mostrata così decisa, senza un minimo di esitazione.
Claudius sollevò entrambe le sopracciglia, stupito. «Oh, ci date una splendida notizia, Altezza.»
«Sposerò il principe Zades di Crysia.»
«Vostra Maestà,» il tono pensoso dell'Inverso non prometteva nulla di buono, «forse dovreste valutare l'ipotesi di sposare re Dorian del regno di Kodor.»
«Crysia è un'ottima alleata per Delthar.» M'intromisi, pragmatico. «È il regno più ricco del continente. E dopo la battaglia vinta contro il regno di Farith qualche decennio fa, può contare su un secondo esercito.»
«Ma il principe Zades non è il re» mi contraddisse il gran sacerdote.
«Il Re è malato da tempo. Fonti certe mi assicurano che il principe salirà al trono molto presto» insistetti.
«Molto presto non è ora.» Gli occhietti piccoli di Claudius trovarono i miei. «E noi abbiamo bisogno di un esercito adesso.»
Serrai i pugni. «Mastro Claudius, la nostra Sovrana non andrà in sposa a un vecchio bruto dalla mano pesante.»
«Oh, sono certo che la regina saprà farsi rispettare.»
«Quel che penso io,» Aureen si alzò in piedi, «se interessa a qualcuno, è che il popolo ha bisogno di trovare fiducia in me. E se andrò in sposa a re Dorian, mi identificherà come una vittima senza potere. Se invece avrò Zades al mio fianco, l'immagine che daremo di noi sarà invincibile.»
«Non è di questo che abbiamo bisogno, Altezza.» Claudius fece stridere la sedia e la raggiunse dall'altro lato del tavolo. «Re Dorian è a capo del più feroce esercito mai esistito. È di forza che abbiamo bisogno, non dell'immagine di due giovani dal bel viso che si tengono per mano.»
«Non sposerò re Dorian, fatevene una ragione. Sposerò un uomo altrettanto forte e potente.»
«Vi state preoccupando più di chi metterete nel vostro letto, piuttosto che della protezione che dovete al vostro regno.»
«Come osate» sibilò lei.
«Claudius,» mi feci avanti senza il bisogno di portare la mano all'impugnatura della spada, la mia postura e il tono cupo della mia voce fecero gran parte del lavoro, «state oltrepassando un confine che non vi è permesso raggiungere.»
Silenzio e tensione. Gli occhi infuocati d'ira di Aureen rimasero fissi in quelli piccoli e crudeli del protettore del regno.
«Una settimana» propose lui. «Concedetemi una settimana per farvi cambiare idea. Incontrerete anche gli altri pretendenti, compreso re Dorian, e poi prenderete la vostra decisione.»
C'era qualcosa che non mi tornava. Era un teatrino che non serviva a nulla. Sapevamo tutti benissimo che, indipendentemente da come si sarebbero svolti gli altri incontri, Aureen non avrebbe mai sposato Dorian.
Lei mi guardò e le sue iridi color nocciola mi trafissero il petto. Annuii, intuendo che cercava il mio consiglio. «Avrei comunque suggerito questi incontri per non offendere gli altri regni. Non puoi sposare ognuno di loro, ma sarebbe meglio evitare che si sentissero insultati dalla tua mancanza di considerazione.»
Nel frattempo, però, avrei tenuto d'occhio Claudius e le sue mosse.
«Bene, allora» acconsentì. «Tra una settimana mi sposerò e su chiunque cada la mia scelta mi aspetto di non essere messa in discussione. Ora potete andare.»
Senza attendere che il resto del consiglio alzasse il culo dalle sedie, prese la porta e se ne andò lasciandosi dietro una scia di profumo di Aureenyria Santaminas.
Claudius, più basso di me di almeno tre teste, mi si avvicinò con le braccia dietro la schiena. «Siate saggio e riconoscete qual è il pretendente più adatto alla nostra causa. Non lasciatevi condizionare dai sentimenti che nutrite per la regina.»
Beccato.
«Siate saggio anche voi e smettetela di stuzzicarmi con le vostre malignità.»
Un angolo della bocca gli si sollevò di un centimetro. «Non negate, però.»
«Servirebbe a qualcosa? E ora, se non vi spiace, ho degli incontri da organizzare.»
Uscii dalla sala sentendomi i suoi occhi addosso.
Occhi che prendevano la mira.
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