24- EDEN

«Ne hai passate di peggio, amico.» La grossa manona di Jared mi finì sulla spalla.

Eravamo seduti sui gradini fuori dalle mie stanze. La camera dava direttamente sul giardino. Aureen non lo sapeva, ma in quell'ultimo mese era capitato spesso che, dal basso, osservassi la sua finestra. Nelle notti più fortunate ero riuscito a scorgerla al di là delle tende, senza però diventare troppo indiscreto.

Ora, invece, guardavo il regno che oltre a quel giardino curato in ogni dettaglio si estendeva fino all'orizzonte. Tutto ciò che vedevo apparteneva ad Aureen. E presto sarebbe appartenuto anche al suo sposo e alleato.

«Sto bene.»

«E io sono uno scricciolo.» Jared sollevò un sopracciglio.

«Smettetela tutti di preoccuparvi per me. Sto bene, devo solo capire come evitare di dare di matto.»

«Posso occuparmi io degli incontri di Aureen con i pretendenti. Non devi per forza farlo tu.»

«Le ho promesso che le sarei rimasto a fianco e così farò.»

La verità era che non avrei tolto gli occhi di dosso a Zades per tutto il tempo. Sarei rimasto lì a sorvegliarlo e ad aspettare che compiesse un passo falso. Ma una parte di me sperava che si comportasse in maniera ineccepibile. Era il miglior candidato. E la cosa mi mandava in bestia.

Il buio della notte era rischiarato dalla luce della luna. Era più grande del solito, quella sera. Il fresco che preannunciava l'arrivo dell'inverno mi penetrò nella livrea ufficiale.

Jar si schiarì la voce. «Ti ricordi quando ser Adam, all'Accademia, aveva preteso che uccidessi il cucciolo trovatello che mi ero portato dietro?»

Mi si strinse lo stomaco. Eravamo solo due ragazzini, all'epoca. Ricordo che pianse per notti intere fino allo sfinimento.

«Ser Adam marcirà all'inferno.»

«Sì, ma ti ricordi chi venne in mio soccorso, in quell'occasione?» Il suo grosso ginocchio colpì piano il mio.

Annuii. Io.

Jar, prima di salire sul carro che ci condusse all'Accademia, aveva raccolto un cane smarrito in strada. Gli mancava mezza coda ed era pieno di pulci. Ma aveva due grandi occhi neri che traboccavano fiducia, nonostante il mondo in cui viveva lo avesse solo preso a calci.

Di Jar, però, si fidava. E anche della gente che viveva in Accademia. Le domestiche gli davano gli scarti delle cucine, gli altri ragazzini facevano a turno per coccolarlo, e persino gli istruttori di tanto in tanto gli mollavano qualche pacca tenera sulla testa.

Quella storia durò un paio di mesi, fino a quando ser Adam ordinò a Jared di uccidere il cucciolo. Doveva diventare un uomo e conoscere il significato del sacrificio. E non c'era spazio per quella bestia, tra noi. O lo uccideva, o lo uccideva. Non aveva alternative.

Ogni giorno che passava senza che obbedisse, ser Adam escogitava una punizione sempre più crudele. Una volta aveva appeso Jared a testa in giù nella palestra per mezza giornata e aveva lasciato che i ragazzini più grandi lo torturassero un po'. Lui se l'era fatta sotto e il piscio gli era arrivato fino ai capelli. Un'altra volta lo aveva condannato a dieci colpi di frusta sulla schiena. Un'altra ancora gli aveva negato acqua e cibo per due giorni.

Jared non aveva ceduto di un millimetro. Non avrebbe tradito la fiducia del cucciolo. E ser Adam non avrebbe messo fine alla vita della bestia di sua iniziativa. Pretendeva che fosse il ragazzino a farlo e nessun altro.

L'Accademia si trovava tra i valichi di due catene montuose che dividevano il regno di Delthar dal regno di Crysia. C'erano solo predatori e morte da quelle parti. Nessuno poteva sopravvivere se fuggiva. Lo sapevo io e lo sapeva Jared.

Una notte, quando Jar nel suo letto faticava a respirare per i colpi che aveva subito, decisi che non poteva andare avanti così o non ce l'avrebbe fatta. L'Accademia era un luogo che faceva di tutto per spingerti oltre il confine del sopportabile. Solo i più forti arrivavano fino alla fine e sopravvivevano. Se quel cane non fosse sparito, sarei rimasto solo. Acchiappai perciò il cucciolo che dormiva ai piedi del letto di Jar e, attento a non farmi vedere dalle guardie, arrivai fino ai cancelli. Lo liberai... Lui non voleva saperne di andarsene. Tremava e guaiva per il freddo al quale non era abituato. Fui costretto a tradire la sua fiducia: raccolsi una manciata di pietre e gliele lanciai contro. Il cuore mi faceva male al ricordo dei suoi grandi occhi che mi guardavano senza capire cosa stesse succedendo. Alla fine, però, corse via.

Jared, per non lasciare che il dolore lo spezzasse, si convinse che quella liberazione lo avesse salvato. Ma, in fondo, sapevamo entrambi che fuori dai cancelli dell'Accademia sarebbe diventato facile preda delle bestie più grosse. Almeno, però, gli avevo concesso una possibilità di sopravvivere. Era a quel pensiero che mi aggrappai quando venni scoperto da ser Adam che, per punirmi, mi condannò a restare nudo e incatenato a una colonna per tutta la notte. Non ho mai avuto tanto freddo in vita mia.

«Mi ricordo» mormorai, grattandomi la testa.

«Allora lascia che questa volta sia io ad alleviare la tua pena.»

Gli sorrisi e mi alzai in piedi. «Non sono in pena. Ma, grazie, amico.»

«Sei più testardo di un mulo.»

Un'ora dopo controllavo che nella piccola e accogliente sala da pranzo tutto fosse in ordine. Bouquet di Aureenyria Santaminas decoravano il centrotavola e profumavano l'ambiente. Camerieri sull'attenti come soldati attendevano la regina e il principe di Crysia.

Il primo ad arrivare, come voleva l'etichetta, fu Zades. Mi riservò un sorrisetto soddisfatto e si sistemò la giacca, passandosi poi una mano sui capelli pettinati all'indietro.

«Ti hanno messo a fare il soprammobile, Eden?»

«Posso essere tutto ciò di cui la regina ha bisogno, principe.»

Mantenni la testa alta e la schiena dritta quando arrivò a un passo da me. «Anche il bastardo di corte?»

Gli mostrai un ghigno. «Chiedete alla regina se il colore della mia pelle è un problema.»

«Insinuazioni pericolose.»

Inclinai la testa di lato e inarcai con innocenza entrambe le sopracciglia. «Che insinuazioni, Vostra Grazia?»

Sbuffò una risata e portò le braccia dietro alla schiena. «Ricordatevi che non importa quale sia il vostro grado, resterete sempre un bastardo.»

«E voi ricordatevi che non importa quanto sia comodo il trono, è sempre sul vostro culo che siete seduto.»

Zades serrò la mascella, ma non fece in tempo a rispondere perché le porte si aprirono.

Aureen indossava un abito rosa pallido che metteva in risalto il color porcellana della sua pelle. I capelli erano tenuti sciolti dietro la schiena e fermati ai lati con due pettini dorati.

I suoi occhi incontrarono prima i miei, poi quelli del principe che la guardava con la bava alla bocca. Avrei voluto strozzarlo, il pezzo di merda.

«Principe Zades,» parlò lei, con voce calda e morbida, «state d'incanto.»


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