17- EDEN

Uccisi l'uomo decapitandolo con la mia spada.

Rubai la Pietra Blu dell'Annullamento prima che qualcun altro potesse trovarla e farsi delle domande. L'avrei distrutta come avevo fatto con l'altra.

Aureen aveva ancora il respiro affannato quando eravamo stati raggiunti da Mastro Claudius e un discreto gruppo di guardie che osservarono ripugnate la testa staccata dal corpo.

«Chi è costui?» Claudius si chinò leggermente in avanti per osservarlo.

«Un umano. L'ho giustiziato come prevede la nostra legge» risposi, il tono duro da soldato.

«Non erano mai riusciti a intrufolarsi nel castello... la minaccia delle Terre Libere è sempre più audace.»

Non era colpa di re Noah se per poco la regina di Delthar non era stata ammazzata tra le mura del suo palazzo. Ma questo non potevo dirlo.

Valerin, seppure fosse confusa, non domandò nulla davanti a quell'uomo. Ma mi aspettavo un interrogatorio, più tardi. Mi pesava doverle mentire, ma un giuramento era un giuramento. Le avrei spiegato che eravamo stati attaccati anche prima di tornare al castello, ma non le avrei confessato di sapere cosa ci fosse dietro.

«Il matrimonio è sempre più urgente.» Questa volta Mastro Claudius guardò Aureen.

E io avrei solo voluto cavargli gli occhi.

«Il popolo non si fida.» Alla locanda, Alec aveva trangugiato sei birre, quella sera.

«No, neanche un po'.» Io ero ancora alla prima.

Il posto pullulava di brutti ceffi. C'era mancato poco che spaccassi la faccia a un tizio per aver tenuto gli occhi incollati al culo di Valerin qualche secondo di troppo.

E ringraziasse il cielo che Jared era di turno al castello. Non avrei più lasciato Aureen senza qualcuno a sorvegliare la sua porta. Non dopo l'aggressione di quel pomeriggio.

Se un umano era riuscito a superare le guardie intorno alla fortezza, voleva dire che anche altri avrebbero potuto farlo. Io e Jar avevamo poi trovato i corpi marcescenti dei soldati che erano stati toccati dall'uomo. Non potevamo permettere che questi destassero sospetti in altri, perciò lasciai che se ne occupasse lui. Così come anche dell'umano che aveva recuperato facendo attenzione atoccarlo da sopra i vestiti. Il fuoco, in questi casi, era un grande alleato.

Che ci faceva quell'uomo al castello, comunque? Cercava Aureen o la Corona?

«Ma la smettete con queste schifezze?» Val ci tolse i boccali da sotto il naso. «Avete bevuto decisamente troppo.»

«Troppo poco.» Le strappai di mano la mia birra.

Lei sbuffò ma mi lasciò fare. Sapevo conoscere i miei limiti. E dopo quello che era accaduto, non mi sarei più permesso di distrarmi. Dovevo rimanere vigile.

«Perché beviate consapevolmente del veleno per me resterà sempre un mistero.» Si alzò e ci lasciò al bancone.

«Forse dovremmo darci un taglio.» Alec, però, buttò comunque giù un altro sorso.

Non gli risposi. Ero troppo occupato a riflettere su ciò che stava accadendo. Mi sentivo con i nervi esposti. Sia per la tensione legata alle sorti della regina e del regno, che per la minaccia di Zelveen. E poi, da quella notte nelle cucine, ancora non avevo smesso di rivivere il momento in cui Aureen si era portata alle labbra il dito coperto di glassa.

«Che ti passa per la testa?»

«Riflettevo.»

«È per Aureen?»

Sollevai gli occhi e lo guardai in attesa. Le sue sopracciglia nere, dello stesso colore di occhi e capelli, si alzarono in un'espressione sapiente.

«Tu e Val parlate di me alle mie spalle?»

«Amico, guarda che si vede che te la mangi con gli occhi.»

«Spari cazzate.»

«Puoi anche non ammetterlo, ma sai che ho ragione.» Si portò nuovamente il boccale alle labbra. «Se vuoi sapere come la penso, dovresti sforzarti ad andare oltre. È un gioco rischioso. Potresti mettere a repentaglio non solo il regno e le alleanze, ma anche Aureen. E te stesso.»

Non c'era nulla tra noi. E mai ci sarebbe stato.

«Parli a vuoto. Non provo niente per lei, non in quel senso.»

«Senti, il popolo non si fida di Aureen. Non ancora. E se uscisse fuori che se la fa con il suo gran cavaliere invece di cercare un alleato negli altri regni, potrebbe diventare impossibile restaurare la sua reputazione.»

«Alec, ho capito.» Strinsi il mio boccale con più forza. «Non c'è bisogno che tu mi faccia il discorsetto. Non voglio portarmi Aureen a letto. Puoi dormire sonno tranquilli.»

Tenni lo sguardo fisso e serio nel suo, ma sapevo che non mi credeva.

«D'accordo.» Scolò l'ultimo goccio e fece cenno al barista di portargli un'altra birra.

Il cameriere – un bel tipo con delle ciglia da fare invidia a quelle di Valerin – lo servì con un sorrisetto malizioso. Alec, com'è ovvio, ricambiò.

«Pensavo che avessi adocchiato la rossa lì in fondo.»

La ragazza lo stava spogliando con gli occhi.

«Che ti devo dire? Non c'è due senza tre.» Scrollò le spalle e nascose un ghigno.

Gli assestai una pacca sulla spalla e mi alzai dallo sgabello. «Be', divertiti.»

Il suo: «Puoi giurarci», mi seguì quando me ne andai.

Fuori, il cielo era nero e quasi privo di stelle, e l'aria si era fatta più fredda rispetto alla sera prima. Ma il sangue mi pompava caldo nelle vene.

Quando raggiunsi il mio cavallo, l'occhio mi cadde su una macchia di terreno più scura. Mi accovacciai e strinsi i fili d'erba ormai marci. I segni della Traditrice erano sempre più visibili.

Il giorno seguente avrei dovuto discutere con Aureen della questione. Dovevamo capire come muoverci. Di certo, non potevamo aspettare che la minaccia ci si parasse davanti in carne e ossa.

Non di nuovo.

Due crostate, cinque teglie di biscotti e una trentina di quelle tortine alla glassa che piacevano tanto ad Aureen.

Mi sedetti al tavolo che i domestici utilizzavano ai loro pasti e allentai i lacci della camicia. Si moriva di caldo, lì dentro. Mancavano poche ore al mattino, e non ero ancora riuscito a cacciare l'inquietudine.

Nel mio profondo, speravo che avrei ricevuto visite anche quella notte. Era un desiderio pericoloso, il mio. E del tutto ingiustificato. Era bella come nessun'altra. Ma era proibita. E poi, non ero interessato. Nessuno dei due lo era.

Smettila di pensare a lei.

Buttai la testa all'indietro e sbuffai tenendo gli occhi chiusi.

«Dammi tregua» mormorai.

«Posso tornare più tardi...» rispose una voce calda e dolce.

Mi tirai su di scatto.

Aureen era in piedi accanto al ripiano. Indossava una camicia da notte chiara e una veste color porpora slacciata sul davanti. Il tessuto sottile le aderiva perfettamente al corpo e lasciava ben poco all'immaginazione. I riccioli scuri le cadevano sulle spalle.

Strinsi i denti. Era meravigliosa, cazzo.

«Oh, no... non ce l'avevo con te.»

Piegò un angolo della bocca verso l'alto. «Parli da solo, ora?»

Feci spallucce. «Aiuta a schiarirsi i pensieri.»

«Hai pensieri che ti turbano?» Da come lo disse, sembrò che volesse stuzzicarmi. Ma di sicuro me lo stavo solo immaginando.

«Come tutti. Che ci fai da sola in giro per il castello? È rischioso.»

«Tranquillo, il tuo mastino mi ha seguita tutto il tempo.» Aveva alzato la voce così che Jar potesse sentirla. «E poi, camminare aiuta me a schiarirmi i pensieri.»

Lanciai un cenno al bancone ricolmo di dolci. «Be', potrei avere qualcosa per tirarti su il morale.»

Lei, rapida come una mantide, addentò una tortina glassata e si leccò le labbra. «Mmm, funziona.»

Sorrisi. Le avrei preparato tutte le tortine che desiderava. Ne afferrai una a mia volta.

«Senti, Eden... Volevo chiederti un favore.»

«Basta che non preveda pulire la lettiera di quella tua bestiaccia e ci sto.»

«Allenami.»

Quasi mi strozzai. «Che?»

«Oggi mi sono sentita del tutto impotente. Sono più forte delle altre dame, ma sono ancora un bersaglio facile. Non voglio più sentirmi così.»

«Reen, va contro il protocollo. Una regina non dovrebbe saper combattere.»

«Ti stai dimenticando che io so già combattere. Ho solo bisogno di riprendere il ritmo, di affinare la mia tecnica. E tu vieni dall'Accademia. Ma se proprio non vuoi, posso sempre trovare qualcun altro che...»

«Ci sto.»

«Ci stai?» I suoi grandi occhi color nocciola si riempirono di speranza.

«Dovrò vedermela con una frana ma sì, ci sto.»

«Dammi tempo, sbruffone» ghignò lei. «Qualche ora di allenamento e ti ritroverei con il culo a strisce.»

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