14- EDEN
Aureen doveva sposarsi.
E indovinate a chi spettava il compito di aiutarla a scegliere il giusto pretendente?
Al coglione seduto alla scrivania con i capelli tra le dita, intento a preparare gli inviti a corte da spedire in ogni angolo del continente.
Quel coglione ero io.
E la cosa peggiore era che non capivo perché la cosa mi mandasse tanto in confusione. Reen era la regina... prima o poi doveva sposarsi. Nessuno avrebbe approvato se avesse deciso di non lasciare eredi al trono.
Forse volevo solo che le venisse concesso il tempo di abituarsi al peso della corona. Era accaduto tutto troppo in fretta e il consiglio non voleva permetterle di metabolizzare con calma la nuova situazione.
Soppesai l'idea di andare a bussare alla sua stanza. Così, giusto per assicurarmi che non fosse nel panico. Poi, però, desistetti.
Intinsi la piuma d'oca nel calamaio e ripresi a scrivere le lettere ufficiali. L'idea di organizzare un ballo era stata di Mastro Claudius. Invitare a corte i regni confinanti per presentare la nuova Sovrana era "un'ottima scusa per stringere alleanze". In poche parole, dovevo far sì che i rampolli più ambiti e adatti al rango di Aureen venissero a chiederla in sposa.
E via, venduta al miglior offerente.
Manco fosse una vacca, cazzo.
Alla luce della candela, ormai quasi del tutto sciolta, che gocciolava sul legno pregiato della mia scrivania, pensai alle parole da usare.
Vostra Altezza Aureen di Delthar
v'invita ufficialmente a prendere parte al
barbaro mercato di vendita del proprio corpo
e del proprio titolo,
mascherato col nome di "ballo" in cambio del vostro esercito.
Firmato,
quel coglione del gran cavaliere Eden di Delthar
che non riesce a trovare una soluzione alternativa.
Emisi un grugnito di frustrazione, appallottolai con rabbia la pergamena e la lanciai dall'altra parte della stanza.
Nel momento in cui stava per colpire la porta, quest'ultima si spalancò e la lettera finì dritta in faccia a Valerin. Indossava ancora l'abito blu notte della cerimonia. Aveva giusto i capelli un po' arruffati, segno che prima di venire qui era passata per la camera di uno dei suoi spasimanti.
«Ahi!»
Buttai la testa all'indietro e fissai gli occhi sul soffitto. «Devi darmi una mano, Val. Rischio d'impazzire.»
Lei sbuffò e si chiuse la porta alle spalle. Poi si lasciò cadere sulla sua poltroncina di velluto verde preferita.
«Che ti prende?» Dispiegò la carta che avevo appallottolato e lesse, nonostante l'inchiostro si fosse sbafato. «Eden, dimmi che non ti sei preso una cotta.»
Sgranai gli occhi e mi alzai dalla sedia per raggiungerla. «Non dirlo nemmeno» le strappai di mano la pergamena.
Valerin mi sorrise con l'aria di una che la sapeva lunga. «E allora qual è il problema? Aureen è sicuramente molto scossa da tutto questo, ma se davvero re Noah minaccia il regno, questa è l'unica alternativa.»
Avrei voluto rivelarle che non c'era nessuna minaccia da parte delle Terre Libere e che c'era Zelveen dietro agli attacchi. Ma cosa avrebbe cambiato? C'era comunque bisogno di rinforzi.
«Mi sembra solo troppo presto, tutto qui.»
«Mh-mh, ceeerto.» Si alzò in piedi e andò ad appoggiarsi al camino che ardeva accanto al mio letto. «Eden, non credo che ci sia bisogno di ricordartelo, ma tu hai giurato e...» dalla voce intuii che era rammaricata.
«Lo so, non posso prendere moglie e tutto il resto. Ma non c'entra nulla con la mia preoccupazione di stasera.»
Mi slacciai i primi bottoni della camicia e calciai via le scarpe. Inchiostro e pergamena mi fissavano in attesa.
«Svolgerai il tuo dovere?»
«Ho alternative, forse?»
«No...» sussurrò, abbassando gli occhi. «Ma se vuoi, posso aiutarti. Non devi affrontarlo da solo.»
Chiusi gli occhi e annuii, arrendendomi all'idea che non ci fosse altro da fare. Valerin si accomodò accanto a me e prese ad armeggiare con le mille carte e documenti sparsi sullo scrittoio.
«Magari, tra tutti questi nomi scappa fuori anche un bel principe per me.» Sbatté le palpebre con fare scherzosamente civettuolo.
«Oh, Jared sarà felice di vedere la lista dei tuoi amori allungarsi un altro po'» la stuzzicai.
Lei mi colpì con una gomitata. «Non fare il maschilista. Quante donne ti sei portato a letto tu, eh?»
«Io non...»
«Non mentire. Il fatto che ti sia proibito non ti ha mai fermato. E levati quel sorrisetto, non si addice alla tua falsa innocenza.»
«Tecnicamente, sono diventato gran cavaliere solo stasera. Non avevo ancora alcun obbligo ufficiale quando mi sono concesso certe... attenzioni.»
Valerin intinse la penna nell'inchiostro e prese a scrivere in una grafia decisamente migliore della mia.
«Non dire cazzate. Quando mio padre ti ha offerto la mia mano non ci hai messo un secondo a rifiutarla in nome dei tuoi doveri. E grazie agli dèi, oserei aggiungere.»
«Ma perché tu sei come una sorella.» La incastrai la testa nell'incavo del mio gomito e le passai le nocche arruffandole ancor di più i lunghi capelli biondi.
«Falla finita!»
Nella lotta, il calamaio si rovesciò riversando il contenuto nero su tutti i fogli. Ci affrettammo a salvare il salvabile.
«Be'» sospirai, «potrei prenderlo come un segno del destino.»
La leggerezza di poco prima era sparita, per lasciare nuovamente spazio al macigno che mi gravava sullo stomaco. Percepii i grandi occhi di Val volare sulla mia mascella contratta.
«Dai, diamo una pulita a questo casino e mettiamoci d'impegno.»
Un paio d'ore più tardi, sulla mia scrivania era cresciuta un'alta pila di lettere sigillate con la ceralacca Reale. Avevamo scritto a chiunque contasse qualcosa. Anche se, alla fine, la scelta sarebbe ricaduta su un re o su un principe.
«Potremmo scrivere a re Noah. Magari la soluzione è proprio allearsi con lui.»
«È un vecchio» protestai.
Quantomeno avrei fatto ad Aureen il favore di aiutarla a scegliere un pretendente della sua età.
«E poi, non importa. Le Terre Libere ci odiano da anni. Ti sei scordata di tutti i morti causati dai loro soldati?»
Forse fui troppo brusco. Ma ogni volta che si parlava di quel popolo, sentivo lo stomaco bruciare. Così come anche la mia pelle, dal colore lievemente più scuro. E due paia d'occhi verdi come i miei mi lampeggiavano dietro le palpebre. Il ricordo dell'attacco al villaggio di tanti anni prima era ancora vivido.
«Scusa» mormorò lei, ricordando le mie origini.
Aureen non avrebbe sposato la feccia delle Terre Libere che aveva ucciso mia madre, e che mi aveva condannato a lunghi mesi di torture nei bassifondi di Delthar. Sono un loro bastardo, ma mai un loro alleato.
«No.» Mi pizzicai l'attaccatura del naso. «Sono io che devo scusarmi. Perdonami, Val. Sono solo molto stanco.»
Lei sorrise, ma lo sapevo che era preoccupata. «Ti lascio riposare, allora.» Mi posò un bacio sulla tempia e uscì.
Ero esausto, è vero. Ma sapevo che non sarei riuscito a chiudere occhio. C'era solo una cosa che mi avrebbe dato un po' di sollievo. Mi rinfilai le scarpe e lasciai la mia stanza alla penombra del caminetto nel quale brillavano le ultime braci.
Vostra Altezza,
il regno di Delthar è lieto di invitare Voi e la Vostra Corte
al ballo organizzato per la prossima luna in onore dell'incoronazione della nuova sovrana.
Aureen di Delthar è pronta a riconfermare l'alleanza tra i nostri regni.
Nella speranza che accettiate l'invito,
gran cavaliere Eden di Delthar
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