13- AUREEN
«Sua Altezza la principessa Aureen di Delthar» annunciò un araldo.
Ero così abituata a farmi chiamare Joyce che mi sembrò strano sentire ogni fibra di me rispondere al mio vero nome. Lo avevo nascosto sotto tutto il sudiciume del Jak's da due anni a quella parte.
Le due enormi ante che affacciavano alla sala si spalancarono. All'interno, una folla di dame e generali mi osservava col fiato sospeso.
Nonostante sentissi le ginocchia deboli, mossi i primi passi con sicurezza. Ignorai gli sguardi, i sussurri e i sussulti. Tenni gli occhi incollati allo scranno d'oro che mi attendeva.
Gli alti archi ai lati della sala si affacciavano sulla città sottostante. Le lontane luci che provenivano dalle casupole formavano una scia di piccole stelle. Le voci di chi mi attendeva in strada, invece, arrivavano in un brusio eccitato e accompagnavano il suono sordo del rombare del mio cuore.
Poco prima di darla vinta al terrore, i miei occhi trovarono quelli di Eden. Due pozze smeraldo che brillavano di preoccupazione. Era in piedi accanto al trono con la schiena dritta.
Quando raggiunsi la breve scalinata che portava allo scranno, Eden discese gli scalini e mi porse la mano. Strinsi i denti e accettai l'offerta.
Feci del mio meglio per non fare caso al calore che mi crebbe dentro quando le nostre mani si toccarono. Pelle contro pelle.
«Vostra Altezza,» Mastro Claudius chinò lievemente il capo in un saluto, «siete pronta a giurare?»
Eden mi strinse la mano prima di lasciare la presa.
Era un messaggio. Sono con te.
Scese poi gli scalini e raggiunse Valerin, Jared e Alec.
Annuii. «Sono pronta».
L'anziano Inverso schioccò le dita e subito una guardia ci raggiunse. Sugli avambracci portava un cuscino scarlatto sul quale era posata la corona di mia madre. Foglie d'argento tra le quali spuntavano boccioli rubino.
M'inginocchiai di fronte alla folla, il mio regno.
Guarda Eden, solo Eden, mi ripetei.
«Aureen di Delthar, accettate la corona del regno di vostro padre e del suo prima di lui?» Claudius era al mio fianco, ma io tenevo lo sguardo dritto davanti a me.
«Lo accetto.»
Guarda Eden, solo lui.
«Giurate di governare con amore, lealtà e pace?»
«Lo giuro.»
«Giurate di mettere il vostro popolo al primo posto, e di combattere contro le minacce che tenteranno di sopraffarlo?»
«Lo giuro.»
«E giurate di dare la vostra vita per proteggere il regno?»
Guarda. Solo. Eden.
Lui ricambiava il mio sguardo. Curvò leggermente le labbra verso l'alto e mi sorrise incoraggiante.
«Lo giuro.» Il cuore mi batteva impazzito.
Mastro Claudius sfilò un pugnale dalla cinta, ma non mi allarmai. Senza troppa grazia tagliò via una mia ciocca di capelli e la gettò nel braciere che ardeva alle mie spalle, accanto al trono.
«Doniamo al fuoco la promessa della nuova sovrana» intonò.
«Al fuoco» rispose la corte, come fosse una preghiera.
Tornò poi da me con la corona tra le mani.
«Chinate il capo, principessa di Delthar...» Chiusi gli occhi e obbedii, poi sentii il nuovo peso sulla testa. Quello era l'esatto momento in cui rinunciavo a tutto. «...e rialzatevi come regina.»
Così feci.
Una volta in piedi sentii un carico immenso sulle spalle.
«Inchinatevi di fronte ad Aureen di Delthar. Lunga vita alla regina!»
Nobili e guardie posarono le ginocchia a terra. Anche Eden si era unito a loro ma, invece di tenere lo sguardo basso come stava facendo persino Mastro Claudius, aveva gli occhi fissi nei miei. O era la mia bocca che stava guardando? Persi la capacità di deglutire. La mia lingua era una lastra di sale.
Le braccia mi si ricoprirono di pelle d'oca quando mi raggiunse, accompagnato dal gran generale Jonah.
Placatosi il brusio eccitato per l'incoronazione, il consigliere più fidato di mio padre prese la parola.
«Ser Eden di Delthar» l'Inverso al mio fianco fece un passo avanti, «mi spoglio del mio titolo e lo tramando a te.»
Si sfilò poi un bracciale d'argento dal polso e glielo consegnò. Era il simbolo del gran cavalierato.
«E ora inginocchiati di fronte alla sovrana e fai il tuo giuramento.»
Nonostante fosse serio, notai una nota vispa nei suoi occhi smeraldo quando si prostrò ai miei piedi.
Si schiarì la gola. «Io giuro sulla mia spada e sul sangue che mi scorre nelle vene» la voce calda e melodiosa mi arrivò dritta alla pancia, «di consacrarti la mia vita.»
Quel giuramento ara troppo personale. Non si stava rivolgendo a me come l'etichetta prevedeva che ci si rivolgesse a una regina. Mi guardai attorno, a disagio, ma nessuno sembrò scomporsi più di tanto. Tutti sapevano quanto io e lui fossimo stati legati da bambini.
Un sorrisetto impertinente gli si dipinse in volto notando la mia espressione dubbiosa. «Giuro di rinunciare ai vizi e all'arbitrio, e giuro di non seguire mai il mio cuore, se questo volesse dire non seguire te.»
Siamo sicuri che fossero quelle le parole giuste?
«La mia forza e la mia saggezza sono tuoi, mia regina.» Sfilò la spada dalla custodia sul fianco e poggiò la punta a terra.
Gli occhi di tutti, ora, erano fissi su di me.
«Ehm,» borbottai, «alzati, gran cavaliere Eden di Delthar.»
Una volta in piedi e al mio fianco con ancora quel sorrisetto sulle labbra, Mastro Claudius intonò ancora: «Lunga vita alla regina!»
La folla rispose con entusiasmo. Ne rimasi sorpresa.
«Sei un idiota» mormorai a denti stretti.
Ma lui si limitò a ridacchiare.
Gli rifilai una gomitata sul fianco, ma il colpo non lo scalfì.
«Altezza» l'anziano Inverso teneva le mani dietro la schiena. La sua voce melliflua non prometteva nulla di buono. «Il popolo vi attende. Raggiungetelo sul balcone e chiudiamo in fretta la cerimonia. Il primo incontro del consiglio vi attende nella sala della guerra.»
«È stata una giornata lunga. Sua Altezza ha bisogno di ripos...»
«Ser Eden, già date il vostro primo suggerimento sbagliato?»
«Presidierò la riunione, Mastro Claudius. Non temete. Tornate ai festeggiamenti, vi raggiungo una volta salutata la folla.»
Lui annuì con un unico movimento del capo e si ritirò.
«Non trattarmi come se fossi fatta di cristallo» ammonii Eden. «Se non sono abbastanza forte per sopportare tutto questo, devo imparare a esserlo.»
«A chiunque altro sarebbe stato concesso un giorno di riposo» ribatté lui, tentando di non far trapelare l'irritazione.
«Sì, ma io non sono chiunque altro. Sono la figlia ribelle che ha abbandonato il popolo, te lo sei scordato?»
Un muscolo della mascella gli guizzò sottopelle. «Andiamo, ti attendono.»
Raggiungemmo il balconcino che si trovava dietro il trono. L'araldo spalancò la vetrata e suonò la tromba. Subito calò il silenzio in strada.
«Vostra Altezza la regina Aureen di Delthar!»
Un boato festante scoppiò subito dopo, quando mi sporsi per salutare il popolo. C'era chi si sbracciava, chi sventolava le fiaccole, e chi lanciava rose che non potevano raggiungermi.
Sorrisi, anche se dentro non sentivo altro che freddo. Quella gente non mi amava affatto, quell'affetto era finto e dettato dalle tradizioni. Il giorno dopo, avrebbe già iniziato a lamentare il mio governo.
E io non avrei potuto chiedere consiglio a mio padre.
Eden, al mio fianco, ignorava il pubblico lì sotto. Osservava solo me e io sapevo che riusciva a sentire il suono del mio cuore che andava in frantumi.
C'erano cinque uomini seduti intorno al grande tavolo.
«Andiamo subito al sodo» prese la parola Claudius, battendo i palmi sul legno. «Negli ultimi due mesi abbiamo subìto degli attacchi. Non ne conosciamo la fonte, ma molti di loro erano umani.»
Io ed Eden ci scambiammo un'occhiata, ma nessuno se ne accorse.
«Temiamo che siano stati reclutati dal re oltre il mare» intervenne ser Evel, capo delle guardie cittadine.
«Re Noah delle Terre Libere? E perché mai dovrebbe avercela con noi? E perché manda degli umani ad attaccarci?» domandò Eden, interrogativo.
Noi sapevamo che la minaccia proveniva da Zelveen la Traditrice, ma non potevamo farne menzione. Non se desideravamo mantenere il segreto sulla Corona di Tenebre e impedire a Claudius di approfittare del caos che la notizia avrebbe scatenato.
«Gli altri regni del nostro continente sono in pace con noi» spiegò stancamente Neran, il gran sacerdote, massaggiandosi il suo gran pancione. «Re Noah ha dei trascorsi con la nostra gente. E magari manda avanti gli umani come scudo umano, così da non sacrificare le sue forze in queste provocazioni.»
«Avete provato a mandare a re Noah una missiva, prima di accusarlo?»
«Il re al di là del mare non risponde alle nostre lettere da anni. Dobbiamo consolidare un'alleanza ben più forte di una stretta di mano con uno dei paesi confinati. Prima che la minaccia diventi ingestibile» sentivo dal tono di Claudius che qualcosa di pericoloso bolliva in pentola.
«Sì, un matrimonio» propose Emmanuel Randaler, il tesoriere.
Mi strozzai con la saliva. «Un che?»
Mastro Claudius mi sorrise come si fa con una bambina. «Un matrimonio reale, Altezza.»
Eden si era incupito. «È troppo presto per questo genere di cose.»
«Sì» rincarai io, «insomma, sono ascesa al trono meno di un'ora fa.»
«Le minacce sono insistenti, Vostra Grazia» ribatté ser Evel con fare pratico. «Stamattina una famiglia di contadini è stata trucidata e chi li ha attaccati ha dato fuoco ai raccolti.»
«E durante i funerali di re Aramis è stato avvistato un gruppo oltre le mura della città. Sono vicini e spuntano come formiche. Dobbiamo schiacciarle prima che sia troppo tardi» insisté il gran sacerdote.
Ero certa che tutto il sangue mi fosse defluito dal volto. Avevo accettato di far ritorno nel Mondo Inverso, avevo accettato la malattia di mio padre, avevo accettato l'esistenza della Corona di Tenebre, e avevo accettato di succedere al trono. Ma un matrimonio? Era troppo.
«No» obbiettai.
Mi mancava il respiro. Non potevo lasciare che gestissero così la mia vita.
«Regina Aureen» la voce di Claudius era falsamente dolce. «Temo che non abbiate scelta. Avete giurato di proteggere il popolo, e questo è l'unico modo. Abbiamo tentato in ogni modo di neutralizzare la minaccia, posso assicurarvelo. Ma non c'è modo di contrastarla. Ci serve della forza in più.»
Eden era diventato silenzioso, e io non sapevo più cosa diamine dire o fare per sopprimere quell'idea. C'era una corona sulla mia testa, è vero. Ma in quel momento compresi quanto poco potere avessi.
«Dovete sposarvi, Altezza.»
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