10- EDEN
Liberatomi degli abiti da viaggio e indossata la divisa ufficiale, mi sentii finalmente a mio agio. Sistemai il colletto guardandomi allo specchio e mi passai il dorso della mano sul mento per constatare che la rasatura fosse perfetta.
Sputai fuori tutta l'aria che stavo trattenendo.
«Smettila di fare il coglione» minacciai il mio riflesso allo specchio. «Sei all'altezza dell'incarico.»
Abbottonai le maniche e allacciai alla vita la cinta con la spada.
In quanto gran cavaliere non ancora ufficiale della regina – carica che avrei ufficialmente assunto una volta incoronata Aureen – era mio compito scortare Vostra Maestà ai funerali e, successivamente, alla sala del trono. Ed era mio sacro compito sostenerla. Perciò non potevo concedermi di farmi prendere dall'ansia.
C'era qualcosa che mi metteva una strana agitazione addosso. E non era solo il dolore per la dipartita di re Aramis, che era stato per me come un padre.
Aureen avrebbe potuto benissimo scegliere qualcun altro come sua guardia e come consigliere personale. Il re aveva disposto che fossi io a succedere ser Jonah – gran cavaliere attuale – e ad accompagnare sua figlia per la durata del suo regno. Per tutta la vita mi ero addestrato con questo preciso scopo.
Era il futuro che il re aveva pensato per me e sua figlia.
Sospirai e raddrizzai la schiena prima di uscire dalle mie stanze.
«Oh, Eden» mi distrasse una voce lungo il corridoio, intanto che mi dirigevo verso gli appartamenti privati di Aureen.
«Alec, tutto bene?» Colpii il mio secondo braccio destro, dopo Jar, con una pacca sulla spalla.
«Non proprio. Aure... la principessa» si corresse, «rifiuta il rituale del fuoco per il re.»
Sgranai gli occhi. Questo era qualcosa di più che rimettere in riga Mastro Claudius. Questo sarebbe stato interpretato come un affronto da tutto il popolo.
«Che cosa? E perché?»
«Parlaci tu.» Buttò le braccia all'aria in un gesto esasperato.
Superammo i servitori che si muovevano per il castello, impegnati nei vari preparativi, e svoltammo l'angolo.
Mi fermai di colpo.
Mi ritrovai di fronte una splendida Inversa.
Una splendida Inversa che sembrava parecchio incazzata.
«Non credo di dover chiedere il permesso» stava dicendo Aureen al sacerdote che si sarebbe occupato dei funerali del re.
I lunghi riccioli scuri erano acconciati in una treccia che le incoronava il capo, impreziosita qua e là da fermagli scarlatti a forma di petali di rosa. Piccoli boccoli le sfuggivano sul davanti, ricadendo sulla fronte aggrottata. Gli occhi infiammati d'ira erano contornati di kohl nero, intensificando quello sguardo che avrebbe potuto incenerire l'intero regno.
E il suo abito...
Dèi.
Il corpetto rosso dello stesso metallo delle armature tratteneva a stento il seno stretto nella scollatura a cuore. Sulle spalle indossava un lungo mantello del colore delle rose che portava tra i capelli. Un'ampia gonna bordeaux dai dettagli neri, agganciata al retro del corpetto, le scivolava sui fianchi come una coda e lasciava completamente scoperto il davanti, mostrando un paio di pantaloni aderenti della medesima sfumatura e che le fasciavano le lunghe gambe.
Sembrava il bocciolo di una rosa pronto a schiudersi.
«Reen» intervenni.
I suoi occhi castani incontrarono i miei.
«Non ho intenzione di cambiare idea» mi anticipò.
«Spiegami: perché rifiuti il rito?» La calma nella mia voce, forse, la colse di sorpresa. Tanto che sembrò acquietarsi un poco.
«Perché desidero che le ossa di mio padre riposino accanto a quelle di mia madre.»
Il rito del fuoco era una tradizione che andava avanti da secoli. Ogni re veniva cremato e le ceneri sparse nel regno affinché lo spirito del defunto sorvegliasse sul popolo.
Le sovrane, invece, venivano seppellite nella cappella delle regine.
«Maestà, comprendo il vostro dolore. Ma gli dèi non approverebbero questa scelta. E neanche i sudditi.» Il gran sacerdote sembrava al limite della sopportazione.
«Agli dèi non importa nulla di me, di voi, e dei nostri morti.»
Egli, sussultando, guardò in direzione del cielo e congiunse le mani. «Blasfemia!»
«Tenete per voi le vostre imprecazioni. Mio padre...»
«E se...» m'intromisi, facendo un passo avanti. Reen mi osservava con un sopracciglio alzato. «E se trovassimo un compromesso?»
Lei non rispose, perciò andai avanti.
«Potremmo trovare un modo per accontentare sia voi che la tradizione, così che nessuno si senta insultato. O scavalcato.»
Un sorriso beffardo le si dipinse in volto. «Cosa suggerisci? Cremare una parte del corpo di mio padre e seppellire l'altra metà?»
«Non oserei mai proporre un tale sacrilegio. Ma il concetto non è male.»
«Ser Eden...» Il sacerdote parve esterrefatto.
«Quello che voglio dire è che la tradizione, e gli dèi, chiedono l'essenza del nostro re come tributo del fuoco. Credo che, semplicemente, potremmo dividere le ceneri.»
«Non voglio consegnare mio padre alle fiamme.»
«Concedeteci qualche istante in privato» mi rivolsi agli altri, afferrando Aureen all'altezza del gomito e tirandomela dietro nella sua stanza con gentilezza.
Era una vita che non mettevo piede lì dentro. Per un istante mi feci sopraffare dai ricordi. Ogni cosa era rimasta al proprio posto. Persino l'odore era lo stesso. L'unica, irritante differenza, era il gatto che mi soffiava da sopra il letto a baldacchino.
«Mostriciattolo» borbottai.
«Allora?» mi sollecitò lei, incrociando le braccia al petto.
«Ascolta» la guardai dritta negli occhi, evitando il decolté esposto per via della posa, «tuo padre desiderava essere cremato. Non ha mai chiesto nulla di diverso.»
«Perché si affidava troppo alle stupide tradizioni di questo mondo.»
«Non importa quale fosse il motivo, noi dobbiamo rispettare i suoi desideri.»
«A cosa servo seduta sul trono di Delthar se non vengo obbedita nemmeno alla semplice richiesta di seppellire mio padre? C'è qualcuno che abbia realmente intenzione di seguirmi?»
«Reen, il potere è una cosa fragile.»
«Non lo...»
«Sì, lo è» la interruppi, abbassando il tono della voce. «Si ottiene molto più concedendo che esigendo. Non puoi presentarti alle porte del regno dopo due anni di assenza e pretendere di sconvolgere le tradizioni senza che questo abbia delle conseguenze su di te. E non puoi permettertele, queste conseguenze. Non ancora, almeno finché il popolo non ti riconoscerà come sua degna sovrana.»
«Io non voglio che quel che resta di mio padre si disperda nel vento. Non voglio non avere un luogo in cui ricongiungermi a lui. E non voglio che bruci.»
Le sorrisi e le presi entrambe le mani tra le mie. «Reen, il fuoco è purezza. Te lo sei scordata? Re Aramis di Delthar era un Inverso del sole. Il fuoco è la sua casa.»
Le tremolò il mento e a me si strinse il cuore. Capii che non avrebbe aperto bocca per impedire alla voce di rompersi.
«Dà loro l'illusione di vincere questa piccola battaglia. E, allo stesso tempo, inizia a cambiare le cose. Accetta il rituale del fuoco e concedi loro metà delle ceneri. L'altra metà la porteremo insieme alla cappella delle regine, accanto al tumulo di tua madre. È un compromesso. Se costringerai loro, il sacerdote, o chicchessia a essere gli unici a chinare la testa, non riconosceranno mai la corona sulla tua.»
Aureen sfilò una mano dalla mia e si asciugò il viso.
«Quando sei diventato così saggio?» Tirò su col naso.
Piegai un angolo della bocca in un sorrisetto. «Sono stato addestrato per servirti.»
I nostri sguardi s'incrociarono per un lungo, intenso istante. Vidi nei suoi il riflesso di tutti gli anni che ci separavano.
«D'accordo.»
«Quando sei diventata così ragionevole?»
Fece spallucce. «Sono stata addestrata per regnare.»
«Be', Vostra Altezza,» m'inchinai lievemente invitandola a raggiungere la porta con un gesto del braccio, «sarò al vostro fianco in ogni istante.»
Prima che abbassassi la maniglia, mi accorsi dell'espressione dura che aveva impostato. Immaginai che le servisse per non cadere nel panico o nel dolore.
Al di là delle sue stanze, una piccola folla si era radunata in un'impaziente attesa. C'era il sacerdote che attendeva con aria annoiata, la stessa che si ha davanti a un bambino che fa i capricci. C'erano Valerin, Alec e Jared.
E c'era ora anche Mastro Claudius. «Ebbene?» Attendeva col sopracciglio sollevato in segno di sfida.
«Ebbene, presenzierò alla cerimonia del fuoco.»
«Ero certo che la vostra saggez...»
«Dopodiché, metà delle ceneri saranno disperse nel vento come vuole la tradizione, mentre l'altra metà riposerà accanto alle ossa della regina Sadriana.»
I piccoli occhietti dell'uomo brillarono di qualcosa che somigliava al divertimento.
«Come la nostra sovrana comanda.» S'inchinò.
Mi costrinsi a non mostrare stupore, ma che non si fosse battuto mi sconvolse, e non poco.
«Venite, Altezza, il popolo attende.» Prese Aureen a braccetto e s'incamminarono.
Io, due passi alle loro spalle, li seguivo in silenzio. Un nervosismo che sapeva di allarme mi salì dallo stomaco.
Ancora non sapevo che quella sera stessa, all'incoronazione, i nostri destini sarebbero stati sconvolti.
Mastro Claudius aveva già cominciato a tramare.
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