An guth saighdiúra
Un guerriero accetta la sconfitta.
Non la tratta con indifferenza, non tenta di trasformarla in vittoria.
Egli è amareggiato dal dolore della perdita, soffre all'indifferenza. [...]
Paulo Coelho.
La voce di un soldato
L'aria allegra che aveva sempre caratterizzato la città ritornò a farsi viva nell'animo dei presenti, e nonostante le perdite avvenute soltanto la settimana scorsa, le cose avevano ripreso la loro regolarità. La paura – che da sempre dominava l'animo dei cittadini – era per il momento tenuta chiusa in un piccolo cassetto, lasciando spazio a sentimenti più quieti e consoni alla vita di un popolano.
Maureen O'Brien, ad esempio, non conduceva una vita consona.
La sua esistenza, o almeno lei così pensava, era derivata soltanto verso la guerra e verso la battaglia imminente che sarebbe avvenuta di lì a poco. Perché ci sarebbe stata la guerra.
Una di quelle crudeli e cruente che non ti lascerebbero via d'uscita, quelle sanguinose e brutali e dove nessuno avrebbe possibilità di essere risparmiato.
La guerra non ha pietà, la guerra è male.
La guerra è dolore e morte.
La guerra non fa che alimentare la cattiveria, e
l'arroganza dell'uomo verso i suoi simili, verso la natura. La pace e soltanto la pace potrà placare queste anime tormentate e garantire
così la stabilità del mondo.
Era quasi la terza volta che rileggeva quel pezzo di carta, che portava ripiegato nella tasca del pantalone. Era piccolo, abbastanza vecchio e malandato tanto da risultare quasi illeggibile, ma la scrittura della madre era per lei indimenticabile. Leggendo quelle parole aveva anche compreso la sua stupidità, la sua ingenuità nel credere che trattando con il nemico si sarebbe giunti ad un accordo, che entrambe le parti ne avrebbero tratte beneficio. Però le cose avevano preso una piega del tutto sbagliata. Gli Immortales avevano radunato il loro esercito e sterminato i pochi cittadini volenterosi che ancora credevano in un futuro più prosperoso.
All'epoca aveva soltanto quindici anni e si riteneva ancora abbastanza sciocca da comprendere le dinamiche di guerra e ciò che questa avrebbe comportato. La morte dei suoi genitori era stato per lei un segno, un compito affidatole dal supremo affinché lei potesse comprendere il suo destino.
Avrebbe dovuto dare una svolta alla sua vita e fronteggiare quei esseri senz'anima e senza alcuna coscienza. Mostri alquanto scaltri e intelligenti con un quoziente intellettivo pari a come quelli di un essere umano, o semmai triplicati.
Non si sapeva il reale motivo della loro esistenza, e del perché abbiano deciso di attaccare questo paese e la razza umana. Tutto ciò a cui si poteva fare affidamento erano i libri conservati nella biblioteca paterna. Osservò sollevando il viso il cumolo di libri inseriti nell'opposito scaffale, e munendosi di una scala salì su questa e raccolse un piccolo libricino.
L'evoluzione degli Immortales e ciò che essa ha comportato di Robert O'Brien. Si trattava del taccuino del padre dove senza quest'ultimo non usciva mai di casa. Da quando gli Immortales erano arrivati per la prima volta a Wateford suo padre era diventato un topo da biblioteca. Portava sempre i soliti occhiali neri sul naso, il corpo snello iniziava a contorcessi dal dolore a causa di forti fitte sulla schiena, e in poco tempo il periodo che passava con suo padre andava pian piano a diminuire.
Di notte ascoltava le sue riflessioni e l'osservava scrivere in modo frettoloso sul piccolo libricino, mentre una pila di libri erano sparpagliati sul tavolone. I capelli erano arrossati, le occhiaie testimoniavano la notte in bianco, e il suo carattere allegro e spontaneo era drasticamente scomparso. Era diventato chiuso, molto riflessivo. Anche se qualche carezza non mancava mai non sentiva più quel profondo affetto che li aveva sempre legati.
Suo padre aveva perso la sua identità.
E fu proprio leggendo quei libri che aveva appreso tutto ciò che sapeva. Aveva compreso le loro capacità, la loro forma e i loro pensieri. Questi erano facili da intuire: uccidere.
La loro forma mentis era basata su questo tipo di scopo, su questi tipi di obbiettivi e non accettava nessun tipo di alternativa. Si affidavano a quello che era il loro istinto animale, utilizzando però l'astuzia del loro animo vampiro.
Intelligenza e forza combinati in un solo essere. Una sola identità.
***
«Maureen le truppe sono tutte radunate al centro della piazza.» disse Seamus sistemandosi il giaccone che gli copriva il corpo gracilino. Seamus era sempre stato la sua guida, il suo aiutante e il suo migliore amico. Era l'unica persona di cui poteva ciecamente fidarsi, soprattutto perché in questo momento l'unica cosa che potevano fare era fare affidamento soltanto l'uno sull'altro.
Seamus, come lei, usciva da una situazione difficile. La morte del suo fratellino – di solo otto anni – l'aveva profondamente segnato come il profondo barato sul quale la sua famiglia era sprofondata. Suo padre aveva abbandonato la casa straziato da dolore, sua madre invece aveva perso l'istinto materno diventato come un robot privo di emozioni.
Pertanto aveva perso anche gli unici punti di riferimento, gli unici capaci di fargli dimenticare quel forte dolore che gli procurava una fitta forte sul petto.
Avrebbe imparato a cavarsela da solo. Proprio come lei.
«Aspettatemi sul piazzale devo prima fare una cosa.» proferì la giovane dirigendosi verso la direzione prestabilitale dalla sua mente. In men che non si dica si trovò davanti alla parrocchia, che di consuetudine era perennemente isolata.
Prese posto su una della lunghe panchine rivolgendo lo sguardo verso il crocifisso appeso al centro della sala e con le mani unite intonò una piccola preghiera.
«Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome... » cominciò chiudendogli gli occhi ascoltando il dolce silenzio della chiesa. «venga il tuo regno sia fatta la tua volontà... » il suono di piccoli passi interruppe la sua preghiera.
Si voltò verso la direzione del rumore. Una piccola bambina – dai lunghi capelli biondi – cercava di salire sulla panchina. Rideva contenta quasi come se tutto ciò che le stesse accadendo attorno non le importasse. Si avvicinò a quest'ultima e le accarezzò i capelli regalandole un tenero sorriso.
«Ti sei persa?»
La bambina rimase a osservarla per minuti interminabili prima di correre via verso la porta di legno. Maureen sapeva dove portava quella porta: All'asilo di Wateford. Esso consisteva in un vero e proprio orfanotrofio situato dentro le mura della chiesa e diretto dalla Madre Superiora.
Lì venivano inserito tutti i bambini i cui genitori erano morti, molto spesso, di cause inspiegabili all'occhio umano. Però adesso conoscevano l'identità di questi assassini, pur rimanendo all'oscuro delle loro motivazioni.
Perché sono delle bestie, pensava spesso Maureen non placando la sua collera. Non riusciva ad ammettere altre spiegazioni. Che motivazioni potevano mai avere? L'unica spiegazione e l'unico motivo che li spinge a fare ciò che stanno facendo e la sete di sangue. Quella scarica di adrenalina che solo la guerra era in grado di darti, loro volevano tutto questo.
E loro gli avrebbero concesso questo privilegio, ma avrebbero trovato pane per i loro denti. Il venticinque dicembre, la notte di Natale, si sarebbe tenuta la battaglia che avrebbe posto fine alle loro sofferenze e avrebbero così guadagnato la libertà. Per amor proprio, per amor della propria patria.
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