An caoin na ndaoine
Il grido del popolo
Il sibilo del vento che freddo le attraversava la pelle pallida, lo scrosciare del fiume che con il suo dolce suono riusciva a placare ogni suo tormento che, incessantemente, minacciava di uscire; accompagnato dal buon profumo di foresta che le faceva ricordare il giardino della sua casa, dove molto tempo fa sua madre coltivava frutta e verdura e talvolta fiori che poi vendeva per mandare avanti il reddito familiare. Il delicato suono dei piedi che toccavano il terreno fangoso riuscivano in qualche modo a farla sentire al sicuro, nonostante nessuno, in ogni circostanza poteva sentirsi come tale. A Wateford nessuno era più al sicuro.
Il numero del popolani con il passare degli anni diminuiva a dismisura. Il problema era legato alla paura dei cittadini, che presi dalle loro giustificate ansie decidevano di abbandonare le proprie case per cercare riparo in altri luoghi, altri invece preferivano rimanere chiusi in casa e lasciarsi morire lentamente. Temevano ad attraversare le strade della città, diffidavano dei propri compagni che avrebbero venduto anche i loro stessi figli per tenere cara la vita, ma in fondo nessuno era pronto a puntare il dito per giudicare. Maureen conosceva quella situazione di impotenza, di insufficienza e di sofferenza.
Si passò una mano tra i lunghi capelli rossicci, bagnati dall'acqua del fiume, e con le dite iniziò a intrecciarle formando dei piccoli finti boccoli siccome, una volta lasciate le dita, questi avrebbero riassunto la loro attuale forma. Sospirò affondando il viso sulle gambe proteggendosi, in qualche modo, dal freddo primaverile. Un flusso di ricordi, memorie passate e orrendi flashback le attraversavano la mente priva di un qualsiasi ordine logico, e a ogni ricordo una fitta arriva dritta al cuore.
La morte dei suoi genitori.
Vide una ragazzina appena quindicenne posare una rosa su una tomba, mentre nessuna lacrima le rigava il viso. Si ricordava tutto perfettamente. Indossava una maglietta rossa che le ricadeva sulla gambe, e un jeans blu scuro stretto che le aderente, e un paio di Converse bianche.
Era vivo il ricordo che perennemente percorreva la propria mente.
La morte del piccolo fratello di Seamus.
Le lacrime dell'amico che le ricadevano senza imbarazzo sul viso, mentre disperato abbracciava una donna di mezza età anch'essa in condizione assai pietose e disperate. Maureen la paladina della giustizia era rimasta in disparte a osservare quel dolore accumularsi mano mano che il tempo passava ringraziando di essere molto fortunata. Lei non aveva più nessuno. Si, si sentiva un po' ipocrita. Però era una considerazione alla quale non poteva non pensarci, perché essere soli riusciva a renderti forte, indipendente, non indifesa. Non aveva più niente da perdere.
Nessuno avrebbe pianto davanti alla sua tomba, a parte Seamus.
Questi era l'unico abbastanza pazzo che per molto anni aveva deciso di seguirla in ogni sua folle idea, nonostante il carattere molto per bene e posato del ragazzo. Maureen era l'esatto opposto. Buona, ma combattiva. Essa stessa era consapevole di posseder un carattere ambiguo. Era forte, ma anche molto
debole provando in tutti modi a smascherare questa sua debolezza. Era coraggiosa nascondendo la sua immensa paura di non essere in grado di gestire una situazione così complessa e omicida. Si, si stavano dirigendo verso una morte certa. Una morte dura e fredda, una morte che ti travolge l'anima cancellandone la sua esistenza. Maureen l'aveva visto con i suoi occhi, nel campo di battaglia non aveva importava lo stato sociale, la fisicità o il carattere della persona perché quest'ultima per il nemico contava meno di nulla. In loro vigeva solo il desiderio, l'ardente desiderio di uccidere per assetare la loro sete. Come i vampiri ti uccidevano succhiando ogni fibra di sangue rosso, che smette per l'eternità di circolare nel nostro corpo, e mentre quest'ultimo assumeva le forme di un vero e proprio cadavere, come un licantropo si avventa sulla sua preda, divorandola.
Conficcò le mani sul terreno rompendosi un'unghia e sporcandosi le mani di una sostanza marrone maleodorante. La stessa identica sorte fu destinata ai suoi genitori, e mentre loro morivano lentamente e dolorosamente lei non era riuscita a fare niente per impedirlo. Ancora si autocommiserava per il suo atteggiamento codardo - che a malincuore esisteva ancora nel suo animo.
Raccolse un piccolo sasso posizionato simmetricamente accanto al suo fianco destro e lo lanciò verso il fiume soffermandosi a pensare per quante volte il sasso sarà in grado di saltare?
«Uno...due...tre.» contò a mezza voce.
«Puoi fare di meglio.» asserì una voce sconosciuta. Si voltò indietro soffermando il suo sguardo verso la persona che pochi minuti fa aveva proferito parola. Era una donna: bionda dai ricci stretti che le ricadevano sulle spalle, due occhi di un verde intenso e enigmatico, una corporatura snella e robusta. Non sembrava essere un irlandese e non sembrava provenire dalla sua contea dove una semplice collana era una fonte di estrema ricchezza.
Dopo l'ultima disastrosa battaglia contro gli Immortales la stabilità economica del paese era peggiorata drasticamente. Il popolo si ribellava per la fame, per la perdita dei propri figli costretti a morire in battaglia o a morire nella proprie case. A Wateford nessuno era mai allegro. Per questo motivo nel vederla sorridere senza preoccupazione alcuna le faceva salire il nervoso.
Proviene dall'alta società, pensò Maureen arricciando il naso infastidita. La donna sembrava fingere di non avvertire il comportamento freddo della rossa e si avvicinò a quest'ultima raccogliendo anch'essa un sasso e lo lanciò verso il fiume.
«È tutto una questione di polso.»
Maureen non rispose e rimase in silenzio beandosi del suono selvaggio della natura. Al calpestio di piccoli passi si alzò improvvisamente dalla posizione seduta e volse lo sguardo verso le fitte boscaglie dove emerse la figura di Seamus.
Qualcosa di terribile era accaduto.
****
La piazza di Wateford, negli ultimi tempi, era sempre stata popolata da pochi concittadini che preferivano fare affari nelle loro case, mandare qualcuno a proprie spese per raccimolare il cibo di maggiore sussistenza, ma le cose ad oggi erano assai cambiate. Quella mattina la piazza straripava di popolani riuniti in cerchio, stringendo tra le mani spade e forconi, e con un sorriso triste ma determinato sul volto. Maureen, in quel momento, comprese quanto dolore e quanta rabbia albergava nelle anime di ogni singolo cittadino.
Era sopraggiunto il giorno della rivolta.
Maureen si fece spazio tra la folla inferocita perdendo di vista Seamus, che era rimasto indietro, per scoprire la fonte e la causa che aveva dato origine a questa, per certi versi, strabiliante rivoluzione. Strabiliante per un motivo ben preciso: l'uomo era un essere codardo ed egoista.
Con fatica raggiunse l'apice della cerchia scorgendo un viso fin troppo conosciuto, e di cui non voleva nemmeno aver a che fare. Le soppracciglia folte, un pizzico di barba sotto al mento, una corporatura massiccia, capelli neri e ricci tendenti fino alla nuca e due profondi occhi azzurri. Con quel suo aspetto saccente, arrogante e superficiale Maureen l'avrebbe riconosciuto anche ad occhi chiusi, e l'avrebbe odiato lo stesso. Kasey Gallagher, trentacinque anni un uomo di mondo che, a quanto ricordasse, aveva sempre abitato nella Contea.
Secondo quanto riportato dalle voci che costantemente giravano per il piccolo villaggio aveva perso i genitori ad un'età molto prematura, e dal quel giorno si era preso cura di se stesso e della propria casa provando ad andare avanti. Purtroppo la vita non gli aveva fatto altro che regalare altre sofferenza, quali la morte delle moglie e della figlia, entrambe uccise nella battaglia contro gli Immortales. Maureen conosceva la famiglia Gallagher, e aveva stretto un legame molto forte con entrambe le donne della casa. Condividevano le stesse passioni e gli stessi obbiettivi e quando Maureen creò la compagnia dei Cavalieri Leah e Rosaleen Gallagher, rispettivamente moglie e figlia della dimora Gallagher, avevano apprezzato di gran voglia questa decisione. Era sempre state donne corraggiose e intelligenti.
Quando Rosaleen le chiese di far parte della compagnia non ne fu sorpresa, ma rifiutò temendo una reazione esagerata, quanto giustificata, del signor Kasey. Questi era categoricamente contrario alla guerra, in primis non avrebbe partecipato alla battaglia, tanto meno se quest'ultima era stata scatenata da una ragazzina di diciannove anni.
«Unitevi alla mia causa rimanete chiusi nella vostre case, non lasciate combattere i vostri figli perchè lei li porterà verso la morte.» i suoi occhi penetrati e freddi come il mare dell'oceano si soffermarono su di lei accennando un sorriso divertito al suono della folla che si incitava a suo favore.
Kasey si trovava sopra alla folla posizionato sul bordo della fontana, mentre il suo viso assumeva tonalità rosee a causa del troppo gridare. Maureen desiderò ardentemente eliminarlo seduta stante, provò a raccogliere lo stiletto che portava nascosto dentro lo stivale di pelle ed era pronta a lanciarlo, quando Seamus le afferrò entrambe la mani e le intimò di restare calma.
Sospirò lievemente mentre il nervoso non accennava a sparire.
«Volete mandare a morire i vostri figli per cosa? Per una battaglia senza alcun tipo di scopo, per il solo piacere di uccidere, di sentirvi protetti. E la morte l'unico risultato che otterremmo attaccanto il nemico. Fratelli, voi conoscete la mia storia e forse capirete le mie parole. Quanti di voi hanno già perso mogli, mariti, figli? Quanti di voi non si sentono più sicuri dall'inizio della guerra?» chiese rivolto verso la folla che inferocità iniziò a rispondere.
«Morte, solo morte. Ho perso la mia intera famiglia in battaglia ed a oggi non so di che sfamarmi. La guerra mi ha resa debole, sciocca e impaurita.» proferì la voce di una vecchia contadina.
«Siamo stanchi di vivere nel terrore, vogliamo la nostra libertà!» urlò un uomo la cui voce sovrastò quella della folla.
«Ebbene fratello mio, tutti noi rivogliamo indietro la nostra libertà ma la compagnia dei Cavalieri è un perenne ostacolo a questo nostro obbiettivo. Cercano di farci credere di fare i favori del popolo, di pensare al bene della comunità, ma in realtà non si fanno scrupoli ad abbandonare un proprio compagno e a lasciarlo morire, da solo. Mia figlia Rosaleen aveva soltanto quindici anni, morta in una impresa folle e suicida. Riconosco il mio errore da padre, riconosco di non essermi imposto a dovere, e proprio per ripulirmi dai miei peccati vi chiedo di assecondarmi e di porre fine alla compagnia dei Cavalieri. Siete con me?.» un urlò forte si levò nell'aria mentre il suono di un piccolo pezzo di legno spezzato veniva sopraffatto dalla folla.
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