V PER VENDETTA di Alan Moore e David Lloyd
Il romanzo a fumetti ha ispirato il film omonimo costruito attorno al personaggio di V, un prigioniero dei campi di concentramento con capacità fisiche e mentali potenziate. Evadendo V mette in atto il suo piano di vendetta ma anche di rivalsa, non sua, ma di un'intera nazione.
Va specificato il contesto in cui si compie la vendetta e la rivoluzione. Siamo a Londra dove la terza guerra mondiale combattuta con le armi atomiche ha spinto al potere un partito estremista, che finisce per controllare ogni singolo aspetto di vita dei cittadini. È contro questo sistema che V agisce. V è un anarchico. Anarchia non significa "senza un ordine" significa invece "senza capi". La vera anarchia si basa sull'ordine volontario e può essere realizzata soltanto se ognuno in piena libertà si governa da sé. Naturalmente l'ordine volontario richiede una precisa mentalità: se non siamo in grado di fare a meno dei capi saremo sempre soggetti a un governo che imporrà l'ordine e questo ordine forzato non potrà reggere a lungo, perché più rigido sarà il dominio più forte la ribellione.
Per appunto questo è il messaggio finale. V distrugge il sistema fornendo uno spiraglio di libertà e la possibilità di creare una vera anarchia, ma non è scontato che essa si formi. Evey diventa V, porta avanti le sue idee con l'impegno di accompagnare i cittadini nella creazione dell'ordine e di stabilità sociale, senza sapere se le persone sceglieranno di acclamare un altro potere oppure il dono di V. Non può forzarli ad accettare la libertà perché finirebbe automaticamente per escluderla.
Una funzione fondamentale viene svolta dall'insegnamento e dall'educazione: V si forma da sé, ma trasmette la sua conoscenza (che chiaramente equivale al potere) a Evey. Non si tratta soltanto di una conoscenza teorica, sicuramente vasta e prodigiosa, ma soprattutto di conoscenza pratica e, non meno importante, delle idee. V si assicura che Evey le conosca e le comprenda a fondo, ma mai gliele impone limitando la sua libertà. C'è un momento in cui V tenta Evey, offrendole la rosa perché anche lei ottenga la sua vendetta. Emerge così una chiara visione del pensiero di Evey che pur in parte influenzato e formato da V, resterà sempre autonomo.
In V per Vendetta una delle cose più importanti è il controllo. Il controllo su di noi e su quelli che ci circondano. Non c'è nulla che spaventi di più l'uomo dell'assenza di controllo, ed è per questo che si è affermata la dittatura. Ma è un modo per demandare il proprio controllo a qualcun'altro. Neppure il dittatore stesso ne è esente. Infatti ogni singolo gerarca di questa dittatura non si sa controllare, ed è questo che li porta alla rovina.
L'arcivescovo non sa controllare la propria lussuria, ed è così che V riesce a ucciderlo. La moglie del burocrate idem, non sa gestire la propria avidità e sete di potere, ed è così che finisce per strada. Lo stesso dittatore, alla fine, non è altro che un uomo spaventato dalle incertezze che adora, anche con una forte carica erotica, il supercomputer Faith, che analizza costantemente la situazione.
Ironicamente l'unico che ha il pieno controllo di se stesso è proprio V, colui che vuole distruggere ogni forma di controllo sopra di lui. Un vero paradosso. Quelli che compongono e più sostengono la dittatura sono essi stessi incapaci di controllarsi, mentre coloro che si sanno dominare vogliono abbatterla. Ma attenzione, controllo non significa soppressione dei propri impulsi. V è un uomo dalle forti passioni, ma è in grado di canalizzarle verso altri fini, come l'arte e la conoscenza. Persino la forte rabbia che prova per ciò che gli è stato fatto viene indirizzata e controllata per distruggere il sistema.
Ma non è solo il controllo su se stessi il punto, ma anche su ciò che li circonda. Il motivo per cui si instaura la dittatura non è solo per imporre un controllo su se stessi ma anche sugli altri, di cui si ha paura. "Homo homine lupus".
Tuttavia anche questa non è altro che un'illusione. La vita, per sua natura, è imprevedibile, e convincersi del contrario espone il fianco ai colpi delle avversità. V, che queste cose le sa, è pronto ad accettare gli imprevisti, addirittura a sfruttarli. L'incontro con Evey è stato un incidente, puramente casuale, ma V ha accolto l'imprevisto e l'ha trasformato in un'opportunità. La moglie del burocrate invece, persa nei suoi intrighi, si è trovata travolta dal fatto che il marito abbia ucciso l'amante e cospiratore, rimanendo ferito mortalmente a sua volta.
Insomma, la vita è incontrollabile, e quindi ogni idea di poterla controllare è fallace e un'illusione che ti può ingannare, come per il dittatore, la cui fede incrollabile nel supercomputer gli ha fatto dimenticare che è solo una macchina, e in quanto tale hackerabile e manipolabile. In conclusione, da una parte l'incapacità di controllare se stessi, dall'altra l'illusione di poter controllare la realtà.
Più controversa è la questione della legittimità della violenza. V uccide tanto per ottenere la sua vendetta quanto per giungere alla rivoluzione. Osserva impassibile quando si scatena il caos, conseguenza logica da parte di chi dopo anni di oppressione sfoga la propria aggressività. Ogni rivoluzione ha il suo prezzo e chi non è disposto a pagarlo si accorgerà di quanto sia vana la rivoluzione. Sorgono quindi due interrogativi: è giusto uccidere per un bene più grande? È possibile intraprendere una rivoluzione pacifica senza sangue e senza armi? Gandhi direbbe di sì ma non ha dovuto combattere un dittatore legittimo.
Non manca l'aspetto femminista: sebbene lo Stato dittatoriale svalorizzi completamente la donna, la privi dei diritti e la sottometta, il fumetto non fa altrettanto. Grande attenzione viene attribuita al carattere di Evey, alla sua evoluzione durante la storia. Quando infine Evey accoglie l'eredità di V, assume le sue idee e indossa la maschera, vediamo due V, indistinguibili perché dietro gli abiti non importa se c'è una donna o un uomo perché le idee, fino a prova contraria, non hanno genere.
Contrapposta a Evey c'è un'altra figura femminile, succube degli uomini, frustrata sessualmente e moralmente oppressa. Curiosamente sarà lei, nella sua sete di vendetta e disperazione, a porre metaforicamente fine alla dittatura, lei che trova la forza di reagire e indirizzare la sua rabbia verso quello che considera la ragione della sua sofferenza.
La vendetta non risparmia nessuno e colpisce pure coloro che hanno avuto il tempo di pentirsi. Da qui sorge un altro dilemma morale: è giusto punire con la morte chi è evidentemente cambiato? È giusto perdonare gli scienziati del campo nazista redenti?
Non mancano le minoranze, trasformate in un capro espiatorio dal governo. E laddove la morale ipocrita condanna tutto ciò che si discosta dalla normalità, vengono invece appoggiati i preti pedofili, protetti dal potere che tollera ampiamente questa condotta.
Nei campi di concentramento molti reclusi erano omosessuali per cui non è da escludere che pure V lo fosse. Ma V è un'idea e non importa dietro di essa quale sessualità si nasconda.
V è un'idea di libertà, di giustizia e di anarchia, che va contro ogni prigionia pure quella mentale, esattamente come va contro l'illusione di felicità, la prigione più subdola di tutte.
Flegias e Caronte
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