La Compagnia dei Draghi

Piccola nota: ho deciso di lasciare il testo così come lo avevo scritto, senza rimaneggiarlo, quindi è pieno di difetti ed errori vari, ma considerando che devo averlo scritto almeno cinque anni fa, mi pare perlomeno decente. 🤣


- A cosa stai pensando? - una ragazzina minuta era seduta a terra. Si teneva le gambe strette al petto. La sua pelle era chiara come l'avorio, i capelli biondi e lisci le sfioravano le spalle esili. I suoi occhi preoccupati erano di un azzurro glaciale.

Un'altra ragazza era accanto a lei. Anche lei seduta a terra nel corridoio, aveva la schiena e la testa appoggiate al muro, le gambe piegate con le braccia penzoloni sulle ginocchia. Il volto era rivolto verso il soffitto bianco. Era vestita con una divisa di un blu profondo e di una stoffa lucida e resistente. I pantaloni aderenti erano fermati in vita da un cinturone in pelle che bloccava anche la camicia sotto al corsetto a maniche lunghe. Gli stivali alti fino alle ginocchia, avevano protezioni in cuoio e metallo sugli stinchi e sui polpacci. Le punte e i talloni erano rinforzati con placche di metallo e piccole punte nascoste per ferire, mentre le ginocchia erano protette da lamine metalliche argentate. Sulle cosce aveva allacciate con delle piccole cinture delle protezioni in cuoio che la fasciavano sul davanti, sui lati esterni e sul retro. Il corsetto aveva un colletto alto e rigido, anche le spalle, le braccia e il petto erano coperti da placche metalliche e rinforzi. I guanti in pelle le arrivavano fino ai gomiti, fasciandole gli avambracci.

Guardò con la coda degli occhi la ragazzina, senza neanche voltarsi. Quelle iridi marroni, che si mischiano alle ombre, offuscandosi del tutto, così profonde da perdercisi dentro senza poter tornare a galla, erano incorniciate da occhi eleganti, leggermente allungati e da ciglia lunghe. La sua pelle era come la porcellana e le labbra rosse spiccavano come sangue sulla neve.

- Penso che vorrei andarmene lontano, scappare e dimenticare il passato, ma non potrà mai essere così. Per quanto possa andare lontano, cambiare città, stato o persino continente, ci sarà sempre quell'alone di oppressione che mi seguirà. - Rise. Una risata amara, piena del vuoto che sentiva nel suo animo. - Tu non sai cosa vuol dire vivere al di là del Muro. È un posto così grande e immenso, ma al contempo così piccolo. Gli uomini, esseri tanto evoluti, ma tanto stolti. Tutti hanno davanti a loro l'evidenza dei fatti, ma non è vantaggioso occuparsi del bene, o del giusto, se esiste. No. Bisogna pensare solo a ciò che porta profitto. La magia! Ciò che ci ha reso così forti, fonte del rapido sviluppo che abbiamo avuto, è in mano a pochi prescelti, nobili guarda caso. La società ha enormi fratture al suo interno. Pochi hanno tantissimo e tutti gli altri non valgono nulla, lavoratori, alla stregua di macchine inanimate. Chi non ha niente, viene privato di tutto e chi ha, arraffa bestialmente tutto ciò a cui può arrivare. Il diverso, il brutto, come lo definiscono loro, deve essere debellato, perché non può macchiare una tela pulita che si vanta del proprio bianco. Ipocrisia pura. Sai che fine fanno i non desiderati? Vengono gettati giù dalle Mura, in pasto ai draghi. Tra loro ci sono i pochi sfortunati che hanno imparato ad usare la magia perché sono particolarmente dotati, ma sono figli di servi, di lavoratori, di schiavi e non hanno il diritto di possedere un dono tanto puro, tanto divino. Anche se riuscissi a scappare in una landa desolata, in mezzo al nulla, prima o poi, la sete di ricchezze porterebbe nobili e mercanti anche lì. Si spanderebbero come inchiostro rivolte, guerre, massacri. Perché prima o poi questo equilibrio crollerà. Gli oppressi, i tantissimi, decideranno che non si può continuare così e allora la loro vendetta, la loro sete di sangue esploderà incontrollata e devasterà tutto prima di riuscire a placarsi. Voi desiderate così tanto poter uscire dai vostri cancelli senza essere divorati dai draghi, poter scoprire il mondo e valicare il Muro, ma quella al di là del Muro, non è libertà. Ci sono solo schiavitù e dolore. - Il suo sguardo era perso sulle assi in legno del pavimento. - A volte penso che l'ignoranza possa essere un bene. Mi piacerebbe poter ignorare tutto ciò che accade al di là di quel maledetto muro e poter provare per la prima volta la pace. Ma così non è. Non posso permettermi di ignorare. Devo tornare e fare qualcosa. Devo riuscire a ritornare dagli altri e completare la nostra missione. Per cui, sì. Vi aiuterò ad arrivare dall'altra parte. Questo è il vostro desiderio, per cui, fate come meglio credete. -

- Io non riesco a credere che il mondo al di là del Muro sia così orribile. Come possono gli uomini comportarsi così? -

- Questa è una domanda senza risposta. -

Prima che potesse ribattere, la porta accanto a loro si aprì e venne fuori un ragazzo più grande, soprattutto della biondina che avrà avuto sì e no quindici anni. Aveva capelli scuri, quasi neri e occhi di un blu intenso e triste. Aveva un'aria fredda, quasi indifferente ed annoiata. Parlava poco e mai a sproposito. Non rideva mai.

- Si è svegliato. -

- Grazie capitano. - La biondina si alzò di scatto e corse dentro alla stanza per vedere come stava il suo compagno. La mora si alzò più lentamente, sospirando. Come entrò chiuse la porta. Si soffermò ad osservare la scena. Allen era seduto sul letto mentre otto tra ragazzi e ragazze gli stavano intorno chiedendogli se stava bene, insultandolo per la sua stupidità e la sua impulsività. In un angolo della stanza c'erano il capitano e il capo reparto della sezione medica.

C'era un motivo se i soldati che combattevano i draghi non avevano più di una certa età. Solo i superiori che si occupavano di amministrare la giustizia delle zone interne avevano i capelli grigi. Tutti gli altri, erano fortunati ad avere poco più di trent'anni. D'altronde, la situazione era talmente critica da arruolare anche dei quindicenni, quasi dei bambini.

Ho vent'anni, anche io inizio ormai ad avere un'età in cui si arriva all'apice della propria carriera. Ma è inutile pensare a questo su di me. Non faccio parte del loro esercito.

- Alex, grazie per avermi salvato. Se non ti fossi accorta di quel drago, mi avrebbe divorato ... - la ragazza si riscosse e fece qualche passo avanti.

- Figurati. Anche se per la verità me ne sarei dovuta accorgere prima. Ho fatto un errore che non ripeterò. - Il ragazzo annuì nel silenzio. Sapevano tutti com'era andata. Tutti avevano sbagliato in fondo e la missione era costata più della metà degli uomini. Mai così tanti erano morti. Tutti avevano perso almeno un amico o un compagno.

- Ora? Quale sarà la prossima mossa? -

- Nessuna. Abbiamo perso troppi uomini. Per il momento aspetteremo. - Il capitano si era fatto avanti e aveva stroncato sul nascere la sfilza di domande del ragazzino, anche se invano.

- Proprio per questo non possiamo starcene con le mani in mano! -

- No, infatti. – il capo reparto si fece avanti. – proseguiremo gli esperimenti e i tuoi allenamenti. Grazie ad Alex e la sua fantastica capacità di controllare di persona i poteri dei draghi ... -

- Taglia corto Abby. – i due superiori si guardarono e lei sospirò.

- Beh, in breve, possiamo capire molto di più sulla natura dei draghi e come sconfiggerli prima di attaccarli nuovamente. – la sua espressione cambiò drasticamente. Passò da delusa ad euforica. – per cui, Allen, domani mattina fatti trovare al campo alle sette in punto! Inizieremo subito! –

Il ragazzino sembrava sul punto di esplodere ma alla fine si trattenne e annuì.

- Ma voglio iniziare oggi. –

- Non se ne parla Allen! – una delle ragazzine del gruppo si era fatta avanti. Aveva un disordinato caschetto di capelli corvini che le contornavano un viso snello e affilato. Gli occhi erano grandi e tristi, di un grigio senza confine.

- Mi sono riposato abbastanza! Non voglio perdere altro tempo! –

- Va bene. Al campo. Oggi pomeriggio. – il capitano intervenne e subito dopo se ne andò.

- Bene ragazzi, allora, tutti al campo per un'esercitazione alle tre! – così se ne andò anche il capo reparto.

- Quel maledetto del Capitano Luka! – La ragazza col caschetto dette un calcio alla gamba del letto e si sedette per terra.

Alex si sentiva fuori luogo, non solo perché non apparteneva alla loro realtà, ma più semplicemente, era troppo grande per fare gruppo con quei ragazzini e al contrario Luka si rifiutava di accettare la sua presenza alle riunioni con il comandante e i capi reparto nonostante più volte si fosse trovata nelle condizioni di dare ordini o prendere libere decisioni, che avevano avuto esito positivo. Se non altro Abigail parteggiava per lei.

- Scusate, devo andare a risolvere una faccenda. – i ragazzi smisero di parlare fra di loro e la salutarono in un coro disordinato. Alex uscì dall'edificio e si diresse alle stalle. Prese il suo cavallo e si diresse verso le campagne, nelle zone esterne e meno abitate. Lì c'era il campo d'addestramento. Un'area pianeggiante enorme usata per le simulazioni e i corsi dei cadetti. Una volta arrivata scese da cavallo e si avvicinò al confine con la foresta. Iniziò ad allenarsi come ogni giorno. Passava ore e ore a ripassare su un avversario immaginario tutti i colpi e le posizioni con la spada, il pugnale, i coltelli e il corpo a corpo. Si struggeva con estenuanti percorsi di arrampicata sugli alberi per migliorare l'agilità e la forza. Arrivava a sera con i vestiti stracciati, la pelle graffiata, arrossata, gonfia e tumefatta. Dopo tutta quella fatica, però, mancava ancora un ultimo passo importante: la concentrazione. Doveva imparare a sostenere tutta quella stanchezza senza intaccare le sua abilità. In fondo era un sicario. Prese l'arco e con estrema lentezza incoccò una freccia. Appoggiò la mano alla guancia e, mirando al bersaglio, scoccò. Il suo obiettivo era fare centro. Impedire al suo corpo di tremare oltre misura, ai muscoli di cedere e al cervello di abbandonare la presa sulla razionalità. A volte però, si chiedeva se non tentasse solo di distruggersi. Di far tacere tutti i suoi demoni seppellendoli sotto tonnellate di dolore e stanchezza. Ad ogni modo, era il suo addestramento. Quando sarebbe stata al di là dal muro, sarebbe stata pronta. Avrebbe fatto quello che aveva sempre desiderato. Avrebbe posto fine al governo malato, eliminando tutti i suoi esponenti con la sua squadra di sicari, dando via libera ai Ribelli che avrebbero istituito un nuovo stato. Ma quel giorno no. Niente di tutto questo.

Era arrampicata su un albero quando scoccò la campana delle tre e vide arrivare gli altri. Scese con un salto e attese che la raggiungessero. Lentamente vide avvicinarsi il gruppo di ragazzini. Allen era in testa seguito da Kerkyra, la ragazza con il caschetto corvino ed Esra un ragazzino magrolino con capelli biondi e occhi chiari. Più di una volta lo avevano scambiato con Catherine, la ragazza con cui si era seduta nel corridoio. Un po' più indietro, Dakarai e Yann stavano ridendo mentre armeggiavano con un marchingegno di legno. Il primo era un ragazzone alto, la pelle color cioccolato, gli occhi di un particolarissimo verde e i capelli legati in tantissime treccine decorate con perline in legno e conchiglia. Il secondo era alto e slanciato, anche se non quanto Dakarai, con capelli color cenere e occhi nocciola. Al loro fianco litigavano Tamara e Flyn, la ragazza era una cleptomane con dei vistosi capelli rossi legati in una treccia, occhi verdi e il viso spruzzato di lentiggini; il ragazzo aveva capelli così chiari da sembrare bianchi e con quel centimetro di ricrescita, rispetto al corto taglio militare, che li faceva sembrare sempre spettinati. Gli occhi erano neri come ossidiana. Accanto a loro c'era Catherine che cercava di calmarli, mentre Noriko una ragazza orientale, con occhi verdi a mandorla e lunghi capelli castani si divertiva a provocare i due amici. Alex nascose un sorriso. Erano una bella banda e a volte sapevano essere anche pericolosi. Eppure, era strano vederli così tranquilli e felici nonostante la guerra che stavano combattendo. Certo, tutti a parte Allen. Allen le assomigliava troppo. Come lei non era capace di lasciar correre. Aveva imbrigliato il tempo dei ricordi giurando vendetta contro quella che riteneva essere la causa della sua vita infelice. D'altronde, era cresciuto senza nessuno, fra le strade di una città e poi accolto dalla famiglia di Esra. Aveva perso tutto ancora prima di comprendere cosa fosse la vita. La sua famiglia era stata spazzata via da un drago che era riuscito a sfondare le difese. Quando è successo era talmente piccolo che a mala pena lo ricordava, nonostante quei pochi frammenti si fossero impressi a fuoco nella sua memoria.

- Sei sudata. – eccolo lì. La sua fredda e pungente schiettezza, come l'aria gelida invernale.

- Buon pomeriggio anche a te, Allen. –

Quando furono arrivati anche il Capitano Luka e il Capo reparto Abigail, gli allenamenti iniziarono. Alex si concentrò ed evocò quello che tutti chiamavano l'Anima del Drago. Sulla sua pelle affiorarono placche minerali rosse. Sulla sua fronte e sul mento erano incastonate due gemme ovali mentre altre più piccole e rotonde decoravano le palpebre superiori, in verticale sulle guance e come una piccola goccia di sangue sul labbro inferiore. I canini si allungarono come quelli di un vampiro e sulle orecchie comparvero altre gemme che decoravano come tanti orecchini l'elice. Sulla punta il minerale veniva fuori come le radici di un albero che si aggrovigliavano fino a dare forma ad un orecchio da elfo. Evocò il suo drago, che aveva imparato a conoscere e con il quale aveva stretto un legame di amicizia. Quando comparve in cielo tracciò tante spirali e atterrò. Era di un nero profondo, snello e fine.

- Ottimo. Voi altri mettetevi in posizione ai margini del campo pronti ad intervenire. Allen, puoi evocare il tuo drago. – il ragazzo si concentrò e anche sulla sua pelle comparvero tante piccole gemme, ma le sue rilucevano di un verde scuro, come il sottobosco. Quando arrivò il suo drago ruggì in cielo. Era un possente drago verde, lungo e corazzato, ma non sembrava intenzionato a scendere pacificamente. Allen provò a concentrarsi di più per obbligarlo a calmarsi, dopo un po' prese anche ad urlargli contro, ma non fece altro che peggiorare la situazione. L'animale si irritò e li prese come bersagli. Alex salì in volo e tentò di controllare il drago, che però optò per sputare fuoco un'ultima volta e andarsene via. E un altro tentativo era fallito.



***

Buongiorno cari lettori! Se avete domande in merito a questo brevissimo racconto, beh, ne ho anche io. L'ho ritrovato nei meandri del mio pc, a mala pena ricordo di averlo scritto, era un tentativo per un concorso di scrittura miseramente fallito. Di solito, per quanto poco io scriva riguardo a un qualche personaggio, non riesco a fare a meno di immaginarmi cosa è successo, chi è, il suo passato e in parte anche il futuro, pur sapendo che magari non mi interessa o non arriverò mai a scrivere di tali cose. In questo caso però, se l'ho fatto non me lo ricordo! Non chiedetemi con che criterio abbia scelto i nomi, rimane un mistero anche per me, o come io abbia creato i personaggi. Giuro che è stato strano rileggerlo, perché è qualcosa che ho scritto io, ma che ho letto con la mente di un qualsiasi lettore non ricordando assolutamente quali fossero i miei progetti. Detto ciò, fatemi sapere cosa ne pensate. Sia mai che un giorno, decida di riprendere le fila di questo branco di ragazzini per creare qualcosa di più concreto e lungo 🤭. Vi auguro buona lettura e buona giornata! 

Alessia.

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