...The End...


Si sentiva sempre peggio, come se nessuno potesse esserle di conforto.
La vita sembrava starle scivolando dalle dita, come sabbia, e non c'era alcun modo per poterla fermare.
Un giorno si era alzata dal letto e si era chiesta:-"Cosa ci faccio io qua? Perché sono stata messa al mondo se non ho alcuno scopo?"
E questa domanda le rimbombava nella testa frustrandola.
Non le dava mai pace.
"Io non servo a niente. Sono completamente inutile."
Continuava a cercare il motivo della sua esistenza. Sarebbe bastata anche una persona che le avesse sorriso sinceramente per rinquorarla almeno poco, ma neanche quello arrivò mai.
Tutti le sorridevano per pura compassione. Ecco cosa faceva lei sulla terra.
Faceva solo e soltanto pena.
Molti le avevano chiesto se andava tutto bene, ma a lei di quelle persone, non poteva importartarle di meno. Sapeva che le facevano quella domanda solo per sembrare gentili, ma secondo lei era solo una grandissima bugia. A nessuno importava della ragazza invisibile, colei che si era sempre nascosta nell'ombra cercando sempre di non farsi notare.
E a quelle persone rispondeva sempre con un 'bene grazie' accompagnato da un sorriso, uno di quei sorrisi che sono talmente finti che neanche dallo spazio si possono confondere.
Appunto per confermare sempre le sue teorie loro andavano via con un sorriso altrettanto finto e non si facevano mai più vedere, pensando magari che avessero risolto tutti i problemi esistenti sulla Terra. Nonostante questo, non che si fosse mai aspettata il contrario, nessuno secondo il suo parere dovrebbe perdere tempo con una persona come lei.
Sapere di essere sola in un mondo popolato da miliardi di persone faceva male. Era una ferita che continuava ad aprirsi, che non sarebbe mai stata ricucita. Ma non perché non volesse ricucirla, ma proprio per il fatto che da sola non sarebbe mai riuscita a farcela.
Era un peso troppo grande per lei. E sarebbe stato un peso troppo grande per chiunque. Nessuno riuscirebbe mai a rinchiudere la tristezza per troppo tempo, ma nonostante questo lei ci provava costantemente ed estenuantemente, senza però i risultati sperati visto che alla fine si ritrovava a dover fare i conti con i fiumi di lacrime che sgorgavano  involontari dai suoi occhi.
Nessuno riusciva a capirla.
"Perché?" Si domandò un giorno seduta sotto un albero di quercia mentre il tramonto stava lasciando il posto all'oscurità e la bellezza delle tenebre accompagnata dalla flebile luce che veniva e viene tutt'oggi emanata dai miliardi di stelle che costernano l'universo.
"Perché deve esistere un'emozione come la tristezza? Così brutta e difficile fa domare o nascondere. Perché mai dovrebbe esistere tanto sconforto in una persona?"
La risposta a questa domanda arrivò non molto tempo dopo. Un giorno si decise a fare la scelta che le avrebbe combinato l'intera esistenza, una di quelle scelte che una volta fatte non è possibile tornare indietro e riparare il danno fatto. Sarebbe sparita, avrebbe cessato di esistere, magari adesso avrebbe fatto davvero felice qualcuno. Magari era questo lo scopo della sua esistenza quella di esistere per un breve periodo rovinare la vita a molte persone e dopo scomparire per rendere tutti più felici.
E un giorno pensò a quella città in cui non c'era.
La città in cui non ci sono, una città in cui tutti saranno felici. Io starò a guardare il tramonto sotto un albero e intanto penserò a quella città che ho lasciato, quella città in cui la vita scorre normalmente, esattamente come se non fossi mai esistita. Quella città in cui i bambini in inverno si divertono a giocare a palle di neve oppure a lanciarsi giù dalla collina con lo slittino, oppure alla neve lanciata in faccia a tradimento e le risate che archeggiano nell'aria e che mi arrivano dritte al cuore. Mentre in autunno si divertono a saltare da una pozzanghera all'altra e disordinate i mucchietti di foglie che il vicino di casa aveva appena finito di ammucchiate durante quel pomeriggio. E in primavera le collane fatte con i fiori, e le partite di calcio fatte nel parco accanto alla casa del migliore amico. In estate invece prendere il sole e le uscite di mezzanotte con gli amici. Tutto ciò mentre io posso continuare a fare le mie scelte autonomamente, senza dover pensare ad altri.
_La città in cui non ci sono_
Salì sul grattacielo tenendo stretta in mano quella lettera con il tema della città in cui alludeva di non esserci.
Quello era il suo ultimo momento in quel posto con quelle persone.
Molte volte aveva sperato che le fosse accaduto qualcosa di veramente brutto anche solo per avere un motivo per il quale essere davvero triste, ma quel motivo non arrivò mai.
Ad un passo dalla morte ancora sperava che arrivasse qualcuno in grado di fermarla. Qualcuno che le dimostrasse che non era quello il modo in cui le cose sarebbero dovute andare e che l'aiutasse a trovare una nuova via. Una via che la conducesse il più lontano possibile da quella vita senza alcun significato. Non accadde ovviamente. Mai che le cose andassero come aveva sperato. Quello però non era il momento adatto per crearsi problemi filosofici. Quello era il momento di agire.
Un passo, un'altro passo, il vuoto.
Quello è stato il momento in cui da una fine è stato creato un nuovo inizio.

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Questo è stato uno dei dilemmi che mi sono fatta e che più volte ancora mi sto facendo.

《A cosa servo in questo mondo? Perché sono stata creata?》

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