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-Signorina Bianchi, stia più attenta!

La rimproverò il professore.

Margaret sbuffò distogliendo il suo sguardo dalla finestra.

Guardava le foglie cadere dagli alberi. La festa di Halloween era vicina e tutti i suoi amici iniziavano ad organizzarsi per uscire insieme e a divertirsi; contrario suo.
Margaret non era mai stata una ragazza troppo socievole: parlava poco e se ne stava da sola per la maggior parte del tempo.
Il suo psicologo diceva che evidentemente non era ancora riuscita a superare il trauma di quell'incidente fatale, che era costato la vita ai suoi genitori.
Dopo quel giorno non fu più la stessa, dovette trasferirsi negli Stati Uniti per andare a vivere dalla nonna paterna, e sebbene fossero passati ormai già due anni, ancora non era riuscita ad abituarsi a quella realtà che le sembrava così estranea.

Quando suonò la campanella, Margaret fu la prima ad uscire.
Il vento era forte e gelido, e alcune gocce di pioggia iniziavano a scendere dal cielo grigio e cupo.

Avrebbe voluto chiedere volentieri un passaggio a fino a casa, ma non aveva amici, tutti la guardavano come "quella strana", le lanciavano occhiatine e ridevano tra di loro. Per questo motivo prese un bel respiro, si sistemò meglio lo zaino in spalla e iniziò a correre sotto la pioggia.

Quando tornò a casa era bagnata fradicia, i suoi capelli rossi erano umidi e arruffati, le scarpe completamente zuppe.
Buttò lo zaino a terra e si guardò attorno non vedendo nessuno.

-Nonna sono a casa...!

Ma nessuno rispose.

Improvvisamente udì un rumore debole accanto a lei e senza preavviso sentì qualcosa di morbido strusciarsi sulla sua gamba.

-Meow... sei solo...?

Bisbigliò chinandosi a terra per prendere in braccio il gattino nero che miagolò timidamente.

Nella casa rimbombavano solo i ticchettii della pioggia sul tetto. Margaret si avvicinò alla finestra e pensò che in quel momento le sarebbe piaciuto bere qualcosa di caldo in compagnia di un buon libro.
Si voltò di scatto con l'idea di passare dalla biblioteca del quartiere e sulla soglia del salotto vide una figura bianca e pallida e si lasciò sfuggire un grido soffocato.
Una donna bassa, dai corti capelli bianchi, magra, vestita con una lunga vestaglia bianca la stava osservando.

-Asciugati, o sporcherai tutto il pavimento.
La rimproverò impassibile ma la ragazza fece finta di nulla, riprese lo zaino e aprì la porta.

-Ci vediamo dopo, io adesso devo uscire.

-Dove vai? Non vedi come piove?
Chiese l'anziana corrugando la fronte

-Vado a farmi un giro.
Disse sbattendo la porta alle spalle.
Accese il cellulare e collegò le cuffiette al lettore Mp3. Uscì in cortile e prese la bici.

Odiava questa stupidissima città.

Shadows' City era vuota.

Grigia e deprimente.

Era presente solamente il minimo indispensabile: una scuola, una biblioteca, un parco giochi.
Le persone erano sempre le stesse e si vergognava a farsi vedere in giro.

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