3. L'inizio di una tradizione
Nottingham, 25 dicembre 2005.
Le festività natalizie erano per Adele uno dei momenti più elettrizzanti dell'anno. Le mille luminarie, gli addobbi casalinghi, le tazze ricolme di cioccolata calda e le giornate di neve rappresentavano il culmine della gioia per quella giovane e ancora inesperta ragazza di Nottingham. Per Nicholas, invece, quel periodo di festa era al contrario la rappresentazione concreta di uno dei suoi peggiori incubi: da quando sua madre Clare era morta, quelle giornate colme di gioia e attesa si erano trasformate in sofferenza e dolore per l'assenza di un elemento così importante nella sua vita e in quella di suo padre. Avevano smesso persino di addobbare la casa, perché recuperare gli scatoloni con le decorazioni avrebbe riaperto una ferita ancora troppo fresca per essere tollerata. Adele, dal suo canto, aveva cercato con tutte le sue forze di essere d'aiuto per Nicholas: lo aveva accompagnato più volte di fronte alla cattedrale, dove erano rimasti seduti per ore all'ombra del grande albero nel quale sua madre riposava serenamente. Lo aveva ascoltato raccontare di lei e di tutto ciò che di splendido avevano condiviso insieme e molte volte, vergognosamente, si era ritrovata a desiderare di avere un legame simile, per quanto un pensiero come quello non potesse essere del tutto giustificabile.
Pur avendo una madre ancora presente al suo fianco, infatti, Adele non riusciva a provare per lei quell'affetto che vedeva invece incarnato in Nicholas.
Beth, la donna tutta d'un pezzo che aveva dato alla luce Adele tredici anni prima, non era l'emblema della madre affettuosa che tutti si aspettavano. Non poteva essere definita cattiva, ma neanche la donna amorevole che si prende cura dei propri figli come fossero il regalo più prezioso dell'universo. Quella donna era fredda, scostante: si preoccupava della scuola, dei voti e di tutto ciò che riguardava le apparenze. Del cuore, invece, non sembrava curarsene particolarmente. Adele, infatti, manifestava difficoltà scolastiche che andavano ben oltre le semplici lacune di apprendimento e Beth e suo marito Pete erano stati più volte convocati dalla psicologa della scuola al fine di ottenere il consenso per coinvolgerla in un percorso curativo. La donna, tuttavia, non aveva voluto sentire ragioni: "non manderò mia figlia a farsi fare il lavaggio del cervello", aveva dichiarato con tono altezzoso e le mani fresche di manicure. Pete, dal suo canto, nel tentativo di esprimere la sua opinione, era stato considerato quanto un pesciolino rosso in un mare di squali.
Quel giorno in particolare, sua madre aveva invitato come sua consuetudine l'intera famiglia a festeggiare a casa loro. Tutto era stato curato nei minimi dettagli: dalla composizione della tavola, al cibo, alle decorazioni. Adele, per l'occasione, indossava un perfetto abito rosso fragola che le arrivava al ginocchio, mentre i capelli castani erano semplicemente raccolti con un cerchietto in tinta.
Giunti all'ora di pranzo, ciascuno degli invitati si accomodò così nel posto previsto accuratamente da Beth e Pete: Adele si sistemò al fianco di sua zia Rose e suo zio Max, una giovane coppia in attesa del loro primogenito. Dopo aver dato fondo alle varie portate di antipasti, tuttavia, la ragazza iniziò a percepire una strana nausea chiuderle la gola: fece così presente a suo padre che qualcosa non andava, ma tutto ciò che ottenne fu un semplice buffetto sulla guancia a mò di rassicurazione. Il pranzo continuò imperterrito, ma dopo alcune ore, incapace di trattenere oltre quella terribile sensazione, Adele rigettò sulla tavola parte di quel gigantesco pasto, scatenando le urla di scandalo di sua madre.
«Per la miseria», gridò Beth, strattonandola fino al bagno «ti rendi conto della figura che mi hai appena fatto fare?».
«Mi dispiace, ho provato a dire a papà che non mi sentivo bene, ma non sono riuscita a trattenermi», tentò di replicare, sciacquandosi il viso con dell'acqua fresca.
«Ti dispiace?», urlò ancora, ripulendole il vestito con gesti bruschi «hai rovinato l'intero pranzo di Natale, ecco cosa hai fatto».
«Non l'ho fatto di proposito», mugugnò Adele, percependo le lacrime spuntare sul ciglio dei suoi grandi occhi marroni.
«Sei solo capace di piangere», continuò ancora, scuotendo la testa «fila dritta in camera tua, non voglio vederti».
Incapace di replicare, Adele si rifugiò in camera sua, dando libero sfogo alle lacrime. Si sentiva orribile per ciò che era appena accaduto e tutto ciò che voleva in quel momento era addormentarsi e dimenticare per sempre l'accaduto. Fece così per gettare le scarpe e il cerchietto in un angolo remoto della stanza, scostò il piumone sfoggiato per le festività e si raggomitolò al di sotto di esso come una bambina indifesa. Al suo risveglio, la ragazza percepì chiaramente gli occhi bruciarle vivi: a passo svogliato, si diresse dunque verso il bagno, tentando di lenire quella sensazione con altra acqua fredda. Gettò poi lo sguardo all'orologio posto sulla parete poco distante e si accorse che non erano trascorse neanche due ore da quel tragico momento. Erano le sedici e pochi minuti del giorno di Natale e Adele, per la prima volta, non vedeva l'ora che quella giornata terminasse il più in fretta possibile. Sospirando pesantemente, si diresse poi al piano di sotto, scoprendo entrambi i suoi genitori intenti a fumare una sigaretta nel terrazzino sul retro. Sembravano litigare in maniera concitata e molto facilmente si poteva intuire l'oggetto della discussione. Adele avrebbe voluto fermare quelle urla, frapporsi tra i loro corpi e ottenere un semplice abbraccio d'affetto: invece decise di infilarsi un paio di stivali lasciati vicino all'ingresso, indossò il cappotto e la sciarpa e si chiuse la porta alle spalle in direzione di casa Clarke.
Dopo alcuni minuti di cammino, giunse di fronte alla loro abitazione, scorgendone un silenzio profondo, in totale contrasto con la gioia che quella giornata avrebbe dovuto trasmettere. Incerta sul da farsi, trascorse alcuni istanti sul porticato, per poi trovare il coraggio di suonare il campanello, al quale tuttavia non rispose nessuno. In preda alla tristezza, Adele tentò nuovamente la sorte e questa volta il signor Clarke si affacciò alla porta d'ingresso, scrutando la giovane ragazza con aria incredula.
«Adele, cosa ci fai qui tutta sola?», esclamò con tono preoccupato, stringendo tra le mani una tazza sbeccata.
«Mi dispiace disturbarvi signor Clarke, so che è Natale, ma avrei bisogno di vedere Nicholas», balbettò con voce fioca.
Il giovane uomo rimase in silenzio, per poi invitarla ad entrare in casa.
«Nicholas è in camera sua, ma scenderà a minuti», esclamò «nel frattempo ti andrebbe qualcosa di caldo? Abbiamo avanzato della cioccolata».
A quelle parole il viso di Adele si aprì in un largo sorriso, ma prontamente il ricordo del pranzo la colpì come un fulmine, costringendola a rifiutare l'offerta. Forse per quella giornata era meglio evitare di toccare altro cibo.
«Adele?», squillò improvvisamente Nicholas, piombando nel salotto con sguardo attonito «che diamine ci fai qui?».
La ragazza abbassò gli occhi al parquet, nascondendo il volto visibilmente imbarazzato tra la stoffa della sciarpa. Non fece tuttavia in tempo a replicare, che una una valanga di lacrime le invase gli occhi scuri, facendola sussultare in violenti singhiozzi. Nicholas rimase incredulo, mentre suo padre accorse prontamente al suo fianco, invitandola a sistemarsi sul divano.
«Siediti qui, cara, andiamo», le sussurrò, scostandole la sciarpa ed offrendole un piccolo pacchetto di fazzoletti che teneva nella tasca dei pantaloni «resta con Nicholas, io vado a chiamare i tuoi genitori».
«No, signor Clarke, la prego», squillò Adele, scattando nuovamente in piedi «non li faccia venire qui».
Le parole di Adele risultarono così cariche di dolore che il signor Clarke si limitò ad annuire, provvedendo comunque ad allontanarsi al fine di poterli rendere partecipi della sua fuga. Nicholas, nel frattempo, si sistemò al suo fianco, osservandola con fare timoroso. Avrebbe voluto abbracciarla, ma al contempo non sapeva se quel gesto avrebbe potuto fare o meno la differenza. Inoltre, la presenza di Adele nella loro casa, in quel giorno specifico, lo faceva sentire particolarmente a disagio: l'ambiente era spoglio, buio e non in armonia con il periodo. Lui e suo padre avevano infatti trascorso la maggior parte del tempo nel letto matrimoniale, sfogliando il vecchio album di foto con due tazze ricolme di cioccolata. Non avevano pensato a pranzare o ad accendere qualche luminaria. Avevano semplicemente guardato con dolore al passato e pregato di poter tornare presto a vivere un briciolo di quella vita gioiosa che Clare avrebbe voluto per loro.
«Cosa è successo?», le chiese poi con tono pacato.
Adele sospirò, accartocciando un fazzoletto tra la mano destra.
«Durante il pranzo con i nostri parenti ho iniziato a sentirmi poco bene», mormorò, evitando lo sguardo del ragazzo «e per la gioia di mia madre ho rimesso sul tavolo di fronte a tutti».
Nicholas rimase in silenzio, pensieroso: di certo non era una delle cose più belle che potesse capitare il giorno di Natale, ma non gli sembrava neanche così terribile. In quel momento, infatti, gli tornò alla memoria l'episodio che suo padre gli aveva appena raccontato: qualche anno prima, proprio durante quella ricorrenza così speciale, Clare aveva cucinato dell'ottimo pesce, che però in qualche modo doveva aver perso la sua freschezza, date le conseguenti ore di mal di stomaco acuto che seguirono a quel pranzo. Per un istante, a quel ricordo, Nicholas sorrise, per poi tornare al volto scuro di Adele.
«Si tratta di tua madre, non è vero», continuò poi, annuendo.
La ragazza scosse la testa, sfilandosi del tutto la sciarpa.
«La odio», sussurrò, improvvisamente rabbiosa «so che non dovrei né pensarlo, né dirlo, ma vorrei non averla mai avuta come madre».
Il ragazzo rimase senza fiato, interdetto. Avrebbe voluto dirle che era fortunata ad averne una ancora in vita, ma ciò non sarebbe stato sicuramente di aiuto. In fondo, la madre di Adele era veramente una delle persone più anaffettive che Nicholas avesse mai incontrato, quindi il suo pensiero non poteva essere del tutto condannato, per quanto fosse in parte provocato dalla situazione.
«Vi ho portato un po' di pudding natalizio», sentenziò Adele, tirando sù con il naso e indicando il sacchetto lasciato all'ingresso «quello di mia zia Rose è davvero speciale».
A quelle parole gli occhi di Nicholas si illuminarono, scattando in direzione del dolce. Anche sua madre ne preparava uno uguale ad ogni Natale e da quando era morta, in casa non ne era più entrata neanche una briciola.
«Adele, ho avvisato i tuoi genitori», esclamò poi il signor Clarke, ritornando nel salotto «hanno detto che puoi restare, ma tra due ore verranno a prenderti per la messa».
La ragazza annuii, abbassando nuovamente lo sguardo. Quantomeno avrebbe trascorso due ore lontano dai suoi genitori - pensò.
«Guarda papà, il pudding che faceva la mamma», squillò Nicholas, mostrando a suo padre il contenuto del sacchetto.
A quella visione, gli occhi del signor Clarke si velarono leggermente, per poi tornare del medesimo colore di qualche secondo prima.
«Vai a prendere qualche piatto in cucina», lo esortò «direi che quello e la cioccolata sono gli unici rimedi per combattere la tristezza che sembra averci coinvolto oggi».
Stephen Clarke era un uomo dolce: più volte Adele aveva ritenuto le sue intromissioni nella sua vita sociale come qualcosa di negativo, ma la realtà era che quel tenero padre di famiglia comprendeva molto meglio di chiunque altro la difficoltà dell'essere completamente soli. Soli e dannatamente diversi.
«Sai, Adele, essere genitori è davvero molto complicato», esclamò pacatamente, sedendosi al suo fianco sul divano di pelle scura «avrai modo di capirlo quando sarai madre».
«Non credo di volerlo mai diventare», ribadì seccamente Adele «non vorrei mai essere una copia di Beth Foster».
Stephen rimase per qualche istante senza parole, per poi ritornare a sospirare pesantemente.
«Credimi, bambina mia, sei molto più capace e intelligente di chiunque altro», replicò, posandole una mano sulla spalla «e se c'è qualcosa che non sarai mai è la brutta copia di qualcuno».
In quel preciso istante, senza darle modo di replicare, Nicholas rientrò nella stanza con un enorme vassoio sul quale erano disposte due porzioni di pudding e una tazza fumante di camomilla. Mentre il ragazzo prendeva dunque a sistemare il tavolino poco distante, il signor Clarke si alzò dalla sua postazione, iniziando a scrutare con attenzione la collezione di film presente nel mobiletto sottostante alla tv.
«Vi andrebbe "Buon Natale Mr. Bean"?», squillò poi, sfoderando un sorriso che Adele non aveva mai visto dipingersi sul suo volto.
«Lo adoro», rispose Nicholas, sistemando la tazza fumante tra le mani di Adele «vedrai che questo e Mr. Bean ti faranno passare ogni tristezza».
La ragazza sorrise a sua volta, percependo il suo cuore stringersi in una morsa. Lì, in quella casa spoglia e priva di qualsiasi decorazione, Adele si sentì al sicuro, molto più che nella sua, ricca di luci, scenografie e cibo. Due persone colme di dolore avevano appena trovato il tempo e il modo di far sentire al sicuro una ragazza come lei, che in apparenza non aveva nessuna motivazione per scappare dalla sua condizione di vita agiata. Due persone in preda ad un lutto ancora estremamente vivo si erano preoccupate per la sua situazione e forse anche la sua presenza aveva iniziato a curare, di riflesso, il cuore di due uomini che, volenti o meno, si erano chiusi nel loro guscio.
Lì in quel salotto buio, Adele prese a sorseggiare la sua camomilla, avvolgendosi nel plaid color cachi che il signor Clarke le aveva appena offerto: ciò che Nicholas, Adele e Stephen Clarke ancora non sapevano era che, da quella precisa giornata in poi, quella sarebbe diventata la loro tradizione di Natale.
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Spazio autrice 💌
Ebbene sì, ho cambiato di nuovo giorno e orario di pubblicazione: perdonatemi, ma sono in quarantena e ho bisogno di ogni distrazione possibile 😪
Ma bando alle ciance, fatemi sapere che cosa ne pensate del capitolo: è molto importante per iniziare a comprendere i legami tra i personaggi e soprattutto per scoprire le ragioni per le quali Adele non ama particolarmente sua madre.
Quanto è stata cattiva da uno a dieci? Io direi anche 100 😡
Un abbraccio a tutti,
Laura 💜
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