2. Nuovi inizi e problemi di cuore

Nottingham, 15 settembre 2004. 

Le vacanze estive avevano portato con sé diversi cambiamenti, tra i quali il nuovo taglio di capelli di Adele, un caschetto corto e liscio che non faceva altro che segnare maggiormente i lineamenti tondi del suo viso. Tuttavia, quella appena trascorsa era stata una delle estati più calde degli ultimi anni e Adele non poteva più sopportare quell'ingestibile chioma arruffata. Rimase dunque fermamente convinta della sua scelta fino al giorno prima di fare il suo ingresso nella sua nuova classe liceale, nella quale, per motivi a lei sconosciuti, tutte le sue compagne presentavano lunghe acconciature perfettamente sistemate. La ragazza si sentì per un attimo tutti gli occhi addosso, ma decise poi di tirare un lungo respiro e di sedersi in un banco situato nelle ultime file, dove forse sarebbe risultata abbastanza invisibile da trascorrere il resto dell'anno in totale serenità. 

Nicholas, dal suo canto, se la stava cavando alla grande nella sua nuova classe: il suo fascino innegabile aveva già conquistato la maggior parte dei compagni e le ragazze dell'intero plesso avevano già perso la testa per la sua massa di riccioli castani e per l'inconfondibile verde dei suoi occhi. Il suo carisma durante l'estate si era infatti consolidato e la sua aura di piacevolezza e disponibilità lo avevano già reso, a neanche un giorno dall'inizio del nuovo anno, il più amato della scuola. 

Ciò, tuttavia, non impedì a Nicholas di continuare a ricercare la presenza di Adele: i due proseguirono imperterriti nel trascorrere insieme ogni pausa scolastica e pomeriggio libero, scoprendosi giorno dopo giorno sempre più affiatati e complici. E proprio in uno di quei pomeriggi, con grande sorpresa di Adele, Nicholas si palesò di fronte alla porta della sua camera bagnato fradicio e con gli occhi cerchiati di rosso. 

«Che cavolo è successo?», squillò Adele, precipitandosi verso il suo corpo instabile.

«Sono uno stupido», mormorò il ragazzo tra i singhiozzi, mentre con fare disperato si lasciava sprofondare tra le coperte del suo letto. 

Era la prima volta che Adele lo vedeva mostrarsi così debole. Nella maggior parte dei casi, infatti, era lei quella fragile, mentre Nicholas il ragazzo tutto di un pezzo che consolava la povera amica indifesa. Nonostante ciò, la ragazza si sentì stranamente felice di quel cambiamento repentino: non aspettava altro che il giorno in cui, finalmente, Nicholas si sarebbe aperto con lei e le avrebbe confessato tutto ciò che era sicura tenesse nascosto nel profondo del suo cuore. 

«George, uno dei miei compagni, mi ha convinto che Kate, la ragazza più bella della scuola, avesse una cotta per me», mugugnò, prendendosi la testa fra le mani.

«E?», chiese Adele, stringendo le braccia al petto.

«E ovviamente non è così!», urlò, sferrando un pugno contro il materasso. 

A quelle parole Adele rimase immobile, incapace di replicare. Cosa si poteva dire a una persona che era appena stata rifiutata? Non aveva mai sperimentato una situazione simile: in fondo aveva soltanto dodici anni e una vita ben poco incline ai primi innamoramenti infantili. Nessuno la guardava come veniva guardato Nicholas, ma di questo poco le importava. 

«Questa Kate è davvero così importante?», abbozzò poi, incerta. 

«Mi prendi in giro?», gridò Nicholas, esasperato, rialzandosi lentamente dalla posizione in cui era crollato al suo arrivo «è la ragazza più bella che io abbia mai visto».

Quella frase le colpì lo stomaco in una maniera che, sinceramente, non aveva mai sperimentato prima di quel momento. Cosa poteva essere quella sensazione di disagio che si faceva spazio tra le fibre del suo corpo? Non riusciva a darle un nome ben preciso, ma la stava disturbando più di una mosca che si aggira attorno a una mela marcia. 

«Sarà anche bellissima, ma non mi sembra molto intelligente», replicò Adele, risoluta. 

«Perché continuo a parlarne con te?», sospirò Nicholas, scuotendo la testa in segno di resa «è ovvio che non sai assolutamente niente di queste cose».

La ragazza diventò improvvisamente paonazza e, tremante, portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

«Se sono di così poco aiuto puoi anche smetterla di piombare nella mia camera ogni maledetto pomeriggio», continuò poi, distogliendo lo sguardo da quello di Nicholas. 

I due rimasero in silenzio, ognuno radicato nella propria posizione di difesa. Poi, la mano di Nicholas raggiunse il ginocchio di Adele, accarezzandolo con fare delicato. 

«Sono uno stupido», sussurrò. 

«Lo hai già detto», rispose Adele, trattenendo a stento una risata. 

Nicholas sorrise di riflesso, indietreggiando pesantemente contro il muro poco distante dal letto. Poi rimase nuovamente in silenzio, asciugandosi distrattamente i residui di lacrime ancora presenti sulle guance. 

«Che compiti hai da fare oggi?», chiese poi, osservandola con fare più sereno. 

«Storia e scienze», rispose pacatamente la ragazza «tu?».

«Matematica», esclamò alzando le spalle «ma non è così importante».

«Di questo non so se tuo padre ne sarebbe molto d'accordo», ridacchiò, estraendo i libri dallo zaino. 

«Ti va di andare in un posto?», chiese d'improvviso Nicholas con sguardo speranzoso.

«Adesso?», squillò confusa «sta piovendo a dirotto». 

«Esistono gli ombrelli», fece per controbattere il ragazzo. 

«Nicholas, anche se volessi, mia madre non mi lascerebbe mai uscire a quest'ora», sentenziò seccamente Adele, aprendo l'astuccio.

«Non sei mai scappata dalla finestra?», continuò Nicholas, tirando le labbra in una smorfia. 

Adele strabuzzò gli occhi, incredula. Non conosceva quel lato del suo amico e in un certo qual senso ne era a dir poco spaventata. 

«Questa Kate ti ha davvero frullato il cervello», scherzò la ragazza, tentando di dissuaderlo.

«Non m'importa», ribatté, alzandosi dal letto e rimettendosi lo zaino sulle spalle «se vuoi ci vediamo di sotto, altrimenti vado da solo», e così dicendo spalancò la finestra, si arrampicò con estrema abilità sulla grondaia e balzò rapidamente sul prato del giardino. 

Adele rimase per un attimo interdetta, per poi accorrere al davanzale con fare allarmato. Per fortuna la sua camera era collocata ad un piano intermedio della casa, altrimenti quel salto sarebbe stato a dir poco mortale. Incerta sul da farsi, la ragazza osservò Nicholas sistemarsi all'entrata del capanno attrezzi, scrutandola con sguardo accigliato. Cosa avrebbe dovuto fare? Gettarsi improvvisamente dalla finestra per poi essere terribilmente punita da sua madre? No, era fuori discussione: quella era una follia e lei non sarebbe caduta nella trappola di Nicholas. Decisa a mantenersi sulla strada della brava studentessa, Adele si sedette nuovamente alla scrivania, riaprendo il libro di scienze alla pagina delle esercitazioni. Non fece tuttavia in tempo a riporre lo sguardo su di esso, che un guizzo di follia la pervase, facendole afferrare la giacca appoggiata alla sedia, spalancando entrambe le ante. Alla severità di sua madre ci avrebbe pensato in un altro momento. 

«Si può sapere dove stiamo andando?», squillò poi, seguendo Nicholas sotto la pioggia scrosciante. 

«Voglio farti conoscere una persona», esclamò, fermandosi di fronte alla rinomata cattedrale di Nottingham. 

La fioca luce del giorno stava cominciando lentamente a calare, lasciando spazio alla risplendente illuminazione esterna del porticato. Confusa, Adele scrutò lo sguardo disteso del suo amico, rivolgendosi poi perplessa al portone ormai chiuso. 

«Qui è dove abbiamo sparso le ceneri di mia madre, proprio vicino a quell'albero», replicò, indicando un grazioso ciliegio posto poco distante «era il suo luogo preferito in tutta la città».

La ragazza rimase in silenzio e con il cuore palpitante. Non poteva credere alle parole che aveva appena ascoltato: Nicholas si stava davvero aprendo con lei come sembrava non aver mai fatto con nessun altro. Un sentimento simile all'orgoglio fece dunque per espandersi nella sua mente, provocandole un sorriso che scacciò immediatamente per non urtare i sentimenti del suo amico. 

«Mamma, lei è Adele», continuò poi Nicholas con voce commossa «è una persona speciale e so che ti sarebbe piaciuta moltissimo se soltanto avessi avuto modo di conoscerla».

«Buonasera signora...», abbozzò Adele, incapace di proseguire oltre.

«...Clare», replicò prontamente «si chiamava Clare». 

Adele annuì, osservando il volto di Nicholas come forse non aveva mai fatto prima di quel momento. Le sue guance si erano colorate di un rosso vivo, mentre alcuni riccioli increspati dall'umidità della pioggia scendevano ribelli sulla fronte. I suoi lineamenti erano chiari e dolci proprio come quelli di un bambino ed apparivano ancora più armoniosi mentre venivano illuminati dalla fredda luce della cattedrale. I suoi occhi erano sereni, ma al tempo stesso attraversati da emozioni contrastanti: Nicholas non era un semplice ragazzo di dodici anni come voleva ostinatamente dimostrare. La vita lo aveva posto di fronte a delle difficoltà che lo avevano obbligato a maturare prima del tempo, a scoprire delle sensazioni che, generalmente, non s'incontrano prima di specifici momenti della crescita. Quel ragazzo, ancora un po' bambino, ma anche un po' adulto, aveva un mondo dentro di sé che voleva smaniosamente condividere con qualcuno, ma che per qualche motivo a lei estraneo, ancora non riusciva del tutto a fare. 

«Raccontami di lei», proseguì Adele, stringendosi nella stoffa della giacca.

Nicholas sorrise, abbassando lo sguardo all'asfalto bagnato.

«Era dolce, divertente», replicò con voce sommessa «ricordo il profumo di cannella dei suoi biscotti e i suoi romanzi sparsi sul divano, la sera».

Seguì un profondo silenzio, alternato soltanto dal rumore di alcuni passi in lontananza. 

«Vi sareste scambiate tantissimi libri, ne sono sicuro», sorrise, alzando nuovamente lo sguardo.

Adele sorrise a sua volta, afferrando la mano di Nicholas. 

«E forse saremmo riuscite a convincerti che le storie d'amore non sono poi così tanto male», abbozzò la ragazza, dandogli un piccolo buffetto sulla guancia. 

Nicholas scosse la testa, incrociando le braccia al petto. 

«Ho qualche dubbio», mormorò, tirando le labbra in una smorfia. 

«Soltanto perché non ci credi», polemizzò la ragazza, assumendo un'espressione imbronciata.

«Sono storie inventate, Adele», puntualizzò Nicholas «nessuno si comporterebbe mai in quel modo».

La ragazza roteò gli occhi, senza tuttavia controbattere: forse era vero, quelle storie erano un tantino fuori dalla realtà. La chiave, tuttavia, era proprio quella: evadere da una vita che Adele percepiva stretta quanto un vestito della taglia sbagliata.

«Ora dobbiamo andare, Nic», sibilò Adele, gettando un'occhiata terrorizzata all'orologio del campanile «ma non vedo l'ora di tornare per poterla salutare di nuovo» e così dicendo i due ragazzi si incamminarono nuovamente verso casa, le mani intrecciate e strette sotto l'ombrello.










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Spazio autrice 💌

Ed eccomi tornata su questi schermi!

Se non mi seguite su Instagram vi faccio un piccolo recap del motivo per cui ho pubblicato due capitoli invece che uno soltanto: l'aggiornamento di lunedì è stato un totale flop, quindi ho deciso di spostarlo al venerdì, confidando in qualche feedback in più.

Ma torniamo al capitolo: è trascorso un anno e i nostri personaggi sono già un po' cresciuti. Il protagonista in questo caso è Nicholas, tra cotte, pianti e ricordi di sua madre Clare. Che cosa ne pensate? Vi state già facendo una vostra idea sui personaggi?

Fatemi sapere cosa ne pensate! 💫

Laura 💜

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