16. Il parco giochi
If I was a bluebird, I would fly to you.
Quante cose possono accadere in due anni? Tante, persino troppe. C'è chi trova l'amore della sua vita e si sposa, chi concepisce figli, chi termina gli studi o compie il giro del mondo. In due anni si può crescere, riflettere, cambiare: si può diventare più magri, più grassi, farsi crescere i capelli o semplicemente rimanere come sempre si è stati. Si può rimanere bloccati in un loop senza fine dove l'unico punto fermo è il pensiero di chi si è perso o uscire da esso e trovare la forza di ricominciare con le proprie forze.
Nicholas e Adele, dal loro canto, avevano oscillato tra queste costanti come l'altalena su cui erano soliti giocare da bambini: si erano laureati, ritrovati per quell'unica giornata e poi di nuovo persi. Avevano provato a ricominciare da soli, poi si erano di nuovo spezzati come due ramoscelli ancora troppo acerbi: avevano trovato un lavoro, cambiato casa. Avevano fatto l'amore con persone diverse, riso con persone diverse: avevano pianto come disperati, poi si erano di nuovo rialzati nel tentativo di rimettere insieme i pezzi. Avevano creduto di essere follemente innamorati di chi dormiva al loro fianco, poi era stato sufficiente un flash, un ricordo. Un profumo, una canzone: bastava poco per riportarli alla cruda realtà che niente, neanche quei due anni, sarebbero riusciti a dividerli completamente.
Nottingham, 20 dicembre 2015.
«Voglio andare al parco papà, al parco!», gridò David, sbattendo i suoi piccoli piedini paffutelli sul grosso tappeto del salotto.
A quelle parole Nicholas roteò gli occhi, sospirando profondamente. David era diventato particolarmente testardo e dal momento che aveva ormai superato egregiamente i tre anni, non mancava di esprimere costantemente i suoi bisogni con frasi ripetute a squarciagola.
«David, te l'ho già detto, dobbiamo andare dai nonni», replicò il ragazzo, indossando uno dei suoi maglioni preferiti ed osservandosi allo specchio con fare dubbioso.
Non erano stati anni facili quelli appena trascorsi: le droghe e l'alcool avevano preso nuovamente il sopravvento e soltanto il gruppo di supporto e la costante dedizione in palestra erano riusciti a placare i suoi furiosi istinti. In quel piccolo quadrato fatto di pesi e macchine per l'allenamento, Nicholas aveva infatti trovato un equilibrio, un luogo in cui gettar fuori la sua costante insoddisfazione. Per diverso tempo, inoltre, era stato lontano da David, mentre cercava di recuperare nuovamente sé stesso: aveva perso così tanti traguardi fondamentali nella vita di suo figlio che ancora adesso, a pensarci, si sentiva morire dentro. La sua vita era una contraddizione continua, una sfida costante: avrebbe voluto concedere a David un'infanzia felice, diversa da quella che aveva dovuto trascorrere senza sua madre. Si era ripromesso di farlo vivere in un ambiente pieno d'amore e al contrario chi lo aveva concepito lo aveva inspiegabilmente abbandonato e il suo stesso padre lo aveva rinnegato per la sua insulsa incapacità di stare al mondo.
Non era stato semplice ritornare a uno stato per lo meno accettabile: Nicholas aveva dovuto racimolare ogni granello di forza rimastagli, ogni sprazzo di lucidità ancora presente nella sua mente. Poi era tornata la sobrietà, la calma: il suo cuore aveva ripreso a battere ad un ritmo nuovamente accettabile e con sé era arrivato un nuovo lavoro e una nuova casa poco distante da quella di suo padre Stephen. Le sue braccia si erano lentamente ricoperte di tatuaggi e i suoi muscoli avevano iniziato a definirsi per quel poco che bastava per farlo sentire nuovamente in sé. I suoi capelli erano tornati ad una lunghezza accettabile, il sole aveva ripreso a spuntare sul tetto della sua casa e David era finalmente tornato ad essere parte della sua quotidianità.
«Solo cinque minuti!», piagnucolò nuovamente, alzando il tono di voce.
A quell'ennesimo lamento il ragazzo scrutò suo figlio con sguardo divertito, spostandosi poi per agguantare i suoi stivaletti da neve.
«Va bene, ma papà li conterà tutti», esclamò poi, aiutandolo ad allacciarli.
Nel frattempo Adele era intrappolata in una delle solite conversazioni con sua madre, quelle pericolose strategie che era solita utilizzare per demolire la sua autostima ed estorcerle informazioni che la ragazza avrebbe preferito portare con sé all'inferno piuttosto che condividerle con la sua famiglia. Nonostante fossero ormai giunte le vacanze di Natale, Adele sarebbe infatti rimasta volentieri nel suo piccolo appartamento di Londra, se non fosse per sua nonna Sarah ormai in fin di vita e per tutte quelle maledette imposizioni che l'avevano portata a crescere come una soldatessa ubbidiente e silenziosa.
«Insegnare letteratura in una scuola?», continuò Beth, scandendo ogni lettera con fare sprezzante «come diavolo ti è venuto in mente?».
«È per pagarmi l'affitto, mamma», replicò svogliatamente la ragazza «non ho intenzione di farlo per sempre».
Per quanto le piacesse restare in quella classe di scalmanati, il suo sogno era decisamente più grande ed elaborato: scrivere un romanzo, uno di quelli che riescono a trascinarti in un mondo fatto di infinite possibilità. Era tutto nella sua testa e soprattutto nel suo computer, ma la ragazza sapeva perfettamente che non sarebbe stato così semplice. Una banale laurea triennale in lettere e una temporanea esperienza lavorativa in una caffetteria scozzese non sarebbero state sufficienti per farsi riconoscere da una casa editrice. Serviva tempo e dedizione, traguardi che non avrebbe potuto raggiungere senza una serenità economica e un tetto sulla testa. Proprio per questo motivo aveva deciso di andare a vivere insieme ad Abigail in un piccolo appartamento non molto lontano da Finsbury Park: quando la sua amica d'infanzia le aveva mostrato l'ulteriore stanza vuota, Adele non ci aveva pensato due volte prima di trasferire tutti i suoi averi dal dormitorio alla nuova sistemazione. Aveva prontamente riempito la sua camera con piante e libri e finalmente, dopo un'infinità di tempo, si era sentita a casa.
«La figlia di due proprietari d'azienda che vive in uno squallido appartamento di Londra e insegna la lingua ad un paio di mocciosi che non sanno nemmeno allacciarsi le scarpe», replicò ancora sua madre, scuotendo la chioma ramata.
«È una scuola media», precisò la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
«Credi davvero che possa fare la differenza?», esclamò, alzando il tono di voce.
«Beth, per favore», intervenne repentinamente suo padre «mia madre sta riposando».
A quelle parole la donna distolse lo sguardo, annuendo distrattamente. Poi, senza aggiungere ulteriori commenti, entrambi abbandonarono il salotto e Adele approfittò di quel momento di apparente tranquillità per sgattaiolare fuori come un ladro nel tentativo di darsela a gambe. Afferrando il cappotto e la sciarpa si chiuse così la porta alle spalle, incamminandosi lentamente tra le stradine della sua città natale. Per un momento le sue gambe la condussero istintivamente verso quel luogo che conosceva a menadito e soltanto a metà strada si rese conto che non avrebbe saputo cosa dire o tantomeno cosa fare: era trascorso troppo tempo per farlo risultare un semplice incontro casuale. Scuotendo la testa, decise dunque di tornare indietro e proseguire verso il vicino supermercato, ma non fece in tempo a svoltare l'angolo, che una minuta figura le piombò addosso, facendole sobbalzare il cuore in gola.
«David, quanto volte ti ho detto di non correr-», gridò Nicholas, facendo saettare i suoi occhi sulla figura inerme di Adele, increduli.
Minuti indefiniti trascorsero in silenzio, mentre entrambi andavano confusionariamente alla ricerca delle parole più adatte per affrontare la situazione. Lo sguardo di Nicholas indugiò per un attimo sulle sue mani, cogliendone l'anello della loro infanzia in bella vista, circondato da altri piuttosto recenti. Adele, invece rimase ferma nella sua posizione, incapace di respirare.
«Ciao signora», esclamò improvvisamente David, facendo scoppiare quel gelo come una bolla di sapone.
Adele sorrise debolmente, incassando le mani nelle tasche del cappotto di lana.
«È la prima volta che mi chiamano signora», mormorò poi, alzando le spalle «per niente piacevole, direi».
Nicholas sorrise, mostrando le fossette ai lati delle guance.
«Ciao Adele», mormorò poi, sistemando entrambe le mani sulle spalle di David.
«Ciao Nic», replicò a voce flebile, mentre centinaia di pensieri le fluttuavano nel cervello come stormi di uccelli impazziti.
Erano entrambi cambiati nuovamente, in quei due anni. Adele aveva tagliato i capelli appena sopra le spalle, tornando al suo castano originario. Aveva perso qualche chilo e aggiunto alcuni tatuaggi in parti ben nascoste del suo corpo, lontane dagli occhi indagatori di sua madre. Nicholas, al contrario, aveva reso le sue braccia due fogli bianchi sui quali dipingere i più disparati motivi, mentre i capelli ricci e la mascella sempre più pronunciata restavano il suo marchio di fabbrica. Chiunque lo avesse notato per strada non avrebbe mai pensato ad un padre di famiglia, così come neanche il più attento degli osservatori avrebbe percepito il dolore che quotidianamente divideva quelle due giovani anime.
«Vieni con noi al parco?», riprese David, scrutandola dall'alto della sua frangetta bionda come un campo di grano in pieno Luglio.
A quella richiesta le gambe della ragazza cedettero improvvisamente, mentre il cuore prese a batterle furiosamente nel petto come in un concerto di percussioni.
«Se non hai di meglio da fare, ovviamente», aggiunse Nicholas, abbassando timidamente lo sguardo.
Adele scosse la testa, attraversando silenziosamente la strada per raggiungere il giardino in cui erano soliti trascorrere i loro pomeriggi dopo la scuola. Non era cambiato molto, nonostante il tempo: l'altalena color ruggine era situata al centro dello spazio, mentre ai lati un solitario scivolo e alcuni dondoli di legno erano oramai ricoperti da neve quasi del tutto ghiacciata.
«Sono contento di rivederti», riprese poi, passandosi una mano tra i capelli.
«Anche io», mormorò Adele, strusciando nervosamente il piede sull'asfalto «David è diventato grandissimo».
«Puoi dirlo forte», replicò «neanche mio padre riesce più a stargli dietro».
«A proposito, come sta Stephen?», domandò prontamente la ragazza.
«Diventa sempre più anziano, anche se non lo vuole ammettere», puntualizzò Nicholas, seguendo i movimenti di David con lo sguardo «la tua vita a Londra?».
«Bene, direi», rispose «vivo con Abigail vicino Finsbury».
«La Abigail del corso di scrittura?», squillò il ragazzo, incredulo.
«Proprio lei», continuò Adele «e insegno in una scuola media».
«Wow», sospirò «immagino che tua madre ne sia disgustata».
A quelle parole la ragazza scosse la testa, pensando a quanto fosse confortante avere, nonostante tutto, una persona che conosce così bene il tuo passato da non dimenticarne neanche un singolo aspetto.
«Colpito e affondato», proseguì «sono praticamente scappata di casa».
Nicholas sorrise, incrociando le braccia al petto.
«Per rifugiarti nell'unico luogo in cui trascorrevamo ore dopo la scuola», continuò, osservando David correre insieme ad un altro bambino.
«Amavo questo parco», sibilò Adele, stringendosi nel cappotto.
«Ricordo ancora il tuo sguardo quando qualche bambino cercava di rubarti il posto sull'altalena», puntualizzò il ragazzo, ridendo sommessamente.
«A mia discolpa, ne vorrei tutt'ora una in casa», continuò «se soltanto non avessi quasi ventiquattro anni e non vivessi in un appartamento grande quanto una scatoletta di tonno».
Nicholas sorrise, scuotendo la testa.
«Porti ancora il mio anello», aggiunse poi, indicando distrattamente l'oggetto fasciante il suo anulare destro.
Adele, a quell'affermazione, rimase immobile, scrutando le sue mani tremanti. Dal momento in cui si erano separati, due anni prima, non aveva mai perso di vista quell'oggetto. Lo aveva conservato come un tesoro prezioso e portato con sé nei momenti di maggiore difficoltà. Stringerlo la faceva sentire a casa, tra le braccia della persona che amava. Era soltanto una magra consolazione, ma pur sempre una testimonianza che qualcosa, nonostante tutto, continuava a legarli.
«Non hai idea dei complimenti che ricevo dalle vecchiette al mercato, il sabato mattina», scherzò poi, tentando di stemperare l'evidente tensione «hai avuto gran gusto con questi anelli».
Il ragazzo non rispose, si limitò a mantenere lo sguardo distante, perso tra il paesaggio e suo figlio intento a scorrazzare su e giù per i giochi arrugginiti.
«Non ce l'ho fatta», riprese poi «non sono diventato come avresti voluto».
Adele lo scrutò confusa, arricciando le labbra.
«Maturo, come mi volevi», aggiunse ancora «ho ripreso a bere».
Seguirono alcuni istanti di silenzio, alternati soltanto dagli schiamazzi di sottofondo.
«Mi sono disintossicato per la seconda volta», sibilò Nicholas «non so ancora se sarà quella definitiva, ma ti posso garantire che sto impiegando tutte le forze che ho per migliorare».
La ragazza annuii, tentando di deglutire. Poi, improvvisamente, un angosciante senso di colpa avvolse il suo stomaco, facendo girare come una giostra il mondo circostante. Forse, se fosse rimasta insieme a lui, se avesse accettato quella proposta. Se avessero cresciuto insieme David. Se, soltanto se.
«So quello che stai pensando», esclamò nuovamente l'amico, risvegliandola dal coma di pensieri «hai fatto quello che era giusto fare, Adele».
«Ancora non lo so», replicò prontamente la ragazza, sospirando «sono due anni che penso alla scelta che ho fatto e non so darmi una risposta».
A quelle parole Nicholas affondò gli occhi nei suoi, confuso.
«Mi manchi, Nic», mormorò poi, trattenendo a stento il tremore delle mani «e per quanto mi costringa a pensare di aver preso la giusta decisione, in questi due anni, i-».
«Nicholas!», squillò improvvisamente una figura poco distante, interrompendo il flusso di coscienza di Adele.
Il volto del suo amico si tramutò in marmo, mentre le braccia della sconosciuta raggiunsero prontamente le sue spalle.
«Ho provato a chiamarti», esclamò ancora, voltandosi poi in direzione di Adele.
«Diamine, scusa, non mi ero accorta che fossi con qualcuno» continuò ancora, scuotendo la chioma scura «Olivia, piacere»
Adele rimase immobile, scrutando inerme la mano della ragazza rivolta nella sua direzione. I suoi occhi passarono poi a quelli del ragazzo, imploranti.
«Adele», tartagliò, trattenendo a stento il dolore nel centro del petto.
«Quella Adele?», squillò la ragazza, riportando lo sguardo su Nicholas «quella di cui tu e tuo padre non smettete mai di parlare?»
«Proprio così», replicò impacciatamente il ragazzo, abbozzando un sorriso ben poco convincente.
«Beh, finalmente», squillò, incassando le mani nelle tasche del minuto giacchetto di pelle «non vedevo l'ora di conoscerti».
Milioni di interrogativi attraversarono la mente di Adele in quel momento: Nicholas e l'alcool, Nicholas che parlava con suo padre di lei. Una ragazza di nome Olivia che spuntava dal nulla e che non vedeva l'ora di conoscere la persona che, a sua insaputa, lo amava più di ogni altra cosa al mondo. David così cresciuto da chiamarla signora. Sua madre che la odiava, suo padre che a malapena la considerava.
«Olivia!», gridò improvvisamente David, lanciandosi contro le sue gambe.
«Il mio campione!», squillò la ragazza, sollevandolo agilmente «hai idea di quanto mi sei mancato?».
Il bambino scosse la testa, scuotendo la sua massa di capelli biondi.
«Come il mare!», replicò, facendolo saltellare vivacemente.
A quella risposa David rise pienamente, dimenandosi con fare vigoroso.
«Conosci David?», chiese poi, voltandosi nella sua direzione e lasciando il bambino libero di correre nuovamente tra i giochi «è il mio figlioccio, sono stata la sua madrina di battesimo».
Un battesimo al quale non era stata invitata.
Tutto le sembrava così tanto, troppo. Un senso di vuoto le avvolse lo stomaco per poi risalire fino alla gola, stringendola violentemente. Il mondo attorno a lei divenne improvvisamente buio e il silenzio avvolse finalmente le sinapsi del suo cervello quando il suo corpo cadde a terra come un oggetto privo di vita.
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Spazio autrice 💌
Capitoli tristi ne abbiamo? 😅
Soltanto rileggendolo adesso mi sono resa conto di quanto questa sedicesima parte fosse così cupa!
Vi chiedo scusa, so che vi sto lanciando parecchie secchiate d'acqua fredda, ma non ce la faccio proprio a fare storie semplici (e chi mi segue da Dieci inverni lo sa bene!).
Non posso ancora svelarvi cosa succederà nel prossimo capitolo, ma non disperate perché avrete una degna continuazione: non faccio svenire i miei protagonisti solo per dare il giusto senso di pathos 😜
Cosa ne pensate di quello che sta accadendo?
E soprattutto che ruolo avrà questa Olivia nella vita di Nicholas e in quella di David?
Prometto che cercherò di aggiornare presto e darvi tutte le risposte che meritate!
Come sempre grazie per esserci: avrò circa 30 lettori a capitolo, ma me li tengo ben stretti!
Laura 💜
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