13. Notti in bianco

Nottingham, 1 febbraio 2012.

Si chiamava David ed era il regalo di Nicholas per i suoi vent'anni: un batuffolo rosa di soli sei mesi e mezzo, dello stesso taglio degli occhi del padre, ma dall'inconfondibile massa di capelli biondi della madre. Era un regalo che andava ben oltre le sue aspettative e di certo una semplice playstation o un viaggio in una località marittima sarebbero stati sufficienti per festeggiare quel giorno tanto atteso. Il destino, al contrario, aveva voluto regalargli qualcosa dalla quale non avrebbe mai potuto, per nessuna ragione al mondo, separarsi. La lettera di conferma della paternità, infatti, era giunta proprio quel giorno e come un fulmine a ciel sereno, aveva illuminato la vita di Nicholas, che da quel momento in poi sarebbe cambiata radicalmente.

«Grazie per essere rimasto», mormorò Hannah, accarezzando la guancia di David.

Nicholas annuii, scrutando con sguardo sognante lo scricciolo avvolto tra le sue braccia.

«So cosa vuol dire vivere senza un genitore», replicò risoluto «non avrei mai potuto abbandonarlo».

Hannah rimase in silenzio, assumendo poi un'espressione corrucciata.

«Ma sei sicuro di stare bene?», continuò la ragazza «insomma, dopo tutto quello che è successo».

Chiunque in quel quartiere conosceva la sua storia e nonostante nessuno ne avesse fatto menzione in maniera del tutto aperta, era chiaro che molte delle persone a lui vicino temevano potesse ricadere nel turbine dell'alcool e della droga. La stessa Adele, una volta informata dell'accaduto, si era voluta accertare del suo stato di salute, tempestandolo di chiamate e messaggi. Nicholas, tuttavia, si percepiva stranamente in forma: di certo non poteva negare che quella notizia avesse sconvolto la sua intera esistenza, ma al tempo stesso aveva colmato il vuoto dato dall'assenza di sua madre in una maniera che nessuno, al contrario di di quel piccolo essere, era stato in grado di fare. Per la prima volta nella sua vita, Nicholas si sentiva parte di qualcosa, di un sistema chiamato "famiglia" e quel semplice legame era sufficiente a placare ogni suo oscuro istinto.

«Credo di aver dato fondo a tutta la mia rabbia il giorno in cui mi hai dato la notizia in giardino», mormorò, cercando di non svegliare David.

Quel piccolo appezzamento di terreno era infatti stato teatro di un litigio così forte, che persino il nano da decorazione ci aveva rimesso il suo cappello color paglia.

«Sei sparito per ore», replicò Hannah, scura in volta «sei stato da Michael?».

Nicholas rimase in silenzio per qualche istante, sospirando.

«Ci ho pensato», rispose «ma ho poi deciso di deviare per il lago e fare una bella chiacchierata con mia madre».

A quelle parole Hannah sorrise, sistemando una mano sulla sua spalla.

«C'è una cosa, però, che ancora non mi hai detto», chiese Nicholas, alzando lo sguardo «chi diamine era quello che mi è venuto a pestare in facoltà?».

La ragazza accese l'azzurro dei suoi occhi, mordendosi il labbro inferiore in maniera concitata.

«Un tale che ho frequentato per un po'» balbettò «ci siamo incontrati poco tempo dopo aver scoperto di essere incinta e sì, ho pensato di poter coprire la cosa insieme a lui».

Nicholas rimase in silenzio, cercando di contenere il suo disappunto. Hannah era sempre stata particolarmente scaltra, ma non si sarebbe mai immaginato un colpo così basso su una questione tanto delicata.

«Cosa c'è?», chiese nuovamente la ragazza.

«Trovo ancora assurdo il fatto che mi volessi tenere nascosta una cosa del genere», ribatté, posizionando delicatamente David nella culla.

«Ti sei mai reso conto che per tutti questi anni non sono stata nient'altro che un rimpiazzo?», proseguì «Adele è sempre venuta prima di tutto e di tutti».

«Questo non c'entra assolutamente niente con il bambino», sentenziò seccamente «non ti avrei mai lasciata sola, non sono così stronzo».

«Non è questo il punto», ribadì Hannah «semplicemente ci ho messo del tempo ad accettare l'idea di aver fatto un figlio con qualcuno che non potrà mai amarmi».

Il ragazzo rimase in silenzio, riflettendo su quelle parole. All'età di sedici anni Nicholas si era detto innamorato della donna che ora gli stava di fronte: era inebriato dalla sua bellezza e dalla sua vivacità e non sfiorava neanche lontanamente la possibilità di perdere una simile occasione. Nel corso del tempo, tuttavia, si era reso conto che Hannah non sarebbe mai potuta essere la persona con la quale trascorrere il resto della sua vita. C'era una differenza incolmabile tra loro due, i litigi erano all'ordine del giorno e Nicholas, per quanto atipico potesse suonare, non trovava più così tanto stimolante quella quotidiana carneficina.

«Io e Adele non siamo mai stati insieme nel modo in cui ti immagini», terminò «e volente o meno, avresti dovuto dirmi la verità» e così dicendo si allontanò dalla stanza, avviandosi al piano di sopra.

Sospirante, spalancò la porta della camera che gli era stata gentilmente offerta, gettandosi a peso morto sul letto e facendo sprofondare il volto nel cuscino ancora inamidato: fu sufficiente un semplice istante e l'immagine del bacio con Adele ritornò a galla, costringendolo a sbattere ripetutamente le mani sulla testa per scacciarne la palpitante sensazione. Poteva ancora perfettamente percepire il sapore delle sue labbra e il calore della sua pelle: sarebbe stato in grado di descrivere ogni angolo del suo volto anche a distanza di chilometri e non ne avrebbe mai avuto abbastanza.

A Londra, intanto, Adele stava facendo i conti con la notizia ancora fresca come un tozzo di pane appena sfornato: nonostante fossero trascorse ben tre settimane, non riusciva a darsene ancora pienamente pace. Nicholas era veramente diventato padre a tutti gli effetti: quell'idea che li aveva sfiorati in quel semplice pomeriggio di Gennaio si era tramutata in una realtà tagliente quanto un coltello dalla lama affilata e l'aveva lasciata sola con il sapore di quelle labbra ancora fortemente ancorato alle sue. La ragazza non poteva negare di aver fantasticato su quel bacio innumerevoli volte nel corso della sua adolescenza: ciò che tuttavia non era riuscita ad immaginare era la velocità del suo cuore che, galoppante, aveva volato verso vette inimmaginabili. Nonostante ciò, più trascorrevano i giorni, più quella sensazione di piacere andava affievolendosi, lasciandole nient'altro che dell'amaro in bocca. Quale sarebbe stato il suo ruolo da quel momento in poi? Avrebbero continuato a frequentarsi o Nicholas sarebbe scomparso definitivamente, troppo coinvolto dai suoi impegni di padre?

Sospirante e colma di pensieri, Adele terminò così la sua noiosissima lezione di filosofia, rientrando in stanza con fare svogliato, decisa a porre fine a quel turbinio senza fine con una bella doccia calda e una "deliziosa" lasagna precotta.

«Eccoti», squillò Megan, la sua coinquilina «stavo aspettando proprio te».

La ragazza la scrutò con sguardo accigliato, sprofondando tra la stoffa del suo cuscino.

«A cosa devo tanto interesse?», mugugnò Adele, sfilandosi gli occhiali che usava per studiare e prendere appunti.

Tra lei e la sua coinquilina Megan non era mai scorso buon sangue: le due erano profondamente diverse e nonostante si sforzassero di mantenere un rapporto civile, era chiaro che quella convivenza non avesse nient'altro che i minuti contati.

«Sono giorni che eviti di pulire il tuo lato della stanza», sentenziò, allargando le braccia in segno di resa «ogni volta che Tom cerca di venire a studiare è costretto a scappare per la puzza dei tuoi piatti precotti lasciati chissà dove».

«Oh, povero dolce Tom», sospirò teatraticalmente Adele «dev'essere dura per il tuo ragazzo di Oxford riuscire a tollerare un simile affronto come le mie lasagne precotte».

A quelle parole Megan alzò gli occhi al cielo, tentando di contenere il suo disappunto.

«Ti sto semplicemente chiedendo di fare la tua parte», ribadì seccamente «nulla di più».

«Io ho sempre fatto la mia parte», puntualizzò Adele, alzandosi dal letto «a differenza delle tue tazze di caffè dimenticate sul davanzale del bagno».

«Vuoi davvero giocare a chi punta più in alto?», rispose Megan, assumendo un'espressione rabbiosa.

«No, voglio soltanto essere lasciata in pace», ribadì la ragazza, raccogliendo l'occorrente per farsi la doccia.

Megan annuii, rimanendo per qualche istante in silenzio.

«Che non ci siamo mai piaciute è un dato di fatto, ma fino a qualche tempo fa riuscivamo quantomeno a convivere civilmente», riprese imperterrita.

A quelle parole Adele scosse la testa, chiudendosi la porta del bagno alle spalle senza replicare.

«Ma certo, vattene», gridò nuovamente la ragazza «si vede che non hai mai avuto un briciolo di amico».

Quella frase ferì così tanto i suoi sentimenti da non riuscire più a contenersi: tutta la rabbia di quei giorni che stava premendo per uscire doveva essere necessariamente sfogata e poco importava che l'oggetto dei suoi crolli emotivi potesse essere la sua malcapitata coinquilina. Avrebbe urlato tutto il suo risentimento fino a non avere più un minimo di fiato.

«Mi spieghi che cosa cazzo ne sai di me?», gridò Adele, spalancando nuovamente la porta «non ti sei mai degnata di chiedermi un bel niente della mia vita».

Megan rimase in silenzio, incapace di replicare.

«Per caso sai che il mio migliore amico è anche la persona di cui sono innamorata da quando avevo dodici anni?», continuò a gridare «e che nonostante mi sia sentita dire dalla sua stessa bocca un "ti amo" pieno di sentimento, l'ho rifiutato con le mie stesse mani?».

«Adele, i-», balbettò la ragazza, invano.

«Hai idea di cosa voglia dire aspettare una persona da sempre per poi scoprire che ha avuto un figlio da un'altra?», continuò ancora «e che potenzialmente potresti essere l'amore della sua vita, ma in fondo, per tutte queste cazzo di circostante, non lo sarai mai?».

«Ad-», abbozzò nuovamente Megan.

«Perché nonostante tutti ti dipingano come la sola ed unica, in realtà non vali assolutamente niente!», strillò «perché non smetterai mai di essere solo e soltanto la sua fottuta migliore amica!».

Poi, priva di fiato e senza aver modo di realizzare l'accaduto, Adele scoppiò in un pianto disperato. Megan, dal suo canto, rimase immobile nel punto esatto in cui si trovava, incerta sul da farsi: goffamente, si sistemò così al suo fianco, offrendole un fazzoletto di carta profumato.

«Non volevo farti piangere», mormorò, accarezzandole distrattamente una mano «ti chiedo scusa».

Adele annuii, tirando su con il naso ed afferrando prontamente il fazzoletto offertole.

«Sono io la stronza», continuò poi «mi sono sfogata su di te soltanto perché non trovo il modo di farlo con la persona interessata».

«Parli del tuo migliore amico?», domandò Megan «Nicholas, giusto?».

La ragazza scosse la testa in segno di assenso, appoggiandosi al muro poco distante.

«Perdonami», sibilò nuovamente Adele «ho palesemente esagerato».

Megan rimase nuovamente in silenzio, sistemandosi più comodamente sul gelido parquet del dormitorio.

«Gli hai mai parlato seriamente?», chiese ancora la sua coinquilina «come sei riuscita a fare in questo momento, intendo».

La ragazza scosse la testa, tamponandosi le guance con la stoffa di carta oramai impregnata di lacrime.

«Sì e no», mormorò «è complicato».

La ragazza si morse il labbro, torturandosi le dita delle mani.

«Andiamo, sputa il rospo», sospirò Adele «dì pure quello che pensi».

«Credo soltanto che vi stiate nascondendo dietro un milione di scuse», esclamò «e che per l'età che abbiamo, sbagliare è il minimo che si possa fare».

Adele rimase interdetta, scrutandola con sguardo interrogativo.

«Perché sei qui, Adele?» continuò Megan, imperterrita «perché sei rimasta a Londra invece che tornare a casa a riprenderti ciò che ti spetta?».

La ragazza ci ragionò alcuni istanti, chiudendo gli occhi ancora ricolmi di lacrime: era così stanca di piangere per un qualcosa che non era neppure mai cominciato. Se soltanto avesse potuto, avrebbe premuto il tasto "reset" per ricominciare da capo la sua vita e renderla meno complicata di quanto appariva in quel momento.

«Perché non voglio avere a che fare con una famiglia che non è la mia», mormorò con voce rotta.

«Intendi dire che quel bambino doveva essere tuo?», ribadì Megan, arrivando a toccare il nervo scoperto.

Sarebbe dovuta essere Adele, un giorno, a dargli quel figlio che tanto sapeva di desiderare. Sarebbe dovuta essere lei a ricoprire quel ruolo: nessuno conosceva Nicholas meglio di Adele. Era presente la prima volta che gli spezzarono il cuore e la prima volta che gli spuntarono i peli sul viso. La prima occasione in cui bevvero dell'alcool o che piansero disperati per un film in cui il cane protagonista moriva tragicamente. Era al suo fianco quando assaggiarono per la prima volta il gelato al pistacchio o che vedevano il tramonto sul Brighton Pier. Era presente al malore di suo padre, alla cerimonia del diploma. Era presente ai pomeriggi di studio disperati, ai momenti di sconforto, alla riabilitazione in clinica. Adele c'era sempre stata ed ora, inspiegabilmente, non contava più niente in uno stadio così importante della sua vita.

«Che ne dici di mangiarci quella tanto famosa lasagna?», chiese d'improvviso Megan, alzandosi di scatto dal pavimento «almeno potremmo dire di aver litigato per un motivo ben preciso».

A quelle parole Adele sorrise, tentando di ricomporsi e porre fine a quella scena patetica e colma di commiserazione. Soltanto qualche ora dopo, nel buio della sua stanza, trovò il coraggio di prendere in mano il telefono, scrutando lo schermo con il fiato pesante.

Buon compleanno ventenne.

Adele, 23.09

Stavo seriamente pensando che te ne fossi dimenticata.

Nicholas, 23.14

Non potrei mai!

Adele, 23.15

Mi manchi, ragazza.

Nicholas, 23.17

Mi manchi anche tu. Come sta David?

Adele, 23.19

Cresce a vista d'occhio. Oggi ha fatto dei versetti simili alla parola "papà".

Nicholas, 23.20

Non ti montare la testa, scemo. Ha cinque mesi e mezzo!

Adele, 23.21

I bambini sono dei portenti, non vanno sottovalutati!

Nicholas, 23.23

Certo, come no. Ora vado, domani ho l'ennesima lezione di filosofia.

Adele, 23.24

Ti andrebbe di venire a conoscere David questo weekend?

Nicholas, 23.26

Non credo che Hannah ne sarebbe entusiasta.

Adele, 23.26

È anche mio figlio. Decido tanto quanto lei.

Nicholas, 23.27

Ci penserò.

Adele, 23.28

Vorrei che avessi un ruolo nella sua vita.

Nicholas, 23.30

Certo, quello della zia zitella.

Adele, 23.32

Sai benissimo cosa intendo.

Nicholas, 23.33

No, non lo so.

Adele, 23.33

Torna a Nottingham questo weekend. Ti prego.

Nicholas, 23.34








••

Spazio autrice 💌

Ed eccomi tornata!

Devo dire che descrivere il momento di crisi di Adele ha avuto una funzione catartica anche per me e spero in qualche modo di averle dato giustizia.

Ma tornando al succo del capitolo, purtroppo avete avuto la conferma che Nicholas è veramente diventato padre: cosa credete che succederà da questo momento in poi? David ed Hannah diventeranno un ostacolo per i nostri protagonisti o Adele imparerà a convivere anche con questa situazione? 🙁

Fatemi sapere cosa ne pensate sotto nei commenti: adoro leggere i vostri pareri, quindi sentitevi liberi di scrivermi!

Come sempre vi ringrazio per esserci e vi auguro una buona settimana! A mercoledì prossimo!

Laura 💜

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top