11. Avere vent'anni

Edimburgo, 12 giugno 2011.

Come volevasi dimostrare, anche in quel pomeriggio di Giugno la pioggia stava dando il meglio di sé sbattendo contro i grandi finestroni della caffetteria come in un concerto di percussioni. Adele stava servendo ai tavoli e dopo aver sistemato due gigantesche tazze di tè freddo al tavolo di una deliziosa coppietta, fece ritorno al bancone, pulendolo distrattamente. Mancava soltanto un giorno al suo compleanno e tutto ciò che desiderava per quell'occasione era tornare a casa: non pensava che avrebbe mai anche solo sfiorato un simile pensiero, ma la realtà era che non poteva resistere un momento di più in quella città. Era chiaro che quello non avrebbe mai potuto essere il suo futuro: Adele voleva viaggiare, vedere il mondo. Voleva studiare e vivere delle sue stesse passioni, invece che servire ai tavoli di una maledetta caffetteria e trascorrere il resto della sua esistenza in una scatola di scarpe con un uomo di cui, chiaramente, non era innamorata. Connor era gentile, certo, ma non condivideva la stessa idea di libertà ed emancipazione che la ragazza desiderava per sé stessa: quel ragazzo voleva al suo fianco una casalinga, una persona che, una volta rincasato, gli facesse trovare la cena pronta e la casa tirata a lucido. Adele era stata fin troppo ingenua a pensare che la volesse al suo fianco soltanto per un puro e semplice sentimento.

Le telefonate con Nicholas delle ultime settimane, inoltre, non avevano fatto altro che acuire quel desiderio: una volta venuta a conoscenza del suo ricovero nella clinica di Manchester, Adele accantonò qualsiasi stupido litigio li avesse tenuti lontani e si precipitò al suo fianco. Fu un incontro particolarmente difficile da sostenere: quella era la prima volta in cui Nicholas mostrava le sue fragilità. Il suo volto era pallido e i suoi occhi erano cerchiati nuovamente dello stesso color vinaccia che la ragazza aveva notato la sera della loro ultima discussione. Per diverse notti dopo quell'incontro, infatti, si maledisse per non essersi sforzata di capire meglio le ragioni che si celavano dietro quelle parole e gettò dai suoi occhi fiumi di lacrime.

Con il trascorrere delle settimane, tuttavia, Nicholas migliorò notevolmente: lo poteva percepire dal tono della sua voce e dal desiderio sempre più crescente di ascoltare i suoi racconti. Nel soffio di tre mesi, dunque, fece ritorno a casa sotto le cure amorevoli di suo padre e Adele non poté che esserne sollevata. Se soltanto avesse potuto, anche la giovane donna avrebbe fatto ritorno a Nottingham con il primo volo disponibile: gli ultimi stipendi, tuttavia, erano già stati consumati tra le spese della casa e il viaggio per Manchester, lasciando nessun'altra possibilità se non quella di attendere i mesi successivi.

«Sarebbe possibile avere una cioccolata calda?», chiese poi una voce poco distante, risvegliandola dai suoi pensieri.

A quell'assurda richiesta la ragazza alzò lo sguardo verso l'alto, incontrando due occhi verde smeraldo. Non ci mise molto a focalizzare il resto del viso: ne conosceva ogni angolo a memoria. Nicholas si trovava realmente di fronte a lei, fasciato in un maglioncino blu che si abbinava perfettamente alla sua carnagione. I suoi capelli erano raccolti in un ciuffo disordinato, ma il suo volto era decisamente più disteso, segno che il percorso di disintossicazione aveva portato i suoi frutti. Il cuore di Adele prese a battere all'impazzata, impedendole di ragionare lucidamente. Senza rifletterci ulteriormente, si gettò tra le sue braccia, inspirando a pieni polmoni il suo profumo. Entrambi erano perfettamente consapevoli di quanto il loro rapporto fosse confusionario e privo di coerenza: soltanto pochi mesi prima avevano giurato di non rivedersi mai più ed ora erano lì, in una caffetteria distante più di quattrocento chilometri dalla loro città di origine, stretti in un abbraccio che valeva più di mille parole.

«Ti trovo bene», esclamò Adele, sorridendo ampiamente.

«Me la cavo», replicò, sistemandosi al di sopra di uno sgabello «per essere il mio primo viaggio post-clinica, direi che ho ricominciato alla grande».

Adele scosse la testa, riempiendo un bicchiere con uno dei loro infusi tropicali, tanto dolci quanto completamente fuori contesto.

«Tuo padre mi aveva avvisato che avresti potuto fare una follia come questa», sospirò la ragazza, asciugandosi le mani con un pezzo di carta.

«Negli ultimi mesi non sarò stato l'emblema del migliore amico, ma non mi sono dimenticato della nostra promessa», continuò risoluto, sorseggiando lentamente l'infuso ed assumendo prontamente un'espressione disgustata «il senso di una bevanda tropicale nel bel mezzo della Scozia?».

Adele alzò le spalle, scoppiando poi in una fragorosa risata. Quanto le era mancato scherzare con il suo migliore amico.

«Mangiare una pizza in spiaggia, vedere l'alba e fare colazione con le ciambelle più buone di tutta Brighton», riprese Nicholas, affondando gli occhi nei suoi «i tre desideri intoccabili di Adele Foster per i suoi vent'anni».

Quando entrambi avevano circa quindici anni, stilarono una lista di desideri da esaudire ad ogni compleanno: per i vent'anni le richieste erano diventate di un certo calibro, ma da adolescenti né Adele, né Nicholas avrebbero mai pensato di perdersi tra l'alcool e la droga o di lavorare come camerieri in una caffetteria scozzese.

«So quanto sei infelice, Adele», proseguì Nicholas, facendosi improvvisamente serio «non ho bisogno di sentirmelo dire, ti si legge in faccia».

La ragazza rimase in silenzio, distogliendo lo sguardo: se c'era qualcuno al quale non avrebbe mai potuto mentire era proprio Nicholas.

«Vorrei andarmene, ma non è così semplice», sibilò poi, prendendo ad armeggiare con alcuni piatti poco distanti.

«Lo è, ti stai semplicemente nascondendo perché hai paura di riprendere in mano la tua vera vita», ribatté «credimi Adele, per quanto possa spaventarti, andrà tutto bene».

«Qual è il senso di tornare a Nottingham?», squillò la ragazza «non ho un lavoro, ho rifiutato l'ammissione all'università dei miei sogni e dovrei riprendere a vivere in una casa che odio».

«L'University College riaprirà le ammissioni a Settembre» esclamò prontamente Nicholas, afferrando le sue mani «il tempo di ristabilirsi, presentare una lettera strappalacrime al consiglio e il gioco è fatto».

Adele scosse nuovamente la testa, indietreggiando lentamente contro il muro.

«Ti rendi conto di quanto sia assurdo tutto questo?», mormorò la ragazza, notando lo sguardo indiscreto di alcuni clienti «soltanto qualche mese fa hai detto di amarmi, mentre io ho scelto di seguire Connor in un luogo che odio soltanto per allontanarmi il più possibile da te».

Nicholas continuò a guardarla senza dire niente, anch'egli incapace di negare l'evidenza.

«Ma quando ho ricevuto quel messaggio, quella sera, non potevo restare indifferente», proseguì «ho deciso di accantonare tutto quello che era successo perché la tua salute veniva prima di ogni cosa».

«Ma...?», domandò Nicholas.

«Ma non posso fare a meno di chiedermi se quello che stiamo facendo è giusto», continuò «se il nostro rapporto ha un senso».

A quelle parole il ragazzo fece per trangugiare l'intero bicchiere di quell'intruglio tropicale ed estrasse dalla tasca dei jeans una piccola busta di carta rossa, appoggiandola vicino alla sua mano.

«Dentro ci sono due biglietti aerei, uno per Brighton e uno per Nottingham», continuò poi «vedilo come il mio regalo per liberarti da una vita che non desideri».

Adele scrutò con occhi brucianti quel piccolo pezzo di carta, confusa.

«Non sei costretta ad accettare anche quello per Brighton», aggiunse ancora «puoi semplicemente usare quello per Nottingham e tornare a casa».

«Nicholas, io...», balbettò Adele, tentando di replicare.

«Prenditi tutto il tempo che ti serve», fece per interromperla «qualsiasi cosa sceglierai, io ci sarò» e così dicendo si allontanò lentamente verso l'uscita.

Adele, priva di fiato, iniziò a rigirare la busta tra le mani, scrutandone l'interno con fare incerto: con grande sorpresa, notò che oltre ai biglietti era presente anche qualcosa di più pesante. Incuriosita, ne rovesciò dunque il contenuto sul balcone, sussultando alla vista della collana con l'anello a forma di rosa: Nicholas l'aveva portata con sé per tutto quel tempo, con la sola speranza di poterla restituire alla legittima proprietaria, un giorno. Senza pensarci due volte, la agganciò al collo, percependo un pezzo della sua vita e della sua infanzia tornare esattamente al proprio posto.

Il ritorno a casa da quel pomeriggio lavorativo fu alquanto difficoltoso. Connor era come suo solito in facoltà e a parte i miagolii di Charlie, l'appartamento era avvolto dal suo consueto e immancabile silenzio. La ragazza si guardò attorno per qualche istante, percependo un grande senso di solitudine stringerle la gola: quella casa, davvero, non le era mai appartenuta. Per quanto Connor non fosse in fondo ciò che credeva, Adele era perfettamente consapevole di averlo usato soltanto per riuscire a dimenticare Nicholas.

Prendendo un profondo respiro, si accasciò così sul letto vicino a Charlie, accarezzandole distrattamente il pelo lungo e grigio. Come nella favola di Cenerentola, Adele avrebbe desiderato l'arrivo di una fata madrina, pronta a trasformarla in una principessa, indicandole il suo vero destino. Contrariamente a quanto sperato, invece, non c'era niente che avrebbe potuto aiutarla a prendere la decisione più giusta: avrebbe dovuto affrontare da sola la scelta di abbandonare Connor e soprattutto, se trascorrere o meno il giorno del suo compleanno con la persona che soltanto pochi mesi prima le aveva spezzato il cuore.

Nicholas, al contrario, si imbarcò per Brighton con il primo volo disponibile: probabilmente Adele non lo avrebbe mai raggiunto, ma il ragazzo si sentiva in dovere di aggrapparsi a quel flebile filo di speranza che gli rimaneva. Dopo essersi accomodato sul sedile assegnatogli, si rivolse con lo sguardo al finestrino, pensieroso. Quei mesi di riabilitazione erano stati necessari per riflettere sul senso della sua vita e soprattutto sul suo legame con Adele. Nella solitudine della sua stanza, aveva infatti percepito l'assenza della sua amica come un coltello conficcato nello stomaco: Adele era casa, famiglia. Era la persona dalla quale si sentiva in un certo qual senso dipendente ed era proprio su quella sensazione che in parte aveva dovuto lavorare in quei mesi. Nicholas non poteva pretendere di ancorarla alla sua vita: fino a quando non sarebbe stato in grado di amarla nel giusto modo, avrebbe dovuto lasciarla andare. Adele meritava di essere felice e di realizzare tutti i suoi sogni, con o senza la sua presenza.

Una volta atterrato, Nicholas si diresse senza esitare al chioschetto delle ciambelle vicino il Brighton Pier. Ne acquistò due per ogni gusto e si accomodò poi sulla sabbia, in un posto lontano dalla folla: il sole stava cominciando lentamente a calare e il cielo si era colorato di sfumature rosa ed arancioni, in netto contrasto con le nuvolette bianche ancora presenti sullo sfondo. Contemporaneamente, le luci del Brighton Pier iniziarono ad accendersi, riflettendosi sulle acque del mare. Il ragazzo si strinse nella stoffa del suo maglioncino leggero, contemplando per qualche istante il meraviglioso panorama: una coppia di amici si sedette poi al suo fianco, accendendosi una sigaretta. Nicholas li guardò incerto, mentre quello dalla chioma bionda porgeva nella sua direzione il pacchetto semiaperto.

«Serviti pure, se vuoi», esclamò, facendogli l'occhiolino.

Il ragazzo esitò, percependo le sue mani pizzicare di desiderio. Poi ripensò alla discussione con suo padre, a tutti i risparmi utilizzati per i mesi di riabilitazione, alle notti insonni in preda ai deliri di astinenza, alle promesse fatte a sé stesso. Senza proferire parola, scosse dunque la testa, alzandosi rapidamente dalla sabbia. Respirando faticosamente, fece ritorno al suo albergo, accasciandosi sul letto senza pensare ad altro. Dopo qualche istante, afferrò il telefono e fissò con occhi speranzosi lo schermo, senza tuttavia scorgere segni di Adele. Il Nicholas di qualche mese prima si sarebbe sicuramente recato nel primo supermercato vicino, dando fondo alla scorta di alcolici: tutto quello che era successo, tuttavia, era troppo importante per essere calpestato come si fa con una foglia marcia in un prato d'autunno. Cercando di mantenere il controllo, decise dunque di telefonare a suo padre, con il solo scopo di farsi rassicurare da una voce familiare.

«Ciao figliolo», esclamò il signor Clarke.

«Hai voglia di tenermi compagnia?», sibilò Nicholas, giocherellando nervosamente con un filo della manica.

«Non devi neanche chiedermelo», replicò risoluto suo padre, facendo nascere un sorriso sincero sul suo volto.

Ad Edimburgo, invece, Adele si ritrovava sui gradini retrostanti il suo appartamento in preda a un pianto disperato. La conversazione con Connor aveva condotto, senza tante riserve, a una furiosa lite, la quale era terminata con tutti i suoi oggetti personali gettati fuori dalla porta d'ingresso senza neanche un briciolo di comprensione. Connor si era rivelato molto diverso dall'uomo che Adele pensava fosse: era diventato egoista, insensibile e alla costante ricerca dello scontro. Era dunque chiaro che niente, in quel posto, rappresentava un motivo per restare. Asciugandosi le lacrime con il dorso della manica, la ragazza trovò il coraggio di alzarsi e di raccogliere gran parte dei suoi averi: soltanto quando riuscì ad inserirli praticamente tutti all'interno di due giganteschi borsoni, Charlie, la loro gattina, fece capolino dalla finestra, strusciandosi contro le sue caviglie. Adele, a quella visione, si abbassò per accarezzarla, percependo nuovamente alcune lacrime premere sul ciglio degli occhi. Poi, senza pensarci ulteriormente, la prese in braccio, si caricò sulle spalle i due borsoni e si diresse nuovamente alla caffetteria. Una volta arrivata a destinazione, lasciò Charlie alle cure di Nora e le fece promettere che l'indomani successivo l'avrebbe consegnata al signor Jack: era chiaro che quell'uomo le avrebbe donato molto più affetto di quanto Connor sarebbe mai stato in grado di fare. Poi, una volta terminata la sua missione, si diresse verso l'aeroporto e salì sul volo diretto a Brighton.

Atterrò nella città balneare intorno alle sette del giorno successivo: senza esitare, compose il numero di Nicholas, tremante. Seguirono diversi squilli, poi la sua voce impastata dal sonno la colpì in pieno viso.

«Non ti sembra un tantino presto per chiamare?», farfugliò.

«Nel giorno del mio compleanno tutto è concesso», scherzò Adele, mordendosi distrattamente l'interno della guancia.

«Cazzo, è vero», squillò prontamente «tanti auguri ventenne».

«Grazie», replicò Adele «ma preferirei recuperare il tempo perso con delle ciambelle, piuttosto che con dei semplici auguri telefonici».

Seguirono alcuni istanti di silenzio, intervallati soltanto dal rumore delle macchine di sottofondo.

«Sei qui a Brighton?», domandò con voce flebile.

«Era il mio desiderio, no?», continuò sorridendo.

Nicholas sorrise di riflesso, rimanendo nuovamente senza parole.

«Sono stato un amico di merda», mormorò, facendo sobbalzare il cuore di Adele.

«Parliamone di fronte a quello che mi spetta», sentenziò scherzosamente «solo a quel punto valuterò se perdonarti o meno».

Nessuno dei due aveva dimenticato quanto stesse accadendo nelle loro vite, ma almeno per quel giorno entrambi avevano qualcosa per cui sorridere.










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Spazio autrice 💌

No, non è un miraggio, sono davvero io!
Vi chiedo scusa per la sparizione, ma come ho raccontato su Instagram, ho dovuto affrontare un esame universitario piuttosto importante e ho deciso di isolarmi come soltanto un monaco tibetano saprebbe fare 😂😂

Ma tornando al capitolo, che cosa ne pensate di questo riavvicinamento tra Adele e Nicholas? Credete che durerà o sarà soltanto uno dei tanti momenti di passaggio?

Fatemelo sapere nei commenti e noi ci rivediamo mercoledì, come un tempo, con il nuovo capitolo!

Grazie a chiunque avrà avuto la pazienza di aspettare 💜

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