Capitolo XII: Famiglia
Solstice era rimasta sola nella sala del pentacolo. Katherine era corsa via nel nulla e Corrado dietro a lei. Si sentiva terribilmente sola: Katherine e Corrado si vedeva da mille miglia che erano fatti l'uno per l'altra. L'aveva capito dal primo momento, in effetti, che Corrado dall'arrivo della ragazza alla Congrega, non aveva occhi che per lei; Edward, suo fratello, aveva avuto le sue esperienze, sebbene alcune non fossero riuscite nel migliore dei modi, tuttavia aveva provato il sentimento dell'amore mentre lei era lì ferma, immobile, senza persona alcuna da inseguire o con cui confidarsi. Senza genitori, aveva un fratello e un cugino, ma si sentiva sola al mondo. D'un tratto tutto le tornò alla mente: quel giorno in cui tutto era crollato...
Parigi, 1885
<< Bonjour, ma petite étoile!>> La voce della madre di Solstice, madame Olympe Drandouille era dolce e melodica, degna della cantante di opera che era, in effetti. La stanza di Solstice era luminosa e tutta tempestata di fiocchi e balze, perché lei in quella congrega era una piccola principessa. << Bonjour maman, comment ça va aujourd'hui?>> Sua madre rimase sorridente, ma non rispose. Lei era sempre stata educata secondo i canoni di una signorina: sempre educata e gentile, sempre a modo e sempre con un sorriso smagliante sulla bocca. Ma quel maledetto giorno qualcosa cambiò in quella piccola principessa, che divenne d'un tratto una guerriera. La colazione proseguì con calma e tranquillità come ogni giorno, sempre tutto uguale, tutto preciso e regolare. E a Solstice questo piaceva, le dava gioia rispettare una giornata già regolata e precisa. Giù nella sontuosa sala da pranzo dove incontrò suo padre, monsieur George Drandouille e suo fratello Edward, entrambi belli come il sole, con occhi ametista meravigliosi e i capelli neri aggrovigliati con una foresta oscura. Unica differenza tra i due erano gli occhiali che stava indossando suo padre: evidentemente aveva letto qualche lettera indirizzata alla congrega, un qualcosa che lo aveva scosso più del dovuto per una semplice lettera di convenevoli. All'arrivo suo e di sua madre, suo padre e suo fratello si ricongiunsero attorno al tavolo per consumare la colazione. Vassoi grondanti di croissant al cioccolato e brocche di caffè strabordanti erano messe in bella vista sulla tovaglia in raso bianca. Era strano, pensò Solstice, nessuno degli stregoni della Congrega si era presentato a colazione. Solitamente la sala, di primo mattino, era piena di gente. << Olympe, je dois te parler...>> La madre di Solstice annuì e si alzò da tavola simultaneamente al marito << Solstice, nous serons bientôt de retour, commencez a manger.>> Disse accarezzando la spalla prima alla figlia e poi al figlio dando un bacio prima all'una e poi all'altro, per poi allontanarsi con il marito. Quel comportamento, pensò, era sospetto, molto sospetto, ma non ci fece conto, e prese un croissant. Suo fratello, di fronte a lei, si versò della cioccolata calda e fumante. << Solstice, Il y a quelque chose qu'il ne va pas.>> " Qualcosa che non andava"... Si, era vero, il comportamento dei genitori era troppo sospetto e strano. Cosi decise di andare a investigare insieme a suo fratello il motivo di tale comportamento. Ormai avevano quattordici e dodici anni e si stavano allenando da svariati anni per diventare stregoni... I due bambini si avvicinarono alla porta e sentirono le voci dei genitori. Purtroppo riuscirono solo ad ascoltare brevi parti della conversazione in cui "i bambini non dovevano essere intromessi" e "l'Ordine lo verrà a sapere..." L'Ordine, il governo degli stregoni, la più alta istituzione. Di cosa doveva mai essere informato di cosi importante? La curiosità ebbe la meglio e Solstice e suo fratello aprirono la porta e ciò rivelò uno spettacolo cruento e terribilmente violento: la madre e il padre di Solstice, sdraiati supino, legati con una fune in elettro che li faceva soffrire disperatamente. Troneggianti su di loro, donna Beatriz e don Manuel Gomez della Congrega di Madrid. I genitori dei due fratelli rimasero sconvolti nel vedere i due ragazzini, stretti l'una all'altra, sconvolti a loro volta nel vedere i genitori legati. << Solstice, Edward, Allez! Prenez la Pierre rouge et allez a Londre! Là vous trouverez quelqu'un qui vous aidera!>> Quelle parole furono le ultime che madame Olympe pronunciò prima che le venisse tagliata la gola spargendo il suo sangue sul marmo del pavimento, che divenne di un rosso carminio.
I piedi di Solstice la portarono fuori la porta del fratello, era ormai troppo tempo che i due non si vedevano e aveva bisogno di lui un disperato e violento, aveva bisogno di stare con suo fratello, la sua famiglia. Bussò alla porta e, non ricevendo nessuna risposta, parlò a suo fratello dall'esterno della camera. << Edward, je me sens seule... Tu me manques, Edward. S'il te plait ouvre la porte...>> Le lacrime uscirono dal viso di Solstice senza che ella le comandasse o se ne rendesse conto. La solitudine, pensò, riusciva a distruggere qualsiasi difesa che una persona poteva creare intorno a sé, rendendo le persone disperatamente vulnerabili... << Edward, tu ne puis pas réagir comme ça! J'ouvre la porte!>> Il pensiero di suo fratello sofferente le fece avvolgere la mano attorno al pomello, aprendo la porta. Ciò che le si presentò davanti fu qualcosa di sconvolgente, al pari solo della morte dei suoi genitori: Edward, il suo amato fratello, riverso in terra, bagnato nel proprio sangue. Lacrime rigavano il viso di Edward, le rivolse uno sguardo. <<Solstice, ma soer, je suis désolé.>> La voce di Edward era un sussurro << Pourquoi tu dois t'excuser? >> Solstice sbiancò, il viso cenereo. Il fratello steso sul pavimento mentre perdeva sangue e si scusava con lei. La voce di Edward si aprì per aggiungere qualcos'altro ma fu bloccato da uno spasmo di dolore che lo fece urlare e contorcere su se stesso. << Edward, attendi, tornerò con qualcuno per aiutarti.>> Lui le strinse il braccio. << Non, Solstice. Ne me laisser pas... >> Lei gli carezzò la mano sporca di liquido rosso, << Tu ne dois pas te preoccuper, je suis avec toi toujour.>>
Il tempo durante cui Katherine rimase tra le braccia di Corrado, fu per lui un momento di pura evasione, lei tra le braccia era come piccola e delicata come uno stelo d'erba, ma sentiva la sua stretta possente nei fianchi. Lei alzò gli occhi per incontrare quelli di Corrado, gli occhi di lei pieni di dolore e speranza. Si staccò da lui e gli prese le mani. << Corrado devo andare in camera mia, mi potresti accompagnare? Sei molto più bravo di me con il pentacolo di luce.>> Lui annuì e, attivando il pentacolo di luce, la seguì attraverso il corridoio. Corrado sapeva che le torce spente erano presagio di qualcosa non quadrante, ma non sapeva definire cosa. Katherine, davanti a lui, proseguì fino ad arrivare alla porta della propria stanza. Non avrebbero mai immaginato però di trovarla spalancata e, al suo interno un buio terrorizzante e incredibilmente tetro. Katherine accese la luce a gas, si portò le mani in grembo. Qualcosa sul letto la turbava particolarmente. Avvicinandosi alla ragazza, vide sul letto pagine e pagine di un libro con la copertina del colore della notte. Corrado lo riconobbe: era il libro preferito di Edward, Notre Dame de Paris. Corrado ricordava la storia di quel libro: Edward glielo aveva mostrato il giorno del suo arrivo alla Congrega, era l'unico oggetto che aveva portato con sé da Parigi. Ora era nella stanza di Katherine, distrutto, l'ultimo ricordo di un bambino andato in frantumi... << Corrado, corri!>> La voce di Katherine lo riportò alla realtà e la vide uscire dalla porta come una freccia. Diede un' occhiata più alla pagine sparse sul letto e le ricongiunse, il messaggio rimase entrambi a bocca spalancata: " Au revoir, Edward!", scritto in inchiostro rosso sulle pagine del libro. Il corpo di Corrado si spinse verso la porta e seguì Katherine, fiondandosi da suo cugino. Qualcosa di molto oscuro era successo, ne era più che sicuro. Katherine era riuscita ad accendere una torcia e la stava brandendo camminando attraverso il corridoio. Corrado prese una torcia e l'accese a sua volta e si avvicinò a Katherine, che ormai era vicina alla lunga scalinata che portava al pian terreno. La camera di Edward si trovava nella parte di dormitori maschili, proprio accanto alla stanza di Corrado. Katherine e Corrado proseguirono il percorso in silenzio, l'unico pensiero in quel momento era Edward e la sua sicurezza. Al limitare della scala videro una figura avvicinarsi precipitosamente verso Katherine e Corrado. La riconobbero dalla criniera corvina che la precedeva, Solstice stava correndo come se stesse affrontando una maratona. << Corrado! Katherine! Venite vi prego!>> Le urla di Solstice si diffusero per l'intero piano. Non appena si fecero più vicini, Corrado e Katherine videro gli occhi della ragazza rossi di lacrime. << Ed...Edward, st...sta male! Ha una ferita sull' addome molto, troppo profonda!>> Disse la ragazza singhiozzando. Katherine si portò una mano alla chiave che portava al collo, ormai un gesto quasi automatico. La Congrega parve divenire gigantesca: un tratto molto breve dalla scalinata verso la stanza richiese molto più tempo del solito, ma Corrado era determinato, non avrebbe perso un altro membro della sua famiglia, non ora...
Il pavimento di marmo era freddo, e rosso, rosso sangue. Edward era rimasto lì, su quel pavimento, da solo. Solstice si sentiva sola e lui, stupido ipocrita, l'aveva lasciata sola con un peso interminabile sul cuore. I ricordi della sua vita passata tornarono alla mente come dolci melodie: Corrado, suo cugino, guerriero e filosofo; arma e penna; mente e azione... Lui era il perfetto stregone, un gentiluomo ideale. Poi Katherine, una cascata di boccoli neri che fluttuavano sul suo letto, la piccola fossetta che si formava sulle labbra mentre rideva, mentre parlavano di libri, mentre parlavano di famiglia. In ultimo arrivarono i suoi genitori. Prima allegri nella maestosa serra della Congrega di Parigi, la famiglia riunita: sua madre cantava curando le piante, suo padre alle prese con un nuovo saggio filosofico ed infine, Solstice, sorridente come un girasole, luminosa come non mai... Poi calò il buio, i vetri della serra rotti dalla quale entravano senzanima ribelli. Al centro della sala vi erano i Gomez e i suoi genitori sgozzati. In un angolo, in ombra e in disparte, riconobbe dei capelli castani e occhi nocciola vitrei: Rodrigo, morto e trafitto da una rosa spinata. Dunque, pensò Edward sovrastato dal delirio, è così che si mostra la morte? Con grande dolore fisico e morale che distrugge la mente fino all'ultimo impulso? Questa volta sarebbe stato forte, avrebbe affrontato la morte a testa alta, coraggioso come dovrebbe morire uno stregone fiero, erede della Congrega di Parigi, Edward Drandouille. D'un tratto però il delirio fu interrotto da una serie di ombre sfocate che entrarono dalla porta. Diede il massimo per identificarle: Solstice era tornata, il viso perlato era rigato dalle lacrime che continuavano a bagnarle il viso, Katherine accanto a lei, che la sosteneva e la manteneva in piedi. Accanto a loro una massa di capelli biondi, Corrado, gli occhi lucidi, stava trattenendo il pianto con tutta la forza che possedeva, lo capiva dalle rughe sul mento, ci stava mettendo forza. Si avvicinò e lo sollevò di peso. All'orecchio gli sussurrò. << Edward, non farlo, per favore, non ancora. Fallo per Solstice, per me. Ho bisogno di te, sei il fratello che non ho mai avuto, la famiglia che mi è stata tolta... >> La mente di Edward si era fatta pesante, le sue palpebre stavano iniziando a calare, la stanchezza stava prendendo il sopravvento...
<< Edward...>> Solstice si sentiva male, addolorata e sconvolta, lo si vedeva nei suoi occhi. Ed era del tutto comprensibile: suo fratello si trovava sul letto inerme mentre lei e Corrado tentavano di salvarlo con un incantesimo di guarigione. Katherine rimase sulla poltroncina sfogliando un tomo di medicina sulle ferite e sulla prassi da seguire. Non conosceva la magia degli stregoni a fondo, ma sapeva che avrebbe trovato qualcosa di utile alla causa. Si portò la mano alla chiave sul suo collo, la sentì calda e bollente, come se stesse assorbendo il calore interno di Katherine. Non doleva, però, connotò Katherine, era semplicemente calda. Vide che la situazione non migliorava, Edward era sempre lì tra la vita e la morte e nulla sembrava cambiare le cose. << Solo il capocongrega potrebbe risollevare le cose.>> Corrado era stremato e le lacrime uscirono anche dai suoi occhi cristallini, il legame con Edward era troppo forte per lasciarlo morire così per una ferita. Solstice aveva gli occhi vuoti, quasi si stesse arrendendo alla verità delle cose: Edward sarebbe morto e lei sarebbe stata una vigliacca inutile. Fu in quel momento che Katherine fu colta da una visione: si trovava avvolta da una luce bianca e fortissima, e solo sforzandosi vide un pentacolo: "Medeor", io guarisco.
Nella mente di Edward tornarono alla mente tutti i ricordi belli della sua vita: lui e Solstice che giocavano insieme a campana nel retro della congrega a Parigi; sua sorella che gli acconciava i capelli con la sua spazzola in avorio, gli aveva detto "devi curarti di più, Edward, guarda che bei capelli che hai" e poi gli aveva sorriso con il classico sorriso di Solstice: era raro come uno smeraldo, ma quando lo vedevi ti apriva e arpionava dentro e non volevi mai smettere di vederla sorridere. Poi l'attentato alla congrega di Parigi e la supremazia dei Gomez li aveva costretti alla fuga a soli quattordici e dodici anni, poco più che ragazzini. A Londra erano stati accolti come due signori, ma dentro Edward si sentiva svuotato di ogni titolo... Sono stati gli unici adolescenti della congrega per un po' di tempo, sempre insieme, poi qualcosa cambiò e qualcuno entrò nelle loro vite per condividere il dolore della perdita: il figlio del testimone di nozze del padre di Edward, il giovane Corrado Tarantino, dalla congrega di Amalfi. Edward aveva sentito parlare del testimone di suo padre, Marco Tarantino. Suo padre gli diceva che era un uomo ricco di cultura e passione per i miti e racconti epici di Roma e Grecia. Poi vide suo figlio Corrado, era un ragazzino dal fisico asciutto anche se per la sua età era molto ben messo dal punto di vista fisico. Arrivò alla congrega con un viso spento e pallido, gli occhi sommessi e il grande baule al suo fianco. Solstice era stata la prima a presentarsi, con un grande sorriso smagliante. Poi toccò a lui e lì, si bloccarono le parole, avrebbe voluto dirgli: " Piacere cugino, condoglianze per la tua perdita, qui con noi potresti trovare calma e pace." Ma non lo fece, si limitò ad un semplice " Benvenuto Corrado, la congrega ti accoglie con piacere." E lui si sforzò di sorridere, per ricambiare il saluto. Da quel momento ne erano passati di eventi e momenti, lacrime versate e pianto, tanto pianto. Ormai erano cresciuti, erano quasi adulti, ma in tutto quel tempo erano diventati più che cugini, fratelli. Solstice, Edward e Corrado, tre certezze, un sentimento che li legava nel profondo. Ora Edward lo sentiva, avrebbe lottato per loro, non si sarebbe dato per vinto.
Katherine si era alzata dalla poltrona e si era avvicinata al capezzale di Edward. Era immobile, inerme d'avanti a Katherine. Guardò prima Solstice poi Corrado, uno sguardo complice. Fece per avvicinarsi, per tentare di utilizzare il suo pentacolo, ma fu fermata dalla mano di Corrado, che scosse la testa con gli occhi carichi di tristezza. << Corrado, lasciami provare...>> Lui la guardò con uno sguardo confuso, in mezzo a tutta quella tristezza. Lei si avvicinò ad Edward e pensò intensamente al pentacolo della visione: tutto le parve naturale, come se fosse destinata a farlo da sempre. Nella mente la luce era tornata, forte e possente come quando si trovava sulla poltrona, o a Manchester, nel vicolo. Le bastò alzare la mano, che pronunciò << Medeor!>> E la luce dalla mente uscì dalla mente di Katherine che rimase vuota come un pozzo senza fine. La luce del pentacolo si trasmesse sul corpo di Edward che venne inglobato completamente e s'illuminò di una luce dorata... L'incantesimo fece levitare Edward poi si riversò nella ferita che s'illuminò e poi, dopo che la luce si fu dissipata, scomparve... Corrado e Solstice rimasero a bocca aperta, gli occhi di entrambi ancora lucidi di lacrime. << Katherine, cosa è...>> La voce di Solstice interrogativa e ancora tremolante. << Non lo so, Solstice, non lo so proprio.>> Ma lì, in quel letto, Edward si stava muovendo e si rigirava nel letto riposando. Il respiro e il battito cardiaco erano regolari, Edward era salvo... Corrado e Solstice le lanciarono uno sguardo pieno di gratitudine, Corrado le si avvicinò e le sfiorò la fronte con il viso. << Grazie.>> Fu tutto quello che le disse poi si mise accanto a Solstice ai lati del letto di Edward. Katherine rimase lì, inerme, e alla mente le tornò tutto ciò che era la sua famiglia ormai distrutta e scomparsa...
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