Capitolo VI : Alle rive del Tamigi
I
l sonno di Katherine fu tormentato da frammenti di ricordi, il fratello con gli occhi rosso sangue, il collo della madre squartato con il liquido rosso che colava sul corpo. Alla vista di quei ricordi Katherine si rialzò di scatto, il sudore che le cadeva sulle spalle. Si sentiva la gola arida, aveva bisogno d'acqua. Solstice dall'altro lato della stanza dormiva profondamente. Katherine, seppure imbarazzata, si avvicinò e la percosse per farla svegliare. La ragazza inizialmente mugulò delle parole che Katherine non comprese, poi si rigirò dal lato di Katherine, tolse la mascherina per il sonno e la fissò. Lo sguardo della ragazza era infastidito, poi dopo aver sbadigliato disse << Katherine, è notte fonda cos'è successo?>> la voce della ragazza era assonnato. << Solstice mi dispiace averti svegliato, ma avrei bisogno di sapere dove posso trovare dell'acqua.>> La ragazza sorrise debolmente, ancora assorbita dal sonno. << Ah, giusto. Ho totalmente dimenticato di prendere una brocca con dell'acqua, ma sai di solito non mi sveglio. Comunque credo che potresti trovare l'acqua giù nelle cucine.>> Poi si rigirò dall'altro lato. << Ma ora torno a dormire.>> E scosse una mano come per salutarla. Katherine si sentiva abbastanza tesa, nonostante Solstice le avesse spiegato le direzioni per le camere prinicipali, non si sentiva ancora abbastanza sicura per uscire dalle sue stanze da sola, senza le direzioni di qualcuno. Poi prese lo scialle e lo avvolse sulle spalle. Katherine, animo e coraggio, si disse e poi uscì dalla stanza per raggiungere la cucina. La Congrega di notte appariva buia ed i suoi corridoi, che s'intrecciavano come rami, ora erano maggiormente indistinguibili nel buio. Katherine proseguì a tentoni attraverso l'enorme edificio. La grandezza della Congrega la portò più volte a disperdersi nell'edificio. Dopo vari tentativi si ritrovò al piano inferiore, nell' androne principale. Sapeva che le cucine erano di fronte al pentacolo di Mercurio, dietro l'arazzo di Winnifred Gluttongreedy, una Capocongrega del duecento, da quanto era riuscita a comprendere durante la cena. Nell'aria Katherine scorse una strana puzza d'aglio, cosa che odiava più di ogni altra cosa al mondo, ma se non altro la puzza l'avrebbe condotta verso le cucine. Decise di lasciare che la scia di aglio la conducesse verso le cucine. Katherine seguì la scia finché non arrivò davanti ad un arazzo rappresentante una donna in carne dai capelli biondi, il viso paffuto era attraversato da un grande sorriso. Si, c'era riuscita, era arrivata alle cucine. Ora un altro problema si presentò nella mente di Katherine: non era sicura di riuscire ad attraversare l'arazzo e l'idea di attraversare uno non l'allettava per niente. D'un tratto iniziò a sentire una voce che proveniva dalla cucina, una voce che cantava una canzone italiana. Katherine prese coraggio e con un respiro si rigettò attraverso l'arazzo. Si sentì percossa e svuotata per un momento, lo stomaco annodato e poi la sensazione scomparve e Katherine riapparve nella sala illuminata solo da delle piccole fiaccole contenenti delle luci argentee. Katherine sentiva dei rumori provenire dal centro delle cucine. La giovane si sentì bloccare dentro, chi poteva mai essere in quell tarda ora? Ma soprattutto, cosa poteva mai volere? Katherine fece un respiro profondo, si fermò e riflesse, si girò intorno cercando qualcosa con cui colpire la voce, il rumore che arrivava dalla cucina. Guardando la parete vide delle padelle e, in silenzio, si diresse verso di esse e ne recuperò una fonda abbastanza grande. Il rumore impersava, e Katherine vi si diresse. Avvicinandosi al centro delle cucine si trovò davanti una figura indistinta dalla scarsa luce delle fiaccole. Katherine trattenne il fiato ed alzò la padella, il peso la spinse più volte verso il basso, e la lasciò cadere verso il basso. Il braccio di Katherine venne percosso quando la padella venne bloccata dalla figura oscura che nel frattempo si era girata. La luce percosse il viso dell'ombra, i capelli biondi resi chiari come oro bianco, uno sguardo perplesso sul viso. << Scusami, ma devo averti fatto davvero arrabbiare per meritarmi una padellata.>> Disse. Era Corrado. Arricciò il labbro inferiore. << A proposito, cosa ho fatto per meritarmi il tuo odio?>> Katherine arrossì totalmente, che stupida era stata, non era altri che Corrado. << Perdonami, non credevo fossi tu.>> Abbassò il viso, non voleva far vedere il rossore sul viso. Corrado le prese il mento con le mani ed alzò il viso con dolcezza per guardarla negli occhi. Nonostante lo sconcerto il viso di questi tradiva un sorriso. << Non facciamone un dramma.>> Disse Corrado sorridendo. << Stavo preparando qualcosa per placare una fame notturna.>> Scostò una mano e mostrò a Katherine una padella con della pasta al suo interno. << Vogliamo favorire?>> Corrado la prese per la mano e la portò verso un tavolino. Vedere Corrado che, preciso e veloce, versava gli spaghetti nel piatto, la fece sorridere e si sentì a suo agio. Durante una conversazione su " Sogno di una notte di mezza estate", una vocina nella mente di Katherine le fece ricordare delle nozioni di sua madre che dicevano che una ragazza non mangiava di sera poiché sarebbe ingrassata troppo. Quando Corrado le porse il piatto con la pasta lei gli disse. << Ti ringrazio per la tua generosità, ma una ragazza non può mangiare di sera, non sta bene e fa ingrassare.>> Corrado inclinò il viso e osservò Katherine con aria confusa. << D'accordo, vuol dire che mangerò questo piatto di spaghetti tutto solo.>> Il piatto si trovava caldo e fumante sul banco della cucina. La ragazza si toccò lo stomaco: aveva molta fame e quegli spaghetti promettevano davvero bene. << Corrado, magari potrei assaggiarli. Lo faccio per non offenderti.>> Lui sorrise e con un coppino raccolse degli spaghetti e li mise nel piatto. Katherine afferrò gli spaghetti e si accomodò con poca eleganza sul piano in marmo. Corrado la seguì ed entrambi si ritrovarono fianco a fianco. Katherine avvolse gli spaghetti attorno alla forchetta e portò il boccone alla bocca. Corrado, vedendola impacciata, quasi si affogò, scoppiando a ridere. In preda alle risate si rivolse a Katherine e le disse. << Non è difficile, sono sicuro che esista un modo per mangiare spaghetti senza sporcarsi.>> Il giovane prese un fazzoletto e si sporse per pulire la bocca di Katherine. Da quella distanza la ragazza potè distinguere i tratti spigolosi del giovane, la carnagione dorata, gli occhi azzurri come il cielo. << Katherine, tutto bene?>> Corrado scrutava il viso della giovane che fu risvegliata dalla sua voce, << Oh? Si, certo Corrado, va tutto bene.>> I due si guardarono negli occhi. << Grazie di tutto, Corrado.>> Katherine si diede lo slancio e scese dal piano in marmo. << Sono piuttosto stanca, non mi mantengo in piedi. Ma ti ringrazio per questi spaghetti.>> Corrado salutò con fare militare, dicendole. << Ai vostri servigi, signorina.>> Katherine sorrise e sbadagliando uscì dalla stanza assonnata e confusa.
Il ritorno in camera di Katherine fu piuttosto confuso. Nonostante la stanchezza continuava a rivedere gli occhi azzurri di Corrado, vispi ed allegri, i suoi capelli biondi, luminosi nonostante il buio. Nessuno l'aveva fatta mai sentire cosi, si sentiva strana. Attraversò la congrega con passo incerto, era talmente grande che Katherine nonostante la memoria fotografica non riuscì a memorizzare la strada per il ritorno. Mentre attraversava un corridoio poco illuminato Katherine si scontrò con una figura. << Katherine, sono desolato!>> Era Edward, dopo aver sentito la sua voce Katherine lo riconobbe. I capelli neri come quelli della sorella Solstice erano arruffati e spenti, il cappotto pesante era storto e aperto sul petto, gli stivali ricoperti di fango. Era seduto con la schiena appoggiata alla porta, il viso attraversato da rabbia e risentimento. Katherine non resistette e gli chiese cordialmente. << Edward, va tutto bene? Sembra che un tornado vi abbia travolto.>> Edward alzò il volto e Katherine vide che aveva gli occhi rossi di pianto. << Non! Ehm...>> Il suo francese ha preso il sopravvento, pensò Katherine. << No Katherine, ça va. Volevo dire, sto bene.>> Katherine aggrottò le sopracciglia e rispose. << Se cosi ti senti bene, non vedo davvero l'ora di vedere come stai quando stai male.>> Edward ridacchiò e poi tornò inanimato. << Io ho del tè in camera, se ti va potremmo prepararci una teiera. Solo se ti va.>> Edward la guardò di sottecchi. Sospirò. << Non ho impegni questa sera. D'accordo ma se ti va bene prendo il mio di tè.>> Edward si rialzò, prese un bel respiro e si passò la mano tra i capelli. << Dopo di lei, madame.>> Disse. Katherine capì che avrebbe dormito davvero poco quella notte. Scacciò via il pensiero con una risatina e seguì Edward che ormai l'aveva superata già da molto.
La stanza di Edward era molto semplice, ma si vedeva il tocco francese, libri di autori francesi spiccavano dalla libreria tra cui uno dei libri preferiti in assoluto di Katherine, Les Miserables di Victor Hugo, Un foular con la bandiera francese si trovava sulla scrivania accanto ad una piccola statuetta che Katherine non riusciva proprio ad identificare. << C'est la Tour Eiffel, è una costruzione di Parigi, è stata innaugurata l'anno scorso. Questa l'ho presa il giorno dell'innaugurazione.>> Edward sorrise, aveva un sorriso contagioso. Prese una scatoletta. Katherine inclinò il viso ed Edward, quasi la leggesse nel pensiero disse. <<Un quadrifoglio.>> disse, osservando la scatola. <<Ma io non credo nella superstizione.>> Katherine ridacchiò, in una sera aveva infranto tutte le regole che le erano state imposte dagli altri e da se stessa. Era in una stanza con un ragazzo che le stava offrendo un tè, mentre pochi attimi prima era in una cucina con un giovane che le aveva offerto degli spaghetti e lei li aveva accettati. Cosa le stava succedendo? Si sentiva davvero confusa e triste, arrabbiata con se stessa. Non doveva essere lì e basta. << Katherine, sento un'energia talmente negativa da poter generare un senzanima senza bisogno di un demone, il che è impossibile.>> Katherine lo fissò, era davvero una stupida, era stata lei ad aver proposto a Edward di bere un tè e il suo buon senso stava rendendo di nuovo triste il giovane, oltre che molto imbarazzato. << No, non è niente.>> scosse leggermente la testa sorridendo. << Sai, a volte i cambiamenti fanno bene.>> Disse Edward, sedendosi accanto a lei. Questo ragazzo è un veggente, penso Katherine. Il giovane alzò la tazza con fare elegante. << Ai cambiamenti.>> Disse, Katherine fece scontrare la tazza con la sua e i due bevvero il tè contenuto nelle tazze. << Mi dice perché eri triste prima?>> Le parole di Katherine uscirono fuori spontaneamente, senza che lei comandasse la sua bocca. Si maledisse, lei e la sua boccaccia. << Ho litigato con una persona... importante, almeno lo era in passato.>> Katherine pensò, chi poteva essere? La sua fidanzata, ovvio. Un ragazzo cosi bello non poteva non essere occupato. Il giovane inclinò la testa, le sorrise e poi disse. << Un penny per i tuoi pensieri!>> Katherine sussultò, Edward l'aveva riportata al mondo reale. << Per caso si trattava di una tua fidanzata?>> Disse Katherine, il viso era diventato rosso come per magia. Edward ridacchiò,<< Non proprio, si trattava di un ragazzo, il mio ex fidanzato.>> Katherine sbiancò, non l'avrebbe mai immaginato, quindi lui prediligeva gli uomini? Ma in fondo a lei cosa importava? Lo conosceva da pochi minuti e non aveva alcuna pretesa. <<Non fare cosi, insomma a me non interessano solo gli uomini, ma nemmeno solo le donne. Per me esistono solo le emozioni, e chi riesce a trasmetterle.>> Sfiorò la mano di Katherine, erano morbide al tatto ma si sentivano piccoli calli, simbolo di ore ed ore di esercizio fisico. Katherine arrossì e nascose il viso per non dimostrarlo. Edward rise, si vedeva che aveva piena coscienza del suo aspetto e della reazione delle ragazze nel vederlo. Dopo l'imbarazzo del momento i due si ripresero ed iniziarono a chiacchierare della favolosa città di Parigi e di come si potesse paragonare a Londra anche se ad entrambi parve un'impresa impossibile. Infine i due parlarono di libri e Katherine rimase sconvolta della somiglianza dei gusti di Edward ai suoi in fatto di libri. <<Les Miserables è un capolavoro, io lo amo.>> Disse Katherine con aria sognante. Edward annuì.<< Però anche Notre dame de Paris è davvero valido, e non lo dico solo perché è il mio libro preferito.>> Ridacchiò. Nelle dolci chiacchiere tra i due Katherine perse la cognizione del tempo, ed era davvero tardi, ma stranamente non voleva andarsene, con Edward si sentiva bene come non si era sentita negli ultimi giorni. << Mi dispiace cosi tanto Edward, ma è cosi tardi. Se mi sbrigo riuscirò a dormire almeno una quindicina di minuti.>> I due ridacchiarono. Poi Edward disse. <<Hai proprio ragione. Per Giove! Sono le cinque del mattino!>> Il viso era sconvolto. Poi si ricompose e disse. << Va, Katherine. Abbiamo bisogno di quindici minuti di sonno.>> La prese dolcemente per la mano e portò Katherine davanti alla porta. << Domattina siediti accanto a me a colazione se ti va...>> Disse con tono timido. Katherine annuì, era stanca morta, non riusciva più a riflettere. Con sorpresa della ragazza, Edward prese la sua mano e la baciò. << Merci, madmoiselle pour votre aide. Je suis reconnaisant.>> Katherine arrossì. << De rien.>> Edward rimase leggermente sorpreso. Poi la ragazza si girò e si diresse verso la sua stanza. Quando rientrò Solstice dormiva profondamente, era cosi delicata ed elegante. Alla fine si mise a letto e si addormentò rapidamente pensando al giovane dai capelli corvini che le baciava la mano.
Edward si fermò a guardare Katherine mentre andava via. Era strano, si sentiva legato alla giovane e non voleva che questa se ne andasse. Si sentiva davvero confuso, era da molto che non provava sentimenti per una ragazza o forse era proprio la prima volta ma sentiva che quello che provava era più forte di qualsiasi altro sentimento che avesse mai sentito per una persona. Vide la libreria, le opere di Hugo che sembravano scrutare il giovane dall'alto. Li capì. Si alzò e si diresse verso la libreria, prese la sua copia di " Notre Dame de Paris" si mise alla scrivania e scrisse un messaggio alla giovane, in cui descriveva la sua riconoscenza per quello che aveva fatto e vi aggiunse un invito per una cena fuori dalle mura gotiche, antiche e asfissianti della congrega. Sorrise, sentiva le farfalle nello stomaco. Ma come l'avrebbe consegnato? Non poteva bussare alla porta della stanza della giovane alle cinque del mattino, sarebbe stato indiscreto e comunque voleva lasciarle il tempo di riposare. Non avrebbe nemmeno potuto consegnarglielo a colazione, davanti a tutti perché come era solita dirgli la madre, les yeux sont plus terribles que les paroles, gli occhi sono peggiori delle parole. Assolutamente inappropriato, si disse. Alla fine si alzò di scatto ed uscì dalla stanza. La congrega era buia e silenziosa, ma Edward ormai conosceva ogni corridoio, stanza e svolta dell'edificio. Non appena fu davanti alla stanza di Katherine si girò a destra ed a sinistra e posizionò il libro sulla soglia della porta, poi di soppiatto com'era arrivato scomparve nel buio della congrega nella notte, silenzioso come un gatto, con il cuore pieno di speranza.
Il mattino seguente Katherine si risvegliò ancora più solare ed allegra della sera prima, non sapeva perché ma aveva un'eccitazione particolare quella mattina, si sentiva piena d'energia e non si manteneva più nel letto, voleva correre nella sala della colazione per parlare ancora con Edward di libri, di viaggi, voleva solo parlargli per il gusto di avere una conversazione con qualcuno che volesse sinceramente ascoltarla. Solstice era volata nella sua vasca per "Depurare il suo spirito da oscurità ed impurità" e il suo bagno stava continuando da più di trenta minuti. <<Katherine, potresti controllare se ci hanno portato della posta? Aspetto una lettera da una mia zia parigina.>> La voce di Solstice era melodiosa anche quando alzava la voce. Katherine rispose con garbo. << Non ci sono problemi.>> Sorrise. Si alzò dal letto, attraversò la stanza e raggiunse la porta. Non appena l'aprì un libro cadde con un tonfo sul pavimento. "Notre Dame de Paris" Katherine capì immediatamente a chi appartenesse quel libro e sorrise. Un biglietto sulla copertina recitava: Aprilo e nelle prime pagine Katherine trovò un messaggio scritto con una calligrafia elegante e raffinata, indirizzato a lei:
Chère Kathy,
Ti sono riconoscente per ciò che hai fatto per me la scorsa notte.
A volte sento che l'unica persona che riesca a capirmi sia io o, al massimo, mia sorella Solstice. Ma stanotte ho capito di non essere più davvero solo perché, ma cherie, adesso ho te. Ancora ti ringrazio per le chiacchiere piacevoli e soavi sui libri che ci hanno tolto una notte di sonno. Questo libro parla d'amore, tradimenti ed intrigi. Nonostante l'amore sia un sentimento puro e nobile, questo è formato da innumerevoli intrigi.
Colgo con la presente l'occasione di invitarvi a cena questa sera con me in un ristorante, fuori dalle mura della congrega, per poter passare un'altra piacevole serata insieme.
Ti ringrazio ancora
Edward
Katherine lesse il messaggio, ridacchiò più volte prima di mettere realmente a fuoco ciò che Edward le aveva scritto e si sentì veramente lusingata di ogni singola parola. Edward l'aveva invitata a cena fuori dalla congrega e Katherine già si sentiva emozionata per l'invito. Ma delle domande asfissianti iniziavano a sorgere da un angolo spesso represso dalla mente di Katherine. Cosa avrebbe messo? Non poteva indossare il completo di Solstice, di nuovo e lei in quel momento era davvero a corto di vestiario. << Katherine, ça va? >> La voce di Solstice era rilassata mentre usciva fuori dal separè in tono con tutta la stanza. << Si, Solstice. Ti ringrazio per l'interessamento e per il completo che mi hai prestato oggi.>> Katherine si sistemò il completo che aveva indosso. << Non ringraziarmi, se non ci si aiuta tra donne... Qui sono quasi tutti uomini e noi dobbiamo difenderci tra noi.>> Sospirò e poi continuò. << E poi quel completo l'avevo già messo tre volte.>> Le due si acconciarono i capelli e poi uscirono e si diressero nella sala della colazione. Katherine alzò le sue gonne e le trascinò verso la scalinata che l'avrebbe condotta verso la sala della colazione e da Edward.
Corrado era andato a dormire subito dopo che Katherine fu uscita dalla cucina. L'aveva vista uscire dalla sala, imbarazzata, e lui si era sentito cosi bene, come se la sensazione che aveva avuto in quei giorni, la sensazione di essere incompleto, una sensazione di vuoto, per quel breve tempo fossero scomparsi. Sebbene avessero mangiato solo due piatti di spaghetti parlando di futilità. Nella mente ritornarono tutti i ricordi della sua città natale: Milano. I baci di sua madre che ogni sera gli raccontava le favole di Esopo e gli cantava le ninnananne, le giornate di pesca con suo padre, la bellezza della Congrega di Milano, le sue vetrate, i suoi arazzi, tutto, tutto gli mancava di quel piccolo pezzo di Paradiso. Con Katherine si era sentito di nuovo a casa, come se lei fosse la sua nuova casa. Però Corrado non continuava a capire, perché non aveva mai provato sentimenti talmente forti per una persona, nemmeno per Inéz che oramai era diventato un ricordo sbiadito nel cassetto degli errori. Ora sentiva un vento nuovo, un vento dal nord, segno di cambiamento. Cambiamento di se stesso, perché nuovi sentimenti lo avvolgevano e lo trascinavano dolcemente in un mondo nuovo. Si alzò dal letto e si preparò per scendere nella sala dove avrebbe rincontrato Katherine.
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