Capitolo II: Crollo in fiamme
<< Bella gatta da pelare, non c'è dubbio.>> Solstice scosse la testa girando il suo tè seduta sul letto di Corrado. L'abito bianco che indossava le marcava i fianchi con delicatezza e le metteva in risalto i capelli corvini, gli occhi scuri, e le labbra carnose e rosse. << E come dovresti trovarla questa ragazza, questa Catrina? >> Disse Solstice a metà tra la perplessità e l'indignazione. Corrado era sconsolato. Stravaccato sul letto era simile ad un vecchio straccio. << Si chiama Katherine e...>> Sospirò << ... Non ne ho la più pallida idea. >> I due si scambiarono uno sguardo complice fatto di preoccupazione. Solstice ormai viveva con Corrado da dodici lunghi anni. Insieme a suo fratello Edward erano stati un tornado nella Congrega. Poi erano cresciuti. Erano diventati guerrieri, tutori ed insegnanti, quanto tempo era passato... Si ricordava l'arrivo di Corrado alla Congrega, quel bambino che sembrava terrorizzato da ogni cosa. << Ciao io sono Solstice, tua cugina. Piacere di conoscerti!>> e il bambino dai capelli color miele rispose biascicando << Pi..iacere cugina, io sono Corrado.>> Oramai ognuno aveva intrapreso una sua strada ma Corrado poteva contare su Solstice e lei poteva sempre, sempre contare su di lui... Solstice parve leggere un po'di quel terrore degli occhi di Corrado. << Andrà tutto bene, abbi fede. >> Gli strinse la mano. << Ho una cosa per te.>> Gli porse una piccola chiave argentata. Le era stata data da sua madre ed era una delle poche cose ritrovate nella Congrega di Amalfi. << Cos'è? >> Solstice lo guardò ma non rispose. Corrado restò in silenzio. Gli occhi di Solstice si fecero grandi e lucidi. Corrado la prese e la strinse a sé. << Fa parte degli ultimi ritrovamenti della Congrega di Amalfi. Fa parte del tuo passato.>> Solstice parlò con un sussurro. << E tu ed Ed siete il mio presente e il mio futuro Sol. Ti voglio un mondo di bene.>> Solstice si rialzò e si asciugò gli occhi. Il sorriso era tornato. << Ora vado, ho degli appuntamenti di avvicinamento al combattimento. Non si ha un attimo di pausa qui. >> appena fu vicina alla porta si girò. << Mi mancherai cugino, ci vediamo presto! >> Ed uscì lasciando Corrado confuso e tempestato da mille emozioni in balia dei preparativi per il viaggio.
Solstice corse attraversando la Congrega. La determinazione bruciava nelle sue vene come un vulcano, come lava incandescente. Non avrebbe lasciato che suo cugino si fosse addentrato in una missione suicida, gli voleva troppo bene. Si avvicinò ad una sala con un'insegna che recitava " Armamentarium" che risplendeva d'argento. La sala era silenziosa e molto buia. L'unico rumore era provocato dai tacchi di Solstice che tintinnavano sul pavimento. Di scatto una luce si librò da un tavolo e un raggio scattò verso Solstice che scansò il colpo con un avvitamento. << Riflessi lenti, fratellino. Sei troppo, troppo lento.>> Solstice schioccò le dita e la sala risplendette di luce. Gli scaffali e i grandi mobili di legno erano carichi di ogni genere di armi, dalle fruste alle balestre, e vi era una grande selezione di spade, da piccoli spadini a grandi scimitarre. Le pareti erano decorate con affreschi rappresentanti gli eventi della guerra di Troia. << Sol? Sei proprio tu? >> Dal tavolo si alzò un giovane molto alto con tratti simili a Solstice: gli stessi capelli corvini, gli occhi dolci e sbarazzini di una tonalità di grigio cosi profonda da far impallidire il più affascinante dei gentiluomini. Il giovane si diresse dalla ragazza e la strinse a sé. <<Stavi forgiando qualche arma o qualche giocattolo erotico? >> Solstice sorrise. << Sì, un bel giochino che puoi metterti in vari posti, sorella. Sbrigati vieni.>> I due si sedettero al tavolo dove una selezione di spadini e pugnali erano stati posti in bella mostra. << Il viaggio è stato fruttuoso? Sai cosa intendo...>> Gli occhi del giovane si illuminarono appena nella luce dell'armeria. << Edward! Ma per chi mi hai preso? >> Solstice finse di essersi offesa. << Il mio nome non è di certo Edward Drandouille. >> I due ridacchiarono. << E a te? Come va con Rodrigo Gomez? >> Il ragazzo abbassò lo sguardo << Niente da fare, è finita.>> Soltice sospirò e strinse la mano al fratello, visibilmente scosso. << Non ti meritava, comunque.>> Il ragazzo alzò il viso e sorrise alla sorella che gli sorrise a sua volta. << Solstice, ti conosco abbastanza bene da sapere che non sei qui solo per parlare di questioni di cuore. Sputa il rospo! >> Lei si mise dritta sulla sedia. << Corrado deve andare a Manchester da solo ed io non voglio.>> Edward rispose con calma. << E cosa dovremmo fare?>> Solstice alzò gli occhi al cielo << So che perspicacia non è proprio il tuo secondo nome, quello è Nicholas, ma proprio non capisci?>> Sorrise. << Noi andremo con lui.>> Edward si pietrificò, sembrava che ogni vena del suo corpo si fosse riempita di bronzo. << Lo facciamo per lui, dai Eddie. >> Fece un musetto. Lui fece uno sguardo annoiato << Va bene, ma solo perché nemmeno io sopporto che debba affrontare un viaggio cosi lungo da solo a cavallo. >> Solstice sorrise. << Ma non ci sarà bisogno del cavallo.>> Girò lo sguardo. << Ora però andiamo. Ti spiegherò una volta arrivati.>> I due si alzarono ed iniziarono a correre alla volta del pentacolo di Mercurio.
Katherine era ormai lontana da Didsbury East, da casa sua e dalla sua famiglia. Non riusciva a capire, lei e il padre avevano fatto un accordo e lui era lì presente come a sigillarlo. Le strade si susseguivano una dietro l'altra. Era solito per Katherine uscire per dimenticare, per smaltire tutto quello che le era successo. La rabbia continuava a scorrerle nelle vene come un fiume in piena. Lo sguardo di Dominic,freddo e dittatoriale, continuava a tornarle in mente. Mentre nella mente i pensieri si susseguivano in una spirale di ricordi, all'esterno il clima era gelido ed il paesaggio era imbiancato rendendo tutto ovattato e quasi surreale. Katherine si strinse nello scialle che portava sulle spalle e copriva il vestito ceruleo. I piedi di Katherine la portarono nel cuore della città attraversando i vicoletti malfamati della città e le boutique della zona più ricca di questa : Alderley Edge. Attraversò il quartiere in velocità, senza gettare nemmeno uno sguardo dietro di sè. Un edificio circolare in marmo con una porta di legno grande e massiccia davanti a lei. Era arrivata alla biblioteca di Manchester. Spinse il portone ed entrò nella maestosa biblioteca che si estendeva in tutta la sua circolarità per metri e metri. Katherine si dirigeva nella biblioteca della città ogni volta che si sentiva triste ed amareggiata. Nella biblioteca di Manchester trovava il libro adatto ad ogni situazione. Quel giorno la rabbia, la desolazione e la tristezza la ispiravano alla lettura di novelle cavalleresche, la sua passione. Nella grande colonna con la scritta novellistica trovò i suoi libri preferiti, li strinse a sé come vecchi amici e li portò al suo tavolo. Iniziò a disperdersi nelle righe del libro, girando le pagine con aria sognante. Quando Katherine terminò anche l'ultimo libro la biblioteca si era ormai svuotata. Si alzò per andarsene e tornò agli scaffali per riporvi i tomi che aveva preso. Posizionò con cura ogni libro nello scaffale della novellistica e dopodiché si allontanò e si fermò un attimo ad osservare la biblioteca circolare ed imponente nel bianco marmo che la componeva. Alla fine si girò ed uscì dal portone tornando nella metropoli che l'assorbì completamente.
La tensione si diffondeva in ogni muscolo di Corrado, in realtà anche l'adrenalina faceva la sua parte. Aveva indossato la collana con il ciondolo della chiave d'argento e questa brillava a centro del petto coperto da vari strati di indumenti. L'idea di un viaggio verso l'ignoto gli faceva paura ma questa era la sua vita, la sua missione ed il suo destino. Ormai era abituato a missioni di salvataggio. In quel periodo molti umani e stregoni avevano avuto bisogno di soccorsi, più degli altri anni. L'Ordine quel giorno sembrava infinito e Corrado lo percorreva con passo sicuro, osservando ogni quadro, ogni dettaglio perché era piuttosto sicuro che questa missione l'avrebbe tenuto lontano per un bel po' da casa e dalla sua famiglia. Stava raggiungendo il pentacolo per iniziare il mandato del signor Warbrake e per andare in soccorso della signora Scott e di sua figlia Katherine quando vide due figure che correvano e si avvicinavano a lui. Appena questi si avvicinarono un po' di più li riconobbe. << Corrado! Fermati! >> Esclamò Solstice agitando una mano << Io ed Edward verremo con te a Manchester! >> Il cuore di Corrado si riempì di gioia e sorrise, un sorriso solare e confortevole poi pensò: il signor Warbrake aveva dato il permesso ad entrambi di andare con lui? Davvero improbabile. << Ma il signor Warbrake vi ha per...>> Edward lo zittì con una mano << Al signor Warbrake non importa, non deve importargli. Siamo la tua famiglia.>> Solstice sorrise e diede manforte al fratello << E non accetteremo un "no" come risposta.>> Corrado fece uno sguardo perplesso << Ma con i cavalli? Sono contati, cosa faremo? >> La ragazza sbuffò divertita << Ma non avremo bisogno di cavalli. >> Mise una mano nello scollo del vestito e ne estrasse una pietra rossa come il sangue << Perché useremo il pentacolo.>> Solstice si accovacciò sul pentacolo ed inserì la pietra. Il disegno risplendette di una luce rossa e la giovane fece cenno ai due ragazzi di avvicinarsi. L'unica cosa che Corrado poté dire fu " Grazie" e sorrise ai cugini che ricambiarono il sorriso. Quando i tre furono all'interno del pentacolo si strinsero le mani ed esclamarono all'unisono << Pretio Manchester! >> La luce rossa li avvolse come dei nastri e questi sparirono nel nulla lasciando solo una scia di fumo...
Katherine ricominciò la sua passeggiata nella nevosa e fredda Manchester. La gente attraversava la strada senza dar conto a chi incontrasse, o ai loro sentimenti. I cittadini di Manchester in quell'epoca erano cosi freddi e distanti al punto da ignorarsi l'uno con l'altro. Katherine alzò gli occhi al cielo e si fermò a contemplare la solitudine di Manchester e del proprio popolo. Presa dallo sconforto si rigirò su Alderey Edge e si diresse verso la periferia. Durante il cammino le strade si fecero sterrate e difficilmente percorribili fino a che Katherine non fu davanti ad un immenso cancello d'ottone: il cimitero di Manchester era meglio definibile come una fortezza di morte. Era gigantesco e si estendeva come la ragnatela di un ragno. In quella stagione la neve lo rendeva poetico e taciturno. Percorse le varie tombe con passo incerto a causa della neve, un po' camminato e un po' scivolato. Alla fine Katherine riuscì ad arrivare davanti ad un grande monumento scolpito a forma d'angelo, il monumento funerario della famiglia Brannagan. Sulla tomba vi era scritto, con un colore dorato simile ad icore angelica, il nome Theodore Brannagan. L'impatto con la realtà colpì Katherine come un proiettile. Non avrebbe potuto far visita al padre per molto tempo quando si sarebbe trasferita a Londra e questo le distrusse il cuore riducendolo in piccoli frammenti sparsi sulla neve. La tristezza fu tale che Katherine dovette sorregersi alla statua per evitare di cadere nella neve. << Padre, sono qui per salutarvi.>> Le lacrime uscirono istantaneamente pensando a suo padre. << Mi mancherete terribilmente...>> La voce di Katherine si ruppe ed ella cadde in lacrime tra la neve. Il freddo la investì come se stesse affogando in lago gelato. Ma questo non fermava il circolo dei suoi pensieri. Continuava a ricordare i momenti passati con suo padre: i suoi abbracci, i fiori per il suo compleanno ma soprattutto le parole selezionate per ogni situazione. Ad un tratto tutto finì, le lacrime cessarono di uscire e Katherine si rialzò e si ricompose perché sapeva che suo padre avrebbe voluto cosi: l'avrebbe voluta forte e combattiva. Sorrise alla tomba e si girò. Appena si fu girata vide una figura alta e snella dietro di sé. Dominic la bramava con un sorriso freddo, tagliente come il vetro e occhi rossi come rubini maledetti. << Eccoti, Ma cherie...>> E si avvicinò alla ragazza che si strinse nel monumento.
Il viaggio attraverso il pentacolo era stralunante, stancante e stralunante. Solstice, seguita da Edward e da Corrado, si girò su se stessa alla ricerca di punti di riferimento o di qualcosa che l'avrebbe diretta verso la ragazza in pericolo. << Dovremmo andare a Didsbury East. Dovrebbe essere lì o, almeno, è quello che ha detto Matthew e sappiamo che non ne sbaglia mai una.>> Corrado si strinse nelle spalle, << Dirigo! >> esclamò. Nelle mani apparve il disegno di una bussola che segnava direzioni particolari: Londra, Edimburgo, Liverpool e, in quel caso, Didsbury East. Capirono di trovarsi davanti alle rovine dell'Ordine di Manchester distrutto ormai secoli prima. Le strade di Manchester sembravano incrociarsi come a Venezia, pensò Corrado che stava guidando la spedizione attraverso la città. Passarono l'Albert Hall e s'inoltrarono nel cuore pulsante della metropoli. La città passava da ambienti luminosi e solari a vicoli tetri ed oscuri che facevano accapponare la pelle. << Diverso da Londra, non è vero? >> Disse Solstice che si strinse nello scialle. Aveva indossato la divisa da missione nonostante il freddo e i vestiti corti al ginocchio d'inverno non sono proprio la scelta ideale. << Puoi ben dirlo sorella. Questo posto è inquietante...>> Edward fece una faccia disgustata. Ricominciarono il loro cammino attraverso i vicoli buii della città.
Solstice si era fermata per sistemare gli stivali che indossava. Se li riallacciò ripidamente e recuperò il pugnale che aveva in uno di questi e lo usò per raccogliere i capelli. <<Giovane puledra, dove vi dirigete? >> Un uomo elegante in completo apparve davanti Solstice. Il viso era rigido, squadrato ed elegante. La ragazza cercava alzando lo sguardo il fratello ed il cugino ma questi sembravano spariti dal campo visivo della giovane. <<Sto andando all'Inferno, vuoi venire con me?>> Disse con acidità. Il giovane fu rapido, gli occhi rossi. << Steghetta, la tua anima non mente. Ho davvero bisogno di nutrirmi.>> Aprì la bocca ed uscì una luce argentea. Solstice si sentì confusa ed il mondo iniziava a sparire dalla vista di questa. Ma istantaneamente si riprese, afferrò il pugnale dalla capigliatura che si sciolse liberando i capelli neri e pugnalò il senzanima sul collo. Dopodiché aprì le mani e ne fuoriuscì una fiamma ardente che rese il senzanima un mucchio di polvere. << Possiate essere maledette, bestie infernali!>> Raccolse il cuore, un rubino rosso tra le mani e lo incenerì, cadendo tra le ceneri. Edward e Corrado si precipitarono accanto a Solstice, i loro visi pallidi e sconvolti. << Su, ora non traumatizzatevi. Questa è normale amministrazione.>> poi lanciò uno sguardo disgustato ai giovani <<Ma preferirei uscire da questi bassifondi>> Dovettero scontrarsi con parecchie donne che dimostravano la loro meraviglia nel vedere Corrado ed Edward che, doveva essere ammesso, non passavano affatto inosservati. Prima di poter dire di essere sfuggiti ai vicoletti e di trovarsi nella periferia, precisamente nella campagna e strada facendo si ritrovarono ad attraversare un cimitero. Il Bracciale di zaffiri di Solstice iniziò a brillare cosi come il Ciondolo di cuore di smeraldo di Edward e la Chiave di Corrado. Era tutto chiaro: Un senzanima era entrato nel cimitero.
Katherine si era rannicchiata ai piedi del monumento. Sembrava che l'angelo scolpito la stesse difendendo con la spada sguainata e il viso rigido e freddo. Guardò suo fratello, si stava avvicinando sempre di più. In mano aveva un pugnale d'argento su cui vi era incisa una frase in latino " Destrutio Mundi", la rovina del mondo... La mano di Dominic era avvinghiata attorno al manico con il disegno di angeli cadenti in fiamme. Appena questi fu abbastanza vicino a Katherine, si accasciò accanto a lei e le sorrise << Non si sfugge al destino, Kathy. >> Katherine si allontanò dal suo viso. << A quale destino stai alludendo? >> poi si ricordò che Dominic amava le citazioni dei grandi poeti latini << E, comunque, questa frase l'hai presa da Virgilio o Orazio? >>Vide lo sguardo infastidito del fratello e si zittì. Pensò ai volumi medioevali dove se si parla troppo si viene uccisi per aver parlato troppo. << Perché ti fermi Kathy? Mi piace la tua voce.>> Disse tranquillo, poi il viso si fece rigido. << Parla! >> urlò ad un centimetro dal viso di Katherine che si ritrasse e si ritrovò il viso schiantato nel marmo freddo della scultura dell'angelo. Dov'era Dominic? Quell' essere non poteva essere di certo lui. Dov'era l'eleganza, la dolcezza, la tenerezza e la sua maliziosa arroganza, peraltro congenita della famiglia Brannagan? Tutto era scomparso nel buio, nel vuoto. Quel corpo assomigliava in tutto e per tutto a suo fratello ma non lo era, dentro non lo era. << Parla! >> Ripeté. La voce rabbiosa. Le puntò il pugnale al collo. << Non hai parlato. Ora pagherai per tutto, Katherine >> Tutto? Cosa aveva fatto ? << Cosa ti ho fatto Dominic? In cosa ho sbagliato? >> Le lacrime uscirono spontanee << Tu hai avuto una possibilità di vivere Katherine. Tu, hai avuto tutto ed io no! Tu hai un'anima!>> Nel viso di Dominic Katherine scorse una vena di sofferenza. << Addio Kathy! >> Alzò il pugnale. Katherine chiuse gli occhi, era pronta a morire. Ad un tratto sentì un tonfo. E vide Dominic scaraventato in una tomba che si sbriciolò con l'impatto. Katherine scorse da lontano un giovane dai capelli biondi con un arco teso, una ragazza dai capelli neri ed un giovane con una spada sguainata.
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