Capitolo XXI: La Caduta della Luce
Capitolo XXI: La Caduta della Luce
Alle otto, Vallya venne ad avvisarla che Rakau l'attendeva per la cena. Veldhris aveva passato il resto del pomeriggio rinchiusa nella sua stanza a rimproverarsi, sconvolta dalle proprie reazioni alle attenzioni della sua mortale nemica. Pensò di rifiutarsi di scendere, ma poi concluse che, così facendo, avrebbe denunciato fin troppo chiaramente il suo turbamento. Pertanto, si riassettò l'abito, raddrizzò la magnifica collana di rubini, si mise gli orecchini che Vallya le aveva portato, opportunamente modificati, e seguì la domestica che la portava alla saletta da pranzo privata di Rakau, al primo piano.
L'attendeva una tavola imbandita principescamente: posate d'argento, piatti di fine porcellana, coppe d'oro incrostate di gemme, bottiglie di cristallo lavorato, tovaglia di candido bisso, una profusione di candele di autentica c'era da api profumata, fiori dai colori delicati, il tutto incorniciato dall'arredamento lussuoso della sala, i cui mobili erano di legni pregiati quale mogano, ebano, palissandro e teak, dai peculiari colori sapientemente accostati a formare un assieme armonioso.
Rakau le andò incontro e le porse galantemente il braccio, come avrebbe fatto un uomo. Dopo una breve esitazione, Veldhris decise di accettarlo, sforzandosi di rimanere perfettamente controllata, ma le sue dita ebbero un fremito irrefrenabile quando si posarono sul braccio della Signora dei Draghi.
Rakau se n'accorse, ma non lo diede a vedere; l'accompagnò al tavolo e le scostò la sedia perché vi si accomodasse, ma prima di sedersi a sua volta le prese una mano tra le sue. "Sei bellissima", le sussurrò con passione, ripetendo il complimento del pomeriggio e fissandola con sguardo acceso e posò le labbra sulle dita affusolate-
Veldhris le ritrasse di scatto. Non era stato un moto di repulsione, bensì un estremo tentativo di sottrarsi ad una cosa che, con orrore, si era accorta di colpo di desiderare spasmodicamente: il contatto di quelle labbra sulla propria pelle, il sintomo di un desiderio riprovevole, disgustoso e... sacrilego, che lei condannava senza riserve. Doveva alzarsi, fuggire, fuggire da Rakau e delle sue tentazioni, soprattutto fuggire da se stessa... ma rimaneva lì, prigioniera di quello sguardo dal fascino invincibile, come la preda davanti al serpente.
Ancora una volta, Rakau non fece una piega e si sedette come se nulla fosse accaduto. Batté le mani e come d'incanto apparvero efficienti e silenziosi camerieri, che cominciarono a servire una ricca cena dalle pietanze esotiche. In seguito, Veldhris non avrebbe ricordato nessuna delle vivande, poiché lo stomaco contratto le permise di ingoiare solo qualche boccone a caso e di assaggiare un po' di vino bianco. Ancora una volta malediceva la capacità acquisita bevendo alla Fonte dell'Arcobaleno, quella facoltà di leggere chiaramente in se stessa che si stava rivelando un'arma a doppio taglio, i cui svantaggi facevano sbiadire i già scarsi vantaggi.
Le portate, sei o sette in tutto, si susseguirono senza incidenti, accompagnate dal piacevole sottofondo delle melodie eseguite con maestria da alcuni musici, nascosti in una nicchia. Alla fine, Veldhris non resse oltre la leggera conversazione che Rakau, senza sforzo apparente, portava avanti da quasi un'ora e cui lei aveva finora risposto soltanto con atoni monosillabi. "Che cosa vuoi, Rakau?" l'aggredì bruscamente, interrompendola e fissandola con aria di sfida.
Rakau posò le spalle contro lo schienale della sedia imbottita rivestita di raso, rilassata, e le sorrise con un'aria di lieve scherno. "Mi sembra evidente a chiunque, bella principessa", rispose.
"A me no", ribatte Veldhris, caparbia. "Dimmelo tu."
Lo sapeva, in realtà lo sapeva perfettamente; ma non voleva ammetterlo, e se Rakau avesse addotto una qualsiasi altra spiegazione, lei vi si sarebbe aggrappata con tutte le sue forze.
Vana speranza: lo sguardo di Rakau posato su di lei era eloquente quanto le parole che seguirono, pronunciate con voce bassa e vibrante. "Voglio te."
Veldhris si sentì soffocare. Qualcosa le aveva afferrato le viscere e gliele stava stritolando, ma non era dolore quello che sentiva, bensì piacere. Respinse con orrore quello che le pareva una mostruosa, sacrilega debolezza, e per reazione, o per difesa, lasciò che la collera dilagasse in lei, cancellando ogni altra emozione. Abbatté i pugni sul tavolo, facendo tintinnare le stoviglie e minacciando di mandarle in frantumi, e balzò in piedi, rovesciando la sedia. "Come... Come..." proruppe, boccheggiando. Lo sdegno le toglieva letteralmente il fiato. "Come osi!" urlò infine, fuori di sé.
Rakau non si scompose minimamente davanti a quella furia, forse aspettandosela. Posò i gomiti sul tavolo e congiunse le dita tese, guardandola con calma imperturbabile. Il silenzio si protrasse, pesante.
I musici si erano interrotti al grido indignato di Veldhris; con un cenno, la Signora di Draghi li congedò e quelli si precipitarono fuori, prevedendo la tempesta. Anche i servitori si eclissarono.
Infine, Rakau rispose alla sfuriata della sua ospite. "Oso", spiegò con tranquillità, "perché sta scritto, in testi redatti migliaia d'anni or sono, che tu e io, mia cara Veldhris, tu e io siamo fatte l'una per l'altra."
Veldhris rimase congelata per un istante. Poi, l'ira la colmò nuovamente, facendola tremare da capo a piedi. "Cosa vai farneticando?" chiese, ansimante. "Non credere di impressionarmi. Inventane un'altra!"
Si girò e si mosse per uscire, stentando a non precipitarsi di corsa fuori dalla saletta.
"Se non ti ho impressionata, perché stai scappando?"
La voce beffarda la paralizzò. Era un colpo basso, doloroso perché centrava in pieno il bersaglio. Veldhris s'irrigidì tutta, poi, dominandoli, tornò a voltarsi per sfidare Rakau con sguardo fiammeggiante. "Non sto scappando", dichiarò, atona nello sforzo di padroneggiare la voce sussultante. "Semplicemente non voglio perder tempo con frottole che non stanno né in cielo né in terra. Ma poiché sembri volermi accusare di viltà, resterò, anche se non ho proprio niente da dimostrarti."
Disse l'ultima frase con disprezzo, come una regina che facesse una concessione degradante ad una pezzente.
Rakau non rilevò, sapendo perfettamente che lei stava fingendo, con se stessa prima ancora che con lei. "Avrai sentito parlare del Nero del Mondo, immagino", esordì con calma, senza cambiare posizione e guardandola attentamente.
Veldhris sentì un brivido freddo, come il tocco di dita gelide, scorrerle lungo la spina dorsale: il libro che Rakau aveva appena nominato era stato citato più volte dalla Maga di Corte Rova, all'epoca della sua infanzia, quando a scuola la vegliarda minacciava qualche discolo di punizioni terribili, tratte appunto dal Nero del Mondo. Crescendo, il terrore infantile per quel volume ritenuto immaginario, depositario di tutte le nefandezze terrene ed ultraterrene, era lentamente svanito dalla mente di Veldhris, ma ormai la cantante sapeva fin troppo bene che l'immaginario, a volte, è più reale della realtà stessa. Soppresse la paura con la collera. "Mai sentito", ringhiò.
"Menti."
La parola le venne lanciata con lapidaria indifferenza, a dimostrazione dell'assoluta sicurezza dell'affermazione.
Veldhris si sentì sbiancare, colta in fallo.
"Ho l'originale del Nero del Mondo", prosegui la Signora dei Draghi, esaminandosi le unghie lucide con studiata noncuranza. "È lì che ho trovato scritto quanto ti ho appena detto." Alzò gli occhi su di lei, quasi sorridendo. "Il Detentore delle Quattro Pietre e il Portatore della Corona sono investiti di un potere assoluto, immenso: l'uno del Potere Oscuro, l'altro del Potere Luminoso. Contrariamente a quanto si tende a credere, questi due poteri assoluti non sono opposti, bensì complementari."
Veldhris ebbe un gesto di stizza. "Se vuoi dirmi che un Potere non può esistere senza l'altro, arrivi tardi: già lo sapevo."
Rakau sollevò un sopracciglio e, pensierosa, si passò un dito sul labbro superiore. "Nirvor la Custode, immagino", mormorò, sogguardandola.
Veldhris si girò per andarsene. "Esatto, è stata lei a dirmi tutto. E desso vado a dormire, sono stanca."
Mosse solo tre passi prima che Rakau la inchiodasse nuovamente con una frase. "Sei proprio certa che ti abbia detto tutto?"
Vattene, non ascoltare oltre! urlava una voce dentro di lei. Incapace di darle retta, Veldhris girò il viso verso la sua interlocutrice. "Che vuoi dire?" la interrogò, tentando di cancellare con il tono brusco il tremito nella voce.
Rakau si era alzata in piedi. "Prima dell'inizio del Tempo e dello Spazio", cominciò come recitando una poesia, "prima che l'universo prendesse forma, prima ancora che le Potenze Oscure e Luminose che reggono il mondo fossero create, Luce e Oscurità erano fuse assieme e formavano un tutt'uno unico armonico. Non possiamo avere nemmeno una pallida idea dell'armonia sublime che caratterizzava i due Poteri cosi uniti. Ma a un certo punto questa unione venne scissa, i due Poteri separati, resi nemici l'uno dell'altro. Nacque così il conflitto tra di essi, che prima erano tanto strettamente legati. Ed è per questo che, nonostante l'apparente lotta senza quartiere, i due Poteri, guidati e personificati dal Detentore e dal Portatore, si cercano, si trovano... e si possono comprendere. Perché vedi, Veldhris, Luce e Oscurità possono rifondersi, ritrovando l'armonia eccelsa che regnava prima del Principio."
Veldhris era rimasta senza parole. La sua mente lottava per respingere quelle rivelazioni sconvolgenti, rifiutando di prenderle in esame, ma era una lotta persa in partenza, perché esse irrompevano nei suoi pensieri, sparpagliandoli in ogni direzione, cacciandoli ferocemente negli angoli più remoti, forti della verità, fino ad imporsi ed a vincere la sua resistenza mentale.
Rakau si mosse e si avvicinò alla cantante, che era divenuta mortalmente pallida. Aveva colto nel segno, colpendola in profondità, e la Signora dei Draghi ne era compiaciuta. La sapeva forte abbastanza per non crollare sotto il peso di quelle improvvise rivelazioni, ma non abbastanza per rifiutarle. Percepì la sua accettazione nello stesso istante in cui avveniva. Ciò nonostante, la risposta la colse completamente a sorpresa.
"Se mi stai proponendo di aiutarti a rifondere le due Potenze, è meglio che te lo scordi."
Veldhris aveva parlato senza asprezza, con una calma glaciale di cui, dopo un simile colpo, non si sarebbe assolutamente creduta capace. Ultimamente scopriva sempre più lati sconosciuti del suo carattere, pensò in un lampo di cupo divertimento.
Rakau, sconcertata, rimase a fissarla con sguardo divenuto improvvisamente freddo: Veldhris aveva intuito come sarebbe avvenuta la fusione, e cioè che loro due avrebbero dovuto diventare una cosa sola, nella mente come nel corpo. Se la mente di Veldhris le sembrava accessibile negli sprazzi in cui riusciva a superarne le difese, il suo corpo la rifuggiva, nonostante l'attrazione che percepiva. Gli occhi le si ridussero a due fessure baluginanti mentre comprendeva all'improvviso la ragione di quel resistenza fisica: un legame fortissimo della sua carne con un'altra. "Chi di loro è il tuo amante?" chiese di colpo, facendola sussultare.
Gli occhi di Veldhris si fecero oscuri: non avrebbe mai risposto, a tutti i costi avrebbe mantenuto il silenzio, perché in caso contrario Freydar sarebbe stato in grave pericolo, lo leggeva nello sguardo fosco di Rakau.
Non servi a niente tacere: la Signora dei Draghi la scrutò brevemente, poi ebbe un sorriso gelido e tagliente come la lama di un rasoio. "Freydar."
Il nome cadde come un sasso in uno stagno.
Veldhris impallidì paurosamente, ma poiché suo viso era lievemente in ombra, sperò che Rakau non lo notasse.
"Lo ami?" chiese bruscamente la Signora dei Draghi.
Veldhris colse l'occasione al volo. "No", rispose, alzando le spalle con noncuranza. "È solo un buon compagno di letto."
Rakau l'osservava attentamente: tra le palpebre socchiuse i suoi occhi azzurri, duri, balenavano pensierosi, mentre cercava di discernere la menzogna dalla verità.
Sotto quello sguardo scrutatore, penetrante come punte di lancia, Veldhris rabbrividì: aveva la spiacevole sensazione di venir rivoltata come un guanto per mettere a nudo il suo animo, per scovare negli angoli più remoti quello che lei cercava di nascondere, per coglierla in fallo Ciò nonostante, chissà dove riuscì a trovare la forza per tenere i suoi occhi, altrettanto duri e freddi, piantati in quelli della Signora dei Draghi.
"Sei un'abile commediante", riconobbe infine Rakau, così all'improvviso da farla trasalire. "Potresti convincere chiunque, persino me... se non avessi la facoltà di leggere nella mente."
Lo sguardo di Veldhris si annebbiò e per un istante temette di essere divenuta cieca per l'orrore: non aveva più scampo! Nessuna speranza, neppure la speranza di una speranza, di ingannare la sua nemica per tornare in possesso della Corona di Luce, come si era riproposta... alquanto vagamente, per la verità. Ora dunque non rimaneva che un'unica alternativa alla morte: allearsi con Rakau. Ma, naturalmente, questo era fuori discussione.
"E perché?" chiese Rakau, facendo eco al suo ultimo, accorato pensiero. "Perché non vuoi nemmeno prendere in considerazione la cosa? Sento che invece sarebbe proprio questo il tuo desiderio recondito..."
"Ho un forte istinto di conservazione", la interruppe Veldhris, seccamente. "Ma non permetterò che l'istinto sopraffaccia la ragione."
"Considera almeno tutto quello che perdi, rifiutando", insistette Rakau, insinuante, guardandola obliquamente con un lieve sorriso. "Pensa: le Gemme Gemelle simboleggiano la duplicità dello Spirito e hanno potere solamente su di esso, governando la natura intrinseca delle cose e delle persone. Le Quattro Pietre, invece, simbolo dei quattro elementi della Materia, hanno potere soltanto su quest'ultima, governando la natura estrinseca delle cose e delle persone. Ora, tu sai benissimo che ogni cosa o persona nell'Universo è composta sia di materia sia di spirito – un essere terreno o ultraterreno, un cane, una pianta o un sasso – e tutto questo significa che uno solo dei due Poteri, quello Luminoso come quello Oscuro, non può creare nulla di completo. Solo una parte: o il lato spirituale oppure quello materiale. Lemie creature sono infatti prive di Spirito, come le tue sarebbero prive di Materia. Questo è il limite dei nostri poteri, Veldhris, ma riuniti, essi non avrebbero più limite... Riesci a immaginare un potere così sconfinato che può rendere possibile tutto, anche l'inimmaginabile?"
Veldhris l'ascoltava suo malgrado, affascinata dalla voce più che dalle parole. Tardò a comprendere il significato della domanda, che scivolò sulla sua mente come su di uno strato di ghiaccio, lasciandovi un solco dal quale la cantante poté ricostruire la frase e rispondere con un cenno negativo del capo.
"Nemmeno io ci riesco", proseguì allora la Signora dei Draghi. "E nessuna di noi due potrà farlo finché non avverrà la Fusione della Luce e dell'Oscurità."
La parola fusione squillò come un campanello d'allarme nella mente di Veldhris: di colpo, tornò completamente in sé. Non perse tempo a spaventarsi del pericolo corso e ribatté in tono tagliente. "Allora hai trovato da aspettare!"
L'incantesimo che Rakau le stava tessendo attorno, simile ad una tela di ragno cristallizzata, s'infranse bruscamente.
Rendendosene conto, Rakau si ritrasse d'un passo, girando leggermente le spalle a Veldhris. Ricordò che la donna più giovane aveva parlato di un forte istinto di conservazione che lei, effettivamente, aveva chiaramente percepito, e decise di far leva su di esso. "Potresti diventare immortale, e portare il tuo corpo – la Materia – e la tua mente – lo Spirito – attraverso i secoli e i millenni..." cominciò, suadente.
"E perdere così l'anima, come hai fatto tu?" la troncò Veldhris, sprezzante. "Non attacca."
Rakau tornò a voltarsi faccia a faccia con la cantante, squadrandola con palese scherno. "E il chi ti assicura che esiste una cosa con un nome tanto ridicolo? Nirvor, per caso?"
Il lampo infuriato che scorse negli occhi di Veldhris fu per Rakau una conferma eloquente, della quale però non aveva affatto bisogno. "E ti fidi ancora di lei? Anche dopo aver scoperto che ti ha tenuto all'oscuro della verità sul Principio del Mondo?" insinuò.
"Tacere una parte della verità non è dire il falso!" ribatté Veldhris, duramente.
Rakau sogghignò. "No, ma sono due cose assai vicine. E spesso, chi fa una cosa, fa anche l'altra."
"Non Nirvor!" la – oppure si? – difese Veldhris. "Avrà avuto le sue ragioni."
"Che ne sai, tu?" la irrise Rakau. "Come puoi pretendere di scrutare i disegni di un essere ultraterreno... finché non sarai simile a esso?"
Veldhris, di nuovo, rimase senza parole. Avrebbe voluto ribellarsi, protestare la sua fiducia illimitata nella Custode della Corona, ma un tarlo aveva cominciato a roderle il cervello: e se Rakau avesse avuto ragione?
Leggendole il dubbio nella mente, Rakau sorrise. Sentì aumentare in Veldhris la confusione e l'immagine che ne ricevette fu di un animale braccato, brancolante nel buio, alla disperata ricerca di un punto di riferimento immutabile che l'aiutasse a mettersi in salvo, a sottrarsi alla pazzia. Le lanciò una sensazione: poteva essere lei, Rakau, quel punto di riferimento, incrollabile e sempre uguale a se stesso. Sentì la mente della cantante sussultare e ritrarsi, ma senza autentica convinzione, come per un riflesso condizionato. Sollevò le braccia e le prese il volto tra le mani. Vacui, immensi, gli occhi di Veldhris si fissarono nei suoi e Rakau si sentì smarrire nei vortici di quelle profondità verdi ed invitanti: una sensazione che non provava più da tempo immemorabile, cioè da quando aveva conosciuto Kyala la Bella; ma Kyala non l'aveva mai guardata così...
Lentamente, lentamente si chinò, accostando il viso a quello di Veldhris.
Sopraffatta, Veldhris chiuse gli occhi, in attesa nel bacio: si sentiva perduta, vinta. Le labbra di Rakau erano a pochi centimetri dalle sue, poteva percepire su di esse il lieve soffio del suo respiro...
All'improvviso Veldhris si svincolò bruscamente e, arretrando d'un passo, stornò il volto in fiamme, disgustata dalla propria debolezza. L'angoscia le comprimeva il petto, facendola ansimare.
Rakau si raddrizzò. Con calma, si aggiustò le maniche della camicia di seta che Veldhris aveva strattonato con violenza per liberarsi: non era in collera, poiché la sorpresa, sebbene perfettamente dissimulata, era più grande dell'ira. "Una conquista difficile", considerò, tranquilla, in tono che si sarebbe detto quasi ammirato. "Una novità, per me. Certo potrei indurti a cedermi con le minacce o la droga, ma la tua dev'essere una resa spontanea, voluta: sia per raggiungere lo scopo della Fusione tra la Luce e l'Oscurità, sia perché questo renderà la mia vittoria su di te infinitamente più dolce."
La guardò, mentre il sorriso tornava ad incurvarle gli angoli della bocca.
Veldhris, ripreso il pieno controllo di sé, tornò a sollevare fieramente la testa e le piantò gli occhi negli occhi con nuova forza: si era appena resa conto che Rakau, imprudentemente, le aveva fornito un'arma. "Sicché la mia resa dev'essere spontanea," disse, beffarda. "Benissimo: questo mi mette in una posizione di vantaggio, perché dovrai soddisfare tutti i miei desideri, se vorrai conquistarmi."
Stavolta Rakau non riuscì a nascondere la propria sorpresa. "Parla!" l'invito. "Ti esaudirò."
Veldhris la fissò bene in faccia. "Lascia liberi i miei compagni."
La Signora dei Draghi ricambiò il suo sguardo, impietrita. D'espressione le si fece cupa, terribile, tanto che Veldhris tremò, pur riuscendo a mantenere un'apparenza impavida. Poi d'un tratto Rakau fu scossa da una risata incontrollabile, scrosciante. "Questa è bella!" riuscì ad esclamare, tra uno scoppio di risa e l'altro. "Stavi quasi per farmela! Ma ti sei dimenticata, evidentemente, che posso leggere nei tuoi pensieri, vero?" La sua risata si sgranò ancora, squillante. "Davvero, sei incredibile!" ansimò, calmandosi lentamente. "Credevi che, lusingandomi, avrei permesso al tuo amante di salvarsi..." Gli occhi le si tramutarono di repente in due pezzi di ghiaccio, gelidi e pericolosi come quelli di un serpente. "Dimenticalo. È un uomo morto."
Veldhris vacillò mentalmente sotto quel colpo.
Rakau lo percepì e se ne compiacque: colpirla non era così facile come le era sembrato all'inizio.
Tuttavia, subito Veldhris trasformò la minaccia a suo vantaggio. "Uccidi lui o uno degli altri, e non mi avrai mai."
La Signora dei Draghi capì che lei intendeva sul serio. Si mordicchiò un labbro, pensierosa. Le capitava ben di rado di commettere un errore di valutazione, e invece era esattamente quello che aveva appena fatto: aveva sottovalutato l'Erede di Arcolen, ingannata dal suo aspetto inoffensivo. Non avrebbe dovuto rivelarle che doveva cederle di propria volontà, ma ormai era troppo tardi, ed a ben pensarci, il fatto che lei non fosse completamente in sua balìa rendeva la sfida più eccitante che mai. "D'accordo", borbottò.
"D'accordo cosa?" la incalzò Veldhris ad alta voce, ben decisa ad approfittare della situazione.
"Non ucciderò né lui, né gli altri", ringhiò Rakau.
"Non mi basta", insistette la cantante, sempre più sicura di sé. "Voglio per loro un trattamento migliore: toglili da quelle fetide segrete."
"Va bene. E poi?" chiese Rakau, a denti stretti.
"Devi permettermi di vederli."
Quel devi fu di troppo.
"Questo è fuori discussione!" scattò Rakau. "Ricordati che sei mia prigioniera, come loro, e che farò di te e di loro quello che più mi garba!"
Veldhris ostentò indifferenza, anche se in realtà era ben lungi dal provare quello stato d'animo.
Rakau, nella sua rabbia, non lo percepì e credette che lei fosse davvero noncurante, quando la vide fare spallucce e la udì dire: "Come preferisci, ma se io sono tua prigioniera, tu sei la mia carceriera, e le prigioniere non fanno l'amore con le loro carceriere se non vi sono costrette con la forza bruta."
Sbalordita, Rakau la fissò ancora: era incredibile, ma tutte le minacce che le faceva, lei gliele ritorceva contro! Non le era mai capitato niente di simile, e si accorse che questo la eccitava. La sfida l'aveva sempre eccitata: più era difficile, più la stimolava; e questa prometteva di essere la sfida più ardua della sua pur lunga vita. "Per stasera abbiamo parlato abbastanza", disse, non bruscamente ma neanche gentilmente. "Ritirati, e dormi bene. Stasera stessa i tuoi amici verranno trasferiti alle prigioni leggere."
"E chi mi assicura che lo farai davvero?" chiese Veldhris, testarda e diffidente.
"Non abusare della mia pazienza!" ruggì Rakau. "Lo vedrai da te domani! E ora vattene, prima che io perda il controllo!"
Veldhris se ne andò, uscendo dalla stanza con grande dignità. Si sentiva trionfante, ebbra, come se avessi riportato una grande vittoria. Non volle pensare che era stata solo la prima battaglia, perché il peggio doveva ancora venire.
OOO
Il mattino dopo sul presto, due armigeri scortarono Veldhris in una delle torri del Palazzo dell'Oscurità, precisamente quella volta a nordovest, e qui la introdussero in una stanzetta lunga e stretta situata al primo piano. Più che una stanza sembrava un passaggio segreto, angusto e privo di finestre, e solo la lanterna cieca che una delle guardie reggeva rischiarava un po' l'ambiente.
Rakau, seguita da un servo in livrea munito di un'altra lanterna cieca, le mosse incontro dal fondo del passaggio. "Ora vedrai come ho sistemato i tuoi amici e ti rassicurerai sulla loro sorte", le disse. "Seguimi."
In fila, poiché non si poteva procedere in altro modo, il servo, Rakau, Veldhris e la guardia avanzarono di pochi passi, poi la Signora di Draghi si fermò ed azionò una leva sul muro alla loro destra. Una sezione della parete scivolò di lato senza rumore alcuno, scoprendo un vetro trasparente. Al di là di esso, un tavolino con una brocca e un catino, ed accanto un gancio con due o tre asciugamani. Veldhris si trovò a guardare l'interno di una stanza arredata molto semplicemente, una cella come denunciavano chiaramente le grosse sbarre alla finestra dotate di vetro. Eppure, rispetto alle umide segrete dove Veldhris si era risvegliata dopo la cattura, questo era un altro mondo: ai due lati della finestra segreta da cui stava osservando, si trovavano due letti a castello, mentre nell'angolo a sinistra, dall'altro lato, c'era un paravento che chiudeva con ogni evidenza la latrina, poi un tavolo e quattro sedie. Davanti alla finestra che guardava ad occidente, Veldhris scorse di spalle la luminescente figura di Nirvor la Custode, mentre sul letto di sinistra vide Kejah, ancora addormentata, con accanto un Rollie tutto raggomitolato. "Nirvor! Kejah!" le chiamò.
Nirvor sollevò il capo, che era stato chino in atteggiamento pensieroso, ma non si voltò.
"Non ti possono sentire, né vedere", disse Rakau, rilassata. "Ti ho promesso che avresti potuto vederli, non che ci avresti potuto parlare."
Veldhris, indispettita, dominò la propria delusione e fece un passo indietro, quasi cozzando contro l'altra parete. "Gli altri dove sono?" indagò con voce fredda.
"Al piano superiore. Vuoi controllare?"
"Naturalmente."
Veldhris fu condotta su per una stretta scala a chiocciola fin davanti ad un'altra finestra segreta, dalla quale poté scorgere Roden, Freydar, Mikor e Sekor, prigionieri in una cella identica a quella che ospitava Nirvor e Kejah.
Le barbe lunghe, i quattro uomini erano seduti o sdraiati, le espressioni perplesse. Soprattutto Sekor pareva abbattuto e Veldhris ebbe un moto di compassione per lui. Avrebbe voluto poter correre dentro, baciare Freydar, abbracciare Roden, consolare Sekor, ma naturalmente non poteva. Dominando con uno sforzo non indifferente le sue emozioni, si scostò dalla finestra segreta. "Voglio poter venire qui quando più mi aggrada", disse gelidamente, senza guardare Rakau cui era in effetti rivolta, "per controllare il trattamento che ricevono."
"Non ti fidi minimamente, a quanto pare", constatò la Signora dei Draghi con un sospiro, azionando la leva per chiudere la finestra. "Come desideri, allora: la strada la conosci. Ma ricordati", soggiunse in tono di minaccia, "ti è consentito solamente di vederli, non di farti vedere o sentire da loro, è chiaro?"
Veldhris guardò duramente la sua interlocutrice. "Chiaro."
Si girò e fece segno alle guardie di precederla verso l'uscita, piantando Rakau in asso senza una parola di congedo: con certi esseri, pensava, non c'era bisogno di osservare le norme della comune cortesia.
Rakau non se la prese a male. "Che caratterino!" commentò tra sé. "Altera, decisa, coraggiosa... proprio come Kyala. E nonostante la giovane età, molto accorta."
Sogghignò: Veldhris aveva ragione a non fidarsi di lei, e l'aveva messa con le spalle al muro per quanto riguardava l'incolumità dei suoi amici. Doveva solo pazientare fino alla sua completa resa, prima di potersi liberare di loro.
OOO
Passarono i giorni, con rapidità crescente. Prima che Veldhris se ne fosse resa conto, maggio era iniziato, in uno sbocciare di rose, mughetti e nontiscordardime. Con il loro fiorire, si produsse in lei un mutamento, dapprima impercettibile, poi via via più evidente, del quale però l'interessata era a malapena consapevole.
All'inizio, più volte al giorno e alle ore più impensate, Veldhris andava a controllare la sistemazione ed il trattamento dei suoi amici, ed ogni volta constatava che, col permesso di Rakau, se la cavano bene, date le circostanze. Ma ogni volta le restava dentro una grande amarezza, tanto che inconsciamente cominciò a diradare le sue visite, e pian piano, nel tentativo di concentrarsi meglio sulla silenziosa lotta che stava sostenendo con la Signora dei Draghi, sostituì la tristezza con l'indifferenza dell'abitudine. E le sue visite diminuirono ulteriormente.
Nel frattempo, Rakau non pareva far pressioni su di lei; si limitava a farle compagnia durante i pasti principali della giornata e qualche volta l'accompagnava a passeggio nel vasto parco della sua residenza, scortata immancabilmente da uno dei suoi innumerevoli gatti. A volte, in cielo si scorgeva un punto nero volteggiare in cerchio sulle città: si trattava di Draghi Neri che sorvegliavano i dintorni di Necrodia.
Durante quelle passeggiate, Veldhris non rivolgeva mai per prima la parola alla Signora dei Draghi, ostentando un'indifferenza assoluta nei suoi confronti, ma in realtà si accorse ben presto di trarre piacere da quegli incontri. Di primo acchito provò orrore per se stessa, ma la sensazione svanì velocemente, sostituita da una quieta rassegnazione: i suoi sentimenti erano quel che erano, e lei non poteva, o non voleva, cambiarli. La verità era che si sentiva attratta da Rakau, che esercitava su di lei un fascino inquietante, seducente, sottile ma invincibile al quale lei non riusciva, né desiderava, sottrarsi. Aveva capito che Rakau diceva il vero quando affermava che loro due erano uguali, incarnazioni di forze non opposte bensì complementari, e questo produceva inevitabilmente una grande affinità tra di loro. Era inutile che lei si sforzasse di rifiutare la realtà: le cose stavano così, e Veldhris non era certo in grado di cambiarle.
Dal momento in cui prese coscienza di questo, smise di andare a vedere i suoi amici prigionieri.
OOO
"Quanti giorni sono passati, Donna Nirvor? Ho perso il conto, ormai."
"Maggio è iniziato da sette giorni."
"Nemmeno due settimane dal nostro arrivo a Necrodia... Mi pare trascorsa un'eternità. Che ne sarà di Veldhris?"
"Non credo sia il caso di preoccuparsi per lei, Kejah."
"Che volete dire?"
"Fisicamente sta benissimo. Spiritualmente... beh, non riesco a vederlo. Il contatto s'indebolisce ogni giorno di più."
"Ma è terribile! Come potete affermare che non dobbiamo preoccuparci per lei, se è così?"
"Perché sta per compiere una scelta. E qualunque essa sia, noi non potremmo influenzarla in alcun modo... né per la Luce, né per l'Oscurità."
"Questo significa? Forse... che sta per perdersi?"
...
"Sì."
OOO
"Quest'attesa sta diventando insopportabile!"
"Ti capisco, Freydar. Per me è lo stesso."
"Non sapere niente è la peggiore delle condanne. Cosa pensi sia accaduto a Veldhris?"
"Non lo so. Ma certamente è ancora viva e nelle mani di Rakau. Altrimenti noi saremmo già stati uccisi: senza di lei, siamo ostaggi senza alcun valore."
"Hai ragione, Roden. Ma questo non mi tranquillizza affatto: sicuramente è stata lei a ottenere per noi un trattamento migliore, e se è riuscita a convincere Rakau, significa che esercita su di lei un qualche potere. Mi chiedo a quale prezzo: non riesco a tollerare il pensiero che forse si sta umiliando, vendendo per noi..."
"Non tormentarti, amico mio. Vel è molto forte: ce la farà."
"Ne sei certo?"
...
"No."
OOO
"Sekor."
"Dimmi, fratello"
"Hai riflettuto su quanto ti ho detto?"
"Sì. Ma continuo a pensare che non è giusto."
"Giusto o no, è l'unico modo per salvarci. Veldhris ci ha traditi tutti, schierandosi con Rakau: devi aiutarmi a impadronirmi della Corona di Luce per fermarla."
"Come fai a essere sicuro del suo tradimento?"
"Siamo qui invece che nelle segrete. Come credi sia riuscita a convincere Rakau?"
"Non ne ho la minima idea, e non intendo averla."
"Non essere ingenuo. Hai visto come Veldhris la guardava, quel giorno nella sala del trono: se la mangiava con gli occhi, e Rakau lo stesso. Per averla ai suoi piedi, a Veldhris bastava andarci a letto..."
"Smettila, Mikor! Non permetterti di parlare così di lei!"
"E perché no? È ben stata capace di rifiutare te, un principe del suo stesso sangue, per diventare l'amante di un discendente di un volgare scudiero, no? E questo solo perché l'altro stuzzicava la sua fantasia più di te..."
"Non è vero: Veldhris lo ama."
"Può darsi. Ciò non toglie che all'improvviso, del tutto inspiegabilmente, nel cuore della notte vengono prelevarci da quelle fetide fogne per portarci in una cella che, al confronto, è una reggia. Come te lo spieghi?"
"E tu come ti spieghi allora, se è vero che Veldhris è caduta tra le braccia di Rakau, che noi siamo ancora vivi?"
"Forse non è ancora del tutto passata dalla sua parte, e la coscienza le rimorde. Non dubitare però che presto supererà anche questo e ci manderà tutti all'inferno."
"Non ci posso credere. C'è suo fratello con noi, e sua cugina."
"Credi che una creatura dell'Oscurità si faccia simili scrupoli?"
"No, non funziona. Mettiamo pure che lei sia passata dalla parte di Rakau: rimane pur sempre la legittima Portatrice della Corona e finché sarà viva nessun altro potrà usare il Potere Luminoso delle Gemme Gemelle, nemmeno il suo erede più diretto."
"Solo finché ne sarà degna. Poi la Corona cesserà di funzionare con lei e cercherà un nuovo padrone. Non c'è dubbio che sarà presto così. Allora, mi aiuterai?"
"Non chiedermelo!"
"Invece sì! Rispondi a tuo fratello, Sekor!"
...
"Forse."
OOO
Quello stesso giorno, del tutto inconsapevole dei tormenti e delle pene che infliggeva ai suoi compagni di viaggio, Veldhris andò, come di consueto, a passeggio nel parco. Due armigeri la seguivano a distanza, ma la sorveglianza non era più così stretta come i primi giorni, dato che lei non faceva il minimo tentativo per fuggire.
Quel pomeriggio indossava un abito di vellutino lilla bordato e ricamato d'argento: era uno dei tanti vestiti che componevano il suo guardaroba, cucito nel frattempo da Damàra e dalle sue assistenti. Al collo, Veldhris portava una collana di ametiste intonate all'abito, un altro regalo di Rakau. Dietro di lei, con passo indolente, veniva un maestoso gatto grigio dal pelame serico, uno dei preferiti della Signora dei Draghi. Veldhris s'era ormai abituata alla loro costante presenza all'interno del parco e del palazzo, ed anzi cominciava ad apprezzarne la bellezza e l'eleganza, dimentica di Rollie e del suo affetto per lui.
Lungo il perimetro del muro di cinta, Veldhris scoprì una scaletta che ascendeva ad un terrazzino, da cui la vista spaziava attorno in un ampio raggio. Protetto da una balaustra di pietra, il balconcino volgeva ad oriente e Veldhris, salitavi col gatto alle calcagna, contemplò dall'alto la città. La guardò con una sorta di apatia senza interesse, e non pensò nemmeno alla liberta Ylmària che, laggiù da qualche parte, attendeva con ansia commovente sue notizie.
Sollevando leggermente lo sguardo dalle costruzioni di pietra e legno, Veldhris scorse una strada bianca, simile ad un rettifilo lanciato verso l'orizzonte, dove andava a perdersi nella sottile foschia primaverile. La campagna verdeggiante esaltava il biancore del lastricato stradale e la via, nella sua corsa tesa all'oriente, pareva un fiume pietrificato.
Dove portava?
Con un sussulto, Veldhris comprese che era la strada per Dorea.
L'antica capitale dell'impero, che doveva essere la sua prossima tappa, la meta ultima, la conclusione del suo lungo periplo nelle terre dello Shyte.
Improvvisamente le parve di vederla: Dorea la Grande, la Città d'Oro, con i suoi tetti e le sue cupole solari, le sue snelle torri, gli eleganti pinnacoli ingioiellati, i palazzi orgogliosi, i ponti arditi, i giardini di sogno, le fontane dai fantastici giochi d'acqua...
Chissà perché aveva avuto quella visione così nitida, pensò Veldhris, mentre il suo interesse si spegneva come la fiamma di una candela al soffio del vento: dopo mille anni, non doveva rimanere che un mucchio di ruderi, monumento ad un passato glorioso quanto lontano.
Ripiombando nell'apatia, Veldhris discese dal terrazzino panoramico e continuò la sua passeggiata, ammirando la suggestiva disposizione dei fiori nelle aiole dalle forme fantasiose ed il sapiente taglio degli alberi e dei cespugli, cui erano state date sagome geometriche oppure di animali. La mente della cantante si svuotò.
In quella, apparve Rakau. "Buon pomeriggio, Altezza", la salutò, prendendole la mano e portandosela alle labbra, com'era ormai solita fare. "Non è una giornata splendida?"
Veldhris non si sorprese punto per quella comparsa improvvisa, divenutale abituale con l'andar dei giorni, né si sottrasse al galante omaggio della Signora dei Draghi. Non tentò neppure di sopprimere il caldo brivido che il contatto di quelle labbra sulle proprie dita le diede. "Invero bellissima" concordò. Sorrideva istintivamente, ma un residuo dell'antica diffidenza la fece irrigidire d'un subito, e la sua bella bocca tornò ad atteggiarsi ad un altero broncio.
Rakau se n'accorse immediatamente e tentò subito di riportarla a sé. "Un sole così brillante e il cinguettio degli uccelli, i profumi di primavera e l'aria dolce, non è tutto un invito alla gioia, al canto? So che hai una voce bellissima, me lo hanno riferito alcuni servitori che hanno avuto la fortuna di udirti, ma finora mi hai negato il piacere di ascoltarti..."
Aveva imparato in quel torno di tempo che, discorrendo di musica, strumenti e canzoni, poteva farle abbassare la guardia. Ci riuscì anche stavolta.
Veldhris la guardò pensierosa: cantare era e rimaneva da sua attività prediletta, quella cui dedicava l'anima ed il cuore. E la tentazione di sbalordire Rakau con le sue doti canore era grande. "Io canto l'amore e la natura", disse a mo' di presentazione. Trasse di tasca lo yord, da cui come al solito non si separava mai, e lo posò sul petto, scostando l'inestimabile collana di ametiste viola con assoluta indifferenza.
E cantò.
Quando la sua voce si spense con l'ultimo accordo dello yord, la Signora dei Draghi Neri aveva gli occhi scintillanti. La sua facoltà di leggere nella mente altrui le confermava quanto l'istinto già le diceva: Veldhris era ad un passo dalla resa completa. Pure, in lei persisteva un po' di resistenza, caparbia ed ostinata, ma anche questa si stava pian piano sciogliendo, come la neve al sole. Si era giunti alla fase più delicata, quella del passaggio definitivo da una dimensione spirituale e fisica ad un'altra: da giovane donna legata ad un uomo a regina legata ad un'altra regina. Rakau doveva fare ora molta attenzione per non rischiare di rovinare tutto: Veldhris era in precario equilibrio su di una lama di rasoio, ed una spinta sbagliata l'avrebbe fatta cadere dal lato opposto a quello di Rakau. Pertanto, sebbene bruciasse di desiderio, la Signora dei Draghi Neri si trattenne: doveva attendere il momento opportuno, la Cerimonia di Fusione tra la Luce e l'Oscurità che andava preparando in gran segreto da giorni ed alla quale, sadicamente, avrebbe fatto assistere anche gli amici della cantante. Non riuscì tuttavia a trattenersi dall'afferrarle una mano per posare un bacio ardente sul palmo aperto. "Meravigliosa", mormorò con voce arrochita, prima di costringersi ad arretrare, poi a volgerle le spalle e ad allontanarsi in fretta dalla tentazione. Il sangue le bolliva nelle vene: no, decisamente nessuna donna era mai riuscita a farle questo, forse nemmeno Kyala la Bella, sebbene dopo mille anni Rakau non lo ricordasse più tanto chiaramente. Quello che affermava il Nero del Mondo era perfettamente vero: le incarnazioni del Potere Oscuro e del Potere Luminoso erano fatte per comprendersi, non per combattersi. E Veldhris avrebbe compreso lei, Rakau, e sarebbe stata la sua schiava, come Rakau sarebbe stata la schiava di Veldhris...
Questi i pensieri della Signora dei Draghi mentre si allontanava. Non dissimili quelli di Veldhris, benché, più che di chiare idee, si trattasse di confuse sensazioni, sentimenti ancora informi ma ormai insopprimibili.
Però Veldhris non poteva ancora accettare l'idea della propria sconfitta, e così, come prima, per difendersene la sua mente si lasciò invadere da una nebbiosa vacuità, che ancora per qualche tempo avrebbe tenuto lontano la consapevolezza della resa, ormai inevitabile.
OOO
Fu la sera del giorno seguente, l'ottavo di maggio, che la Portatrice della Corona cedette alle lusinghe della Detentrice delle Quattro Pietre.
Subito dopo cena, Rakau invitò Veldhris ad ammirare il tramonto. La cantante la seguì docilmente fino ad un ampio terrazzo sul tetto di ardesia del palazzo, volto all'occaso. Nel tardo pomeriggio, una leggera pioggerella primaverile aveva ravvivato i colori del paesaggio e reso trasparente l'aria, così ora si poteva godere d'una vista eccezionalmente limpida fino all'orizzonte lontano. Gli effluvi della terra e delle piante, liberati dallo svaporare delle gocce d'acqua dalla recente pioggia, salivano fin lassù, avvolgendo le due osservatrici in una nuvola di profumi inebrianti.
Rimasero così, una accanto all'altra, a guardare il sole declinante per lunghi minuti, in silenzio. Il cielo ad occidente si tinse d'oro rosso, sfumando via via nel viola, nel lavanda, nel malva man mano che il sole calava dietro l'orizzonte, in un tripudio di colori sorprendenti, per la loro vivacità degni della tavolozza di un pittore.
"Tramonti così sono rari a Necrodia", mormorò Rakau, e Veldhris s'accorse improvvisamente che le si era avvicinata e che ora le stava alle spalle. La sfiorava appena, e Veldhris sentì un brivido caldo correrle lungo la spina dorsale. La pelle delle spalle, lasciate scoperte dall'ampia scollatura dell'abito bianco e argento che indossava, parve arroventarsi.
"Sembrerebbe quasi che il sole stesso abbia voluto renderci omaggio", proseguì Rakau sottovoce. "Rendere omaggio a te e a me, che insieme siamo incarnazione del potere completo, assoluto."
Rakau percepì la mente di Veldhris che veniva sommersa dalle sensazioni, e capì che non era più il caso di insistere con argomenti logici: Veldhris era ridotta ormai ad un groviglio di emozioni, sulle quali Rakau doveva fare leva per strapparle un consenso istintivo, irreversibile.
Le posò le mani sulle spalle, delicatamente, poi la fece voltare verso di sé.
Veldhris sollevò gli occhi per guardarla in viso: si sentiva debole, ed allo stesso tempo invincibile, lì, tra le braccia di quella che avrebbe dovuto essere la sua nemica.
"Non siamo nemiche", mormorò Rakau, leggendole la mente. "Non lo siamo mai state. Non sei d'accordo?"
Veldhris scrutava in quegli occhi azzurri, solitamente freddi, che ora invece ardevano di una fiamma irrequieta, fremente, pericolosa ed affascinante come un fuoco che divampa nottetempo. La strana sensazione di forza e debolezza si era accentuata, forza nei confronti del mondo, debolezza nei confronti di Rakau. Ora Veldhris capiva, sentiva, sapeva che l'altra era agitata dagli stessi suoi sentimenti, dagli stessi suoi desideri, che dentro di lei tumultuavano, confusi l'uno nell'altro ma misteriosamente distinti l'uno dall'altro. Doveva arrendersi all'evidenza: Rakau aveva sempre avuto ragione e lei torto. La Luce e l'Oscurità, non essendo altro che due aspetti di una stessa cosa, non erano fatti per combattersi, bensì per riunirsi. L'Erede di Arcolen e la Signora di Draghi non erano destinate a scontrarsi, bensì a completarsi.
Lentamente, come in sogno, Veldhris sollevò le braccia a cingere il collo di Rakau, poi chiuse gli occhi e le offri le labbra.
Rakau sentì il respiro mancarle: si era arresa, le saettò per la mente, si era arresa senza condizioni, completamente, irrevocabilmente!
D'istinto le passò le braccia attorno alla vita, attirandola possessivamente a sé, ma un barlume di prudente diffidenza la trattenne. Esplorò attentamente i pensieri di Veldhris, e non trovò altro che un'unica frase ripetuta all'infinito, in tono d'abbandono: lo voglio! Lo voglio, lo voglio...
Un'esclamazione soffocata di trionfo eruppe dalla gola della Signora di Draghi: era vero! L'Erede di Arcolen aveva capitolato e le si offriva incondizionatamente...
Chinò la testa e s'impadronì di quella bella bocca che da settimane ormai bramava.
Docilmente, Veldhris schiuse le labbra e, come nella sua natura, ricambiò appassionatamente il bacio in Rakau.
OOO
"Oh no, no!"
"Donna Nirvor! Che accade? Siete sconvolta!"
"Oh, Kejah, Kejah... È accaduto quello che mai al mondo avrebbe dovuto accadere. Questa è la fine, la rovina, la catastrofe!"
"Vi supplico,spiegatevi!"
"Avrei potuto evitarlo, se solo avessi potuto rimanerle vicina, o se non avessi sottovalutato Rakau e i suoi diabolici poteri. Kejah, sii forte: la Portatrice della Corona si è arresa alla Detentrice delle Quattro Pietre."
"No! Non Veldhris! Ha una forza di volontà invincibile, che nessun mortale potrebbe... Oh, no..."
"Vedo che hai capito: Rakau non è una mortale. Era l'unica in grado di farla capitolare... e c'è riuscita."
"Non potrebbe essere che Veldy stia fingendo per ingannarla e tornare in possesso della Corona...?"
"Non può mentire a Rakau: ella è in grado di leggere nelle menti. Persino nella mia, come ho constatato il giorno in cui siamo stati condotti in sua presenza. No, non possiamo illuderci: ho percepito chiaramente la sua resa. Una resa irrimediabile, irrevocabile, definitiva. Da questo momento, il mondo è perduto."
"Ma non c'e niente da fare? Nessuno che possa fermarle?"
"No. Fondendo le energie della Luce e dell'Oscurità, come so che Rakau ha intenzione di fare, diverranno così potenti da poter sfidare impunemente il Creatore stesso."
"È orribile... sacrilego!
"Peggio: ineluttabile."
OOO
"Freydar, cos'hai? Sei diventato pallido come un morto!"
"Ho avuto un'orribile sensazione, Roden... come se il cuore mi venisse strappato dal petto."
"Hai fatto un brutto sogno?"
"Non stavo dormendo. No, è come se mi si avesse voluto avvertire di qualcosa. Un qualcosa di tanto atroce da essere inesprimibile a parole, solo attraverso sensazioni. E temo di sapere a cosa è riferito."
"Mi spaventi con quel tono, Freydar: cosa significa?"
"Si è perduta, Roden. Veldhris non è più con noi."
"Vuoi forse dire che è... morta? Che Rakau l'ha uccisa?"
"Peggio: l'ha conquistata."
"No! No, amico, ti stai sbagliando. Veldhris non può arrendersi: è la Portatrice della Corona di Luce..."
"E Rakau è la Detentrice delle Quattro Pietre."
"...l'Erede di Arcolen, l'unico essere vivente capace di sconfiggere la Signora dei Draghi Neri..."
"O l'unico essere vivente capace di divenirne l'alleato su di un piano di assoluta parità. Non capisci, Roden? Non sono due forze opposte, sono complementari!"
OOO
"Hai udito, fratello?"
"Sì, Mikor, ho udito."
"Ti sei finalmente convinto?"
"Sì. Ma non potrei mai farle del male."
"Non ti chiedo questo. Nirvor ha detto che la Corona funziona solo con gli appartenenti alla Stirpe Eccelsa meritevoli e Veldhris, passando all'Oscurità, è divenuta immeritevole. Pertanto la Corona non funzionerà più con lei e cercherà il suo erede più prossimo, cioè io. Allora, fratello, mi aiuterai?"
"A questo punto... sì, ti aiuterò."
OOO
Lentamente, con riluttanza, Rakau staccò le labbra dalle labbra di Veldhris. Il cuore le batteva tumultuoso nel petto, facendo eco al battito del cuore della cantante, ed entrambe avevano il fiato corto per la violenza del desiderio che le agitava.
Veldhris le si aggrappava addosso, rifiutandosi di lasciarla. "Tienimi, tienimi stretta", la supplicò con voce soffocata.
Rakau deglutì a fatica, la gola secca, e solo grazie alla sua forza di volontà riuscì a sottrarsi alle lusinghe di quel corpo fremente abbandonato contro il proprio e dalla malia di quello sguardo languido che luccicava tra le lunghe ciglia socchiuse. "Non è ancora il momento", mormorò, rauca, scostando le braccia di Veldhris, che gliele aveva annodate attorno alla nuca. "Dobbiamo pazientare."
"No, ti prego", protestò la cantante, debolmente. Tuttavia, lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, così Rakau poté arretrare d'un passo. "Sei crudele", l'accuso Veldhris, nel tono di una bimba ferita ed imbronciata.
"Non è crudeltà, credimi", la rassicurò Rakau, bisbigliando perché non si sentiva ancora sicura della propria voce. "Ti desidero da impazzire, ma dobbiamo aspettare."
"Perché?!" gridò Veldhris, pestando un piede e lanciandole un'occhiata di fuoco. "Mi stai umiliando, te ne rendi conto?"
Impreparata alla sua reazione, Rakau la fissò senza sapere che cosa risponderle.
"Mi sto offrendo a te, e tu mi respingi!" proseguì Veldhris, a mo' di spiegazione. "Stai attenta: potrei cambiare idea e non volerti più... mai più!"
Un sorriso affiorò alle labbra della Signora di Draghi: la stava minacciando! Che impudente... e che adorabile! "Non sentirti offesa, Veldhris, mia bellissima principessa", la blandi. "È una tortura per me come per te, quest'attesa. Si tratta solo di un giorno e mezzo. Posdomani a mezzogiorno in punto sarai mia, e Luce e Oscurità si uniranno come noi uniremo i nostri corpi e le nostre menti."
Veldhris guardava per terra, il capo reclinato da un lato. Quando Rakau ebbe terminato, lasciò passare qualche istante, poi mormorò. "Fino ad allora, stammi lontano."
Rakau annui, comprendendo. "Sì, è meglio. Sarebbe insopportabile stare vicine e non potersi toccare."
Veldhris assenti a sua volta, poi si girò e lasciò il terrazzo.
La Signora di Draghi la seguì con lo sguardo finché non scomparve nella tromba delle scale, poi si voltò verso la città, su cui le ombre della sera cadevano veloci. Con un'esclamazione d'irrefrenabile trionfo, colpì con i pugni il parapetto e poi vi si appoggiò, contemplando dall'alto, come una dea, il mondo circostante. E come una dea aveva tutto il diritto di sentirsi, perché non le mancava più nulla degli attributi divini: era immortale, aveva il potere assoluto sull'Oscurità e tra poco, tramite la Portatrice della Corona, anche quello sulla Luce.
Veldhris era sua, e con lei la metà dell'Universo che altrimenti non avrebbe mai potuto avere.
Un sorriso incurvò la bocca della Detentrice delle Quattro Pietre mentre i suoi occhi osservavano le stelle che si accendevano in cielo: adesso nulla più poteva impedirle la conquista del resto del mondo. E poi... le stelle stesse, che ora brillavano lassù, altere e sdegnose, l'avrebbero riconosciuta come loro Signora e Padrona.
Perché il Potere Luminoso, irrimediabilmente, era caduto.
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