Capitolo XIII: Interludio
Capitolo XIII: Interludio
In quel cupo castello, in cui era impossibile immaginarsi l'animata vita di corte che si teneva al Verde Palazzo di Tamya, le uniche distrazioni erano la musica, il gioco della dama – che i sette stranieri non conoscevano – e quello dei dadi, oltre che alle cavalcate, le quali sarebbero però cominciate solo quando i loro destrieri fossero giunti dal torrione del Maliscalco Zonev.
Nel frattempo le giornate passavano monotone. Veldhris si annoiava e la sua vena poetica ne risentiva, giacché dopo aver rifinito Inno all'Unicorno, ispiratole dalla vista delle sconfinate pianure nella Kirtonia oltre il Lago dalle Acque Nere, non aveva più né scritto versi né composto musica e nemmeno cantato.
Neys s'informò riguardo alle armi che avevano perso nel naufragio e ne procurò di nuove per tutti gli ospiti: un grande arco di frassino per Sekor con una faretra piena di frecce, un'enorme ascia per Roden e due archi più piccoli in legno di tasso per Kareth e Kejah. Freydar e Mikor, che erano riusciti a conservare le loro spade, ricevettero due coltelli da caccia della particolare foggia ricurva dei kirton; Freydar, che aveva perduto la sua cotta di maglia nel naufragio, se ne vide consegnare una nuova, più leggera ma, in virtù dell'abilità metallurgica dei loro ospiti, più resistente della precedente.
Quanto a Veldhris, in sostituzione del pugnale disperso nella furibonda lotta contro il Kraken, si vide porgere due stiletti affilati come rasoi, molto sottili e perfettamente bilanciati, ideali per essere nascosti nelle maniche e venir lanciati a distanza. Naturalmente la cantante non aveva idea di come usarli, così Esteya, la giovane seconda moglie di Coriv, essendo un'esperta si offrì di insegnarle.
Nirvor tardava, ma Veldhris non si preoccupava: a parte il fatto che un comune mortale non aveva alcun bisogno di preoccuparsi per un essere ultraterreno come l'Argentea, la cantante sentiva, proprio come aveva sentito il richiamo della Maga Rova, che Nirvor non era in pericolo, per cui stava tranquilla ed attendeva il suo ritorno senza ansia, cercando invece di godere di quell'inaspettata pausa di relativa serenità.
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Un mattino all'alba, Kareth si svegliò da un sogno che l'aveva turbata pur senza che riuscisse a fissarlo nella memoria. Incapace di riaddormentarsi e sentendosi nervosa, la cacciatrice balzò dal letto, si vestì in fretta, agguantò l'arco e scese al pianterreno, cercando il cortile piccolo del castello, dov'era stato allestito, appositamente per lei, Kejah e Sekor, un tiro al bersaglio. Era strano, ma scoccar frecce una dietro l'altra le calmava sempre i nervi, ed anche quel mattino, nel castello ancora addormentato, Kareth si sfogò contro il bersaglio, senza la consueta precisione ma con lo stesso entusiasmo di sempre. A poco a poco si rilassò e, a dimostrazione del fatto, le frecce cominciarono a piantarsi regolarmente nel centro esatto del bersaglio; ma poco dopo la sua tranquillità appena conquistata andò di nuovo all'aria, perché nel cortile pose piede Neys.
Appena lo vide, ancora fermo sulla soglia a guardarla, Kareth sentì una strana oppressione alla bocca dello stomaco ed il cuore le diede un balzo nel petto.
Neys s'accorse che lei l'aveva visto. "Buongiorno", la salutò disinvoltamente, avanzando nel cortile con il suo passo elastico. "Ti sei svegliata presto, stamattina."
Kareth lo osservò avvicinarsi, senza rendersi conto che lo stava divorando con lo sguardo. Dopo un attimo, s'accorse di non aver risposto. "Uh, sì, a volte mi capita", riuscì a spiccicare, dandosi subito mentalmente della stupida per non essere riuscita ad assumere un contegno spigliato. Distolse bruscamente gli occhi e tornò a fissare il bersaglio, su cui campeggiava un'unica freccia piantata esattamente nel centro.
Neys seguì la direzione del suo sguardo. "Bel tiro", commentò.
"Grazie", rispose lei automaticamente. Ardeva dalla voglia di sapere cosa ci fossi venuto a fare Neys lì. Forse l'aveva vista scendere? E se sì, perché l'aveva seguita? O era solo un caso?
"Qui in Kirtonia l'uso dell'arco è poco diffuso", stava dicendo il giovane, ignaro del turbamento di lei. "Le nostre armi tradizionali sono la spada e la lancia. Abbiamo squadre specializzate nell'uso dell'arco, ma da quanto ho visto in questi giorni, tu, Kejah e Sekor siete molto più bravi del migliore dei nostri arcieri."
"Siamo dei campioni, presso la nostra gente", disse Kareth, lieta che la conversazione si mantenesse sul generale.
"Davvero? Sarebbe magnifico se poteste insegnare la vostra tecnica ai nostri arcieri, migliorerebbero certo in poco tempo. Pensi che si possa fare?
Kareth annuì. "Sarò lieta di rendermi utile", disse. "E penso anche mia sorella e il principe Sekor."
Prese una freccia per incoccarla. Neys seguì attentamente i suoi movimenti mentre tendeva l'arco, prendeva la mira e scoccava.
"Un altro centro perfetto", commentò il giovane, nella voce un evidente tono ammirato. "Non ho mai preso un arco in mano in vita mia", proseguì poi. "M'insegneresti?"
Kareth si girò a guardarlo, sorpresa e lusingata; lui la fissando con quei suoi occhi straordinariamente luminosi che le fecero aumentare le pulsazioni del cuore. Con uno sforzo, dominò l'emozione. "Beh, se lo desideri, ne sarò felice", riuscì infine a rispondere con voce abbastanza naturale.
Neys le fece un gran sorriso che distrusse all'istante l'appena conquistata calma e, per darsi un contegno, la cacciatrice tornò ad imbracciare l'arco, afferrando una freccia. "Ecco, vedi, c'è una scanalatura sul fondo dell'asta, dove la freccia va appoggiata alla corda", cominciò a spiegare, nel tono più neutro che riuscì a produrre. "Qui c'è una tacca", proseguì, muovendo l'indice della mano sull'arco per fargli vedere, "Ci si appoggia l'altra estremità dell'asta", eseguì, poi sollevò l'arma e la tese. "Freccia e braccio devono formare un'unica linea perfettamente dritta, così."
Scoccò e, immancabile, la freccia finì nel centro del paglione, accanto alle altre.
"Bravissima!" esclamò Neys con entusiasmo.
Kareth fece un piccolo sorriso, sforzandosi di non farsi emozionare troppo dal suo complimento e di restare impassibile come richiedeva il suo ruolo di istruttore improvvisato. "È importante trattenere per un attimo il fiato, prima di scoccare", puntualizzò. "Il minimo spostamento può far completamente mancare il bersaglio", gli porse l'arco. "Prova tu, adesso."
Neys prese l'arma ma, poiché era mancino, la impugnò con la destra, dovendo poi tendere la corda con la sinistra. Kareth gli aggiustò la presa sull'impugnatura, poi gli passò una freccia, che Neys incoccò con movimenti piuttosto impacciati.
"Ora tendi l'arco", lo istruì Kareth. "Vacci piano: è calibrato su di me e la tua forza è maggiore della mia. Ora allinea freccia e braccio, così", gli toccò il gomito per farglielo abbassare, dato che lo stava tenendo troppo alto in un modo piuttosto frequente tra i principianti. "Prendi la mira, trattieni il respiro e scocca."
Neys obbedì e la freccia colpì il bersaglio, sebbene lontano dal centro.
"Che maldestro!" sbottò il giovane, confrontando la posizione del dardo.
Kareth ridacchiò. "Perlomeno hai colpito il paglione", lo consolò, incoraggiante. "Ho visto abili arcieri cominciare senza neanche sfiorarlo, compresa la sottoscritta."
"Non si direbbe proprio, adesso", commentò lui, girandosi a guardarla. In quel momento il sole, ancora basso sull'orizzonte, fece capolino nel vano della porta che dal cortile si apriva su un terrazzo dominante la città. Un raggio dorato infiammò i capelli sciolti di Kareth, facendoli brillare simili ad oro rosso, e Neys s'incantò a guardarla. Negli occhi gli apparve un'espressione tanto colma d'ammirazione e di desiderio che Kareth si sentì venir meno. Contraccambiò del tutto inconsciamente quella stessa espressione, lo sguardo perduto, il respiro sospeso.
"Kareth..." mormorò Neys con voce bassa e sognante. Il suo strano accento rese il nome come una cosa viva, tenera e palpitante.
La cacciatrice tremò, piena d'aspettativa ma anche, misteriosamente, di timore. Le tornava a sprazzi la memoria del sogno fatto quel mattino e le sue pupille si dilatarono, esprimendo sgomento, quando Neys si chinò verso di lei.
"Ah, sei qui! Ti ho cercata per mezzo castello!"
La squillante voce di Kejah frantumò l'incantesimo di silenzio e seduzione come una costruzione di cristallo. In un altro momento, con un'altra persona, Kareth si sarebbe sentita irritata, o divertita: adesso, invece, con sua somma sorpresa senti soltanto sollievo e, voltandosi in fretta verso la gemella, le fece un allegro cenno di saluto che mascherava l'imbarazzo. "Ehilà, Kejah!" esclamò. "Vieni anche tu a tirare con l'arco! Lo sto insegnando a Neys, che si è già rivelato un allievo promettente..."
Arrivando, Kejah non s'era accorta della presenza del Giovane Kirton. Capì subito che c'era qualcosa di strano vedendolo arretrare in fretta d'un passo e allontanarsi da Kareth, ma ormai era troppo tardi per una ritirata strategica. Così, non le restò altro che raccogliere l'invito della sorella ed avanzare nel cortile cercando di assumere un'aria del tutto ignara, cosa quanto mai difficile tenuto conto dell'espressione imbarazzata e delusa che si leggeva in faccia a Neys. Ma perché Kareth pareva tanto ansiosa di aver vicino la gemella? Kejah non l'aveva mai vista così a disagio, in presenza di un uomo.
Non poteva certo sapere che Kareth era rimasta sconvolta dall'improvviso riaffiorare del ricordo del sogno, un sogno pieno della conturbante presenza di Neys...
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La serenità di Veldhris in quei giorni era turbata da una cosa soltanto: il comportamento di Sekor, che aveva cominciato a corteggiarla apertamente, senza più far mistero dei propri sentimenti per lei, che durante il viaggio aveva tenuto da parte pensando giustamente che non fosse il momento. Ora Veldhris non sapeva proprio come fare a respingerlo senza ferirlo, ma un giorno, fatalmente, accadde l'inevitabile.
Due volte la settimana, nella piazza di fronte al portone d'ingresso di Kirton, si teneva mercato. Veldhris pensò di recarvisi, non tanto per comprare qualcosa, poiché non aveva denaro, quanto per distrarsi un poco. Re Oolimar aveva dato loro della polvere d'oro – non monete, il cui particolare conio poteva destare indesiderate curiosità – ma era andata perduta con il resto di bagagli nel Lago dalle Acque Nere. Per fortuna, Veldhris aveva avuto il bel medaglione donatole dal Re del Fiordo al collo e perlomeno quello si era salvato dal naufragio.
Essendo Kareth e Kejah, come spesso accadeva, impegnate a tirare con l'arco, Veldhris cercò Roden, ma non trovandolo si risolse ad andare da sola, accompagnata da Rollie che, al solito, non riusciva a tener a freno la propria vivacità. Nell'atrio incontrò Mikor e Sekor, che erano stati alle scuderie a controllare la sistemazione dei loro cavalli, appena giunti dal torrione di Zonev. Mikor la salutò appena con un cenno del capo e passò oltre, ma Sekor si fermò. "Salve, Veldhris, stai uscendo?" s'informò cortesemente.
"Sì, sto andando al mercato", rispose lei con un sorriso spontaneo.
Il principe le si affiancò. "Ti accompagno, se ti fa piacere."
"Ma certo, volentieri", rispose lei, lieta della compagnia.
Con Rollie che trotterellava alle loro calcagna, i due giovani uscirono nel mattino freddo e luminoso, scendendo lungo la strada a spirale fino al livello più basso. Una folla imbacuccata in mantelli e abiti pesanti si accalcava nella piazza di fronte al cancello d'ingresso alla città e gli strilli dei venditori s'incrociavano senza sosta nell'aria cristallina, sovrapponendosi e mescolandosi in un vocio animato che metteva allegria. Era piacevole osservare la mercanzia esposta e la gente che affollava il mercato, e Veldhris e Sekor comminarono lentamente tra le bancarelle facendo un giro completo scambiandosi osservazioni, stupite o divertite a seconda di quello che vedevano, con le nuvolette di vapore che uscivano dalla bocca come fumo bianco. Il freddo era intenso, ma i due giovani non ci badavano e Rollie, esuberante e curioso come suo solito, men che meno.
Un paio d'ore dopo rientrarono al castello, dove trovarono rifugio in una saletta dotata di caminetto. Un paggio premuroso chiese loro se volevano del latte caldo con un goccio di vodai, il forte liquore dei kirton distillato dalla buccia delle patate, ed essi accettarono con gratitudine.
Bevendo, rimasero per qualche tempo in silenzio. Rollie si accucciò davanti al fuoco, mentre Veldhris si perse nei suoi pensieri, senza accorgersi di come Sekor la stava guardando.
"Questa pausa ci voleva", osservò infine il principe, interrompendo quel quieto silenzio. "Non sei d'accordo, Veldy?"
La cantante trasalì leggermente, sia per la particolare intonazione della voce di Sekor, sia per l'uso del suo diminutivo. "Sì, concordo", rispose, controllandosi. "Eravamo tutti stanchi e stremati dalla tensione. Sono passati ben tre mesi dalla partenza da Zarcon, e da allora non abbiamo mai fatto una sosta per riposarci come si deve."
"È vero", confermò Sekor. "Ne abbiamo affrontati, di pericoli, da quando abbiamo lasciato Tamya: le Maleterre, i Vampiri, gli Spettri delle Paludi, le Brughiere Aride, e tu e Freydar le Arpie. E da ultimo, il Kraken. Per un po', almeno, potremo dimenticarci di tutto e dedicarci soltanto a noi stessi."
Veldhris sentì pesare su di sé lo sguardo ardente di Sekor. Sentendosi a disagio, evitò di ricambiarlo, bevve l'ultimo sorso di latte e si allungò per posare la tazza sul tavolo, ma Sekor gliela prese di mano sfiorandole le dita in una carezza intenzionale. A quel punto, la cantante su costretta a guardare in quegli occhi lucenti e, comprendendone il messaggio, fece per ritrarsi, ma il principe depose rapido la propria tazza, la prese tra le braccia e posò le labbra su quelle di lei.
Veldhris, leggermente stordita dal liquore e illanguidita dal calore della stanza, non si sottrasse al bacio, né la cosa le dispiacque veramente, perché Sekor in fondo le piaceva molto, anche se non nel modo in cui lui avrebbe desiderato. Inoltre, la stava baciando in modo gentile e delicato, senza cercare di forzarla.
Lentamente, Sekor le lasciò le labbra. I suoi occhi azzurri brillavano di passione mentre scrutavano il volto di Veldhris.
Da parte sua, Veldhris sentiva il cuore batterle tumultuosamente nel petto, ma non per l'emozione cagionata dal bacio, bensì per la consapevolezza di star per dare un dolore ad una persona che le era cara.
"Veldy, è da molto tempo che desidero dirtelo", mormorò il principe con voce emozionata. "Ti amo. Credo di essermi innamorato di te fin dal giorno in cui hai cantato al Verde Palazzo per il compleanno di mio padre..."
"Sekor, ti prego", lo interruppe lei, in tono implorante.
Sekor s'interruppe, perplesso, ed un'ombra oscurò i suoi begli occhi, forse il presentimento di quanto lei stava per dirgli.
Veldhris era combattuta: Sekor le aveva più volte dimostrato la propria lealtà e devozione, difendendola anche davanti al fratello maggiore, cui doveva rispetto anche come suddito, ed inoltre aveva altre qualità che lo rendevano attraente: l'intelligenza, lo spirito, il coraggio, la mitezza. Era giusto che lei lo respingesse senza appello come innamorato? C'era il rischio di perdere la sua amicizia e questo lei non lo voleva. D'altro canto, non poteva né voleva fingere un sentimento che non provava, perché ingannarlo le ripugnava ancor più che ferirlo.
"Mi dispiace, Sekor", riprese, parlando con voce bassa e afflitta. "Non sai quanto mi dispiace... Speravo di non dovertelo dire, ma... io non ti amo."
Non appena ebbe pronunciato le parole, si sentì sollevata, liberata come da un peso, ma il dolore che lesse negli occhi del principe le fece sanguinare il cuore.
"Lo temevo", mormorò lui, tristemente, lasciandola andare. "Eppure avevo una tenue speranza, perché sono sicuro di essere più di un semplice amico, per te..."
"E lo sei", gli assicurò Veldhris con sincerità. "Abbiamo condiviso il dolore e il pericolo, affrontandoli fianco a fianco: come potresti essere soltanto un amico? Mi sei caro, Sekor, come un fratello o il cugino che in effetti sei. Mi sei caro, ma non posso accettarti come innamorato, non finché non ricambio il tuo sentimento."
Si pentì subito dell'infelice scelta delle parole dell'ultima frase, perché una fioca luce tornò ad illuminare lo sguardo del principe. "Vuoi dire che ho una speranza? Che un giorno pensi di potermi contraccambiare...?"
"C'è sempre speranza nella vita, Sekor", disse lei, pacatamente. "Ma in questo caso, non posso lasciare che tu ti illuda. Onestamente, non posso, non sarebbe giusto."
Lui annuì mestamente e Veldhris maledisse il destino che l'aveva costretta ad essere crudele con una delle persone più gentili che avesse mai conosciuto. Sperava con tutto il cuore che Sekor non le serbasse rancore: era un uomo di animo generoso, ma forse chiedergli di rimanere amici era pretendere troppo anche da lui, perciò non osò porgli la domanda.
"Sarà meglio che torni nella mia stanza", mormorò. Si alzò lentamente, sperando che Sekor le dicesse qualcosa, che alleviasse con una parola l'oppressione che sentiva al petto, ma il giovane, lo sguardo perso nel fuoco, non aprì bocca.
Con un fischio leggero, Veldhris chiamò Rollie ed uscì, le spalle afflosciate. Il passo che aveva fatto le era costato molto, e ne risentiva.
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Quello stesso giorno, Kareth era giunta alla conclusione che stava vivendo un'esperienza del tutto nuova per lei: per la prima volta in vita sua si sentiva fortemente attratta da un uomo, Neys, ma non aveva il coraggio di dimostrarlo apertamente, com'era consuetudine presso il Popolo della Foresta. Forse era la maggior riservatezza di comportamento dei kirton ad impedirglielo, o forse la consapevolezza che quello che provava per il giovane andava ben al di là di quanto aveva fino ad allora sperimentato: la mera attrazione fisica, peraltro fortissima, si mescolava ad una misteriosa, oscura corrente sotterranea, che l'attirava verso Neys, seducendola e però spaventandola assieme. Ma non era tutto: in Kareth si era creato il timore di essere respinta, prospettiva che non l'aveva mai toccata finora, non per presunzione, ma proprio per la superficialità di sentimenti che finora aveva provato verso i rappresentanti dell'altro sesso.
Decise così di parlarne alla gemella, prima che scendessero per il pranzo, che consumavano assieme al re ed ai suoi familiari.
"Infatti ho notato che ti comporti in modo strano, ultimamente", ammise Kejah. "Davvero ti senti così turbata?"
C'era una nota vagamente dubbiosa nella sua voce, ma Kareth, presa com'era dei propri pensieri, non la senti. "Sì, è così. Non mi era mai capitato prima: quando lo vedo, sono tentata di fargli uno di quei sorrisi assassini che ci divertivamo a fare a Tamya, ricordi, quando volevamo attirare l'attenzione di qualche bel ragazzo, ma mi sento sopraffatta da una timidezza mai provata, direi assurda conoscendomi come mi conosco."
"Ma forse ti conosci male", osservò Kejah con buon senso. "Sorella, sai che ti dico? Nessuno è immune all'amore, nemmeno tu. Finora non ti sei mai innamorata veramente, perciò adesso ti ritrovi disorientata, impreparata, impaurita. Non riesci a capirti, a capire lui, se gli piaci o meno come lui piace a te ..."
Tacque, attendendo la reazione della gemella.
Kareth la fissò, pensierosa. "Credi che sia questo?" domandò infine. "Che mi stia innamorando, innamorando sul serio? Eppure lo conosco da così poco tempo..."
"Non c'è un tempo fisso per innamorarsi: a volte basta un'ora, a volte non basta una vita intera. Chi vivrà, vedrà."
Kareth sembrò rasserenarsi e sorrise alla gemella con gratitudine, quindi tornò nella sua stanza per cambiarsi.
Dal canto suo, improvvisamente Kejah si ritrovò in uno stato vicino alla tristezza. Il consiglio che aveva dato a Kareth era infatti quello che lei stava seguendo con Sekor: dar tempo al tempo. Sapeva che il principe era innamorato di Veldhris, ma sapeva anche che la cugina adottiva provava solo dell'affetto fraterno per lui. Certo, continuare a tenersi in disparte significava che c'era il rischio che Veldhris finisse con il ricambiare l'amore di Sekor, ma Kejah pensava che fosse improbabile: un paio di volte aveva colto uno strano sguardo negli occhi della cugina, uno sguardo che invariabilmente era rivolto a Freydar. Che il bel capitano avesse fatto breccia nel suo cuore? In ogni caso, il giorno in cui Sekor si sarebbe rassegnato, Kejah era sicura che l'avrebbe finalmente notata. E lei sarebbe stata lì ad attenderlo perché, ne era certa di quella certezza misteriosa che viene dal più profondo di noi stessi, nessun altro uomo avrebbe potuto mai farlo innamorare così. Sekor era stato creato per lei: restava da sapere se lei era stata creata per lui...
Malinconicamente, Kejah misurò la distanza che la separava dalla spensierata ragazza che era stata a Tamya, quando lei e Kareth si divertivano con una girandola di corteggiatori sempre diversi, senza il minimo problema sentimentale...
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Quattro giorni dopo ricorreva il genetliaco di Neys, che compiva ventiré anni. Secondo le austere costumanze dei Kirton, non vi furono feste pubbliche, né tornei o gare, come accadeva invece presso il Popolo della Foresta o a Zarcon, ma ci si limitò ad un banchetto cui furono invitati anche i sei di Tamya e Freydar, oltre che esponenti dell'autorità civile e militare presenti in quel momento in città. Zonev, il Maliscalco del Confine Meridionale, non era fra loro, essendo ancora in servizio nel torrione vicino al Lago dalle Acque Nere.
Il banchetto, allietato dalla presenza di alcuni bardi dotati di cetra, era forse un po' rozzo agli occhi dei più raffinati invitati provenienti dal sud; quanto a vivande, però, non aveva nulla da invidiare a quelli cui avevano finora partecipato, decise Veldhris, confrontando il gustoso cibo che aveva nel piatto con le pietanze assaggiate a Tamya ed a Zarcon. Qui, le portate erano tutte a base di carne: cervo, daino, stambecco giovane, capretto, porcellino da latte, oca, ma anche animali sconosciuti ai sette stranieri, come renna, bisonte e camoscio, Non c'era vino, poiché la vite non cresceva in Kirtonia, paese troppo freddo per quella pianta, ma il sidro che fu servito era squisito e si sposava magnificamente con i sapori della cucina locale.
Ad un certo punto, mentre regnava ormai un'allegra confusione, Veldhris si alzò e chiese al Kirton il permesso di parlare. Coriv, senza tanti complimenti, batté il pugno sul tavolo e ruggì che voleva silenzio; non appena lo ottenne, Veldhris parò ad alta voce. "Presso la mia gente, nel sud, è consuetudine, nel giorno del compleanno, fare un regalo al festeggiato. Giacché non eravamo stati avvertiti della lieta ricorrenza, non abbiamo potuto provvedere: così, ho pensato di riparare alla mancanza con una canzone, se mi è permesso."
S'interruppe e guardò Neys, che aveva voluto al suo fianco le gemelle, Kareth a destra e Kejah a sinistra.
Il Giovane Kirton si alzò a sua volta. " Vi ringrazio, Altezza: sarò felice di ascoltarvi", dichiarò sorridendo.
Veldhris poté intuire, più che sentire, che le sue parole erano più una manifestazione di cortesia che non di autentico interesse, ma non se n'ebbe a male: dopotutto, non l'aveva mai udita a cantare. Scostò la sedia, quasi inciampando nell'abito un po' troppo lungo che Esteya, la moglie di Coriv, le aveva prestato, e si portò al centro del ferro di cavallo formato dalle tavole accostate, di fronte a Neys. Poi chiese ad uno dei bardi di darle la cetra per accompagnarsi, evitando così di usare lo yord, che era uno strumento sconosciuto al di fuori dei confini del Regno del Vespro e che poteva suscitare troppa curiosità. Infine intonò una canzone, una ballata che parlava di caccia e d'amore.
"...Egli era il più grande tra i cacciatori
le sue frecce infallibili ogni preda raggiungevano
ma un bel dì tra i fiori
incontrò una fanciulla dai capelli d'ebano.
D'improvviso si spuntarono nella faretra le frecce
ed il cacciator intrepido divenne preda
di quelle lunghe seriche trecce..."
In verità Veldhris avrebbe preferito poter dedicare a Neys la canzone ispiratale dalla vista delle sconfinate praterie coperte di neve della Kirtonia, ma Inno all'Unicorno poteva essere preso per una canzone sovversiva, un incitamento alla ribellione contro la tiranna Rakau, e pertanto la cantante, per tema di spie, era stata costretta a scegliere diplomaticamente questa.
Mentre Veldhris cantava, seguita con crescente interesse dal pubblico, Freydar ebbe agio di osservarla come da lungo tempo non ne aveva più avuto l'occasione. Quelle interminabili settimane di viaggio difficile e di fatiche spesso estenuanti, notò il principe, non avevano lasciato tracce evidenti sul fisico della cantante, che continuava ad essere curvilineo e morbido. Il viso era forse un po' smagrito, rendendo ancora più grandi gli occhi verdi che ora, nel fervore del canto, si erano illuminati, ma il corpo conservava intatte le sue mirabili forme tornite, che si indovinavano sotto le pieghe del lungo abito bianco e rosso.
Con stupore misto ad incredulità, Freydar dovette ammettere di trovare Veldhris irresistibilmente attraente. A lui erano sempre piaciute le donne alte e slanciate, più simili quindi alle gemelle Kareth e Kejah che alla cantante a pochi metri di distanza da lui. Perché dunque Veldhris lo attirava tanto?
All'improvviso, il ricordo dell'esperienza vissuta nel Regno Sotterraneo, durante la Cerimonia del Passaggio, gli suscitò nella mente un'immagine vivissima che, per un istante, si sovrappose di prepotenza alla scena che stava contemplando. Si rivide nell'arena, con Veldhris tra le braccia, voluttuosamente abbandonata ed offerta, calda e palpitante sotto l'abito trasparente, ed un brivido gli strisciò dalle reni alle spalle, facendogli venire la pelle d'oca. Aveva evitato di ripensare all'accaduto nelle ultime settimane, imponendosi di relegare tutto nel dimenticatoio: così sembrava aver fatto anche Veldhris, che non aveva modificato in nulla il proprio atteggiamento verso di lui, apparentemente immemore di quanto era successo tra di loro. A quanto pareva, però, pensò Freydar corrucciato, i suoi sforzi erano stati vani: non si sarebbe scordato tanto facilmente di quei baci infuocati, di quelle carezze ardite, e non gli serviva a niente pensare che era stato solo per effetto dello zidar che tutto ciò era potuto accadere.
A disagio per quelle considerazioni, il capitano lanciò un'occhiata di sottecchi a Sekor e lo vide fissare Veldhris con espressione rapita. Per la prima volta gli balenò l'idea della rivalità tra di loro: sentì un morso gelido serrargli lo stomaco per il solo fatto che l'altro conosceva Veldhris da più tempo di lui.
L'applauso che seguì l'esibizione di Veldhris fu fragoroso e spontaneo. La bravura della cantante e la sua voce incantevole avevano trovato l'incondizionato favore del pubblico, tanto che per altre due volte, nel corso della festa, con sua grande soddisfazione ed emozione fu chiamata, a furia acclamazioni, a cantare ancora.
Bruscamente strappato alle sue meditazioni, Freydar s'impose di non pensarci più e di dar retta alla bella biondina, figlia di uno dei dignitari invitati, che gli sedeva al fianco.
Il banchetto procedette più allegramente che mai, innaffiato dal sidro più buono e più forte della Terra degli Unicorni. Kareth, seduta alla destra di Neys, non si sentiva però completamente partecipe al generale buonumore. Era turbata: capiva che non era solo la bevanda inebriante a farle girare la testa, ma anche e soprattutto lo sguardo che coglieva negli occhi di Neys, sguardo dal significato inequivocabile. Sapeva di avere quella stessa espressione nei propri occhi e questo la rendeva acutamente consapevole che si stava avviando su un terreno insidioso da cui tuttavia non riusciva a stare lontana.
Infine, Neys le posò una mano sulla sua e Kareth lo guardò: il giovane era chino verso di lei e la fissava con i suoi luminosi occhi azzurri. Per un lungo minuto, ignorando il chiasso attorno a loro, si persero l'uno nello sguardo dell'altra.
"Mi rendo conto che le usanze della tua terra possono essere molto diverse da quelle della mia e per questo ho timore di offenderti", disse finalmente Neys a bassa voce. "Se lo faccio, ti prego di perdonarmi, ma non riesco a aspettare ancora: Kareth, vuoi dividere il letto con me?"
Tanta schiettezza la trovò impreparata, perché i costumi più rigidi dei Kirton l'avevano indotta a pensare che simili richieste dovessero essere poste in modo assai più velato, diversamente che nella Foresta del Vespro.
Si riprese dallo stupore. "Sì, lo voglio", disse con uguale schiettezza.
Gli occhi di Neys mandarono un lampo, mentre la bocca si piegava agli angoli nell'accenno di un sorriso tra il soddisfatto ed il sollevato.
"Andiamo, allora", la esortò sottovoce. Tenendola per mano, si alzò e la condusse fuori, lungo il corridoio e poi su per una scala che portava ai piani superiori, fino alla propria stanza. Questa, con il resto della dimora, era arredata con semplicità e gusto guerriero, con spade, lance e scudi appesi qua e là ai muri, ma le stuoie che ricoprivano il pavimento, le pellicce sul letto ed il fuoco che ardeva nel grande caminetto creavano un'impressione di inaspettata comodità in quell'ambiente rude.
Senza parlare, Neys prese Kareth tra le braccia, piegò il capo biondo e la baciò.
La cacciatrice rimase scossa dall'intensità dell'emozione che le suscitò quel bacio, il loro primo bacio, e lasciandosi sfuggire un suono soffocato dal fondo della gola si aggrappò al collo del giovane, ricambiandolo appassionatamente. Schiuse la bocca e così fece Neys, e le loro lingue si accarezzarono reciprocamente in un intreccio sensuale che infiammò entrambi.
Neys infine si scostò, pur continuando a tenere Kareth stretta contro di sé. La contemplò: nel bagliore delle fiamme, i suoi capelli, trattenuti in una treccia elaborata, brillavano come fossero anch'essi di fuoco. Lentamente le sciolse l'acconciatura, rimuovendo forcine e nastri e lasciandoli cadere a terra; la lunga chioma, libera da costrizioni, le ricadde sulle spalle e sulla schiena come un manto di seta d'oro rosso.
"Come sei bella, Kareth", mormorò il giovane, incantato.
Lei sorrise lievemente a quel complimento, facendo balenare tra le morbide labbra i denti bianchi come perle.
Di nuovo si baciarono, perdutamente. Premuta contro il corpo muscoloso di Neys, Kareth si sentiva stordita dal suo profumo virile; le forze parvero venirle meno per indurla ad una resa dolce e desiderata, e si abbandonò tra quelle forti braccia che la stringevano fermamente, ma anche gentilmente.
Con un gemito sordo, Neys la sollevò per trasportarla verso il letto, dove la depose per poi sdraiarsi accanto a lei. L'ammirò alla luce guizzante del fuoco, che la illuminava dal fondo del letto, prima di chinarsi a baciarla nuovamente.
La cacciatrice sollevò le braccia, circondandogli il collo, e lo trasse più vicino. Mentre le loro lingue tornavano a vezzeggiarsi reciprocamente, le parve che il sangue nelle sue vene si fosse trasformato in rovente metallo fuso, incendiandola. Un basso lamento le sfuggì dalla gola, pieno di un desiderio intenso e travolgente, che trascendeva la carne e toccava il suo cuore in un modo che non aveva precedenti. "Neys..." sospirò contro le labbra del giovane.
Dolcemente, il Giovane Kirton le depose piccoli baci sulla mascella, scendendo sul collo e poi sul petto che si sollevava e abbassava nel suo respiro accelerato. Allo stesso tempo, passò la mano che teneva attorno alla sua vita sul davanti, facendola salire fino a chiuderla a coppa attorno ad un seno. Con il pollice, accarezzò il capezzolo che premeva contro la stoffa dell'abito ed un altro sospiro sfuggì dalle labbra di Kareth. Lentamente, Neys cominciò a disfare il nodo che tratteneva i lacci sul bustino del vestito; pochi momenti dopo, il seno di Kareth, piccolo e perfetto, si rivelò agli occhi di Neys, il cui sguardo divenne famelico. Rapido, abbassò la testa e prese un apice roseo tra le labbra, suggendolo e lambendolo delicatamente con la lingua.
Con un gemito di piacere, la cacciatrice infilò le dita tra i capelli del suo amante e sollevò il busto per offrirsi maggiormente alle sue labbra ardenti.
Si spogliarono a vicenda, scoprendosi con crescente impazienza, infiammandosi a vicenda sempre più con baci e carezze via via più audaci.
Kareth ammirò apertamente il fisico statuario di Neys, forgiato da anni di intenso addestramento con le armi; la sua virilità svettava da un nido di riccioli dorati, pronta a congiungere i loro corpi affamati l'uno dell'altro. Sentendosi smaniosa come mai prima in vita sua, Kareth schiuse le gambe in un gesto di chiaro invito.
Lo sguardo di Neys divenne rovente alla vista del tesoro femminile di Kareth, ombreggiato da una nuvola color del rame, rorida di desiderio.
Vedendo la sua espressione avida, Kareth sentì un'altra vampata di calore nelle proprie viscere. Tese le braccia, vogliosa di sentirlo dentro di sé, ma Neys non raccolse subito la sua richiesta ed invece allungò la mano, percorrendo in un'ardita carezza il solco muliebre bagnato della linfa del desiderio.
Sopraffatta, Kareth emise un lamento amoroso colmo di una tale bramosia, che Neys non riuscì a resistere oltre. Aveva progettato di baciarla intimamente per portarla sull'orlo del compimento prima di fondere le loro carni, ma vi rinunciò, seppure solo momentaneamente, e si adagiò invece su di lei, le gambe tra quelle di lei. Sentì la punta della propria virilità insinuarsi nelle soffici pieghe di quel delizioso corpo femminile offerto e si trattenne, ma Kareth vanificò i suoi piani sollevando il bacino per incontrarlo, così completando la loro unione.
Entrambi gemettero di piacere nel sentirsi infine un corpo solo.
Incapace di frenarsi, Kareth cominciò a muoversi. Travolto dall'impazienza della sua compagna, Neys rispose con movimenti in perfetto controtempo, incrementando il godimento reciproco in un crescendo sempre più convulso che, in brevissimo tempo, li portarò in vetta, scagliandoli nel vortice di una delizia così acuta da farli gridare per l'appagamento e per la meraviglia.
Ansanti, coperti di un velo di sudore, si afflosciarono l'uno tra le braccia dell'altra.
OOO
Veldhris si accorse della fuga di Kareth e Neys pochi minuti dopo che era avvenuta. Notando la loro assenza, ne immaginò senza fatica la ragione e sorrise tra sé, contenta per la cugina nonostante le difficoltà che potevano derivarne. Che sarebbe successo infatti se Kareth e Neys si fossero innamorati seriamente? La cugina non avrebbe certamente voluto abbandonare la missione per cui erano partiti da Tamya, ma Neys avrebbe acconsentito a lasciarla andare? Veldhris non voleva che Kareth fosse costretta a scegliere tra di lei e l'amore, ma non poteva far nulla per impedire che le cose andassero come dovevano andare.
Involontariamente, il suo sguardo si spostò e cercò Freydar: due posti più a destra, il capitano stava amabilmente conversando con una giovane donna bionda e carina e sembrava ignorare completamente Veldhris. La stizza per quella scoperta venne subito sostituita dal folgorante pensiero di essere stata vicinissima a fare con lui quello che Kareth e Neys, con ogni probabilità, stavano facendo in quel momento, ed il ricordo le provocò un sussulto. Senza che se ne accorgesse, il suo sguardo s'illanguidì e l'espressione si fece sognante: qui baci, quelle carezze... le parve di sentire ancora le labbra di lui sulle proprie, le sue mani che erravano sul proprio corpo...
Non si soffermò ad analizzare le ragioni delle sue reazioni perché, ad un improvviso movimento di Freydar, si riscosse bruscamente, avvampando per quelle fantasie inopportune e respingendole in fondo alla mente. Distolse gli occhi dal bel capitano ed incrociò lo sguardo di Mikor che, seduto di fronte a lei, la stava fissando con un'espressione che le fece accapponare la pelle.
Era odio puro.
Fu solo un attimo, un battito di cuore, poi il Signore della Foresta del Vespro guardò altrove con aria indifferente. Sconvolta, Veldhris tardò a riprendere il controllo. No, non era possibile. Mikor le serbava rancore, questo lo sapeva, ma di qui ad odiarla c'era un abisso...
Istintivamente, la cantante respinse con l'idea, che le pareva assurda: giacché non poteva comprendere l'odio, non avendolo mai provato, si convinse di essersi sbagliata.
OOO
Quando Kareth si risvegliò, fuori l'alba aveva cominciato a far impallidire il cielo ad oriente. Il fuoco nel caminetto ai piedi del letto ardeva, riattizzato dall'uomo accosciato davanti ad esso. La luce delle fiamme rosseggiava sui capelli biondi e scolpiva con mobili ombre i muscoli del torace e delle spalle, che guizzavano sotto la pelle mentre manovrava l'attizzatoio.
I ricordi della notte trascorsa sovvennero alla mente di Kareth in un assalto dolce e sconvolgente assieme, e la cacciatrice si lasciò sfuggire un sospiro pieno di languore.
Udendola, Neys si girò e la guardò, gli occhi lucenti nella penombra creata dal riflesso del fuoco. "Buongiorno, mio tesoro", la salutò sottovoce, sorridendole intimamente. "È molto che sei sveglia?"
Ripose l'attizzatoio e si avvicinò, sedendosi sul letto. Indossava soltanto due sottili catenine d'oro, che gli cingevano il collo e dalle quali non si separava mai. Per il resto, era gloriosamente nudo, per la gioia degli occhi di Kareth.
"No, non molto", rispose, sollevandosi su gomito e puntellando il mento sul palmo della mano. "E tu?"
Lui si allungò di traverso sul letto, sdraiandosi sul ventre, e le sfiorò i capelli in una carezza. "Da un po'. Ti ho osservata nel sonno, ricordando stanotte e rallegrandomi della mia scelta..."
La guardava intensamente, teneramente, e Kareth si sentì improvvisamente pungere gli occhi a causa di lacrime d'inaspettata commozione. Non aveva mai provato niente di simile a quello che provava ora per Neys, che toccava corde del suo cuore che fino ad allora non avevano mai vibrato.
Vedendola con gli occhi abbassati, Neys credette che la cacciatrice stesse fissando le catenelle d'oro che portava al collo. "Oh, che sbadato!" brontolò. "Me ne sono dimenticato... ma ieri sera ero troppo preso..."
Le sorrise con aria di scusa e lei lo ricambiò, pur senza capire a cosa Neys si stesse riferendo. Il giovane si mise seduto e si tolse una delle collane, porgendola a Kareth con un altro sorriso. Un po' sorpresa, lei si rizzò a sedere, incurante della coltre che scivolava rivelando il seno, e sollevò i capelli per permettergli di allacciarle la catenella al collo. Il sottile filo d'oro metteva in risalto il candore della pelle del suo petto, brillando alla luce del fuoco.
Neys le sfiorò la nuca e la spalla in una lenta carezza, eco delle delizie passate e promessa di quelle future, e lei non poté trattenere un fremito.
"Una catena sottile su ciascuno di noi", disse piano il giovane, "per simboleggiare la catena indistruttibile che lega i nostri cuori e le nostre vite."
S'interruppe ed attese, ma Kareth, stupita dal suo tono solenne, non aprì bocca, limitandosi a fissarlo con sguardo interrogativo.
Lui la prese per mano. "Adesso", sussurrò, "dovresti rispondere: d'ora in poi affronteremo insieme le avversità della vita, finché la morte non ci separerà."
Kareth sbatté le ciglia, sempre più sbalordita. "Ma che significa?" domandò, guardandolo senza capire.
Neys le lanciò un'occhiata sorpresa. "La formula del matrimonio, naturalmente!" rispose.
"Matrimonio?!" ripeté la cacciatrice, interdetta.
"Certo! Avrei dovuto farlo ancora ieri sera, ma..." Neys rise piano di se stesso. "Del resto," concluse con un sorrisetto malizioso, "neanche tu te ne sei ricordata..."
Kareth scrollò la lunga criniera rossa. "No, un momento: ricordata di cosa?"
"Ma di sposarci, mi pare ovvio!" esclamò lui, vivamente stupito.
La cacciatrice lo fissò, gli occhi verdi spalancati. "Ma tu non me l'hai chiesto!"
"Come no! Quando, al banchetto, ti ho domandato se volevi dividere..." Neys s'interruppe di colpo, fissandola a sua volta con occhi sgranati. "Che razza d'idiota!" sbottò poi, battendosi una mano sulla fronte. "Non mi è neanche passato per la testa che forse presso la tua gente vigono altre usanze a proposito del matrimonio..."
"Beh, in effetti..." mormorò Kareth, soprappensiero.
Neys tornò a guardarla, pensieroso anche lui. "Questo significa", disse lentamente, "che quando hai detto di sì, in realtà non sapevi che cosa facevi."
"Oh, io credevo... beh, che tu volessi semplicemente portarmi a letto", concluse lei, scrollando le spalle.
"Non mi sarei mai permesso una cosa simile punto non con te, Kareth."
Lei mantenne lo sguardo fisso in quello di Neys. "E perché?" domandò, emozionata dall'intensità della voce di lui. Leggeva già la risposta negli occhi del giovane, ma ciò nonostante attese piena di ansia.
"Perché ti amo", disse lui. "Per tale ragione voglio sposarti. Ho capito che sei tu la donna con cui voglio passare il resto della mia vita", le lanciò un'occhiata preoccupata. "E per te? È lo stesso anche per te?"
Il suo tono smarrito la commosse. "Ci conosciamo ancora poco", rispose, esitante. "Non so cosa pensare..."
Era vero: era molto confusa. L'idea di sposarlo non l'aveva nemmeno sfiorata, così adesso era estremamente perplessa. Kareth osservò il suo profilo, la fronte alta, il naso sottile, la bocca ben disegnata, il mento deciso. Ripensò alla notte trascorsa, alle sensazioni provate tra le sue braccia, e le confronto con quelle che aveva finora provato in situazioni analoghe. Esaminò i suoi sentimenti che, lentamente, prendevano una forma riconoscibile.
Allungò una mano e gliela posò sulla spalla. "Com'è la formula di risposta?" domandò dolcemente.
L'emozione che le diede l'espressione raggiante di Neys la convinse d'aver preso la decisione giusta.
OOO
La notizia lasciò Veldhris e Kejah senza fiato. "Cosa?!"
Kareth, seduta di fronte a loro con la catenina d'oro bene in vista attorno al collo, non sapeva come interpretare la reazione delle altre: sbalordimento, collera, incredulità?
"Neys e io ci siamo sposati", ripeté sulla difensiva." Capisco che siate sorprese..."
"Sorprese?!" la interruppe vivacemente Kejah. "Ma ti rendi conto del passo che hai fatto? Io conosci da quindici giorni appena! Come fai a esser sicura della tua decisione?"
"Non sei stata proprio tu a dire che non c'è un tempo fisso per innamorarsi, che a volte basta un'ora?" replicò Kareth, non senza ragione.
"Per innamorarsi, non per sposarsi!" ribatté Kejah, stizzita per essere stata presa in contropiede. "Il matrimonio è una cosa seria, come si fa a scegliere di punto in bianco?!"
"Non te lo posso spiegare, sorellina, perché non me lo spiego nemmeno io", rispose Kareth con una certa asprezza. "Del resto, ritengo che nemmeno capiresti. Nessuno potrebbe."
Alle sue parole seguì un silenzio impacciato. Le due sorelle si misuravano con una diffidenza insolita, poi entrambe, come per riflesso condizionato, volsero lo sguardo su Veldhris, seduta con Rollie sulle ginocchia.
La cantante, dopo il primo attimo di comprensibile stupefazione all'annuncio della cugina adottiva, stava riflettendo sulla situazione: non aveva previsto che la cosa potesse mettersi a quel modo. Certo, aveva preso in considerazione l'eventualità di una storia seria, ma addirittura un matrimonio? Le conseguenze potevano essere molteplici ed era difficile valutarle tutte.
"Dire che sono sorpresa è dir poco", dichiarò infine, con un sospiro pensieroso.
"Se è per questo, anch'io", confessò Kareth, rassicurata dal tono conciliante di Veldhris. "Nemmeno io mi aspettavo una cosa simile, credimi, ma quando è stato il momento..." tornò a guardare la gemella, seduta accanto a Veldhris. "Sento che Neys è l'uomo della mia vita", disse sulla difensiva, ma con convinsione. "Non saprei dire da dove mi viene questa certezza: ce l'ho e basta. Quello che provo per lui è troppo diverso da quello che ho mai provato per un uomo prima d'oggi"
La frase terminò quasi in tono di supplica: non sopportava di vedere la sorella inquieta con lei, e del resto la cosa era reciproca.
Kejah non disse nulla, ma non aveva più sul volto l'espressione chiusa di prima: aveva capito che Kareth sentiva nei confronti di Neys la stessa intuitiva sicurezza sui propri sentimenti che lei stessa nutriva per Sekor. Non poteva biasimarla per la sua decisione.
Entrambe attesero che Veldhris si pronunciasse, come per un verdetto, e lei lo sentì. Ancora una volta ci si appoggiava a lei, la si chiamava in causa per giudicare una faccenda che, in fondo, non la riguardava direttamente, giacché ciascuno è padrone della propria vita. Però, se tale consapevolezza le pesava come all'inizio, ormai non rifuggiva più quella responsabilità, che il suo ruolo di leader inevitabilmente comportava.
"Beh, Kareth..." cominciò, incerta. "Non posso che augurarti tutta la felicità del mondo, ma hai pensato a..."
Non ebbe il coraggio di proseguire: le pareva che ricordare alla cugina la missione in cui erano impegnati equivalesse ad un ricatto, per quanto involontario.
Kareth però comprese al volo. "Alla nostra ricerca?" completò. "Sì, certo. Ne ho parlato con Neys... non potevo farne a meno", si affrettò ad aggiungere, stroncando sul nascere un eventuale rimprovero. "Gli ho solo detto che abbiamo una missione di vitale importanza da compiere, ma non ho specificato di cosa si tratta."
"Lodevole prudenza", annui Veldhris, accarezzando distrattamente Rollie. "Nirvor ha detto che possiamo fidarci di lui come di Coriv, ma nemmeno io ho raccontato al Kirton il vero scopo del nostro viaggio, Comunque, che ha detto Neys?"
"Ha detto che non vuole separarsi da me, ma nemmeno impedirmi di seguire i miei amici: verrà con noi", disse Kareth tutto d'un fiato.
Veldhris non fu eccessivamente sorpresa dalla decisione di Neys: in qualche modo se l'era aspettato. "Credo che sia fattibile", dichiarò. "In ogni caso, però, dovremo discuterne con gli altri e sentire cosa ne pensa Nirvor."
Kareth pensò con una smorfia a quel bastian contrario di Mikor, che avrebbe certamente avuto da ridire. "Va bene", insistette, "ma tu cosa pensi? Sei disposta a portarlo con noi?"
Veldhris la fissò bene in faccia, l'espressione improvvisamente dura. "Se non lo fossi, tu cosa faresti?"
Kareth guardò subito via. "Non lo so", rispose a bassa voce. "Davvero, non so..." con improvvisa decisione tornò a guardare la cugina. "Non potrei mai abbandonarti, Veldy."
Il suo tono accorato fece vergognare Veldhris di se stessa: ma che le era preso? "Perdonami, Kareth", disse, andando ad abbracciarla. "Non dovevo farti una domanda simile. Certo che sono disposta a portare Neys con noi."
Kareth si sentì sollevata: con l'appoggio di Veldhris, le eventuali obiezioni degli altri non la preoccupavano.
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