Capitolo XI: Il Lago dalle Acque Nere
Capitolo XI: Il Lago dalle Acque Nere
Quando Veldhris e Freydar ebbero finito di narrare le loro peripezie nel Regno Sotterraneo, con alcuni tagli apportati in tacito accordo, quelli che erano rimasti nell'oasi cominciarono a parlare tutti contemporaneamente, commentando l'avventura dei due dispersi.
Molta impressione aveva fatto l'apparizione di Nirvor, tanto che, ad un certo punto, Kareth si impose sugli altri chiedendo il silenzio e rivolgendosi poi all'Argentea. "Perdonate, signora", esordì in tono rispettoso, "ma posso chiedervi la ragione della vostra venuta?"
"Certo che puoi, Kareth Lyaradil", rispose gentilmente la donna leggendaria. " Il canto che Veldhris ha intonato nell'arena è in realtà una formula magica che provoca l'apertura di un passaggio tra il vostro mondo e il mio, e così sono stata evocata presso di lei che era in pericolo. È mio preciso dovere aiutare il Portatore della Corona o, in questo caso, l'Erede di Arcolen, qualora mi venga richiesto."
"Volete forse dire che ci aiuterete nella ricerca della Corona di Luce?" indagò Mikor, con un'espressione indecifrabile sul viso.
"Certamente", annuì Nirvor. "Rakau ha cominciato ad agitarsi vedendo approssimarsi il termine profetizzato da Arcolen, la fine del Millennio di Tirannide, ed è da allora che ho cercato di mettermi in contatto con te, Veldhris Yuniadil. Ci sono riuscita brevemente il giorno della distruzione di Tamya, e poco dopo attraverso la Maga di Corte Rova, ma soltanto nel Cerchio di Pietre, dove il mio potere è rafforzato dal benefico incantesimo che ancora vi alberga, ho potuto parlarti."
Veldhris la fissava, concentrata sulle sue parole, ed ora annuì lentamente. "Ricordo... ti ho vista, perciò ti ho riconosciuta subito. Sei stata tu a suggerirmi di attraversare le Brughiere Aride", tacque un istante, cogitabonda, e fissò il fuoco, accarezzando Rollie che le aveva posato la testolina sulle gambe. "Rova ha detto che nel sogno le hai rivelato il luogo dov'è custodita la Corona di Luce", disse poi, tornando a guardare Nirvor. "Questo significa che puoi guidarci fin là?"
L'Argentea tornò ad annuire ed i suoi capelli di luna brillarono al chiarore delle fiamme. "Sì", rispose. "Vi condurrò al Monte Ghiacceterni, ma nelle Cento Caverne dovremo fare molta attenzione: Xos il Lupo le ha disseminate di trappole e pericoli, e lui stesso rappresenta una grave minaccia."
"Ma chi o cosa è questo Xos?" domandò Kejah. "È dall'inizio del viaggio che me lo chiedo."
Nirvor spostò il suo sguardo d'argento fuso sulla cacciatrice. "È un'incarnazione dell'Oscurità, come io lo sono della Luce. Per tale ragione, io non posso nuocergli, né lui può nuocere a me, poiché le nostre forze si equivalgono e, venendo a conflitto, si annullerebbero a vicenda. Nemmeno il Potere Oscuro contenuto nelle Quattro Pietre può recargli danno, perché lo riconosce per quello che è: una creatura delle Forze dell'Oscurità che, dall'inizio del Tempo, contendono a quelle della Luce il dominio sul mondo."
Veldhris era impallidita. "Ma allora, come potremo difenderci da lui?"
"Con la Corona di Luce: solo il Potere Luminoso contenuto nelle Gemme Gemelle può distruggerlo, come soltanto il Potere Oscuro contenuto nelle Quattro Pietre può distruggere me."
Ci fu una pausa di silenzio cogitabondo.
"Questo significa", concluse Freydar a bassa voce, "che, una volta penetrati nelle Cento Caverne, dovremo impadronirci della Corona di Luce prima di essere scoperti da Xos; ma se le caverne sono davvero tante, come faremo a trovarla in breve tempo?"
"Posso provocare l'allontanamento di Xos mediante i miei poteri, inducendolo a credere che mi trovo in un certo punto del Deserto di Neve, il suo regno, mentre invece sarei proprio sulla soglia della sua tana, in attesa di entrare con voi", rispose Nirvor. "Dai primordi del mondo non desidera altro che eliminarmi, nonostante sappia che non gli sarebbe possibile sopraffarmi, ma il suo odio è tale che non gli permette di considerare questo stato di cose come significativo: una mia falsa immagine ai confini del deserto di neve e si precipiterà senza pensarci due volte", tacque, meditando per qualche istante, poi riprese. "La Corona giace nella caverna centrale, nelle viscere del Monte Ghiacceterni: per arrivarci impiegheremo tre o quattro giorni."
"Così tanto?" chiese Roden, preoccupato. "Devono essere enormemente estese, queste Cento Caverne."
"Non molto, per la verità", puntualizzò l'Argentea. "Circa la metà del Regno Sotterraneo. La difficoltà sta nell'evitare il più possibile le trappole e le zone abitate dai sudditi di Xos: dovremo fare molti giri viziosi che ci faranno perdere parecchio tempo, purtroppo, ma sarà inevitabile."
Tutti tacquero, immersi nei loro pensieri. Veldhris era preoccupata per il pericolo prospettato da Nirvor e, pur rassicurata dalla sua presenza, era intimorita: il giorno in cui avrebbe cinto la Corona di Luce si approssimava e lei non si sentiva ancora pronta, e forse non lo sarebbe stata mai. Per non parlare della possibilità di morire nel tentativo...
Anche gli altri meditavano sugli avvenimenti che li aspettavano, e solo Sekor seguiva un corso di pensieri leggermente diverso.
"Donna Nirvor", disse, apostrofandola come si usava a Tamya rivolgendosi ad una dama d'altissimo rango. "Da quanto narrano le leggende, allo stesso modo in cui voi e Xos vi equivalete, così è anche per la Corona e le Pietre: si racconta che Rakau riuscì a vincere Arcolen soltanto con l'inganno."
"Così fu, infatti"; confermò Nirvor.
"Ma se la Corona e le Pietre si annullano a vicenda", insistette il principe, "come può una parte sopraffare l'altra? Senza ricorrere a trucchi sporchi, intendo dire."
L'Argentea assentì lentamente. "È relativamente facile, per chi ha il diritto a usare la Corona, risvegliare e dirigere il Potere contenuto nelle Gemme Gemelle; ma solo pochissimi riescono a produrre la Grande Vampa, l'unica forza in grado di distruggere le Quattro Pietre. È assai probabile che questo valga anche per le Quattro Pietre. Così, la Vampa Nera può annientare le Gemme Gemelle, mentre la Vampa Bianca può annientare le Quattro Pietre. Quest'esplosione di energia incommensurabilmente potente lascia spossati e come svuotati di ogni volontà per un po' di tempo chi riesce a produrla."
"E tra questi pochissimi, c'è anche Rakau?" indagò Roden, preoccupato per la sorella.
"Rakau si è data alle Forze Oscure", disse Nirvor gravemente. "Non mi è dato sapere quali siano i suoi poteri o le sue limitazioni. Ciononostante, sono certa che non sia capace di produrre la Vampa Nera, altrimenti l'avrebbe usata contro Arcolen, invece di ricorrere all'inganno."
Veldhris esitò prima di porre la domanda, temendone la risposta, ma poi si fece forza. "E io? Ho il potere di generare la Vampa Bianca?"
Nirvor posò su di lei il suo sguardo, leggermente incupito. "Nemmeno questo mi è dato sapere, ma la profezia di Arcolen parla chiaro: l'Erede sarà in grado di sconfiggere la signora dei Draghi Neri."
Ecco che ritornava il dubbio che da mesi la tormentava, e stavolta Veldhris gli diede voce. "Questo non mi rassicura, Nirvor: la locuzione in grado di indica capacità di fare qualcosa, non certezza di riuscirci."
L'Argentea aggrottò lievemente le sopracciglia ben disegnate. "Perché questo dubbio, Veldhris? Non hai fede nella parola del tuo nobile antenato? Egli le pronunciò sotto l'influsso delle Potenze Luminose, che non mentono mai. Me ne ricordo perfettamente."
Roden la fissò, perplesso, "Voi ricordate?"
"Certamente, Roden Baroden. Ero presente, seppure non in forma materiale, poiché Arcolen, ignaro dell'inganno che Rakau stava tramando, non mi aveva evocata. Se lo avesse fatto, forse le cose sarebbero andate diversamente..." s'interruppe per un momento, mentre un'ombra oscurava la sua bella fronte al ricordo della scena che si era svolta nel Cerchio di Pietre quasi mille anni prima. "Ricordo bene le parole che Rakau usò per indurre Arcolen a spogliarsi della Corona, accusandolo velatamente di vigliaccheria. E ricordo ancora meglio le parole che l'Imperatore pronunciò prima di morire: canta pure vittoria, Rakau. Il tuo trionfo non sarà eterno come speri, poiché ora io ti dico: prima che si compia il Millennio di Tirannide del Potere Oscuro, dalla mia stirpe nascerà un erede che ti sconfiggerà usando la Corona di Luce con maggior saggezza di me. Ricordalo sempre, Rakau: la Luce, alla fine, trionferà sull'Oscurità."
Il silenzio scese sulla compagnia raggruppata attorno al falò. L'impressione suscitata da quella testimonianza diretta degli ultimi istanti di Arcolen il Saggio era stata vivissima in tutti gli ascoltatori.
Fu Freydar il primo a riprendersi. "Ha detto sconfiggerà, Veldhris... Ha usato il futuro, e questo indica certezza, altrimenti avrebbe usato il condizionale!"
Mikor emise un suono che esprimeva impazienza. "Secondo me, vi state facendo dei problemi assurdi. Cercate nei tempi verbali la soluzione di un enigma che non è affatto un enigma!"
"Vorrei vedere te al posto mio!" scattò Veldhris, la cui insofferenza alle contestazioni di Mikor aveva raggiunto il culmine. "Non posso credere che la descrizione di Nirvor riguardo alle terribili energie contenute nelle Gemme e nelle Pietre non ti abbia dato perlomeno una vaga idea della misura delle forze in gioco, forze di inconcepibile potenza al cui confronto non siamo niente. Niente, capisci?!"
Anche Nirvor ribatté, seppure in tono molto più pacato. "Questo è vero, e comprendo bene i timori dell'Erede di Arcolen. Sappi però, Veldhris, che mi avrai sempre al tuo fianco."
La giovane donna inspirò profondamente ber sbollire la rabbia generata dall'inopportuno commento di Mikor, poi le sorrise con gratitudine. "Grazie, Nirvor. Grazie."
La donna d'argento le accarezzò una mano ricambiando il sorriso, ed a questo punto si fece avanti Kareth. "C'è una cosa che non capisco: come ha fatto Xos a venire in possesso della Corona di Luce?"
"Semplice: l'ha rubata", rispose Nirvor. "Era alleato di Rakau, e quanto lei sconfisse Arcolen, approfittando della sua distrazione la prese. E poi gli fu ordinato di uccidere Rossar, il figlio dell'Imperatore."
"Sì, ma perché l'ha presa?" insisté Kareth, ancora perplessa. "Non può usarla, perciò a che gli serviva?"
"La teme immensamente, perché è l'unica cosa al mondo in grado di ucciderlo."
"Ma allora perché non l'ha distrutta?"
"Perché se ci provasse, l'energia contenuta nelle Gemme Gemelle si libererebbe con tale violenza da annientare metà del mondo, e per il contraccolpo, anche le Quattro Pietre esploderebbero, polverizzando l'altra metà. No, come vi ho detto, solo le Pietre possono sconfiggere la Corona e viceversa."
"Però", obiettò Mikor, "Xos avrebbe potuto rubare anche le Pietre per usarle contro la Corona..."
"Non sarebbe stato capace di adoperarle: quando Rakau le trovò, dovette domarle perché erano libere e selvatiche, e nel farlo le condizionò a obbedire soltanto a lei finché avrà vita. In caso dovesse morire, esse tornerebbero libere, a meno che Rakau non riesca a designare un successore prima della sua morte. La Corona si comporta quasi allo stesso modo, solo che il passaggio delle consegne avviene automaticamente alla morte del Portatore, mediante il trasferimento del Segno della Corona sulla fronte dell'erede legittimo, e la si può cedere volontariamente soltanto al successore del proprio sangue. Inoltre, le Pietre distruggerebbero chiunque osasse usarle senza averne il diritto, mentre la Corona si limetterebbe a non funzionare."
Nonostante l'enorme interesse che quei discorsi rivestivano per lei, Veldhris non seppe sopprimere uno sbadiglio: il susseguirsi degli avvenimenti nel Regno Sotterraneo, dalla Cerimonia del Passaggio alla sconvolgente apparizione di Nirvor, e dal lungo cammino per uscire alle emozioni al riabbracciare i suoi cari, l'avevano molto provata, fisicamente e psicologicamente, cosicché adesso di sentiva esausta.
Freydar, seduto accanto a lei, se ne accorse e, poiché anche lui era stanco morto, disse: "È molto tardi, ormai. Veldhris e io siamo sfiniti e perciò proporrei di rimandare a domani il seguito di questa conversazione."
Subito sul bellissimo volto di Nirvor si dipinse un'espressione mortificata. "Perdonate, amici miei, dimenticavo che tutti voi avete bisogno di riposare. Andate pure a dormire", continuò, rivolgendosi anche agli altri. "D'ora in poi non avrete più bisogno di stare di guardia: sarò io la vostra sentinella, giacché non necessito di sonno."
Veldhris era troppo stanca per stupirsi di tale dichiarazione, ma prima di addormentarsi fece un tempo a formulare questo pensiero: Nirvor non aveva bisogno né di cibo né di sonno, pertanto non poteva essere umana, nonostante avesse l'aspetto di una donna. L'aveva detto lei stessa: era l'incarnazione delle Forze della Luce. Quindi, era una dea...?
Il sonno la reclamò, profondo e senza sogni.
OOO
Kejah aprì bruscamente gli occhi: un debole lamento l'aveva destata di soprassalto. Girandosi verso destra, nella grigia luce dell'alba vide Veldhris, che dormiva al suo fianco, agitarsi nel sonno. Pensando che avesse un incubo, Kejah si mise a sedere per svegliarla, ma osservandola meglio nel chiarore crescente vide che era madida di sudore e pallidissima. Allarmata, la cacciatrice allungò una mano e le tastò la fronte: scottava di febbre. "Veldy!" la chiamò. "Veldy, mi senti?"
Veldhris non rispose che con un gemito soffocato, ma non aprì gli occhi.
Il richiamo di Kejah sveglio Kareth ed attirò l'attenzione di Nirvor, poco lontana. Alcuni minuti dopo, tutto il campo era il subbuglio, poiché le condizioni di Veldhris, a giudizio di Kejah, erano preoccupanti: la cantante, inzuppata di sudore, si lamentava debolmente e si agitava sul giaciglio, del tutto incosciente; sebbene ben coperta e vicina al fuoco, generosamente riattizzato, era scossa da brividi di freddo.
"Una febbre così improvvisa non me la spiego", dichiarò Kejah. "Specialmente così alta. Ieri sera, a parte la stanchezza, stava benissimo."
"Cosa può averla provocata?" chiese Sekor, visibilmente preoccupato.
"Lo zidar."
Tutti si girarono a guardare Nirvor, che era andata a sedersi accanto a Veldhris e le teneva una mano tra le sue. "O meglio, la mancanza di zidar", spiegò l'Argentea. "L'organismo ne è stato intossicato e adesso reagisce per espellere la droga, visto che non ne riceve altra."
"Di cosa è composto questo zidar?" domandò Kejah. "Sapendolo, potrei preparare un antidoto adeguato."
Nirvor scosse la testa. "Non esiste antidoto: il corpo deve reagire da solo. L'unica cosa che si può fare è provocare un'abbondante sudorazione per accelerare l'espulsione del veleno."
Kejah annuì. "Ho capito. Kareth, aiutami a metterla vicino al fuoco e copriamola con altre coperte, puoi preparerò un infuso adatto."
Per tutto il giorno, Veldhris arse di febbre, immersa in un bagno di sudore. Verso sera, le gemelle allontanarono gli uomini per poter cambiare e lavare velocemente l'ammalata, affinché non rimanesse fradicia tutta la notte, cosa che avrebbe solo peggiorato la situazione.
Nirvor la vegliò tutta la notte senza mai muoversi dal suo capezzale, ed infine, verso mattina, la cantante cominciò ad acquietarsi, man mano che la febbre diminuiva permettendole di riposare.
Dormì fino a mezzogiorno e, quando riaprì gli occhi, finalmente sfebbrata, rimase alquanto sorpresa nel vedere tutti quei volti ansiosi chini su di lei, giacché non ricordava di essere stata male. Solo la grande spossatezza che la pervadeva le indicò che le era accaduto qualcosa. "Ho una sete terribile", mormorò, muovendo a stento le labbra riarse.
Rapidamente, Kareth le bagnò la bocca con una piazzuola e poi l'aiutò a bere dell'acqua, che lei inghiottì avidamente.
"Come ti senti?" s'informò Kejah, tastandole la fronte ormai fresca.
"Debole", confessò Veldhris. "Ma cosa mi è successo?"
"Non te lo ricordi?" domandò Roden, aggrottando la fronte, e lei scosse il capo in segno di diniego.
"Hai avuto una febbre da cavallo!" celiò Freydar, per poi continuare con serietà. "Ci hai fatti preoccupare moltissimo."
Veldhris si passò una mano sul viso. "Veramente? Ma cos'è stato?"
"Lo zidar", le rivelò Kareth. "Ce l'ha detto Donna Nirvor."
Kejah, che si era allontanata, tornò con una ciotola di brodo caldo. "Tieni, bevi questo", la esortò. "Ti darà un po' di forza."
"Odio essere malata", bofonchiò Veldhris, imbronciata. "Mi sembra di essere una bimbetta sciocca."
"Non sei né bimbetta né sciocca", ribatté Sekor, aiutandola a mettersi seduta. "Capita a chiunque di ammalarsi."
"Sarà..." brontolò ancora lei, poco convinta, allungando le mani per prendere la ciotola.
Non si accorse dello sguardo pensieroso che Freydar posò su di lei.
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Per il resto della giornata e per tutta quella seguente, Kejah la costrinse a rimanere sdraiata a riposare, mentre gli altri, su indicazione di Veldhris, iniziavano i preparativi alla partenza. La cantante però si riprese con relativa rapidità ed il terzo giorno aiutò come poteva, preparando ed arrostendo pezzi di quello strano animale intravisto per la prima volta da Kareth e che Nirvor aveva detto loro chiamarsi alce, ed altra selvaggina. L'Argentea le tenne compagnia e le spiegò alcune cose che, nel Regno Sotterraneo, l'avevano lasciata perplessa. Anche lei, come Freydar, aveva notato la mancanza di bambini e di vecchi, e Nirvor le raccontò che i Sudditi non nascevano nel vero senso della parola, poiché erano le Arpie che, nei loro laboratori sepolti nelle profondità della terra, li creavano man mano che morivano, di modo che fossero sempre in numero fisso.
"Ma a che scopo?" domandò Veldhris, scuotendo la testa, i capelli nuovamente legati in pratiche trecce. "L'unico che mi viene in mente è la disponibilità di materia prima per il filtro per l'Arpia Regina, ma a quanto sembra non possono utilizzare le loro creature."
"Non possono perché sono artificiali", spiegò Nirvor. "Quanto allo scopo dei loro maneggi... Tu conosci quello di Rakau?"
Veldhris, che stava curando un pezzo di carne d'alce, si fermò a riflettere. "Il potere", rispose dopo un momento, guardando la donna leggendaria che le sedeva a fianco, aiutandola e dimostrando così che non riteneva quell'incombenza indegna di sé, sebbene non avesse bisogno di cibo.
Nirvor annuì con gravità. "Precisamente. Sia le Arpie, sia la Signora dei Draghi Neri perseguono il potere assoluto. Corrompono, torturano, uccidono per esso. Guardati sempre da tale comportamento, Veldhris, poiché il potere può essere la peggiore delle droghe e può indurre un delirio da cui non c'è ritorno. Se ti lasci dominare da esso, sarai perduta per sempre."
Veldhris non protestò come le sarebbe venuto spontaneo fare: sapeva che Nirvor le stava mettendo in guardia da qualcosa che lei stessa aveva pensato. Il pericolo che lei, sconfiggendo Rakau, ne prendesse poi il posto, non era pura fantasia: se il potere era davvero una droga, come avrebbe reagito dopo averlo gustato?
Tuttavia, ora non voleva pensarci, non poteva o sarebbe impazzita.
Nirvana parve leggerle nella mente, poiché riprese a parlare in tono normale. "Giacché gli essere umani veri sono sempre imprevedibili e possono ribellarsi in ogni momento, le Arpie preferiscono crearsi da sé i loro sudditi, condizionandoli a un'obbedienza cieca e assoluta. Con le loro arti magiche, poi, attirano uomini e donne che te e Freydar per fabbricare il filtro della Regina. In effetti, di tutte le Arpie, lei è l'unica a essere immortale, perché anche loro muoiono, sebbene la durata della loro vita sia enormemente lunga."
"Ma allora finiranno con l'estinguersi tutte!" esclamò Veldhris, speranzosa.
"No, purtroppo, perché l'Arpia Regina provvede a mantenere invariato il numero, partorendo un'Arpia ogni volta che ne muore una. Per far ciò, si accoppia con un maschio – non un Suddito – che viene poi ucciso affinché la Regina se ne cibi."
"Ma è mostruoso! Disumano!"
"Infatti le Arpie non sono umane", osservò Nirvor. "Come Xos, sono emanazioni del Potere Oscuro."
Tacquero un po'; Veldhris riprese a curare la carne d'alce ed intanto rifletteva. Dopo un po' riprese a parlare. "Il funzionamento del Regno Sotterraneo ricorda da vicino quello di un alveare, con l'ape regina, il fuco, le nutrici e le operaie..."
Nirvor annuì senza parlare.
"Se sconfiggerò Rakau..." ricominciò Veldhris, poi, cogliendo l'occhiata di rimprovero dell'Argentea, si corresse. "Quando sconfiggerò Rakau, farò in modo che simili cose non accadano più, nello Shyte e fin dove potrò portare i benefici del Potere Luminoso. "
La decisione che le brillava nello sguardo, facendo sfolgorare i suoi occhi, ricordò all'improvviso a Nirvor quella di alcuni tra i più illustri antenati della sua protetta. Non c'era dubbio: Veldhris era in tutto e per tutto una discendente della Stirpe Eccelsa, che non si era certo guadagnato quel nome invano.
OOO
Quella sera Nirvor tracciò sul terreno una rozza mappa per indicare agli otto viandanti il percorso che avrebbero seguito. "Questa è l'oasi in cui ci troviamo, e questo è il margine settentrionale delle Brughiere Aride", disse, disegnando delle linee con un ramoscello. "Impiegheremo tre giorni per raggiungerlo. A circa altri cinque giorni di marcia, troveremo il Lago dalle Acque Nere. È un lago molto stretto, quattro chilometri nel punto più largo, ma enormemente lungo, tanto che per aggirarlo impiegheremmo intere settimane. Proporrei pertanto di fermarci sulle sue sponde e di costruire delle zattere. Credo che il principe Freydar potrà esserci molto utile, in questo", s'interruppe un istante per lanciare un'occhiata al capitano, attendendo una sua conferma.
Freydar annuì. "Sì, non c'è problema. Vivendo sul mare, è giocoforza imparare a costruire delle imbarcazioni, per quanto rudimentali."
"Benissimo. Dunque, una volta attraversato il Lago dalle Acque Nere, ci troveremo nella Terra degli Unicorni, o Kirtonia. Gli abitanti di questa regione, i kirton, sono gli allevatori di cavalli più abili dello Shyte, e sono i custodi degli ultimi Unicorni d'Oro esistenti al mondo..."
"Unicorni d'Oro?" ripeté Roden, cui lo stupore fece dimenticare per un momento le buone maniere. "Ne esistono ancora?"
"Sì, ma sono ormai all'estinzione", rispose Nirvor, mesta.
"Credevo che gli unicorni fossero solo frutto della fantasia del popolino", osservò Mikor, col solito tono dubbioso non esente da un pizzico di disprezzo.
Roden lo prese per un affronto personale. "Sì, certo, come i Vampiri, il mare, i Draghi Neri, la Corona e la sua Custode!" ringhiò.
Il Signore della Foresta del Vespro lo fulminò con un'occhiata micidiale e fece per rintuzzare, ma Veldhris fu svelta ad intervenire. "I kirton sono soggetti a Rakau?"
"Sono un caso anomalo", rispose l'Argentea, volutamente ignorando il breve battibecco tra il boscaiolo e Mikor. "Sono un popolo fiero e combattivo, impossibile da assoggettare con la forza: piuttosto di sottomettersi alla Signora dei Draghi Neri, si sarebbero fatti uccidere in battaglia tutti quanti, uomini, donne e bambini. Rakau però aveva messo gli occhi sui loro magnifici destrieri, per non parlare degli Unicorni d'Oro, così decise di costringerli a venire a patti con lei. Ormai la guerra tra di loro durava da quasi due secoli e perfino la tempra eccezionale dei kirton stava cominciando a cedere, così quando Rakau scatenò su di loro una terribile pestilenza che li decimò e poi fece loro la sua proposta, essi furono costretti a accettare: in cambio dell'indipendenza sotto la sua signoria, dovevano far atto di vassallaggio e impegnarsi in pesanti tributi, come fornire i loro migliori destrieri agli eserciti della Signora dei Draghi, mandarle un Unicorno d'Oro in dono ogni anno, offrire le donne più belle e gli uomini più aitanti come concubini dei suoi ufficiali, ospitare entro i propri confini un suo delegato affinché vigilasse sull'espletamento dei patti. In altri tempi, simili proposte non sarebbero nemmeno state prese in considerazione, ma i kirton erano ormai ridotti allo stremo e finirono con l'accettare tutto. Come si dice, però, si piegarono ma non si spezzarono, conservando nel fondo dei cuori un inestinguibile rancore nei confronti di Rakau."
"Potremo quindi chiedere il loro aiuto?" indagò Kareth. "Viaggiare allo scoperto, chiedere ospitalità e rifornimenti?"
"Meglio di no", rispose Nirvor. "Ci sono anche dei collaborazionisti, tra loro, spie che riferirebbero tutto al delegato di Rakau per avidità di denaro o opportunità di potere."
"Saremo costretti a tenerci nascosti, come ladri, come criminali..." disse Veldhris con voce sorda, stringendo i pugni. Mai come in quel momento aveva sentito su di sé il peso e le difficoltà della missione che si era assunta.
"Purtroppo sì", confermò Nirvor, comprendendo lo stato d'animo della cantante. "Non possiamo correre rischi, perciò consiglierei di viaggiare di notte e riposarci di giorno. Una volta attraversata da Terra degli Unicorni, cosa che richiederà un paio di settimane, arriveremo ai piedi della catena delle Montagne Senzanome. L'unico passaggio per superarle è il Valico di Forrascura, superato il quale arriveremo al Deserto di Neve, regno di Xos il Lupo. Di qui al Monte Ghiacceterni impiegheremo una decina di giorni, ma per affrontare il Deserto di Neve dovremo procurarci un equipaggiamento adatto."
"Ma se non potremo chiedere assistenza ai kirton..." cominciò Sekor, preoccupato.
"...dovremo rubare", concluse Veldhris, con la stessa voce sorda di prima, lo sguardo fisso nel vuoto.
Tutti tacquero, colpiti da quel pensiero e dal tono usato dal loro capo, in cui l'ira repressa si mescolava alla tristezza. Sì, erano proprio come dei proscritti, dei banditi, eternamente in fuga, eternamente nascosti, senza patria e senza famiglia, costretti al crimine...
Fu Nirvor a spezzare infine il silenzio. "Nessuno scrupolo di questo genere deve fermarci", affermò con fermezza. "Lo scopo del nostro viaggio è al di sopra e al di là di ogni meschinità."
C'era una nota metallica nella sua voce che non ammetteva repliche. Neppure l'eterno bastian contrario Mikor osò ribattere.
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Il mattino del dodicesimo giorno di dicembre vide la partenza dall'oasi della comitiva, ora accresciuta di un membro, verso il settentrione. Tre giorni dopo, il piatto paesaggio della steppa cominciò rapidamente a mutare e prima di notte gli otto viandanti avevano superato il limite nord delle Brughiere Aride. Nirvor, che per tutto quel tempo non era mai montata a cavallo pur mantenendo agevolmente il passo con gli altri, indicò loro il letto quasi disseccato di un ruscello, sul cui fondo scorreva un rivolo d'acqua, dove bivaccarono.
Ripartirono il mattino presto, poco dopo l'alba: per altri cinque giorni proseguiranno verso nord, finché una sera raggiunsero le sponde del Lago dalle Acque Nere.
Appena lo videro, i sette compagni guidati dalla Custode della Corona capirono il perché di quel nome: l'immota superficie delle acque era scurissima, quasi nera, e a Veldhris e Freydar ricordò immediatamente lo Stagnospecchio nell'oasi. Quest'acqua però non rifletteva nulla: sembrava un abisso spalancato ai loro piedi, un abisso che spaccava in due la terra, e guardare in quel nero vuoto dava la sensazione di essere ciechi e malati.
Come Nirvor aveva detto, il lago era molto stretto, in quel punto forse tre chilometri, e si estendeva smisuratamente da un orizzonte all'altro, perdendosi in lontananza sia ad oriente che ad occidente. Oltre il lago si vedeva una grande pianura punteggiata di boschi, di un verde incerto, invernale, ma che lasciava intuire la fertilità del terreno ed il suo aspetto rigoglioso in estate.
"Non mi piace", dichiarò Kejah, riferendosi al lago. "È talmente immobile che fa venire i brividi. Non è naturale."
"Non toccherei quell'acqua per niente al mondo", asserì Kareth, annuendo verso la gemella. "Fa ribrezzo."
"Come siete impressionabili, ragazze!" le motteggiò Mikor, sarcastico. "Finché non spunta qualche mostro mitologico uscito dalle leggende, siamo al sicuro."
Piccata, Veldhris aprì bocca per rimproverarlo di quell'inutile ironia, ma se ne astenne appena in tempo: a che pro? Tanto, era fiato sprecato: Mikor non sarebbe mai cambiato. Non certo perché lei glielo chiedeva.
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Sotto la direzione di Freydar, nei cinque giorni che seguirono tutti si diedero da fare per approntare delle zattere, ognuno secondo le proprie capacità e possibilità. Il risultato furono tre imbarcazioni piatte, rudimentali ma grandi e solide a sufficienza per trasportare persone e cavalcature da una riva all'altra, dotate inoltre di un parapetto di sicurezza.
Durante il tempo che impiegarono a costruire le zattere, nevicò a più riprese ed una bianca coltre si stese sul paesaggio al di qua ed al di là del lago. Fortunatamente, sotto i fitti abeti della pineta dove i viandanti avevano scelto di accamparsi, la neve non poté accumularsi, e del resto anche sotto il cielo aperto non raggiunse il mezzo metro. Ad ogni modo, quando il sole tornò a splendere, la neve d'indurì e divenne compatta, tanto che uomini e cavalli potevano procedere senza grosse difficoltà.
Il mattino del sesto giorno misero in acqua le tre zattere, collegate l'una all'altra da un doppio giro di corde: sulla prima si sistemarono Veldhris con l'immancabile Rollie, Kareth, Kejah, Mikor, Sekor e Nirvor; sulla seconda Freydar con Mistero, Stella Nera, Messere, Ardia e Vento di Fuoco; sulla terza infine Roden con Tempesta, Nevesole, Rim e Ram ed i bagagli.
In silenzio, turbati dalle inquietanti acque nere sempre immobili, le gemelle ed i principi di Tamya – i vogatori della prima zattera – presero a remare; le corde tra la prima e la seconda imbarcazione si tesero, poi anche Freydar cominciò a remare, imitato poco dopo da Roden sull'ultima zattera.
Remarono a lungo, e lentamente la riva settentrionale si avvicinava. Il biancore della sconfinata distesa di neve che si estendeva oltre il lago era abbagliante, tanto che Veldhris, seduta con Rollie in grembo, dovette socchiudere gli occhi per riuscire a guardare. Quello spazio dall'apparente illimitatezza, così profondamente diverso dal paesaggio della Foresta del Vespro, la affascinava, inspirandole un senso di selvaggia libertà e d'inebriante potenza quale non aveva mai provato finora. Parole che parlavano delle sue sensazioni si formarono come per incanto nei suoi pensieri, ordinandosi quasi automaticamente in versi e strofe, e Veldhris si mise a canticchiare fra sé una melodia ancora vaga, ma che ben presto, lo sapeva, avrebbe preso forma in una ballata dedicata a quella regione selvaggia e bellissima. Per brevi istanti dimenticò il disagio ed il senso di repulsione che le ispiravano le nere acque, che stavano solcando su quelle sommarie imbarcazioni.
Quando mancavano ormai solo poche centinaia di metri alla sponda settentrionale, un assordante scroscio d'acqua schiantò di colpo il silenzio che regnava sul lago. I viandanti si voltarono di scatto a guardare alla loro sinistra, un po' indietro, e la visione che si parò davanti ai loro occhi parve essere uscita da un incubo: una gigantesca, mostruosa creatura era emersa all'improvviso dall'acqua scura e tendeva i suoi enormi arti superiori, dotati di chele al posto delle mani, verso le tre zattere che avevano violato il suo dominio. Tre lunghe code serpentiformi, simili a tentacoli, frustavano l'aria e l'acqua dietro di lei.
Ondate colossali, provocate dalla violenta emersione di quel corpo titanico, investirono e squassarono le piccole imbarcazioni, rovesciando l'ultima sulla quale si trovava Roden. I cavalli nitrirono impazziti dal terrore prima di piombare in acqua, ma riemersero in fretta e presero a nuotare verso riva. Rim e Ram, fortunatamente, erano stati liberati dai pesanti fardelli dei bagagli, per cui non corsero il rischio di affogare.
I cinque destrieri della zattera centrale presero a scalciare furiosamente, compromettendo il già precario equilibrio dell'imbarcazione, e tutti i suoi occupanti finirlo a loro volta in acqua. Rimaneva ormai solo la zattera di punta, dalla quale Veldhris fissava la scena incapace di rendersi conto di quanto stava realmente accadendo.
"Potenze Luminose!" gridò Nirvor. "Un Kraken!"
Le sue parole furono sommerse dal fragore delle acque in tempesta e dalle urla che si levavano tutt'attorno, ma ebbero ugualmente il potere di scuotere Veldhris dal suo stato di orrore quasi catatonico.
"Freydar! Roden!" urlò, cercando di individuare i due uomini sbalzati in acqua. L'attimo seguente un cavallone travolse anche l'ultima zattera rimasta e gli occupanti, compreso Rollie, caddero nel lago. Veldhris si dibatté alla cieca, sentendosi soffocare ma non usando aprire gli occhi in quell'acqua scura e stranamente tiepida, finché non riemerse in superficie.
"Si salvi chi può!" urlò qualcuno alla sua sinistra, ma non in tono terrorizzato, bensì come un ordine; lei riconobbe sollevata la voce di Freydar e si mise a nuotare vigorosamente verso riva, senza voltarsi a guardare l'orrenda creatura.
Qualcosa di gigantesco si abbatté non lontano da Veldhris, che lanciò un grido e finì con la testa sott'acqua a causa di un'ondata. Senza fiato, la cantante riemerse e fece in tempo a vedere un'enorme chela che, chiusa attorno ad un corpo bianco, si sollevava in alto sopra di lei. "Stella Nera!" urlò.
La giumenta, prigioniera del mostro, scalciava e nitriva pazza di terrore, ma l'immane arto non la mollò. Con orrenda e forse sadica lentezza, il mostro cominciò a stringere la chela attorno al corpo della sua preda, stritolando il povero animale. Le ossa frantumate fuoriuscirono dalla carne maciullata ed il sangue schizzò tutt'attorno. L'orribile spettacolo fece quasi perdere i sensi dalla nausea a Veldhris, che però s'impose di reagire: stringendo i denti ed ignorando le lacrime che le appannavano la vista, riprese a nuotare disperatamente verso riva. Una sensazione di pericolo immediato la indusse però ad estrarre il suo lungo pugnale da caccia; non aveva ancora completato il gesto, quando una delle code tentacolari del mostro la ghermì violentemente e la sollevò fuori dall'acqua.
Un urlo le sfuggì, subito seguito da un furioso dibattersi. Ferocemente colpi più e più volte l'arto viscido e gelido che si era avvolto attorno a lei, facendo schizzare sangue rosso scuro dai profondi tagli che produceva.
Il Kraken emise un orrendo sibilo e scrollò violentemente la sua seconda preda, senza però lasciarla minimamente andare.
Stordita dagli strattoni, Veldhris smise di colpire il tentacolo che la imprigionava ed il coltello le sfuggì dal pugno; attraverso i sensi annebbiati, sentì la pressione attorno al proprio corpo aumentare: il mostro stava per stritolarla.
Nirvor, che era caduta in acqua assieme agli altri, a quel punto fu costretta ad intervenire. Finora aveva esitato, poiché sapeva di dover usare una considerevole dose di energia contro il Kraken, cosa che rischiava di non passare inosservata alle spie di Rakau. Ora però l'Erede di Arcolen correva un pericolo mortale e solo lei poteva salvarla.
Tutta la sua persona prese a risplendere di luce abbagliante e si sollevò dalle nere acque, fino a rimanervi sospesa sopra con i piedi a pochi centimetri dalla superficie. Le braccia tese di lato, Nirvor l'Argentea emise un richiamo acutissimo, tanto che la creatura d'incubo s'immobilizzò e si volse verso di lei, fissandola con i due fiammeggianti globi chiari che dovevano essere i suoi occhi. Nello stesso istante, due raggi di luce scaturirono dalle dita di Nirvor, diretti l'uno verso l'altro; dal punto di incontro, un fascio bianchissimo d'energia pura saettò verso il Kraken, colpendolo in pieno.
Il verso d'agonia della creatura fece accapponare la pelle a tutti i presenti, che mai avrebbero scordato quel suono orrendo, alieno, stridente. Veldhris venne scaraventata in acqua compiendo un ampio arco che la portò poco lontana da Freydar. Il principe vide che la cantante tardava a riemergere, così si tuffò per cercarla, ma in quelle acque color della pece non riusciva a distinguere nulla.
L'impatto aveva fatto definitivamente perdere i sensi a Veldhris, che riemerse a faccia in giù vicinissima a Freydar. Svelto, il capitano l'acchiappò per i capelli e la girò, tenendole la testa fuori dall'acqua e riprendendo a nuotare verso riva.
Nel frattempo, Nirvor aveva nuovamente colpito il mostro con il suo raggio d'energia. Il Kraken strillò ancora nella sua agonia e, velocemente com'era emerso, s'inabissò, frustando l'aria con i suoi immensi tentacoli posteriori. Le nere acque ribollirono furiosamente, ma ormai tutti erano abbastanza lontani per non venir travolti.
Freydar, trascinando a nuoto Veldhris che era ancora svenuta, era ormai prossimo alla riva, primo fra tutti gli altri.
Nirvor si girò di scatto e corse velocissima sul pelo dell'acqua, lasciando dietro di sé una scia di luce che presto si dissolse. Raggiunta la sponda in un lampo, aiutò il Principe del Fiordo a sollevare Veldhris e ad adagiarla sulla neve.
Anche gli altri, compresi i cavalli sopravvissuti e Rollie, raggiunsero uno dopo l'altro la riva. La temperatura, fuori dall'acqua, scendeva bruscamente e tutti tremavano dal freddo. Se non volevano morire assiderati, pensò Freydar battendo i denti, dovevano trovare subito un riparo, accendere un fuoco e cambiarsi d'abito, ma tutti i bagagli erano andati perduti, compresa la sua cotta di maglia che, per prudenza, si era levato prima di imbarcarsi, ciò che era stata la sua fortuna perché altrimenti il suo peso lo avrebbe trascinato sul fondo del lago, facendolo annegare.
L'immediato futuro si prospettava a dir poco fosco, per gli otto viandanti alla ricerca della Corona di Luce.
Poi, la situazione precipitò.
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